Autore Topic: - 'Musicalità' in poesia -  (Letto 6310 volte)

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Alex Manunta

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Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #30 il: Sabato 11 Settembre 2010, 12:29:28 »
Sto seguendo anche io l’argomento con interesse. Associandomi all’intervento di Crepax vorrei esporre un modo di scrivere  che incide sulla musicalità, o ne dà al testo quanto meno in vibrazione emotiva, anch’essa parte della musicalità. Questa vibrazione è data si dalla scelta delle parole ma soprattutto dall’elaborazione del pensiero.  Farò un piccolo esempio di ciò che intendo,  appunto elaborando lo stesso pensiero in due modi diversi.  L’esempio che porto è una elaborazione personale,  solo per dare un idea, ovviamente ognuno poi ha il suo.  Sarebbe:

Es. I

Ci guardammo
sotto un cielo stellato
Io con i tuoi occhi da bambina
la tua mano e il tuo bacio
fece cadere  stelle


Es. II


È stato negli occhi
chiusi con te soltanto
quel bacio sotto stelle
ricordate cadere
intanto



Questo modo di elaborare, comunque, non sarebbe necessariamente determinante, né indispensabile, ma è un altro aspetto evidente della musicalità. Penso.  Continuerò a seguire.


Offline Barbara Golini

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Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #31 il: Sabato 11 Settembre 2010, 20:10:07 »
da http://www.poiein.it/autori/L/Lucini/lucini_poesia_musica.htm a cui rimando la lettura più approfondita.
"La poesia infatti dice sempre qualcosa, perché è un evento e pertanto non può sottrarsi alla regola dell’interpretazione e quindi della comunicazione [2].  Un messaggio infatti, esprime sempre un senso.  Se non volesse esprimerlo, questo sarebbe il suo contenuto: non voler esprimere senso – ma, paradossalmente, il messaggio della negazione è sempre positivo, perché negando asserisce.  La poesia che cerca la forma musicale e non si cura del senso, esprime pertanto la forma musicale, che è cosa diversa dalla poesia.  Sarà un’espressione linguistica che “suona bene” ma non dice nulla, o dice di non voler dire – ma, a questo punto, il messaggio che essa trasmette, a lungo andare, diventa oltremodo noioso e piatto, banale,  vano rivaleggiare con i suoni della natura, che in questo campo sicuramente ha molto da insegnare all’uomo.  “Dice” molto di più il soffio del vento fra i castagni, il ciangottìo dell’acqua di un ruscello, lo stesso silenzio di un’altura, del suono della voce umana che rincorre i suoi canoni estetici e non si cura del significante.  Peraltro, parole accostate senza esprimere un percorso di senso, la ricerca di un qualcosa di vivo, sorgivo, originale e personale, provocano, a lungo andare, un effetto di irritazione (ma questo, potrà dire qualcuno, è un aspetto soggettivo di chi legge).  Se non altro, la natura esprime una libertà che l’estetica non può conoscere, perché l’estetica è regola.  Certo, il poeta sceglie una certa regola (e in questo sta la sua libertà, ossia la sua eticità), ma se questa scelta lo porta a fare il “musicista”, non può pretendere di essere considerato un poeta.  Dovrà quindi riconoscere di essere, in quel momento, musicista che usa la parola quasi come strumento e non poeta che usa la musica in modo complementare alla poesia.  L’unico elemento identificabile come contenuto e che “una tantum” (a rischio di noia mortale) può essere considerato “poetico”, è proprio la negazione della poesia come senso e messaggio, o almeno la sua subordinazione alla musica o con-fusione con essa.

Certamente non è neppure il senso un criterio capace di sostenere, da solo lo “status” della poesia; e, soprattutto, occorrerebbe fare una distinzione fra senso nella poesia e nella prosa, altrimenti dovremmo dedurre che la Critica della ragion pura di Kant potrebbe essere “poesia” al pari del Faust di Goethe.  Ma lasciamo in sospeso, per ora, questo ragionamento.

Piuttosto, è bene qui indagare anche l’aspetto contrario del problema: ossia: senza musicalità la poesia è snaturata.  Se è vero che la poesia non può ridursi a musica, è altrettanto vero che la poesia è riconoscibile, al di là della lingua nella quale viene espressa, da particolari accorgimenti fonici che noi chiamiamo “musica” – ma che in effetti non hanno nulla in comune con la musica vera e propria, definita - si fa per dire - come "arte dei suoni", se non per una tendenza ad accentuare alcuni suoni, smorzarne altri, inserire pause e silenzi, ecc.  Quello che ontologicamente divide le due espressioni artistiche, è che l’una si mette, per così dire, al servizio della parola, mentre la musica non ha bisogno della parola, ma soltanto del suono (che poi, emesso dall’apparato di fonazione umana, diventa un fonema).  La musica esprime soprattutto stati d’animo, la poesia esprime messaggi fatti di parole - certo connotati da stati d’animo.  Pertanto, il canale comunicazionale della musica è essenzialmente analogico, mentre quello della poesia è anche cognitivo (non necessariamente razionale).  La musica, in qualche modo, arriva im-mediatamente al senso, attraverso una mediazione culturale estremamente contenuta, mentre la poesia ha bisogno di una mediazione culturale molto più pregnante per essere com-presa.  La musica è più intrusiva, si propone, che lo si voglia o no, si fa ascoltare; per così dire, si propone con forza, mentre per gustare la poesia bisogna uscire dal proprio orizzonte culturale ed ampliarlo, entrando nell’orizzonte del testo.


Offline India

Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #32 il: Sabato 11 Settembre 2010, 20:25:38 »
Molto interessante quanto espresso da Barbara.
ora, soffermandomi sulle ultime righe e leggendo il lavoro che c'è dietro la lettura di una poesia,  mi convinco sempre di più che non si possono commentare trenta poesie al giorno. Io personalmente non leggo le poesie frettolosamente, le leggo, le rileggo, ci ritorno, perchè presuppone un lavoro non solo interpretativo,  se la poesia mi piace voglio che si sedimenti dentro di me. personalmente se voglio gustare la poesia, non posso leggerne più di 15 al giorno, farei indegestione, avrei la nausea, in poche parole la differenza che corre tra chi beve uno a al massimo due bicchieri di buon vino e chi invece senza controllare neanche l'etichetta, se ne scola un paio di litri e si ubriaca.
Girando girando si ritorna sempre ai commenti. Certo,  nessun buon lettore o intenditore di poesia, prende in mano un libro di poesie  e se legge in una serata. Questo si può fare per giallo.
« Ultima modifica: Sabato 11 Settembre 2010, 20:29:30 da Gabriella Caruso »

Offline India

Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #33 il: Sabato 11 Settembre 2010, 20:28:25 »
la poesia non può diventare un disturbo compulsivo, al pari di un video-games

Alex Manunta

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Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #34 il: Domenica 12 Settembre 2010, 01:42:34 »
la poesia non può diventare un disturbo compulsivo, al pari di un video-games

La cosa preoccupante piuttosto è il "furor calami", lo scrivere in quanto anche io esisto, quella si è una vera e propria compulsione. Non il voler leggere e/o scrivere poesia. Ma sono sicuro Tu intendessi proprio quanto ho espresso.

pattyrose

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Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #35 il: Martedì 14 Settembre 2010, 17:48:18 »

C'è tempo

Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.

C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.

C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.

C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.

È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.

Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.

C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà
un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.

C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.


Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.


Una delle più belle canzoni di Ivano Fossati (Per me la più bella) dove poesia è musicalità e la musica è poesia.

Offline Michele Tropiano

Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #36 il: Sabato 25 Dicembre 2010, 19:12:22 »
L’idea che la ‘musicalità’ sia una qualità essenziale della poesia è relativamente recente. Fin dai tempi più remoti, certo, si è ritenuto che suono e ritmo avessero un peso importante nell’arte della parola, ma solo nel XIX secolo questi aspetti assumono una rilevanza primaria, e si pongono al centro della riflessione.

Mi trovo assolutamente in disaccordo con quest'affermazione. Fin dai tempi più antichi (omero per fare un esempio) la musicalità del verso era centrale: per comporre un verso si partiva dalla metrica, che non altro che la realizzazione del ritmo e della musicalità, e poi si arrivava alle parole. E ti dirò di più, sempre partendo da omero, l'iliade e l'odissea, prima di essere forme scritte, venivano tramandate oralmente dai rapsodi, che altro non erano che moderni cantanti. Recente forse è l'attenzione speculativa che viene posta alla musicalità, ma l'idea invece c'è sempre stata!
« Ultima modifica: Sabato 25 Dicembre 2010, 19:19:09 da Michele Tropiano »
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
(Horatio, Carmina III, XXX)

Offline paolo corinto tiberio

Re: - 'Musicalità' in poesia -
« Risposta #37 il: Giovedì 30 Dicembre 2010, 21:50:45 »
Mi trovo assolutamente in disaccordo con quest'affermazione. Fin dai tempi più antichi (omero per fare un esempio) la musicalità del verso era centrale: per comporre un verso si partiva dalla metrica, che non altro che la realizzazione del ritmo e della musicalità, e poi si arrivava alle parole. E ti dirò di più, sempre partendo da omero, l'iliade e l'odissea, prima di essere forme scritte, venivano tramandate oralmente dai rapsodi, che altro non erano che moderni cantanti. Recente forse è l'attenzione speculativa che viene posta alla musicalità, ma l'idea invece c'è sempre stata!

concordo... pertanto la categoria della musicalità connota non da sola la poesia dalla prosa... certo può anche esservi una prosa "musicale", ma non è poesia come non c'è poesia atona e amusicale... forse...  :)
salvatico è quel che si salva