Autore Topic: Sulla poesia  (Letto 28499 volte)

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masman

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Sulla poesia
« il: Mercoledì 9 Dicembre 2009, 17:56:37 »
INUTILI CONSIDERAZIONI PERSONALI - Prima Parte

                                                                        "Tutto rimane poesia"
                                                                        Lina Sirianni

Tra i tanti poeti “ufficiali” dell’editoria italiana che scrivono (anche) versi liberi, ne prendo due a caso, considerati tra i più moderni e innovativi: Giancarlo Majorino ed Edoardo Sanguineti. Una breve scorsa a qualche loro componimento dovrebbe darvi la giusta misura di cosa significhi la parola Poesia. Possiamo però risalire indietro nel tempo e senza neanche andare troppo lontano soffermarci un momento su Montale o Luzi. Un po’ oltre troviamo Raboni e se ci rituffiamo di nuovo nel presente ci imbattiamo in Milo de Angelis. Credo li conosciate tutti, non ho dubbi. Ma se così non dovesse essere, vi suggerisco di sopperire a questa mancanza.
Così, perché anche voi abbiate un’idea dello stato attuale della poesia, leggete qualche loro opera. Mi sono limitato a citare nomi notissimi, che sono emersi dal sottobosco “poetico” per giungere fino al grande pubblico; e mi sono altresì limitato a citare poeti della nostra provinciale Italietta; ché se gettassimo lo sguardo oltre i confini, ci sarebbero altre decine di artisti da prendere a riferimento.
Se state pensando che vi stia dando degli ignoranti significa che o lo siete davvero o avete un intelletto assai poco aperto, il che, in fondo, è la stessa cosa. E chi si sente già offeso, è meglio che si fermi qui, e non prosegua oltre nella lettura. Chi invece ha voglia di confrontarsi, vada pure avanti, tenendo però presente che non con me deve cercare il confronto, ma con se stesso. Perché è qui che sta il cuore dell’arte: un incessante, difficile e doloroso confrontarsi con se stessi, e coi propri limiti. Per riconoscerli e per superarli. E per trovare, un po’ più in là, ancora nuovi limiti, da riconoscere e da superare.

masman

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Sulla poesia - seconda parte
« Risposta #1 il: Mercoledì 9 Dicembre 2009, 17:57:39 »
E dai limiti vorrei partire, per parlare un po’ di questa cosa misteriosa che si chiama “poesia”. Cito per primo, tra i commenti letti a sostegno di Rosy, questo: “Poesia è esprimere i propri sentimenti […]. E’ tutto fuorché qualcosa da relegare dentro ferree regole metriche o sintattiche” (Rossella Gallucci).
La cosa divertente di questa affermazione è che essa è paradossalmente vera, almeno per la seconda parte. Sulla prima, invece, mi permetto di aggiungere un “anche”, nel senso che la poesia è “anche” esprimere i propri sentimenti. Ma non “solo”. Permettetemi d’ora in avanti di usare, al posto della parola poesia, la parola Arte. Involontariamente, la Gallucci mette il dito nella piaga usando un verbo – esprimere – che di per sé è meravigliosamente esplicativo. L’arte, infatti, è un mezzo di espressione. Lo è tuttavia anche un tema di un bambino di quinta elementare, eppure (non me ne voglia Aristotele) qui il sillogismo non funziona. D’altro canto Aristotele era soltanto un filosofo, e, in quanto tale, aveva il sacrosanto diritto di sbagliarsi.
Prima, unica e brevissima parentesi sul sottoscritto: Non. Sono. Un. Poeta. Ma so distinguere una poesia da uno sfrucugliamento di ombelico, riconosco la differenza tra un poeta e uno che passa il tempo a schiacciarsi i brufoli dell’anima per vedere cosa ne esce. Ho letto talmente tanta poesia nella mia vita che quasi mi esce dalle orecchie. Mi uscisse anche dalla penna, sarei felicissimo.  Chiusa parentesi.
Dire che l’arte è un mezzo di espressione è tanto corretto quanto incompleto. Dobbiamo rispondere a una domanda: espressione di cosa? Rispondere a questa domanda ci permette di riconoscere ciò che è Arte da ciò che non lo è. Se ne deduce che il primo passo per creare un’opera d’arte dovrebbe essere l’avere qualcosa da dire. Eppure il Crocetti, talentuoso sonettaro quant’altri mai, pubblica in data 28/08/2009 un bel sonetto (appunto) dal titolo “Quando manca l’ispirazione”, tramutando in arte il non aver nulla da dire. (Linguisticamente lo si potrebbe definire un meta-sonetto, ma questo è un altro tema). Dunque la deduzione di cui sopra è apparentemente errata e ci porterebbe a riformulare l’assunto di base nel seguente modo: non è necessario aver qualcosa da dire per creare un’opera d’arte. In realtà, il Crocetti ce l’ha eccome qualcosa da dire: ci regala una mirabile rappresentazione della suo non essere ispirato, ci dice il suo non aver nulla da dire.

masman

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Sulla poesia - terza parte
« Risposta #2 il: Mercoledì 9 Dicembre 2009, 17:58:15 »
Non ho sviluppato questo cavilloso ragionamento per mandarvi in trance, a per trarre una verità fondamentale dell’arte, e dell’arte dello scrivere nello specifico: che si abbia qualcosa da dire, che non si abbia qualcosa da dire o che si dica qualcosa sul non aver niente da dire, la cosa più importante è il saperlo dire, o dipingere, o scolpire o, nel nostro caso, il saperlo scrivere. Riprendendo l’inizio del ragionamento e aggiungendovi quanto appena detto, mi sento di poter affermare che il primo passo per creare un’opera d’arte è conoscere e padroneggiare gli strumenti dell’arte. Che, quando parliamo dell’arte di scrivere, sono, in prima istanza, le parole. Sottolineo in prima istanza. Ma le parole, da sole e senza regole, non sono in grado di produrre significati complessi (pensieri, emozioni, punti di vista, opinioni, etc.). Prese singolarmente, esse sono soltanto dei simboli. È quando le accostiamo che accade la magia. E qui servono le regole. Riprendiamo, per scegliere un esempio tra i tanti, il commento della Gallucci: “Poesia è esprimere i propri sentimenti” e riscriviamolo al contrario:

“sentimenti propri i esprimere è Poesia”.

Oppure disponiamo le parole a caso:

“propri Poesia i esprimere sentimenti”.

A meno che non si sia autori/sostenitori del Futurismo o del Dadaismo, dobbiamo ammettere che senza regole la frase appare ancora più insensata (a livello di significato, e quindi di contenuto) di quanto già non lo sia rispettando le regole. Allora, che cosa permette alla Gallucci di operare questa “magia” a livello di significato? Che cosa fa sì che le parole della Gallucci siano semanticamente congrue? Tre regole imprescindibili: grammatica, ortografia e sintassi.

Offline Marina Como

Re: Sulla poesia
« Risposta #3 il: Mercoledì 9 Dicembre 2009, 18:30:32 »
Ehi! Attendo con ansia la seconda parte! E mica si lascia un discorso a metà!
Della serie la curiosità è femmina.
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

masman

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Sulla poesia - quarta parte
« Risposta #4 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 09:02:00 »
Prendo ora un altro commento. Ci consente di andare ancora più a fondo nella materia. “La poesia oggigiorno è ciò che offri agli altri, non quello che hai imparato freddamente dai libri”. (Daniela Messana).
L’avverbio “oggigiorno” cela il presupposto che nel corso dei secoli la poesia sia cambiata, e che da arte dotta sia divenuta arte popolare (“è ciò che offri agli altri”). Tutti abbiamo qualcosa da offrire al mondo, è vero, ma non è detto che al mondo serva ciò che abbiamo da offrirgli. Se la poesia è cambiata, non lo ha fatto trasformandosi in arte popolare (e giova qui ricordare ch’essa nacque proprio come forma d’arte popolare), bensì divenendo, al contrario, del tutto impopolare. Oggigiorno una silloge poetica scritta da un grande poeta e pubblicata da una grande casa editrice è considerata “best-seller” quando vende 2000 copie. Un romanzo come “Twilight” ha venduto milioni di copie. Per quanto dissimili a livello di genere letterario, pur sempre di leggere si tratta, e di scrivere. Questo significa forse che il lettore moderno non apprezza più la poesia? Può darsi. Ma qualcuno si è chiesto il perché? Mettiamo da parte le banali ovvietà del tipo “la poesia è più difficile”, “più impegnativa”, “è per pochi eletti”, “si deve avere un animo sensibile”, e via di seguito. Simili amenità sono la tomba dei poeti. Il motivo per cui nessuno legge più poesia è perché essa si è dissolta nel ‘tutto’, e cioè nel nulla.
All’inizio di questo inutile post ho citato non a caso la Sirianni, che afferma “Tutto rimane poesia”. Questo è il perfetto epitaffio sulla lapide dell’arte poetica. Nessuno legge più poesie perché tutti si credono poeti, perché tutti credono di saper “scrivere” poesie. Guardiamo alla poesia come a qualcosa di “facile”: tanto quello che conta è esprimere le proprie emozioni. Ma zampettare a piedi nudi sull’erba verde tra fiori profumati e assaporare la dolce brezza che accarezza il viso mentre si contempla la fugace bellezza di una farfalla, non significa essere poeti. Significa amare la natura. Essere un po’ più sensibili di un giornalista, tuttalpiù. Avere un’anima piena di moti o d’inquietudini (da qualche parte credo di aver letto un verso raccapricciante che diceva “La mia anima è un mare in tempesta”, o qualcosa di simile) non equivale a saper fare poesia.

Offline Zima

Re: Sulla poesia
« Risposta #5 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 10:22:47 »
caro Massimiliano, tu vuoi il confronto... ma che ti devo dire?! per me hai detto esattamente quello che mi ripeto anche io da tempo: l'arte (l'arte poetica, nel nostro caso) è la capacità di dire! e finalmente, qualcuno che lo dice insieme a me e molto meglio di me!
tutti scrivono ma in pochi si domandano se lo fanno nel modo corretto e quando qualcuno pone loro la stessa domanda, rispondono che certamente sì, perchè il linguaggio dell'anima è universale!

fermo restando che sono d'accordo con te su ogni punto, aggiungo che, se è vero che per diventare poeti bisogna leggere e conoscere le "regole" della poesia, un bravo poeta, così come qualunque bravo artista, è colui che aggiunge alla conoscenza la genialità, l'estro, l'intuizione, stravolgendo consapevolmente le regole in vigore per il resto del mondo e creando, allo stesso modo, un nuovo codice! non può essere "caso", deve essere un insieme strettamente interconnesso di logiche quantomeno personali.

conosco gli autori notissimi che hai citato all'inizio del topic e mi piace leggerli, Montale è il mio punto di partenza e di arrivo, è colui che ho sempre letto con stupore e meraviglia e che continuo a leggere ogni volta trovando qualcosa di nuovo, Milo De Angelis è meraviglia nella sua contemporaneità, nel suo linguaggio semplice e colloquiale... certo, leggere questi autori ci da un'idea della direzione della poesia contemporanea in italia, ma a volte mi domando (forse ingenuamente): chi è che ha deciso le direzioni? non siamo forse tutti stretti nel pugno dell'editoria che pubblica ciò che pochi uomini decidono valente? e lo dico nella massima buona fede, perchè non mi sogno di affermare che sono un poeta, nè tantomeno di desiderare un posto tra le illustri voci da te menzionate, però me lo chiedo lo stesso...

"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

Offline Zima

Re: Sulla poesia
« Risposta #6 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 10:24:56 »
tornando in casa nostra, ovvero proprio qui nel sito Scrivere, voglio rendervi partecipi di una mia scoperta fresca fresca: ieri sera, mentre ormai mi rassegnavo a chiudere la pagina, ho trovato una poesia!!! perciò, per chi non avesse voglia di cercarsi gli autori proposti troppo lontano, vi metto il link di questo nuovo autore che per me merita davvero di essere letto, ma che naturalmente in molti hanno ignorato!



Nessuno ama la tempesta

Nessuno ama la tempesta.
Nessuno può amare la tempesta!
La tempesta è un groviglio d'aria che coinvolge i crolli delle tane
e le chiude ai sentimenti.

Ah, ma se cadessero quelle gocce nere
dagli inchiostri che mostra il cielo
nei suoi larghi calamai che chiamare nuvole
fa specie
e: meraviglia, come mantengono
la verticale sugli ombrelli
e non si abbassano però intingono le vette
e le fustellano
e se hai appena lasciato un caro amico
te le ritrovi in viso
a studiarti gli occhi lampeggiando
a rompere l'udito col fragore
di un: - Come può stupirti, dell'autunno,
che quei trucchi a mezzo tronco, calando morti,
siano solo punti di sospensione alle parole nuove,
che faranno i rami trascorsi quei discorsi nudi?

La tempesta rovescia i calamai
sulle pagine di terrazzi e strade
e li macchia di stupore
con un rimprovero d'acqua trasparente
che ammutolisce i passi
atterrando i voli.


Ferdinando Giordano


non so se si può fare oppure no e spero che l'autore in questione, se mai si accorgerà di questo post, non se la prenda... ma io non ho resistito!!! :angel:
"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

masman

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Sulla poesia - quinta parte
« Risposta #7 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 10:57:19 »
Sottoscrivo ogni singola parola di Zima e proseguo.
Permettetemi di riassumere e condensare quanto fin qui esposto e la sua evoluzione: per creare un’opera d’arte occorre aver qualcosa dire, dirlo con gli strumenti adeguati e avere conoscenza (cultura).
Ora, senza ombra di dubbio molti voi stanno pensando ch’io sia salito in cattedra e, con un tono tra l’ironico e il saccente, stia insegnando al volgo come fare arte. Niente di più vero. Niente di più errato. Quello che ho scritto finora sono ovvietà di base. Il filo logico che sottostà a queste ovvietà è tuttavia complesso e per risultare comprensibile, devo adottare un linguaggio e uno stile chiari. Anche per rispondere al commento di Anna Maria Obadon: “Desidererei sapere chi si sente così grande da mortificare chi scrive con il cuore”. Be’, sono io. Ecco realizzato il tuo desiderio. “Chiedi e ti sarà dato,” recitano le sacre scritture (lo so, dovrei usare le maiuscole, ma proprio non ci riesco). Mi duole ammetterlo ma qui è d’uopo una piccola digressione personale. Non ho mortificato nessuno. Commentando la poesia di Rosy con la domanda “dov’è la poesia?” non intendevo “mortificare” Rosy, solo esprimere un’opinione su ciò che Rosy aveva scritto. Esprimevo una personalissima valutazione sulle parole, non sulla persona che quelle parole aveva vergato. Ecco un altro motivo perché tutti scrivono poesie e nessuno le legge: perché chi scrive ha la malsana tendenza a identificarsi con ciò che scrive. Non è oggettivo, né obiettivo nei confronti della propria opera. Ha un solo punto di vista: il proprio. Ditemi, chi di voi, quando scrive, lo fa tenendo bene a mente il punto di vista del potenziale lettore? Chi di voi, quando scrive, ha l’assoluta certezza che il messaggio che il lettore percepisce sia lo stesso che intendevate trasmettere? Fate un gioco (proposto tra l’altro da tutti i corsi di scrittura o manuali). Prendete tutte le vostre poesie, leggetele e mentre le state leggendo, fatevi questa domanda: “Se io fossi in una libreria e stessi sfogliando questo libro di poesie, lo comprerei?”.


masman

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Sulla poesia - settima parte
« Risposta #8 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 11:00:31 »
Joyce diceva che l’artista deve “staccarsi dalla propria opera al punto da diventarne estraneo […], uno che mentre scrive si lima le unghie” (non sono le esatte parole, ma qui è importante il contenuto). Joyce era Joyce, direte. Ma Joyce non è nato artista. Lo è diventato. Diventare estranei alla propria opera significa vederla “dal di fuori”. Per usare un’espressione statunitense: “Get on the balcony”. L’immedesimazione – la troppa immedesimazione - è fuorviante perché non consente alle parole scritte di andare oltre i pruriti da diario del cuore buoni per essere letti da amici e familiari. L’Arte è distacco, bellezza, contemplazione. È un atto di creazione, non di replica di sé stessi. Scrivere ciò che sentiamo, per quanto nobile, può essere arte ma può anche non esserlo. L’artista non è colui che esprime le proprie emozioni, ma colui che esprimendosi suscita emozioni e riflessioni negli altri. E per arrivare a fare questo serve disciplina, serve assiduità pratica alla scrittura, serve conoscere tecniche più avanzate rispetto a quelle basilari di grammatica, sintassi e ortografia. A chi desidera sapere “chi si sente così grande”, tacciandomi di egocentrismo, megalomania e superomismo, vorrei chiedere: non è forse più egocentrico colui (o colei) che d’altro non parla se non delle proprie emozioni, di quanto sia bella e immensa l’anima che ha, di quanto profondo e pieno d’amore il cuore che batte in petto? Non è forse megalomane colui (o colei) che non fa altro che sottoporci ai moti del proprio essere, senza lasciare spazio al nostro? Non si sente forse un superuomo (o superdonna) colui (o colei) che non fa altro che parlare di sé, credendosi per giunta interessante?
« Ultima modifica: Giovedì 10 Dicembre 2009, 11:02:02 da Massimiliano Manocchia »

masman

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Sulla poesia - ottava parte
« Risposta #9 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 12:29:15 »
Non si scrive col cuore, si scrive con le mani. “Scrivere col cuore” è una metafora che riduce l’Arte a sentimento. Ora che ho aggiunto un altro tassello, il distacco, vengo a un altro commento. “Tu sei… io sono… noi siamo infinitamente poeti!” (Patrizia Portoghese). E cito di nuovo la Obadon: “chi si sente così grande” da essere “infinitamente poeta”?
L’infelice frase della Portoghese mi dà l’opportunità di uscire per un attimo dalla disquisizione tecnico-letteraria per approdare agli aspetti relazionali tra autori. Non so, né voglio sapere, su quali basi qualcuno possa sentirsi “infinitamente poeta”, né quali siano i criteri secondo cui Patrizia si basa quando scrive a Rosy: “Tu sei... […] infinitamente poeta!”. Di certo, nono sono criteri letterari. Apprezzo l’amicizia, la stima, il rispetto, il voler bene e il voler aiutare gli altri. Sono tutti valori sacrosanti che ci consentono di vivere una vita piena. Ma qui siamo in un sito che ha come titolo “SCRIVERE”. Qui si pubblicano scritti. Non è Facebook, non è un blog di amici. È un sito che ha come intento la pubblicazione e la diffusione di poesie. Poi sì, si possono anche fare amicizie, ci mancherebbe. Credo tuttavia debbano essere coltivate altrove.
Mossa da un nobilissimo e bellissimo scopo (quello del sostegno, del supporto e dello schierarsi in difesa di un amica, che peraltro condivido), Patrizia Portoghese, come quasi tutti coloro che hanno commentato la poesia “A voi mi rivolgo”, ha inconsapevolmente fatto più danni a Rosy adulandola di quanti non ne abbia fatti io criticandola e di quanti non abbia fatti Rosy a se stessa scrivendo quella “poesia”. È indubbio: chi cerca consenso, lo trova, e lo trova facilmente. Allo stesso modo, si possono facilmente trovare decine di web-amici o pseudo amici. È un cosa stupenda. L’essere umano vive di relazioni e così deve essere. Infatti, come ho scritto nel mio commento, non ho motivo di dubitare che Rosy sia una persona meravigliosa. Pur non conoscendola personalmente, leggendo la sua straordinaria biografia e i suoi scritti, sono assolutamente certo che lo sia, e sarei onorato e felice se potessi annoverare una persona del suo calibro tra le mie amicizie più strette. Nondimeno, in questo sito si parla di poesia. Affare maledettamente serio.

masman

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Sulla poesia - nona parte
« Risposta #10 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 12:29:57 »
La Redazione ha effettuato una scelta strategica dal punto di vista commerciale: dare spazio a tutti in una cornice graficamente splendida. Alla luce di quanto ho scritto finora potrà parervi strano o contraddittorio, ma è una scelta che in parte condivido. La condivido perché da un lato consente di rendere il sito noto e popolare, e, dall’altro, dà l’opportunità a tutti di cimentarsi con un genere letterario e vedersi pubblicato. Chi, pubblicando, si “espone” deve essere consapevole che entra in una realtà diversa dalla propria camera da letto. Una realtà dove ciò che si produce cambia contesto, passando dal privato al pubblico, e se ciò che si produce è un’arte millenaria, bisogna accettare anche di confrontarsi coi criteri di valutazione di chi, quell’arte millenaria, la conosce assai bene. E vi prego di notare che ho parlato di “criteri di valutazione”, non di opinioni.
I criteri di valutazione di un elaborato devono essere comuni e condivisi. Non possono essere personali. Le opinioni sono personali, i giudizi lo so sono, le espressioni di stima e affetto. Ma i criteri valutativi, no. Quasi sempre, fatte salve alcune eccezioni, quello che si legge nei commenti sono opinioni personali, giudizi, espressioni di stima e affetto. Se abbiamo consapevolezza di questo, va benissimo, continuiamo pure a dare opinioni personali. Ma se, al contrario, crediamo di operare a livello valutativo (e quindi a livello di qualità dello scritto), scrivendo commenti del tipo che usualmente si leggono, allora forse siamo non poco confusi e siamo anche qui schiavi dell’identificazione: ci identifichiamo con la nostra “poesia”, crediamo di essere la nostra “poesia” e quando qualcuno critica la nostra “poesia” è come se criticasse noi stessi. Così, questa convinzione ci impedisce di criticare le poesie altrui in quanto poesie.

Offline Stefano Toschi

Re: Sulla poesia
« Risposta #11 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 13:08:53 »
Yhumm… veramente gustoso.
Non posso che essere d’accordo con Massimiliano visto che in un altro topic, pochi giorni or sono, avevo scritto: “che si tratti di scrittura, di pittura, di scultura, di cinema o che altro, una solida conoscenza delle tecniche dell'arte ed il loro uso libero e consapevole, spesso piegato alle esigenze del genio, è la base di ogni operare”.
Sebbene sia un convinto assertore dell’importanza della conoscenza delle tecniche poetiche per scrivere poesie, così come delle tecniche della pittura per poter dipingere, e questo indipendentemente dal livello delle nostre produzioni, siano esse pure di carattere dilettantistico o artigianale, senza raggiungere le altezze dell’arte.
Sebbene, addirittura, sia convinto che persino le forme metriche e gli artifici retorici tradizionali, conservino un ampio potenziale espressivo e prediliga componimenti “neo-metrici” come quelli della Valduga, o di Frasca, o di certo Zanzotto.
Tuttavia bisogna dire che il rapporto tra tecnica e arte è molto discusso.
Vi è chi considera la tecnica anti-artistica, e l’arte consistente nella pura espressione del genio, addirittura non più nell’opera, ma semplicemente nel gesto.
D’altra parte la tecnica, di per se, da luogo ad una ottima produzione artigianale non all’arte.
Quindi anche riconoscendo un ruolo alla tecnica sorge il problema di definire che cosa sia la genialità, la creatività, l’originalità che sole sono capaci di trarre dalla tecnica l’opera d’arte.
Certamente si leggono molte cose, nel sito, in cui non c’è né la tecnica, né il genio: sono delle semplici espressioni del proprio sentire, non sono opere d’arte, ma, credo, nemmeno pretendono di esserlo. Possono essere definite poesie? Diciamo “poesiole”, almeno per una certa affinità alla forma poetica e per un’indole “poetica” in senso popolare.
E’ una scelta del sito che non cerca l’eccellenza, ma di dare a tutti la possibilità di cimentarsi con la poesia, come hai detto tu.
Spero, comunque, che tu continui il discorso su arte e tecnica in poesia con riferimento a Majorino e Sanguineti e non ti perda nella obsoleta discussione sulle poesie non poesie del sito.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Clodia

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Re: Sulla poesia
« Risposta #12 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 15:43:35 »
Gentile Massimiliano,
i commenti alla poesia in questione  che si porta ad esempio (più che altro di risposta al quesito dell'autrice) non erano "tutti dello stesso tenore"...Se ci sono tutti, ancora presenti, forse  val la pena rileggere, per chi giustamente interroga e si interroga sulla natura del far poesia.
Per tutto il resto, il discorso è vastissimo e mi riprometto di offrire un mio contributo alla discussione appena trovo il tempo materiale di condividerlo.
A presto  :)

masman

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Sulla poesia - parte decima
« Risposta #13 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 15:46:33 »
Prendo spunto da Toschi per aprire una digressione. Egli afferma che il “rapporto tra tecnica e arte è molto discusso”, e prosegue dicendo che, per taluni, l’arte consiste “nella pura espressione del genio”. Questo concetto sono certo che ai più sfuggirà, o passera attraverso i filtri superficiali di chi si ritiene “oltre queste cose”. L’Arte è la pura espressione di se stessa, è un istigazione a delinquere contro tutto ciò ch’è estraneo alla Bellezza. È una forma di igiene mentale, fisica e spirituale. Nella celeberrima prefazione a “The Picture of Dorian Gray”, Wilde scrisse “All art is quite useless”. E se “l’artista è il creatore di cose belle” allora in questo senso l’affermazione è vera: l’Arte è perfettamente inutile.
Più che di rapporto tra tecnica e arte, io credo si debba affrontare il tema del rapporto tra tecnica e genio. Per meglio dire: che influenza ha la tecnica sul genio?
Dario 85: “Anche la poesia è un’arte e chi la vuole esercitare deve sentirsi libero di farlo nel modo che ritiene più efficace! Poi ciascuno ha i propri gusti… purché resti poesia!”
Concordo: ognuno di noi deve sentirsi libero di….   Il fatto è che per sentirsi “liberi di”, dobbiamo prima sapere DA COSA sentirci liberi. Se non abbiamo mai avuto catene a legarci, non possiamo sapere cosa sia la libertà. E, nell’Arte, queste catene sono le regole. L’artista è una sorta di mago, un Houdini che si incatena, si fa chiudere in un forziere con mille lucchetti, si fa gettare in mare e… ne emerge magicamente sotto lo sguardo attonito di tutti. Allora, e solo allora l’artista può essere libero di esprimersi nel modo che ritiene più efficace; solo dopo aver passato ore, giorni, settimane, mesi, anni legato alle catene delle regole, può capire come e perché quelle catene debbano essere spezzate. Il genio esplode quando esplodono le giunture delle catene e, come una folgorazione improvvisa e inaspettata, irradia dal forziere apertosi l’immensa luce dell’originalità che stupisce e lascia attoniti, allucinati, ispirati: la vera arte altera il nostro stato di coscienza.

masman

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Re: Sulla poesia (per Clodia)
« Risposta #14 il: Giovedì 10 Dicembre 2009, 15:48:44 »
Mi scuso pubblicamente con Clodia, la quale mi fa giustamente notare che non tutti i commenti sono dello stesso tenore. Ha ragione.