Autore Topic: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)  (Letto 9560 volte)

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cipreacalend

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riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« il: Sabato 9 Maggio 2009, 19:17:22 »
Che vuol dire "un sit in tra le rime"? E' un'idea che ho avuto parlando con Zima, quella di prendere un testo che ci piaceva di un autore e poi "occuparlo", farlo diventare un poco nostro, navigare insieme tra le rime, tra le parole, sviscerandolo, assaporandolo, e poi farci permeare dalla sua voce.
Un "sit in" in questo caso è quindi un'appropriazione di uno spazio poetico e da qui il titolo del topic.

L' autore scelto si chiama Claudio Chianese, nasce nel settembre 1984 a Siderno (RC). Conseguita la maturità classica, finge di studiare Lettere a Roma e nel frattempo si dedica alla lettura e al consumo di bevande alcoliche. Trova irrinunciabili Eliot, Montale, Borges e Dostoevskij, di recente suppone che la scrittura di Gombrowicz sia la migliore del Novecento. Ha anche Milosz e Brodskij sul comodino. Sue cose sono apparse su Atelier e Niederngasse. Ama gli insetti sopra tutto il resto.


 
DALLE CATTEDRALI DEL SONNO
in balance with this life, this death
 
Avvelena lo spazio complesso, le direzioni
quel grido infantile (ognuno lo sente
forse cento volte, partendo e restando
coi silenziosi affissi oculari). E il bambino è uno,
sessile e primevo, dalle acque.
La strada da un lato
la chiude la macelleria, dall’altro i cifrari
del ritorno: mai che uno straccio,
qui e sui balconi, distrugga il vento.
Pochi si accorgono
di portare cattedrali sulla schiena
- dacché è nato, dacché
egli è nato…
 
Tu lasciami la sensorietà ottusa
del sonno anche nei quadrivi meridiani
che ancora
l’ombra – l’ora – visitano
e stancamente
gli spettri amicali dall’infanzia
 
(stanotte all’ultima scena di un film casuale Paolo Villaggio mi è parso Walt Whitman, il poeta)

http://liberinversi.splinder.com/tag/claudio+chianese
« Ultima modifica: Sabato 9 Maggio 2009, 19:21:14 da Mirella Crapanzano »

Offline Zima

Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #1 il: Sabato 9 Maggio 2009, 19:48:58 »
sì sì sì... io ora mi siedo qua, tra i versi di questa poesia e non mi schiodo!  ;D

la verità è che non sappiamo cosa faremo, sarebbe bello inventarci tutti insieme un modo nostro per leggere ed entrare nei versi.

ho scelto questo autore perchè appena l'ho letto mi ha affascinato, quello che mi stupisce non è solo la padronanza dialettica, la capacità di mescolare le lingue, ma anche quella di utilizzare tutti i campi dal sapere in ciascuno dei suoi scritti, dalla letteratura, al cinema, alla filosofia, alla storia, alla biologia!  :o (al link che ha postato mirella troverete, se vi interessa, altri suoi scritti).

il fascino di questa poesia è ancestrale, mistico, indescrivibile, a partire dal titolo "dalle cattedrali del sonno (in equilibrio tra questa vita e questa morte)" come a dare per scontato che ognuno di noi attraverserà ed ha già attraversato più vite e più morti...

le cattedrali, già immagino queste enormi strutture, impalcature che ci pesano sulle spalle, che gravano inconsapevoli... cosa sono? forse sono tutte quelle impalcature culturali che ci imbrigliano senza che noi ce ne accorgiamo, insieme di pregiudizi, di regole che senzienti accettiamo senza chiedercene il perchè... oppure sono quelle voci interne a noi che scalpitano, portando memoria della storia e che riemergono dalle acque del sonno per renderci consapevoli... chissà!





"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

Offline Stefano Toschi

Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #2 il: Sabato 9 Maggio 2009, 22:10:46 »
La poesia che proponete è davvero interessante, ci tornerò su.
Ma visto che la dobbiamo occupare occupiamola!
Io la occupo così:
 :)

Dalla cattedrale del sogno

Unità immaginaria:
primeva cattedrale.
Occupare! Occupare!
Sit-in sulle scale.
-It’s a dance in balance-
tra la morte e la vita
tra gli occulti cifrari
tra il ritorno e l’uscita.

Dell’infanzia, del grido:
la latenza dell’acqua!
Contro il vento, lo sfido,
sonnolenza mi fiacca.
(Poi nel sogno mi sveglio
e incomincio a nuotare
tra la vita e la morte
e non c’è cattedrale).
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Alessio J

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Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #3 il: Sabato 9 Maggio 2009, 22:41:50 »
...uhm...
L'aver scelto un autore che ha usato e/o usa altri due nick o eteronimi (Andrea Ruffo Spini e Stefano Flenti) oltre all'attuale nome e cognome (?) mi lascia un momento perplesso e mi inquieta. Che abbia da nascondere la sua vera natura o che si senta ( almeno nel passato) costretto a "fingere" strumentalizzando l'uso dell'arte?
Ma dato che dobbiamo analizzare la poesia e renderla nostra senza preoccuparci dell'autore (dicono che dovrebbe essere sempre così...) provo a scrivere cosa mi ha trasmesso:
per entrare in un testo credo basti chiudere gli occhi e lasciarsi andare alle sensazioni che la lettura ci regala.
Perchè ci sono testi che si fanno leggere, altri che lasciano spazio per insinuarsi, altri ancora che non fanno nessuna di queste due cose.
Solitamente le poesie o qualsiasi lettura in genere a cui mi approccio ha una mia reazione istintiva, perchè credo nella sua immediatezza come in quella della scrittura e dell'arte in genere, la spontaneità e l'istintività che diventa sinonimo di genuinità e purezza.

Ora, questo testo ho dovuto leggerlo più volte.
Qualcosa rallenta la percezione, forse quel senso di un discorso non molto chiaro, come se nemmeno all'autore fosse chiaro di cosa voleva parlare (naturalmente questa è un'opinione)
e non mi pare che dietro alle parole, tra i versi, ci siano chissà quali simbologie introspettive o riflessive che spingono a misurarsi con folosofie più ampie.
Mi sembra piuttosto qualcosa di articolato, costruito, senza un intento preciso.
...e arrivando al termine dello scritto mi chiedo: cosa mi ha lasciato? Nulla, se non la consapevolezza che ci siano autori che altro non fanno che ricercare quanti più termini possibili lontani dalla comunicazione. Questo, secondo me, non è ermetismo. Questo è semplicemente cercare il modo di attirare l'attenzione.
Sbaglierò, ma ripeto, in fondo è una visione personale....leggere grandi autori e riempire scaffali di loro opere non ci fa autori, ma semplicemente lettori.
Suscitare sensazioni non è poi così semplice...e scusate, ma questo testo non me le ha trasmesse....
o forse sono io un ignorante in materia poetica  :-[  ;D

Offline Stefano Toschi

Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #4 il: Sabato 9 Maggio 2009, 22:57:21 »
Ritorno alla poesia  di Claudio Chianese per darne la mia interpretazione.
Il sottotitolo evoca, mi sembra, l’idea della vita come momento di equilibrio instabile sul nulla, sulla morte, ma al tempo stesso esprime esplicitamente l’ambiguità di “questa vita” che è “morte”.
L’immagine che deduco da tutta la prima strofa è, infatti, quella della nascita come morte. Il grido infantile testimonia e denuncia l’orrore del bambino appena nato di fronte al mondo, il lamento per la perdita del “paradiso”.
Da allora la sua crescita, la sua educazione tenderanno a fargli perdere l’infantile “sensualità”, la primeva comunione-unione con il tutto a favore dell’individuazione, dell’assunzione di responsabilità; da allora sarà gettato per “la strada” tra “la macelleria” della vita e l’impossibilità del ritorno, sarà sbattuto dal vento delle avversità senza possibilità di riparo; da quando è nato enormi “cattedrali” di convenzioni, di doveri, di bisogni graveranno sulla sua schiena.
La conclusione mi sembra individuare nella “sensorietà ottusa del sonno”, capace di trasfigurare il mondo nel sogno (vedi Villaggio che diventa Whitman), una possibilità di fuga, un luogo in cui ancora tornano gli “spettri amicali dell’infanzia”.
Ma il finale necessita di essere approfondito rispetto al senso della collocazione “nei quadrivi meridiani” e dell’inciso –l’ora- ottenuto (probabilmente suggerito per associazione fonetica) per sottrazione di “mb” dalla locuzione immediatamente precedente “l’ombra”.
Sulla forma, magari, ci tornerò più avanti.
 :)
« Ultima modifica: Sabato 9 Maggio 2009, 23:01:03 da Stefano Toschi »
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

cipreacalend

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Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #5 il: Sabato 9 Maggio 2009, 23:04:55 »
 ;D bene, è arrivato anche Stefano ad occupare lo spazio, serve ogni contributo, lasciatevi ispirare, fatevi permeare dalla poesia...

intanto mi accomodo anch'io... ;D

Avvelena lo spazio complesso, le direzioni
quel grido infantile (ognuno lo sente
forse cento volte, partendo e restando
coi silenziosi affissi oculari).

Sembra un annuncio (o un annunciazione) quel grido infantile, uno squillo di tromba, tutti lo sentono, da ogni direzione, dai quattro punti cardinali, del pianeta, ovunque è avvertito come un richiamo, chissà forse alle coscienze. Potrebbe anche essere un dolore, un avvertimento, in ogni caso è la nascita di qualcosa che irrompe. Ha un che di tragedia, di pathos questo annuncio, si veste di inquietudine. Inoltre, lo "spazio complesso", mi fa venire in mente qualcosa che ha  a che fare con la creazione, la sua complessità, e le direzioni hanno a che fare anche con degli spazi non solo territoriali, ma anche temporali...

E il bambino è uno,
sessile e primevo, dalle acque.

Uno come la divinità, primigenio e, nello stesso tempo, sessile, come le creature che vivono nelle acque, ancorate allo stesso modo dei coralli, che crescono e si riproducono una sull'altra...

mi soffermo e mi fermo al momento su questi primi versi, perchè credo che siano loro a fornirci alcune chiavi di interpretazione...




cipreacalend

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Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #6 il: Sabato 9 Maggio 2009, 23:20:51 »
E' interessante come una lettura di un testo possa far sorgere idee e contenuti, a seconda di chi la legge. C'è il senso della vita e della morte, della costruzione e della distruzione, del sorgere, tra l'altro il nascere dalle acque è qualcosa che mi riporta non solo alle acque materne, ma anche a quelle della memoria collettiva, universale dell'Uomo.
Certo, l'analisi di Stefano calza molto bene alla poesia e questo è quasi certamente il suo significato sociale, ma Chianese è un autore senza dubbio complesso, nonostante la giovane età. Vi invito ad andare a leggere le sue poesie e anche alcune delle risposte che da alle persone che lasciano commenti.


Offline Stefano Toschi

Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #7 il: Sabato 9 Maggio 2009, 23:25:58 »

Avvelena lo spazio complesso, le direzioni
quel grido infantile (ognuno lo sente
forse cento volte, partendo e restando
coi silenziosi affissi oculari).


E’ curiosa l’immagine dei “silenziosi affissi oculari”, indica forse la presenza di lenti tra l’individuo e la realtà, quasi uno schermo che permette pur udendo il grido di ignorarlo?  ???
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

cipreacalend

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Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #8 il: Domenica 10 Maggio 2009, 08:52:12 »
E’ curiosa l’immagine dei “silenziosi affissi oculari”, indica forse la presenza di lenti tra l’individuo e la realtà, quasi uno schermo che permette pur udendo il grido di ignorarlo?  ???

Gli affissi sono, nel linguaggio della comunicazione visiva, i cartelloni pubblicitari.
Una comunicazione  persistente e in qualche modo invasiva, e per questo forse "silenziosa", ma non perché occulta, anzi, siamo sempre noi che decidiamo fino a che punto lasciarci permeare da questa. Mi fa venire in mente come, a seconda della nostra sensibilità, ci lasciamo o meno condizionare da una realtà esteriore e, quindi, anche sentendo un "grido" sappiamo svegliarci oppure continuare a sognare.

Offline Zima

Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #9 il: Domenica 10 Maggio 2009, 13:56:19 »
sono tornata: cibo e bevande per tuttiiiii!!! ;D

ma a chi non occupa niente biscotto!  :P




sale l'uomo d'acqua
dal cratere torbido del ventre
(il frastuono dello scroscio
s'interpone tra l'orecchio
e lo specchio)

le meridiane conficcate
nelle costole segnano sempre
la stessa ora
e il vento tra i quadrivi
fa scacco sui pedoni

assopisce il cielo
in un velo di piombo

"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

Offline Marina Como

Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #10 il: Domenica 10 Maggio 2009, 15:48:29 »
La cattedrale, il mito del bambino originale che dacchè è nato, come Cristo. da adorare nelle cattedrali del sogno. Unica uscita il conservare il bambino "sessile", unito all'acqua, all'elemento primordiale, ma ad esso collegato, adagiato, nella quale si sguazza e ci si lava (dal peccato del vivere il giorno).
La meridiana che quando segna le ore del giorno (mezzana la sua ombra) dovrebbe invece lasciarci ancora dormire, sognare: anche al centro della nostra vita, quando siamo di mezza età, unica uscita appunto da una via chiusa dalla "macelleria", che uccide, ma ci nutre... come si può conciliare il raziocinio con il sogno? Come? quando il bambino sembra essere stanco, "affaticato"?
E qui mi siedo... per ricominciare a sognare... ed il vento che mi importuna... ho fatto uno striscione con un lenzuolo... qui il vento soffia lo stesso! speriamo sia un vento di cambiamento! Con tutti 'sti quadrivi della vita... c'è da perdersi!
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

cipreacalend

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Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #11 il: Domenica 10 Maggio 2009, 15:50:15 »
La strada da un lato
la chiude la macelleria, dall’altro i cifrari
del ritorno: mai che uno straccio,
qui e sui balconi, distrugga il vento.
Pochi si accorgono
di portare cattedrali sulla schiena
- dacché è nato, dacché
egli è nato…

proseguo con la mia interpretazione, personalissima, certo, per quello che questa poesia mi evoca...

Se la strada è la proiezione di un mondo esteriore ristretto, chiuso, tra la macelleria e i cifrari del ritorno, cioè i codici che permetterebbero un altro tipo di ingresso, o di  uscita da un mondo così banale, ecco che allora emerge la rabbia, quel senso di frustrazione di essere portatori di qualcosa che non può essere cambiato, non tanto per l'ineluttabilità della vita, quanto, invece, per l'assenza di una coscienza: "mai che uno straccio... distrugga il vento", di una visione nuova, innovativa... "dacchè è nato"...

Quando parlo di divinità, mi riferisco a quella coscienza cosmica, universale  di cui l'uomo è portatore e non ad una particolare religione, ed è  questo senso che
mi evoca il riferimento al bambino primevo e al suo grido, la sua nascita.

Tu lasciami la sensorietà ottusa
del sonno anche nei quadrivi meridiani
che ancora
l’ombra – l’ora – visitano
e stancamente
gli spettri amicali dall’infanzia
 
(stanotte all’ultima scena di un film casuale Paolo Villaggio mi è parso Walt Whitman, il poeta)

C'è sicuramente un ritorno alle origini, al sonno del dormiente, e anche qui mi vengono in mente, per associazione, riferimenti a divinità "in sonno", i Dormienti, o alle favole dove il "dormire" diventa una condizione necessaria ad una trasformazione, non solo intima del personaggio, ma soprattutto legata a un nuovo tempo che deve arrivare, deve compiersi, come una profezia.
E questo tempo che è spaziale, i "quadrivi meridiani", è anche un tempo legato alle ombre, ai rifugi dell'infanzia, del sogno, della fantasia, così come degli incubi. Ed è un tempo dove ogni cosa può essere reinventata, può diventare altro e non solo la fuga dalla realtà ristretta, dalle cattedrali delle convenzioni,, forse anche della storia, del passato.

cipreacalend

  • Visitatore
Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #12 il: Domenica 10 Maggio 2009, 15:53:54 »
sono tornata: cibo e bevande per tuttiiiii!!! ;D

ma a chi non occupa niente biscotto!  :P

 ;D ehmm... si potrebbe avere una crostata di mele?... un tiramisù?... hihihihi

arostàzazzà

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Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #13 il: Domenica 10 Maggio 2009, 16:22:53 »
Indubbiamente testo di grande fascino.  Non conoscevo questo autore (e come si possono conoscere tutti?) che definire contemporaneo è alquanto riduttivo visto che stiamo parlando di un ragazzo di 24 anni.
Lo leggo per la prima volta ed ho l’impressione di una padronanza non usuale della parola unita ad una osservazione personale e cruda (anche se mitigata dall'uso di metafore difficilissime) della realtà. Si ha l’impressione, leggendolo, di passare attraverso veri e propri stadi di conoscenza, a partire da quello spazio complesso come fosse un brodo primordiale un’amnios dal quale si innerva un grido  infantile. 
Cosa leggo in questo testo?
Beh! voglio forzarlo, ma non troppo. Mi piace dargli un significato meno filosofico, forse più terra terra, ma ineluttabilmente più drammatico ed attuale. Penso alla storia personale dell’autore. Una sorta di biografia geografico-sociale.
Dalla nascita; da quel “sessile e primevo” che potrebbe incarnare il primo figlio maschio (in alcuni strati sociali nella cultura meridionali è ancora radicata l’importanza del concepimento del primo figlio maschio) sul quale poggia il peso (cattedrali sulla schiena) di quelle impalcature culturali (cui accenna Zima), e dunque sociali, quali possono essere le aspettative e le aspirazioni familiari che si trovano a gravare sulle sue spalle.

Ecco i ripetersi non casuale del concetto: 
“- dacché è nato, dacché
egli è nato…”

E’ una condizione di impotenza. Quella di vivere una situazione senza sbocco, di ritrovarsi in luoghi dove dove tutto è immutabile" mai che uno straccio, qui e sui balconi, distrugga il vento" (dove il vento è soggetto ed i panni complemento) e la voglia perenne di scappare (in contrapposizione al sessile), di riuscire a sconfiggere il desiderio del ritorno, resta confinato in quella macelleria (intesa in senso letterale come un luogo familiare?) che ti “impala” (immobilizza il desideri di spaziare con la mente e con il corpo) sempre sul lato chiuso (lett. senza via d'uscita) della strada e ti lascia  “in balance with this life, this death” in una  sospensione animata molto simile allo stato di trance.
Per la strofa finale avrei i riferimenti a ricordi d’infanzia. I quadrivi meridiani : forse ricordi del luogo di incontro fra amici di infanzia che  restano relegati alla “sensori età ottusa” del sonno dove caparbiamente anche se ”stancamente” cercano  di sopravvivere.

Unica nota: mi spiazza il “Tu” all’inizio dell’ultima strofa non saprei attribuirne l’utilizzo.
Mentre, per il riferimento a Whitman e a Villaggio, mi convince l’interpretazione di Stefano Toschi: una sorta di bizzarro accostamento per  indicare la capacità di trasfigurare il mondo reale nel sogno.
« Ultima modifica: Domenica 10 Maggio 2009, 16:40:55 da Il Conte »

Offline Zima

Re: riprendiamoci la poesia (sit in tra le rime)
« Risposta #14 il: Domenica 10 Maggio 2009, 17:00:53 »
crostata di mele, naturalmente!  ;)
ma tu quella bella pasta per il pranzo potevi prepararla!!!!  ;D


la cosa meravigliosamente strana di questo testo è che più lo rileggo e più mi confondo. di primo impatto una marea di emozioni mi ha pervaso, probabilmente mi ero ancorata solo alle immagini, ora, dopo molte letture e dopo aver ascoltato le varie interpretazioni, ritrovo che alcuni passi possano essere interpretati in molti, moltissimi modi.

Avvelena lo spazio complesso, le direzioni
quel grido infantile (ognuno lo sente
forse cento volte, partendo e restando
coi silenziosi affissi oculari). E il bambino è uno,
sessile e primevo, dalle acque.
...
Pochi si accorgono
di portare cattedrali sulla schiena
- dacché è nato, dacché
egli è nato…
 

perchè l'urlo del bambino avvelena lo spazio "complesso" ad esempio? e cosa intende l'autore con tale aggettivo?
chi è quel bambino, cosa rappresenta? sembra arrivato a distruggere la pacatezza cieca dell'uomo, a portare scompigio e dalla sua nascita ognuno si è caricato inconsapevolmente di un peso, di una zavorra.
sembra la profezia avverata di un avvento, una profezia di caos, di morte che l'uomo percepisce, senza vedere davvero. penso anche io, infatti, che gli affissi siano come schermi tra la percezione e la consapevolezza. i manifesti pubblicitari, ad esempio, contengono spesso messaggi subliminali che raggiungono in nostro inconscio senza palesarsi.

Un vento (foriero della fine) urla come un bambino appena nato invadendo ogni spazio e ogni direzione. tutti lo sentiamo, sempre, come una voce intima ma molesta.

La strada da un lato
la chiude la macelleria, dall’altro i cifrari
del ritorno: mai che uno straccio,
qui e sui balconi, distrugga il vento.

la seconda parte è quella che mi piace di più, che mi affascina... questa strada senza via d'uscita in cui il vento continua ad urlare tra l'orrore del sangue (la guerra, la morte?) e la possibilità di evadere, criptata però, tra mille codici, nei cifrari.

che strana sensazione poi mi fanno quegli stracci appesi ai balconi, a sventolare come bandiere bianche... simulano un'arresa, nessuna via di scampo.

è per questo che l'autore chiede, nell'ultima parte, di ritornare nell'incoscienza, ottusa, ma paliativa, ristoratrice.


Tu lasciami la sensorietà ottusa
del sonno anche nei quadrivi meridiani
che ancora
l’ombra – l’ora – visitano
e stancamente
gli spettri amicali dall’infanzia


questa ultima parte mi riporta ad un paesaggio afoso, estivo e torrido, una città semideserta di strade fatte tutte perpendicolari e parallele tra loro (quadrivi meridiani) dove però, a seconda dell'ora, l'ombra che porta ristoro arriva.
e anche i ricordi, seppur spettrali, diventano amici perchè ci riportano a quell'ingenuità infantile che l'uomo perde crescendo.


uhhhh!!! ho bisogno di bere!!! ;D
"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.