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Poesia sul tema Così mi sento
Leggo spesso versi esprimenti privazione,
anche di veri grandi poeti il lamento
della felicità negata che pervade
in particolare il secolo appena trascorso.
Anch'io ho il mio bottino d'assenze,
gettato nelle stanze mi fa odiare
le sedie vuote, me lo porto appresso
persino durante le passeggiate nel sole.
Ma la più grande assenza è a se stessi
e io non mi manco: rimuovo nell'inconscio,
pospongo più in basso, delego all'istinto
o elevo in volo, sublimo in ideale.
Il Novecento mi è passato di sopra
lavandomi appena di sangue e d'acqua
la sofferenza per un bambino mai nato,
ma la mia atmosfera è quella di circa un secolo fa.
Il mio verso non sbraita, non urla, non vomita,
si preoccupa raramente per l'altrui sorte.
Ha la misteriosa postura di una figura decadente,
crepuscolare ed esteta, vitale ed ermetica.
Tra le cose di pessimo o di ottimo gusto,
i viaggi ancora romantici,
il piacere trasgressivo, puro e torbido,
si snodano le mie soffuse parole.
Sono la Signorina Felicita o la Carla
di Zeno, la dimessa amante inquieta,
o la lussuriosa esteta che fa della sua vita
un frammento, seppure scheggiato, d'un'opera d'arte
con lo stravagante spregio di ciò che è grezzo.
In una foresta di simboli e corrispondenze
m'assimilo al tutto e non mi sento che niente,
nel mio panico stupore di creatura
non manco alle mie ossa, al mio cuore,
a quel poco di luce -di gran lunga
meglio l'intuizione della ragione-
che mi propone mille dubbi e
una sola certezza, velata d'incenso:
io vivo tra lo spleen, la noia e lo slancio,
tra ciò che ho perduto e desidero ancora,
tra le righe e anche oltre
io non mi manco. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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