si ha uno spazio
e la terra accoglie piangendo:
qualcosa non è andata, che si è rotto?
spazio registrato, un peso un viso
il bisogno che consuma
ciò che manca per desiderio cerca
come l’ape nel fiore, autocoscienza
schiavitù d’apparizioni?
lo scarto che fa in amore appaga in libertà,
qui e altrove, l’informazione antica
trasmuta in delirio di sapersi finzione
ci fu un tempo allargato all’esperienza
un tempo di sonori e cubi
un tempo di dadi e analogie
confronti e scontri
simboli racchiusi in sfere d’impulsi,
che vibrava il vaso dentro la sua quiete! |
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il deserto che porto
fiorisca il tuo futuro,
d’altri
mia musica lenta sfuma
l’alba che aspettava gelò il sogno
era sole amaro
e albero e fronde di mistero
a germinare straniere corolle
legno porta e bara
gli animali infetti confetti sui corpi
la riverenza la penitenza
urlarono del martirio per agghiacciare i cuori
ricurvare desiderio dentro la ferrea linea del destino
ridurlo fredda terra prima ancora del ritmo del volo
ci furono primavere ghiacce
bevvi l’acqua insana! |
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altre,
di girotondi e rondini
darsi la mano
intuire il nido ad ogni ritorno
il gioco, il caldo d’un corpo:
si tende senza nervi
coglie la gioia di un sol fuoco
altre, nelle solitudini d’ore:
pam pam, agli indiani
era il segno:
raccontavo già per loro
cancella tutto!
a sopprimere disegno!
rinascere, in che luogo?
le linee intersecano la mente
in invisibili di pianto,
a distanza agenti
e il tempo accoglie, è sua natura
svelarlo in trama mancata
incuba in follia d’amore
tre volte santo
la bocca rosa che dischiudeva in voglia
la veste scivolata sopra il fianco
e l’ombra ritagliava il sole |
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risveglio in piazza assolata
cielo azzurro
la neve alle spalle
in alone freddo di monti
il gelo si lisciava e prendere
dall’acqua alle fontane,
combinava solida infinite forme,
ciliegi di geli primordiali
vibrarono in quarzo uccelli
ali turbando celesti risonanze
nella quiete di statue di neve
la scena raggelava
l’ombra, al suo posto
nelle strette strade
sulla piazza
dalle colonne proiettata |
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quando l’alba parve buona
si ravvisò la finestra di ombre
ricordi, sono quel che è il corpo
sepolti in liquidi nervi
di benda bianca per impedito slancio
d’accedere al ritmo del bisogno si mostrava
e la rosata mano?
lattiginò per molto
stillando sul morto
pianto dagli occhi
non rischiarava,
tolto fondo stravolto
che se è terra ma non avanza
e là la riponiamo
a custodire il dono
per la felicità che le compete |
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mi svegliai col sangue intatto
nella forma che diede
il sol montava,
spazi di visi ariosi
occhi di neri e chiari
frontoni e cattedrali
bar di bevande al cuore
sciolsero parola,
coniava nuovo verbo
e già cristallizzava: .
perché la scena è ferma
e le parole piombano al suolo?
e la piazza fu la Cina
la barba nera di un eroe morto
uno zio buono col moschetto,
furono cortei e suoni
parole mozze per riprendere fiato
nella corsa all’ambasciata
dove inciampammo?
ah dentro un corpo!
poiché la scena è ferma |
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dov’è la lucertola impazzita al solleone?
là, vive là, nell’ombra
tra le foglie avvizzite
in terriccio che macera la morte
velate pupille, il verde smorto
trascina troncamente
nell’erba morta
sotto meridiano
straniero spento di passioni
acceso al fantasma
all’illusione
non so il nome,
ma se andate in ogni parte
troverete
il prima e il poi,
ora |
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| di foglie, è sulla terra
passa e le calpesta
il destino che è la porta
che sempre imboccammo
dove volteggiamo all'astro
dentro le quattro stagioni
geleranno
generate dal tronco che salva
sulla tua terra
s'ameranno le trame delle piante
le venature che ciba e il verbo
per cui va verso la luce che generò quell'astro? |
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| l’asfalto viscido era tanfo assurdo
pioveva, come per scherzo
erba fradicia d’acqua
bagnato e freddo aspettavo
intorno nessun castello
lumache e costruzioni
silenzio, dov’ero?
nella notte i segnali sviati
vidi l’Orsa, a cinque passi
ero allo zenit, in nessun luogo
mi scivolò la lumaca
caddi, si spezzò la terra |
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| il buio mi svegliò
in anella concentrici nera
compressi al centro
per nulla di un silenzio
svegliò e generò il mostro
ciò che non c’era
corse l’ignoto
vedeva di vedeva
ritirò nel colpo del volo
nella forza che amalgama
ritirò nel corpo nero
che la luce mangia
nel catino viola dei morti
al buio, a dismisura
l’eccesso buio della privazione
di chi è equilibrio?
dove posare il cuore? |
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| smeraldi e zaffiri
tra cielo e mare
l’onda intorta l’avvolge
in schiuma bianca
dell’astro della sera
avanti viaggiatori, avanti
dall’attimo che segue, avanti
tra grillo e Cassiopea!
il tempo in amore supera parola,
tempo d’esserlo, raggiunge
la linea che chiude, senza cerchio
esca desiderio, nel tempo
oltre la parola, comprenderla
in un silenzio d’oro
smeraldi e zaffiri |
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| smeraldi e zaffiri
nel verde che sbianca sugli scogli
vola gabbiano la tua ironia
segui la rotta del bisogno
poi placa il tuo grido
adagiati al ritmo dell’onda
che gabbiano, la tua tristezza!
segui la rotta che lo porta via
ma taci
è sera
mira lo sole bracente dietro il monte
questo film proiettato
nel compiersi di un giro intorno
ad ogni giro
da quando moto dalla quiete non fu mosso
ma taci
è sera |
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| nel cielo
delle invisibili catene
si spezzò l’intonaco
dai fori colarono i mostri
boffici e soffici
nell’umido freddo
li videro con ogni mezzo
si sequestrarono al pasto
ruttato dal suo fiele
calcò le strade
della terra, della terra |
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| E fu nel pieno della ragione e scoppiò la guerra
Dirottando mercati s’immolò l’alfiere e il fante
la regina e la torre, non parlo le pedine!
E allora avvenne che un’alba d’agosto
portò un bacione al deterrente,
il ridente ordigno che sembra ghigno ma no è
S’alzò e disse basta! Chi sa, sa e provvede:
un allungo di vite rompendole, bell’invenzione, altroché:
trapianto sogno, visto il bisogno, altrove
Venditi, venditi, aggrappati alla spocchia:
scesero campane sul fiore, a nascondere
solo virtualmente, in fluorescenza a sè stessa cosa |
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| e listinò l’urlo nero che trivellò la fonte
succhiando alla morte vegetale:
brrum brrum, in urbi et orbi
gli ovini fondarono il segnale
generale risonanza, bruum bruum
spernacchiando, poeti lussuriosi
poi molti fino alla pera finale
pirotecnia e buuuum
il botto che congeda
via via |
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| spegni la luce impazzita
o agli ingorghi di ingordi
o straniato nel cervello
o risorto senza forme
col sesso al piede
nella fogna
votato, al referente
si fa da solo chi supera la morte
fissa pazzia
avvicinato ai vivi
non vede mostri
sulla terra, sulla terra |
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| la costa confluiva in allungo di mare
al limite dei sogni
confluiva con tutti gli ospedali e le prigioni
con i sogni dei pazzi
tra cielo e mare la costa confluiva al sole
nel dolore che annega nel bicchiere
nella magica visione di chi vede
la costa bradisiva in quiete! |
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| le tele che tessono i ragni
la muffa e la polvere
i vermi della terra
nel giardino delle rose
ingrassano
non potete vederla
né toccarla
solo nel giardino che coltivò nel cuore
torre d’avorio invisibilmente aperta,
la stella mattutina |
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| il sole, che filtra tra le imposte
questa teoria di polvere
in cui qualcosa è mio, qualcosa è tuo
equazione vivente in termini ignoti
ma si uguagliano fra loro
il tempo sa la fine nel suo amore
e il principio
e ora e sempre
ritorno alla mistica rosa
è il tempo è lì
nell'attimo di un attimo
di sempre |
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| l'arte è vita,
ma se esclude amore
è arte a perdere
in congiunzione si disvela il bello,
l'ippocampo e la rosa
e il vaso cinese perfetto della forma
che comprende il vuoto
l'amore è delirio dei vasai,
gira il pedale del tornio:
nell'onda crescenza e fragile apparenza,
della fragilità del mondo,
della forma perfetta del tempo di una vita
ma a raggiungerla,
bisogna che la cinghia giri
trasporto d'argilla buona
che innalza i vasai |
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