| Il fluire dei miei anni,
nella giostra della vita
lo si vede nei miei occhi
e nella pelle rattrappita!
Giovinezza ormai perduta
gioie e ricordi più felici
nei miei sogni immacolati,
son tracorsi in un baleno
più veloce di quel treno,
che non seppi mai fermare!
Ora cammino su quel ciglio
del rimpianto permanente,
potevo avere altro piglio,
ora penso a tutto e niente! |
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Ho nel cuore un bel poema,
sono Virgilio o forse Omero?
Farò ridere il mondo intero?
Troppo grande questo tema!
Agrigento amore e tormento,
la città del mandorlo in fiore,
con i profumi colore e dolore,
terra di olio, vino e frumento!
L’antica Akragas nella storia,
fondata da Greci e dai gelesi,
alleati con Cretesi e Rodiesi,
vera potenza e tanta gloria!
Da Empedocle a Pirandello,
governata anche dai tiranni,
nei millenni ebbe tanti danni,
ma il ricordo è ancora bello!
La via sacra, indi la valle,
i grandi templi di Agrigento,
ogni pietra un monumento,
per ogni via ed ogni calle!
Il più grande fu il re Terone,
poi la principessa Damarete,
di lei un quadro alla parete,
ora siam un popolo terrone! |
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Akragas fondata dai gelesi
con coloni cretesi e rodiesi,
dai cartaginesi fu distrutta!
Agrigento ora è alla frutta
corruzione vulcan ch’erutta
finita ormai la storia epica!
Con la mala etica politica,
oggi viviamo un’altra epoca
soldi e l’ideologia erotica!
Non voglio far la predica
contro l’ideologia eretica.
Io vorrei un po’ di etica! |
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Ispirami oh Athena
epica di patria antica,
anche con mental fatica
narrar i vorrei con ardor!
La mia città greca di Akragas,
non ebbe un grande come Pericle
ma ebbe un grande come Empedocle
ora gli Agrigentini possiamo ricordar!
Cantami o musa d’olimpico Esseneto
come Terone decorato in terra Greca
ma la gente nell’oblio tali gesta spreca,
e danno alla patria in tal guisa procurar!
Ispiratemi Dei di Akragas - Agrigento!
Datemi la fantasia epica e del pensiero
di Pirandello, Virgilio ed anche omero
possiate santi numi il mio genio ispirar! |
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| Non vorrei con la mia rima,
indurre alcuno nell’errore,
o mio carissimo lettore
è amicizia e non amor!
Amo satira e cabaret,
ho una prosa clamorosa,
in questo caso pruriginosa,
che farà un gran clamor!
L’ amore mio " di letto",
è sicuro un’altra cosa,
è riferito alla mia sposa,
ch’io amo ora ancor!
Egli è sempre spiritoso,
ama star con tanta gente,
ha la battuta intelligente
e la dice con candor!
Per l’amico mio "diletto",
per il quale ho gran rispetto,
me lo stringo poi sul petto
e lo bacio con il cuor!
La nostra casa è adiacente,
egli si affaccia dirimpetto,
a colazione un bel cornetto
e lui mi bacia con furor!
Or lo scherzo ha da finire,
noi non siamo "omo" amanti,
siamo solo un passo avanti,
lo diciamo forte e senza error! |
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Cosi leggera nell’aere è sospesa,
come un angelo si libra nel suo volo.
Nella vita e nel gioco mai ella si è arresa,
da centrale/capitano non abdica al suo ruolo!
Ormai stringe il tempo e breve sarà l’attesa,
corre forte e veloce il suo generoso cuor!
Lei sogna di bianco esser elegante sposa,
finalmente in april, sarà teneramente amor!
Sotto Monreale, benedetta quella chiesa,
il papà commosso ha paura delle scale,
ma dopo la salita, tutto sarà in discesa,
il vero amore tutto l’oro del mondo vale!
Vola figlia mia, una vita nuova ormai t’aspetta,
ora nel mio cuore un po’ di croce e di mestizia,
ma la scelta da te fatta da noi verrà sorretta,
vai verso l’amore tuo, corri e vola Maurizia! |
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C’era una volta la città di Panormo,
anche da Goethe conca d’oro chiamata!
Un tempo ricoperta d’aranci e limoni brillanti,
ora in mano a ladroni, mafiosi e furfanti!
Dagli abusivi violentata e stuprata,
da tante genti odiata ed amata.
Dai Fenici fondata, poi vennero Arabi
ed infine felice Normanna!
Dai violenti il sopruso e l’abuso,
dai poveri cristi il lamento diffuso!
Le macchine sempre in sosta selvaggia,
ho l’ansia al cuor, sembra l’ultima spiaggia!
La città antica dalle mura cadenti,
fai pochi passi e tra le buche sprofondi!
Oh Palermo, decadente ed olezzosa,
arsa e bruciata dal sole,
sotto piante appassite ed a palme seccate
dal "punteruolo" attecchite!
Oh Panormo, Panormo...
per il dolore non dormo!
Perciò ogni notte io sogno,
il ritorno al lindo paesello natio!
Ma oramai siam, nelle mani di Dio,
tra le sue braccia la sofferenza e l’oblio!
Viva Palermo e santa Rosalia!
Il sindaco ogni anno,
ripete per la festa della santa!
Viva Palermo e santa Rosalia!
Mentre la gente mi sembra stanca,
rassegnata e pure affranta!
Ma se vuoi lottare, sopravvivere
e combattere la mala pianta!
Grida forte! "Viva Palermo e Rosalia santa"!
Poi prega... oppure canta!! |
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Il cuore a Palermo,
il mare a Mondello,
il golfo più bello,
con la sabbia d’or!
Un sole al tramonto,
negli ultimi bagliori
emana raggi migliori,
con il residuo calor!
Il mio sole calante,
ha smaglianti colori,
ma persistenti furori,
giustificato il dolor!
Per un sole calante,
tre stelle nascenti,
tre colonne portanti,
mi consolano ancor!
Sono i miei gioielli,
tre sinceri talenti,
bei ragazzi valenti,
solo pane e sudor!
Tre colonne granite,
tre amori tre figli,
tre fiori tre gigli,
riscaldano il cuor!
Ora lor, son lontani,
mi sento un po’ strano,
li conducevo per mano,
con speranza ed amor!
I figli, son partiti
lavoro van a cercare,
han figli da sfamare,
contro politica rancor! |
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| Casa grande piena di cose,
La cantina e la mansarda,
tanta polvere sui ricordi.
Tante stanze tante cose,
una foto che mi guarda
molte spine e poche rose.
Cose inutili polverose,
vecchie foto scolorite,
che riaprono ferite!
Una bambola e le spose,
tante rose rinsecchite,
le speranze poi fuggite!
Giocattoli lasciati sono cose,
la casa grande e stanze vuote,
sono chiodi e spine dentro il cuor! |
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In valle uno squillar di tromba
tra tempio di ercole e di giove
grande epica nell’aria rimbomba
con nebbia, sole e quando piove!
Nel 480 ac. la vittoria d’Imera,
dopo alcuni anni la fine brutta!
I fasti d’altri tempi un’altra era
dal punico nemico fu distrutta!
Tra le viole ginestre e pistacchi
sta sul ciglio e non strapiomba!
Templi e sole dentro agli occhi,
ecco di Terone? è la sua tomba!
Governò Akragas con mano dura,
il popolo visse spesso con paura
ma con Terone fece tanta strada
con l’elmo, scudo e la sua spada! |
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| La pioggia sulle montagne,
ricopre e bagna Monreale,
inquietudine mi assale...
ma le nozze son da far!
Nella casa della sposa,
si preparano i confetti,
non tutti son perfetti,
ma sono da gustar!
Nella chiesa di Maria,
spuntano tanti fiori,
è il mese degli amori,
i genitori a sospirar!
Gli sposi sono pronti,
ora mettono gli anelli,
i ragazzi sono belli,
ed amanti del signor!
La messa è già finita,
sorridono i parenti,
gli amici son contenti,
ed un bacio si puo dar! |
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La piazza della di città di Favara,
un tempo piena di coppole storte,
da cattiva gente, dipendeva la sorte
ma or, i giovani onesti, son l’avvenir!
La prima pietra, castel Chiaramonte,
ma quel maniero, fu solo il principio
poi i baroni, i palazzi ed il municipio,
anch’io in quel libro, son scritto tutt’or!
La biblioteca, dono del barone Mendola,
l’antico castello con la torre svettante,
la piazza pulsante con gente festante
ho nei miei sogni, e dentro il mio cuor!
La cupola grande, la chiesa matrice,
Il notaro ed il medico nei sette cortili,
della rinascita tirano e tessono i fili
or son tanti i turisti ed a tutte le or!
A san Francesco il monastero e la buca,
portai un pulman di panormiti turisti,
la gran libagione, non li rese mai tristi
tutti quanti ripetono, vogliamo tornar!
Il caffè Italia, a palazzo Fanara,
le sale ed i decori, di palazzo Cafisi
poi le fanciulle, con i loro sorrisi
del loro profumo, già sento l’odor!
La"stratanova, "abatia" fino al carmine
bello elegante è quid del vicolo luna,
nel pensiero una bionda e una bruna,
nei ricordi ancora con grande stupor!
Un passo indietro, per lo studio e lavoro
sono stato un migrante, un po’ itinerante,
per molto tempo, distante e scostante
dal giovanile, estatico, primo, mio amor!
L’antico paese, la giovinezza vissuta,
il vero pistacchio nell’agnello pasquale,
dai pasticcieri da capodanno a natale,
Dal panettiere"u chichireddu"il pane d’or! |
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Su una collina giaceva il mio paese,
di fronte alla dorica Agrigento.
Allora non c’erano stipendi a fine mese...
vivevamo con pasta e pane di frumento!
La vita scorreva lenta e poche spese,
ma eravamo sempre in gran fermento!
Sognavamo altri lidi ed altre sponde,
soleva volare alto ogni ragazzo favarese,
con voli pindarici ci cullavamo tra le onde!
Allora i carusi di san Calò, riuniti nella banda,
tanta strada a piedi per andarcene alla standa!
Salivamo la collina con il sole
ed i templi dentro agli occhi.
Da villa Gibilaro, via Imera, via Atenea
noi ragazzin ci andavamo rincorrendo!
Nelle campagne e nella valle, sentivamo
il profumo, di mandorli e pistacchi!
Ma adesso che abbiamo soldi e potere sulle cose,
adesso che sazi siam, ma dentro vecchi
svaniscono oramai i sogni e le grandi attese,
dolce è però il ricordo dei mandorli e pistacchi!
Preceduti da illustri letterati,
Sciascia, Russello e Pirandello,
giovanissimi partimmo alla volta di Palermo;
con la speranza in cuor come un fardello!
Adesso che il cammin è un po’ malfermo,
il ricordo dei mandorli e pistacchi
e perduta gioventù è ancor più bello!! |
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| La liceale di Agrigento...
una donna innamorata,
qualcuno l’ha sognata
e la tiene nel suo cuor!
E’ nata ed abita nel borgo
purtroppo lei ora è sposata,
ma ha la pelle vellutata,
perciò un bacio devo dar!
Di raso nero ella è vestita
ed ha le linee sinuose,
le labbra son carnose,
e sono rosse da baciar!
E’ un fiore profumato,
un amore clandestino,
sarà forse il mio destino,
ma la devo conquistar!
Ha la voce sensuale,
la pressione già mi sale,
poi mi bacia per le scale,
come bello amoreggiar!
Ma che bella liceale!
Lei mi stringe più lasciva,
ormai siamo alla deriva,
ed affoghiamo nell’amor! |
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| I tiranni akragantini,
che forgiarono i destini,
degli odierni Agrigentini.
Il toro di Falaride,
che il popolo cremava!
Le guerre di Terone,
che il popolo ammirava!
Da est verso ovest
la via sacra ed i templi,
giunone e la concordia,
le guerre e la discordia.
Ad est c’è Giunone,
ad ovest vulcano,
in mezzo Ercole,
poi il padre Giove.
Il giardino Kolimbetra,
anche la porta aurea,
manca il teatro antico?
Se scavi presto arriverà! |
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Uomo al crepuscolo
tra rose di maggio,
ci vuole coraggio,
starsi a guardar!
Giovinezza perduta,
un ricordo lontano
mi sento strano
nel vuoto pensar!
I bei fiori di maggio
nell’odoroso giardino
mi sveglio al mattino,
pensando al che far!
La vita è un mistero
un veloce passaggio,
l’amore è un assaggio,
per il povero cuor!
Lento è il declino
del mio povero cuore,
ci vorrebbe l’amore,
del nostro Signor!
Grazie oh Signore
del tuo messaggio,
or dammi il coraggio
per viver ancor!! |
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Era il 480 ac. nel mondo Greco, un’altra era,
il punico nemico cinse d’assedio città d’Imera.
Si combatterono in estate o forse a primavera,
col barbaro nemico sbaragliato, prima di sera!
Tinsero rosso sangue il mare a Buonfornello,
i guerrieri i loro corpi portarono al macello!
Erano alleati i Greci di Agrigento e Siracusa,
perciò furono protetti da dio Giove e Aretusa!
Da quella vittoria i Sicilioti, furono i più forti,
per settantanni non subirono più dei grandi torti,
indi dalla costruzione dei templi furono distratti,
infin colti di sorpresa dai barbari punici distrutti! |
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Triste spartenza
dal borgo natio,
nelle mani di Dio
affidai il dolor!
Ormai tanti anni,
in mente una chiesa,
febbrile l’attesa,
volevo tornar!
La prima mia vita,
con il santo nero,
resta un mistero
dentro il mio cuor!
In quella chiesa,
dove io son nato,
fui poi battezzato,
come piccolo fior!
Io son come tanti,
i veri emigranti,
purtroppo distanti,
dal suo vero calor!
Or sono stanco,
casa mia è Palermo,
ho il passo malfermo,
mi devo fermar!
Si chiamava Favara,
la mia terra lontana
or la cosa più strana,
non la posso scordar! |
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Alla fine di questa epica epopea,
scriverò di una donna tra due re!
Dirò senza vanto ne prosopopea,
che fu gran femmina e non dea.
Figlia del tiranno re Terone,
bella principessa d'Agrigento,
moglie del tiranno re Gelone,
regina a Siracusa di talento!
Ammiro un quadro alla parete,
di nobil principessa d'Agrigento
la storia la designa Damarete,
ella visse tra l'oro e l'argento!
Nel trascritto trattato per la pace
mai più bimbi al dio baal sacrifici,
cosa che ancora al mondo piace,
impose ai vinti i punici nemici.
I nemici di ciò ne furono felici
le donarono una corona d'or,
il popolo lieto alzò alti calici,
Damarete un regalo fece lor!
La corona d'oro poi venne fusa
festante fu popolo d'Agrigento,
per i sudditi moneta fu profusa
a tutti "demareteion" d'argento! |
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I colori del mio giardino,
che io vedo ogni mattino,
gli odori del mio giardino,
sento nel buio vespertino!
Dal balcone ogni mattino,
sto a mirar il mio giardino,
dal limone al mandarino,
sento, odor di gelsomino!
A primavera nel mio giardino,
col melogran ai primi germogli,
i merli maschi cercano mogli.
Col pesco riccamente fiorito,
il rampicante è rinverdito.
La terra è ancora umida e fresca
tra api sul fiore e tutta una tresca,
lucertole al sole fan sempre festa!
Quando la zagara profuma il vento,
se farfalle ne vedo una oppure cento,
quando gli aromi del mio giardino,
citronella salvia, menta rosmarino,
dei loro odori inebriano la sera,
sono sicuro sarà primavera! |
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| Non so come, io ragazzo provinciale e di paese,
anzi per la precisione terrone siciliano favarese,
mi sentivo cosi estasiato a respirare per un mese,
l’aria Berlinese!
Era di luglio sotto il cielo grigio di Berlino,
mi parve primavera quando la vidi un bel mattino!
La invitai perciò subito ad entrare nel mio giardino,
facendo un po’ lo spiritoso ed un po’ il cretino!
Non so per quale imperscrutabile destino,
mi ritrovai con una walchiria, sotto il cielo terso di Berlino!
Una walchiria con gambe lunghe, biondi capelli, delizioso naso,
labbra carnose, occhi profondi con colori molto belli,
perciò mi inebriai e cominciai a costruire improbabili castelli!
Ero giovane e della vita conoscevo ancora poco,
le trappole, le donne ed i tranelli e poi...
Ci incontrammo, nei pressi della porta di Brandeburgo.
Io ero un giovane medico Italiano e
lei una romantica teutonica chirurgo.
Passeggiammo per le vie di Berlino,
in un pub, birra e wurstel con il panino,
poi nella penombra, all’orecchio le sussurrai...
Ich liebe dich, "ti amo" per me sei, du bist, come Marlene Dietrich!
Poi sulle labbra, un bacio le rubai un po’ furtivo
e lei mi strinse calda, con fare più lascivo.
A berlino quell’anno era di luglio, fu un dolce guazzabuglio!
Ma poi a fine mese lasciai quella stanza, pagai
l’ultimo affitto, il cuore afflitto e poi trafitto,
una lacrima, una carezza sul bel viso,
un bacio sulle labbra, un tenero sorriso...
Mi dispiace amore, al mio paese devo tornare!
"Warum? perchè"?, tut mir leid, meine Liebe,
mi dispiace "Costanza" è finita la vacanza!
Lei disperata corse via, la vidi piano, piano,
lei dolce, romantica, teutonica chirurgo,
per sempre scomparire, oltre Brandenburgo!
Da tanti anni ormai mi è rimasto nell’intimo il ricordo,
perché colpito fui da quell’amore con un dardo,
ma il pentimento mio avvenne troppo con ritardo!
Sono andato in tutte le sale operatorie,
cercando negli occhi delle colleghe,
una romantica teutonica chirurgo!
Son tornato a Brandeburgo, poi Friburgo,
Amburgo e perfino in austria a Salisburgo!
Ci vorrebbe ormai un miracolo e quindi un taumaturgo!
O forse, per meglio raccontare il mio dolore un drammaturgo!
Ormai un dolce veleno è la nostalgia del suo ricordo,
della passione, della bellezza e del suo perduto amore!! |
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| Oh come vorrei fuggir lontano,
in un paese onesto e sconosciuto,
con i nipoti in braccio e la nonna per la mano!
Ma in questa città son riuscito,
di prosa e poesia dei grandi son cresciuto,
amore e passion talvolta ho speso invano!
Avrei voluto saper da dove vengo e chi son io,
come dubbiosa pecorella alla ricerca del mio dio.
Ormai sessant’anni anni di nostalgia e di ricordi,
quanti giorni, mesi anni cosi balordi,
quante amarezze, fatiche e tentativi di raccordi.
Ma perché questo poetar fallace,
piuttosto che lavorar invece?
Forse la mia rima e come prece?
Per tacitar il cor talvolta nero come pece,
vorrei fuggir da questo luogo, cosi ipocrita e rapace!
In vita avrei potuto essere un poco più vorace,
una donna più lasciva e più procace,
ora la qualcosa quasi mi dispiace,
ma uscendo fuori l’ansia ed il dolor, ho il cor quasi in pace!
Poi per disgrazia e consunzion, il corpo sfece,
per amor o per dover un saluto poi ultima prece.
Non sono riuscito a saper di dove vengo e chi son io,
come smarrita pecorella alla ricerca del mio dio,
in paradiso o all’inferno, infine nell’oblio l’uomo tace!
Vi prego per favor, non più l’anima rompete!
Come santo in paradiso o all’inferno nella brace,
lasciatemi andare, vi scongiuro... in santa pace!! |
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