| Rimangono per terra
eppure il vento
non riesce a portarle via,
son le ceneri dei grandi amori
che mai si disperdono,
riempiono l’aria,
le respiri lentamente
s’incollano alla pelle
e diventano parte di te.
Ceneri
che vorresti buttare in mare
farle inabissare sul fondale
ma le onde prepotenti
le riportano a galla,
eppure sono soltanto ceneri
leggere come piume
ma ancorate alla tua anima. |
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| Avrò tempo per dirtelo
forse domani
quando il sole sarà ancora alto
prima che giunga sera
prima che faccia notte,
avrò tempo ancora
di stringerti le mani
e poterti guardare
ancora da vicino,
avrò tempo ancora
di sentire il tuo respiro
mentre mi baci
e ancora mi perdo,
avrò tempo ancora
per dirtelo
che questo amore immenso
che mai vedrà tramonto
non riesco più a contenerlo,
avrò tempo ancora...
forse. |
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| Non ho più lacrime da versare
in questo tempo, che lento
scandisce le ore,
né ricordi da custodire
nella memoria,
non sei passato
né futuro,
nei pugni
stringo solo il nulla,
quel nulla che ora
mi veste,
tu,
pagina accartocciata
in un angolo,
di te rimane
un’ immagine sfumata
in lontananza
nella nebbia
che s'addensa. |
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| La tua presenza
è il mio silente viverti
nell'assenza,
scorre nelle vene
pulsante la tua
essenza,
tu, lacrima appesa
che appanna gli occhi,
mentre tutto scivola
senza tempo,
quanto mi manchi
in quel gelo
che non ha stagioni
abbracciando nel buio
il nulla. |
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| E’ lontana la notte
chiudo gli occhi e aspetto
il sonno,
come una nuvola m’avvolge
e ti raggiungo,
sei acqua cristallina
nel mio deserto.
Dormirei per sempre
per viverti
nel mio sogno
in eterno. |
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| Erano i silenzi
a parlare,
e gli sguardi
velati di desiderio
a dire quelle parole
cucite sulle labbra.
Erano le mani,
sì le mani
a trasmettere quei brividi
intrappolati nella pelle.
Ma s'era fatto tardi,
non aspetta, ingrato, il tempo,
come un sortilegio
la magia svanì, per sempre.
Ancora una volta, lontani,
ancora divisi,
perduti,
immensamente soli. |
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| Ho visto giorni pieni
di te, di me
di corse controcorrente
saziandoci e ubriacandoci
solo di noi,
nettare vitale.
Ho visto giorni vuoti
appesi alle pareti nude,
come orologi antichi
che non battono più le ore.
E poi,
poi ci siamo inabissati,
arenati sul fondale,
dispersi,
lontani mille miglia.
Non rimane
che un granellino
incomodo
rimarginato nella pelle. |
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| Ci sono addii che ti passano accanto
non ti guardano, non ti sfiorano
perdono colore al tramonto
non ti lasciano neanche un petalo appassito
o una piccola foglia ingiallita da conservare
fra le pagine di un diario.
E poi, ci sono quegli addii mai partiti,
come quelle barche arenate in porto
che guardano lontano il mare aperto,
con timore
e poi,
ci sono quegli addii struggenti
che scrutano l’orizzonte senza mai stancarsi
e aspettano, aspettano, aspettano
ancora il ritorno. |
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| Sarà il silenzio
a parlarti di me
solo il silenzio,
o il buio della notte
quando si spengono
anche i pensieri
e il sonno, ti avvolge
come nuvola leggera.
Sarà il silenzio
a ricordarti
che non ci sarò
e sentirai la mia assenza
come una ferita aperta.
Chiuderò quella porta
alle mie spalle stanche,
e sarà per sempre:
non tornerò
sui miei passi. |
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Ti amerò nel vento
ti amerò col vento
completamente
quando assentandoti
vibrando
mi penserai.
Sarò le tue mani
chimera ardita
piacere e tormento
sarò lì
fra i tuoi sospiri
notte senza luna
essenza
di sogno proibito. |
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Se mi cercherai
io sarò lì
come ogni sera
ad aspettarti,
e non importa
quanto tempo è passato
io vivo
aspettandoti...
come lo scoglio
che aspetta
il bacio dell'onda
la carezza del vento,
il caldo raggio
che dolce si posa
a sfiorare le sue curve,
e poi farsi illuminare
luce tenue lunare
ancora bagnato. | |
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| Usciranno un giorno
quelle parole
velate
nelle umide ciglia
e sarà l'alba venuta a svegliarci
dal sonno profondo.
Trasparenza di sguardi
scivoleranno
sulla nostra pelle
pervasa da un fremito
come papaveri rossi
sbattuti al vento,
della lunga attesa
senza fine
la tua bocca
saprà saziarmi. |
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Hanno voce i silenzi per l'anima che muta ascolta
Cenni biografici
Paola Pittalis nasce a Usini, un paesino della Sardegna. Sposata e madre di 3 figli, la sua vita viene travolta da un gravissimo lutto che la segnerà per sempre, quando il suo primo figlio Paolo muore per un tumore cerebrale all’età di 19 anni.
Ed è allora che prende in mano la penna e inizia a scrivere le sue liriche, “la voce dell'anima” come lei stessa ama definirle. Emozioni dell’anima che corrono su quella linea sottile dell’assenza, in quel perdersi e vagare alla ricerca di qualcosa tra incanto e disincanto.
Pubblica il suo primo libro di poesia e prosa in lingua Sarda nel 2006 in forma privata, libro che completerà con le traduzioni in Italiano e pubblicherà in seguito col Patrocinio del comune di Ossi, paese in cui vive.
Da allora ha continuato a scrivere e pubblicare libri di prosa e poesia, ottenendo numerosi riconoscimenti e premi. I suoi versi sono sempre intensi e diretti. Il Dott. Valterio Curzi definisce la malinconia nelle sillogi di Paola Pittalis come “accelerazione del vivere, in condizioni fuori di ogni limite”. |
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