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Questo racconto è inserito in:
 Parte 7 della raccolta "Storie di Famiglia " di Carlo Fracassi (35 racconti)
 Come eravamo

Le signore Argenton

Biografie e Diari

Era il 1948, avevo cinque anni ma riuscivo già a capire i valori del denaro e i canoni di bellezza femminile. I miei genitori, come tutti gli altri del tempo, d’estate affittavano. Ricordo due affascinanti bagnanti di Milano le signore Argenton, mamma e figlia. Alloggiavano nella “camera buona” e consumavano i pasti in salotto, di fronte al bagno cosicché in determinate ore era proibito andare al gabinetto. Tuttavia, inevitabilmente, succedeva che io venissi scoperto in flagrante “divieto di sosta”.

La casa era rimasta danneggiata dalla guerra e i miei, per fronteggiare le onerose spese di restauro, decisero di offrire ai villeggianti anche il vitto oltre all’alloggio. Ricordo che: l’appartamento a piano terra era affittato per tutto l'anno ad una famiglia, il garage era occupato da sfollati che ne avevano ricavato un momentaneo alloggio di fortuna, il primo piano, infine, era abitato dai miei genitori, da me e mio fratello. Durante il periodo estivo, però, il nostro modo di vivere si trasformava perché …aumentavamo. Si dormiva alla meglio: io nel letto matrimoniale fra i miei genitori e mio fratello su una brandina nel tinello. Nella camera mia e di mio fratello, che veniva affittata, si aggiungeva un terzo, talvolta un quarto letto. Il salottino riparato da una tenda, si trasformava anch’esso in una camera a due letti, mentre il soggiorno diveniva la cosiddetta “camera buona”; infatti, aggiunti due letti agli altri mobili, si trasformava in una sorta di suite. Pertanto il primo piano, d’estate, non era più abitato da 4 persone, bensì da 12 . L’ampio ingresso-salotto era utilizzato come sala da pranzo per gli otto ospiti Noi, invece, mangiavamo nel tinello, mentre mia madre correva e riassettava tutto il giorno. A fine stagione si smontavano letti e spalliere - che finivano nella legnaia - e tutto tornava al proprio posto. A quel tempo molti riminesi offrivano ospitalità in questa maniera. La Rimini di allora, caratterizzata soprattutto da un’offerta turistica di questo tipo, nacque, crebbe e si sviluppo mattone su mattone. Le esigenze non erano molte: bastava offrire un letto, biancheria pulita, buon cibo, il tutto condito con tanta cortesia ed il gioco era fatto!

Le signore Argenton - il cui nome, per mia madre, era già di per sé promessa di guadagni - quell’estate mi portarono in regalo una novità che non ebbi mai occasione di vedere fra i giocattoli dei miei compagni. Si trattava di una pasta gommosa che fuoriusciva a pressione da un tubetto simile a quello del dentifricio. La pasta si poneva su di una cannuccia e poi si soffiava: ne usciva un palloncino trasparente che si faceva sobbalzare col dorso della mano. Fu un successo strepitoso! Quel gioco piaceva a tutti, persino ai miei genitori, e mi aiutò a fare molte nuove amicizie, soprattutto, con le bambine. Purtroppo un giorno ci venne a trovare zia Maria, molto bigotta, soprannominata poi da mio padre “Maria la cattolica”, la quale, vista la signorina Argenton che – scostumata! – indossava una camicetta semitrasparente annodata sopra l’ombelico e un paio di pantaloncini molto aderenti, squadrandola da capo a piedi la fulminò con uno sguardo che esprimeva tutta la sua disapprovazione. Certamente il costume da bagno seminascosto da una vestaglia, abbigliamento abituale che la zia azzardava esibire in spiaggia, era tutt’altra cosa! Da quella volta le Argenton non si fecero più vive. E’ facile immaginare il dispiacere che provò mia madre: le signore soggiornavano per ben due mesi nella “camera buona” e quella camera rendeva 200 lire il giorno più delle altre… Mal dissimulato il rammarico di mio padre che, da quell’orso che abitualmente era, in quei due mesi, chissà perché – si trasformava diventando gioviale e spiritoso. In quanto a me, niente più regali, né sorrisi da quella ragazza bionda. Per diverso tempo, durante la mia infanzia, mi sono domandato se le signore Argenton non fossero più tornate per colpa della zia o perché io andavo in bagno all’ora dei pasti.



Carlo Fracassi 05/10/2010 18:14 1708

Creative Commons LicenseQuesto racconto è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Tratto da "Storie di famiglia" d'imminente pubblicazione.»

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