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Questo racconto è inserito in:
 Parte 10 della raccolta "Le mie fiabe " di Vivì (11 racconti)
 Fantasiosamente

Il rapimento di Babbo Natale

Fantasy

« Babbo Natale! Babbo Natale! Aspetta, c’è ancora una letterina per te, è arrivata in questo momento!» Babbo Natale alla guida della sua slitta, già pronta alla partenza si volse a guardare. Era l’ elfo nano, suo aiutante nella preparazione dei pacchi dono, che era arrivato tutto trafelato dalla lunga corsa.

« L’ ha portata via aerea Condi, il condor postino e sembra che sia urgente!»

« Oh oh oh! Tutte le letterine dei bambini sono urgenti e comunque questa è arrivata giusto in tempo. Eravamo pronti a partire, vero mie care?» disse rivolto alle renne.

La renna che comandava la slitta girò il lungo collo indietro e disse:

« Certo Babbo Natale. Eravamo prontissime, un attimo di ritardo e non ci saremmo più state».

« Bene, allora mio caro amico, mi vorresti porgere la letterina in modo che io possa leggerla?»

L’ elfo gli porse la letterina molto bella e luccicante con i classici disegni argentati pieni di brillantini. Babbo Natale inforcò gli occhiali da lettura e iniziò a leggere:

“ Caro Babo Natale, siamo un grupo di banbini molto poveri e bisoniosi abitiamo tutti insieme in un orfanotroffio nel paese che si ciama Malombra.” Ma guarda quanti errori! pensò il brav’ uomo, forse si tratta di bambini che hanno appena cominciato ad andare a scuola e che hanno voluto scrivere la letterina con le loro manine. È molto bello questo.

Il buon vecchio sospirò, quindi continuò la lettura:

“ Devi sapere che la magior parte di noi è andicappata. (Handycappata? Non diversamente abili? Mah! Questo è molto strano) Cualcuno è paralitico, cualcuno è cieco, e cualcuno è sordo e anche muto. Insoma, siamo talmente poveri e malati che voremo tu ci portasi tante cose buone da mangiare e tanti bei giochi.”

Babbo Natale smise di leggere, quella letterina, seppur con troppi errori lo aveva commosso fino ad avere i lucciconi agli occhi, in pochi secondi prese la sua decisione:

« Bene, amiche mie, dobbiamo andare! I bambini dell’ orfanotrofio ci stanno aspettando con ansia. Andiamo, ayiiiiioooo!!»

Le renne si avviarono con una falcata leggera e contenta. Tutte quante erano molto felici poiché quella era la sera più attesa dell’ anno, la vigilia di Natale. Il convoglio festoso era scortato da Rodolfo, l’ unica renna non imbrigliata alla slitta, il cui compito era quello di illuminare la via col suo naso rosso, nel caso non vi fosse abbastanza luce.

Babbo Natale guidò la slitta seguendo la disposizione delle stelle, perché non aveva certo bisogno del navigatore satellitare. Infatti dopo pochi minuti arrivarono nel paese chiamato Malombra e il brav’ uomo pensò che era una sfortuna vivere in un paese con un nome così oscuro.

Ciò nonostante, avvistato il paese dall’ alto, con un leggero colpo di redini, ordinò alle renne di scendere.

Dapprincipio le renne si abbassarono ubbidienti, ma grazie alla loro sensibilità, ben presto si avvidero che vi era qualcosa che non andava.

« Che succede là davanti? Cometa, Ballerina, perché avete rallentato?» chiese con la sua voce burbera il Babbo.

Fu la capo slitta a rispondere, voltando il lungo collo indietro:

« Non capisco! Però avverto una strana sensazione di pericolo. Proviamo a fare un altro giro sopra il paese per assicurarci che tutto sia tranquillo, prima di scendere.»

Siccome non era mai successo nulla del genere, e siccome Babbo Natale si fidava ciecamente dell’ intuito delle sue renne, borbottò guardingo e circospetto:

« E sia! Facciamo un altro giro, ma sbrighiamoci, amiche mie! Abbiamo ancora tanto lavoro e tanta strada da fare stanotte.»

La slitta risalì di quota, quel tanto che bastava perché sia le renne, che Babbo Natale perlustrassero i dintorni dall’ alto. Ma al secondo passaggio, tutto appariva tranquillo. Il paesaggio era quello tipico invernale, con le strade e i tetti delle case coperti di neve e con le luminarie che spiccavano nell’ oscurità. Per quanto scrutassero, e per quanto osservassero in ogni angolo, non riuscirono a scoprire alcunché di strano, così decisero di scendere. Ma fu durante la discesa che alla capo slitta saltò all’ occhio quello che le era parso insolito: le strade di quel paese erano deserte e non si vedeva anima viva in giro, com’ era possibile?

Provò ad avvertire il buon vecchio, ma lui con una scrollata di spalle ribatté:

« Con questo gelo, amica mia, chi vuoi che ci sia in giro? Sta tranquilla, saranno tutti rintanati al calduccio.»

« Sarà! Ma sbrighiamoci a fare questa consegna. Non vedo l’ ora di lasciare questo paese inquietante.»

« Atterriamo amiche belle! Siamo arrivati!»

Come la slitta toccò terra, tutte le luci delle case, delle strade e delle luminarie, si spensero all’ unisono e il paese piombò nell’ oscurità. Si riusciva a vedere qualcosa solo grazie al chiarore emanato dalla neve e allora la renna chiamata Rodolfo fece luce col suo naso.

Ma le renne, già intimorite, si strinsero le une alle altre. E fu di nuovo Cometa, la capo slitta, a sollecitare il suo capo:

« Lascia perdere Babbo Natale! Un grande pericolo è in agguato! Fuggiamo finché siamo in tempo!»

« Non posso andare via senza aver consegnato i doni a questi poveri fanciulli. Un po’ di pazienza amica mia. Ce ne andremo al più presto.»

Il buon uomo vestito di rosso scese dalla slitta e preso il suo campanellino di bronzo si mise a scampanellare:

« Din don dan! Oh oh oh! Babbo Natale è qua! Din don dan!»

La porta del grande casolare buio, si aprì con un gran cigolio di cardini arrugginiti e proiettate nel cono d’ ombra provocato dall’ apertura dell’ anta, comparvero due titaniche figure oscure.

« Mamma mia!» gridarono terrorizzate le renne « Scappa Babbo Natale, sono Golem!»

Purtroppo l’ avvertimento non servì: Babbo Natale, rimasto immobilizzato dalla sorpresa, non fu abbastanza veloce a volgersi per fuggire via. Così, venne subito accerchiato da tante figure oscure come pure le sue renne che non riuscirono a contrastare le bieche figure che sembravano arrivare da tutte le parti. Le poverine nulla poterono contro i morsi dei bollock, i cani mostri dei Golem, che si aggrapparono coi terribili artigli alle loro groppe.

Solo Cometa e Ballerina, le prime due della slitta, riuscirono a liberarsi dal giogo che le teneva imbrigliate e seppur sanguinanti e doloranti si alzarono qualche spanna nel cielo e da lì assistettero impotenti alla cattura delle amiche e di Babbo Natale.

L’ ultima cosa che Cometa riuscì a vedere con le lacrime agli occhi, fu il suo caro Babbo Natale con la testa avvolta in un sacco nero e trascinato a viva forza nell’ oscurità. Poi, la povera renna, scortata da Ballerina e Rodolfo, iniziò il viaggio di ritorno verso la Lapponia, da dove poco prima erano partiti tutti quanti felici e contenti.

Per le tre, il viaggio di ritorno per il villaggio dei balocchi fu lungo ed estenuante e senza il magico aiuto del capo, ci misero molto più tempo ad arrivare, forse perché oltre che esauste erano anche depresse.

Il loro arrivo provocò un putiferio e fu proprio il primo aiutante, l’ elfo che aveva consegnato la letterina, ad accorrere per primo:

« Cometa, Ballerina, Rodolfo, cosa vi è successo? E dov’è Babbo Natale?» chiese quasi balbettando dall’ emozione.

Le renne non riuscivano quasi a parlare dalla stanchezza, eppure fu Cometa a riprendersi abbastanza per poter dire tra le lacrime:

« Non potete immaginare, è stato terribile. Quella letterina era solo una trappola escogitata per rapire il nostro Babbo!» e giù singhiozzi e lacrime a non finire.

Quella brutta notizia venne accolta nel silenzio generale, poi e all’ improvviso, il mondo dei balocchi sprofondò nella disperazione più nera. C’ era chi urlava, chi piangeva, chi picchiava la testa contro il muro, insomma, scene talmente drammatiche non si erano mai viste al villaggio più pittoresco del mondo.

L’ elfo nano dové ricorrere a tutta la sua autorità e alzando la voce riuscì farsi sentire da tutti:

« Silenzio vi prego cari amici. Sentiamo che cos’è successo a Babbo Natale! Cometa, raccontaci ciò che è successo, senza tralasciare nessun particolare.»

La renna, seppur tra singhiozzi, riuscì a spiegare l’ accaduto. Raccontò di come, per fortuna, solo in tre erano riuscite a sfuggire all’ agguato e, quando ebbe terminato il suo resoconto, intorno a lei si scatenò di nuovo il finimondo.

Tutti chiedevano a tutti non si sa cosa, nessuno riusciva a capacitarsi di come fosse potuto succedere una simile tragedia.

La maggior parte degli gnomi, degli elfi e dei nani, giravano come impazziti da una parte all’ altra, strappandosi le lunghe barbe bianche, i capelli, sbattendo la testa contro il muro o mangiandosi i grandi cappelli da puffo. Ma vi erano anche quelli che come inebetiti, non avendo né la forza di piangere, né quella di urlare la rabbia e il dolore cocente, erano rimasti immobili. Se ne stavano in un angolo, lo sguardo perso nel vuoto.

Persino l’ elfo chiamato Ballotta, per via della sua stazza grande e grossa, il più maldestro tra tutti gli elfi, il più timido, quello che non combinava altro che pasticci, perché tanto confusionario, alla notizia della drammatica scomparsa, era rimasto imbambolato.

Quante volte l’ elfo, aveva sognato di essere lui Babbo Natale, guidare la slitta e portare i doni ai bambini.

Un giorno che Babbo stava facendo il bagno al laghetto dell’ Acqua Mite, Ballotta, senza essere notato, indossò il costume rosso e il cappuccio, appoggiati su una pianta ad asciugare.

Quindi, si specchiò nelle acque del laghetto e… oh! Meraviglia! Se non fosse stato per la barba, sembrava proprio lui, Babbo Natale. Per la contentezza si mise a saltellare come un pazzerello e patapunfete! Finì per cadere nell’ acqua. Fu allora che venne scoperto, ma Babbo Natale intenerito dall’ aspetto dell’ elfo grassoccio e timido, non se la sentì di punirlo e, per quella volta, lo perdonò.

Ma Ballotta, non rinunciò mai al suo desiderio e continuò a fantasticare.

Comunque, in quel momento, parve accogliere quella notizia con grande tristezza. Come tutti i presenti del resto.

Persino le piccole creature alate, volteggiavano come calabroni impazziti, intralciandosi e scontrandosi violentemente le une con le altre.

In mezzo a tutto quel caos, all’ improvviso iniziò a passare di bocca in bocca un nome: Fatangelo!

Il mondo dei balocchi si fermò ancora una volta sconcertato: Fatangelo! Dapprima fu solo un sussurro, un fievole bisbiglio, via via sempre più deciso e forte.

Ma chi era Fatangelo? si chiesero in molti. E soprattutto, cos’ era? Un Angelo? Oppure una Fata di qualche specie ancora sconosciuta?

Solo i collaboratori più fidati di Babbo Natale, si diceva conoscessero la misteriosa creatura. D’ altronde la curiosità era ormai arrivata alle stelle, quando l’ elfo nano riuscì a riprendere la parola:

« Amici, oggi è accaduto l’ evento più catastrofico mai verificatosi nel mondo dei balocchi. Sappiamo tutti che il nostro caro Babbo, è stato rapito. Il problema sarà scoprire il motivo per cui i Golem hanno portato a compimento un’ azione così efferata e dove lo tengono prigioniero! Per questo motivo abbiamo deciso di sentire il parere e i consigli di una creatura dolce, giusta, saggia, della quale molti di noi avevano finora ignorato che esistesse. Proprio perché era necessario proteggere il segreto della sua esistenza.

Purtroppo amici, il rapimento del babbo di tutti i bimbi, è un evento drammatico, tanto da richiedere l’ aiuto celeste. Quindi amici, uniamo le mani, le menti, e i nostri cuori e invochiamo l’ intervento di Fatangelo.»

Tutti i presenti si presero per mano e dondolandosi sui piedi a destra e a sinistra iniziarono a scandire il nome:

« Fatangelo! Fatangelo!»

« Ma non è un nome d’ Angelo!» obiettò qualcuno.

« Infatti non è un Angelo» rispose l’ elfo.

« Ma non è nemmeno un nome da Fata!» rincarò qualcun altro.

« Difatti non è nemmeno una fata!» rispose pazientemente l’ elfo.

« Sss! Ma volete stare zitti?» protestò uno degli aiutanti.

« Ma se non è un Angelo e nemmeno una Fata…!»

« Ora basta! Fate silenzio! Sta comparendo!»

Davanti agli occhi di centinaia di abitanti del villaggio, si stava materializzando una figura femminile e misteriosa. Lentamente i contorni sbiaditi comparvero sempre più nitidi. La lunga veste serica si gonfiava leggermente, i capelli lunghi e soffici inanellati in riccioli morbidissimi sulle spalle si sollevavano appena al soffio gentile del vento. Il viso della creatura apparve in tutto il suo splendore accolto da un “ oh” di meraviglia senza fine.

La magica apparizione, così soave e talmente angelica da non temere confronti con nessun’ altra creatura terrena o aliena, prese la parola, mentre il suo sguardo scorreva su ognuno degli astanti, con un impercettibile sorriso.

« Amici carissimi, mi avete chiamato per cercare una soluzione a questo tragico evento che ci ha visto portare via il nostro caro Babbo Natale. Ora sapete tutti benissimo, che se egli non dovesse tornare entro poche ore e non oltre la mezzanotte, il disastro già annunciato assumerebbe toni catastrofici. La figura di Babbo Natale è troppo importante per tutti i bambini del mondo e, se dovesse mancare quest’ icona, questo straordinario protagonista del Natale, i bambini perderebbero il loro sogno, la loro figura magica, non crederebbero più a nulla e diventerebbero adulti innanzi tempo. Inoltre, perdendo per sempre la loro capacità di sognare, perderebbero persino i ricordi della loro infanzia. E questo potrebbe succedere anche per le generazioni future, che nascerebbero già adulte, senza la fantasia tipica dei piccoli, senza la capacità di fantasticare. Una catastrofe, si assommerebbe alla catastrofe.»

Un brusio concitato accolse quel discorso, mentre si vedevano tante teste scuotere disperatamente, o tante altre accennare consenzienti il discorso di Fatangelo.

La creatura attese qualche minuto che il brusio si andasse attenuando naturalmente, quindi il suo sguardo, quasi per caso, cadde su Ballotta, l’ elfo pasticcione.

Fatangelo gli sorrise con un fare gentile e gli rivolse una domanda: «Ebbene, noi non vorremmo mai che nascessero bimbi già adulti, vero Ballotta?»

« No- no Signore! balbettò l’ elfo preso alla sprovvista e con le guance che diventavano sempre più paonazze dalla vergogna.

« Anche perché se nascessero bambini senza capacità di sognare e di giocare, che senso avrebbe questo villaggio? Che senso avrebbe darsi da fare un anno intero a costruire giochi di ogni tipo, se poi non ci fossero i bimbi a giocare? Che senso avrebbe Babbo Natale, le letterine, i doni, la slitta, le renne? Nulla di tutto ciò avrebbe senso, non credi Ballotta?»

L’ elfo, molto impacciato, non aveva nemmeno più il coraggio di alzare gli occhi, si stropicciava continuamente le mani in modo nervoso e, quando tutti gli astanti iniziarono a capire che era stato proprio lui a organizzare il rapimento di Babbo Natale, cominciarono ad agitarglisi attorno. Fatangelo se ne avvide e gli andò vicino, poi con i suoi modi garbati e pacati gli prese le mani.

« Sei stato tu, vero?» gli domandò fissandolo negli occhi.

« Se confessi non avrai nulla da temere. Per ora sei sotto la mia protezione.»

Ballotta era ormai sul punto di una crisi di pianto e, seppur con voce rotta dalla commozione, riuscì ugualmente a balbettare: « Sì… sono stato… io. Ma lo giuro… sono pentito. Chiedo perdono a tutti.» terminò, guardandosi intorno con aria colpevole.

Fatangelo lo circondò in un abbraccio compassionevole: « Sta tranquillo. Nessuno ti farà del male e sono certa che tutti quanti i presenti siano disposti a perdonare. Ma dimmi, cosa ti ha spinto a compiere un gesto così crudele?»

Ballotta confessò candidamente che non aveva pensato alle conseguenze. Voleva solo indossare i panni di Babbo Natale per una notte, non voleva certo far del male a nessuno, meno che meno all’ uomo più benvoluto al mondo e ai bambini.

« Allora adesso ci condurrai dove è tenuto prigioniero, con la speranza che i Golem non gli abbiano fatto del male.»

«Vi guiderò io. Sì, sì andiamo a salvare Babbo Natale!»

« Tu dovrai anche aiutarci ad entrare nella prigione. Un compito molto pericoloso. Te la senti, Ballotta?»

« Tutto pur di farmi perdonare e far ritornare Babbo natale!»

« Bene! Andiamo allora! Non abbiamo più un minuto da perdere.»

Con la magia di Fatangelo le distanze furono annullate in un battibaleno, prima però di fare qualsiasi altra cosa, la misteriosa creatura fece un incantesimo, trasformando Ballotta in un magnifico Babbo Natale. Gli elfi appena lo videro sussurrarono stupiti tra di loro: “ Sembra davvero il nostro caro Babbo! “

Da parte sua l’ elfo non era mai stato felice d’ interpretare la parte tanto desiderata. Iniziò a scampanellare con il campanellino di bronzo con tanto vigore che si fece aprire la porta. Credendo che il loro prigioniero fosse riuscito a liberarsi, i Golem gli saltarono addosso, ma fu ancora una volta la magia di Fatangelo a far andare a gambe all’ aria tutti i loschi figuri.

Gli elfi, i nani e gli gnomi si buttarono dentro a quella che a tutti gli effetti era diventata una prigione. Ballotta fu uno dei primi soccorritori a irrompere nel locale e fu proprio lui a liberare le renne e il vero Babbo che lo riconobbe all’ istante e lo abbracciò commosso.

« Perdonami, ti prego, Babbo! Non credevo che da quel gesto potesse scaturire tanto male!»

« Non ti preoccupare, ora che siete qui è già tutto dimenticato. Ma per punizione dovrai aiutarmi a fare le consegne dei doni. Siamo terribilmente in ritardo e non dobbiamo fare aspettare i bambini.»

« Lo farò molto volentieri, Babbo!»

Quando uscirono all’ aperto Fatangelo esordì:

« Non ci possono essere due Babbi Natale uguali in giro per il mondo!» Detto ciò stese nuovamente le mani verso Ballotta, ormai rassegnato a tornare un elfo maldestro e assolutamente anonimo. Ma dalla magia scaturita dalle mani della creatura straordinaria chiamata Fatangelo, che avvolse in una nube dorata il povero elfo, avvenne un’ altra trasformazione straordinaria. Quando la nube si dissolse, al posto del Babbo Natale, vi era Santa Klaus dal vestito candido come la neve.

« Oh!» esclamarono in coro i presenti meravigliati. « Ora sì che tutti i bambini del mondo possono essere felici. Santa Klaus si occuperà di portare i doni ai bimbi che vivono nelle terre fredde del nord, mentre Babbo Natale, andrà da tutti gli altri bambini.» Con quest’ ultima frase Fatangelo si congedò e in nuvola di stelle scomparve alla vista.

Fu così che quella notte di Natale, si videro sfrecciare due grandi slitte cariche di doni per i bambini di tutto il mondo e alla guida di esse, in via del tutto eccezionale due Babbo Natale, uno dal vestito rosso e uno dal vestito bianco.


Vivì 11/12/2011 12:36 4 7255

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«a tutti!!»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Un racconto che ci addentra nella festa e ci fà rifflettere come è importante per i bambini... magia fanciullesca. Un raconto come sempre ricco di fantasia e di verità... Comp. di cuore»
Jeannine Gérard

«Lo spirito di questo bel racconto, si può paragonare anche alla vita reale. Infatti, l'invidia e il non rispetto delle regole, non è solo una disdicevole eccezione, ma è diventata quasi di prassi. L'umiltà, il rispetto di regole e di fratellanza, questi valori vanno ripensati e riportati al centro del vivere sociale, solo così, oltre a ritrovare il valore dell'onestà, noi adulti, potremo sviluppare anche il dono della fantasia. La vita di oggi è troppo schematica e insensibile. Una cosa è certa, nelle letterine, che i bambini inviano a Babbo Natale, c'è una NOTA in calce e dice così: - Il regalo più bello, che i miei genitori mi possono fare, è quello di rigicare con me!-»
Giancarlo Fiaschi

«Questo piccolo viaggio tra la neve candida, le stelle e il cielo misterioso del natale... mi ha regalato un po di quella magia che il fanciullino che è raccolto nel mio cuore... desiderava. Racconto magico.»
Gaetano Mangiatordi

«Un racconto natalizio originale e piacevole lettura. Ricco di colpi di scena e con finale a sorpresa. Piaciutissimo.»
Darius

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