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La superba umiltà

Fantasy

“ Ti credi umile... ma non c'è nessuno più superbo di te”...

da queste parole di Alberto, Corrado si era sentito folgorato, e questi aveva ancora continuato “ hai costruito sul tuo essere umile la più grande delle superbie...”...

si era concluso così il loro parlare inutile, che si ripeteva quasi ogni sera, dopo che più o meno erano stati buttati fuori del solito bar per sforamento dell'orario di chiusura...

Forse quelle parole lì per lì non lo avevano proprio folgorato, anzi lì per lì le aveva quasi snobbate e irrise, era stato solo dopo, nella riflessione del suo letto, quando il sonno non si decideva a venire e che non avrebbe mai raggiunto se non al prezzo di qualche migliaio di pensieri, solo allora, piano piano, quella folgorazione era arrivata.

In questo pensare si faceva sempre più strada in lui il dubbio che le parole di Alberto potessero rappresentare il vero...” sarebbe davvero il colmo...” si diceva “...per me, che mi sono sempre considerato un campione d'umiltà, scoprire d'essere suberbo... sarebbe proprio il colmo dei colmi, materiale per una barzelletta...” con tutte le sue energie cercava di fugare quel dubbio, ma non ci riusciva, più ci pensava, più lo sentiva possibile...

Quello che più lo disorientava in questa possibilità, non era tanto l'essere o meno umile o superbo, quanto la percezione di vaghezza di ogni cosa, di ogni comprensione di qualsiasi verità...

“ a che serve pensare, costruirsi un'idea e poi cercare di viverla, se poi ti accorgi che nulla è definibile e, mentre credevi di andare in una direzione, ti accorgi poi che eri su una strada del tutto opposta?...”

Era soprattutto questo senso di relatività assoluta che lo mandava completamente nel pallone...

Corrado per tutta la sua vita non aveva fatto altro che inseguire un suo disegno d'umiltà, una sua sorta di evangelismo laico che voleva svalutare ogni amor proprio e individualismo esacerbato...

“...e adesso sentirsi dire così...?...questa poi?...”

ma lo stesso, più rifletteva, più non si sentiva di escluderlo...

All'inizio, a guidarlo su quella via, era stato un esistenzialismo un po' confuso ed istintivo, ma poi, forse dopo aver letto “ avere od essere”, tutto si era fatto in lui più ponderato e razionale...

Certo anche quella lettura era stata per lui la “ prima folgorazione”, grazie ad essa era riuscito a dare un senso, o a trovare una condivisione, a quello che già era...

fra l'avere, che aveva anche ampliato all'apparire, e l'essere, non aveva avuto dubbi ed aveva scelto l'essere....

ma la sua era stata una scelta seria, non come quella che tutti dicono di scegliere, salvo poi tradirla ad ogni passo, diventando apparenza anche la loro ostentazione di preferenza per l'essenza, dentro un conformismo senza perchè, che diventa perennemente cieco all'incoerenza...

e così, con coscienza, aveva cominciato ad essere, continuando ad essere quel che già era, ma solo adesso con volontaria forza...

Il suo essere lo viveva come quasi totale negazione di ogni superflua materialità, e col suo modo di tarare restava per lui ben poco che non rientrasse nel superfluo... della modernità, con tutta la sua copia di cose, considerava quasi tutto non necessario e solo in pochi casi utile...

A vederlo per strada pareva uno straccione, anzi lo era, camminava del tutto indifferente ai giudizi della gente, coi suoi abiti sbrindellati, le scarpe scalcagnate, magari il maglione indossato a rovescio... sembrava anche un barbone, dato che le sue rasature erano molto disordinate, considerava davvero noiosa questa incombenza e gli pareva che il tempo necessario per radersi avrebbe potuto impiegarlo in un modo molto più intelligente per il proprio essere...

non aveva nessun senso di possesso e gl'importava solo l'uso delle cose e per questo sentiva con enorme fastidio la fatica della proprietà, questo essere in perenne tensione per conservare o estendere il possesso sulle cose e finanche sulle persone...” la proprietà è un furto...” si diceva e considerava come una violenza sul prossimo che qualcuno potesse dire “ qui è mio!...” riempiendo la terra comune di barriere e confini...

Gli capitava dei giorni, quando passeggiava lungo la strada alberata, costeggiata da entrambi i lati di ville più o meno lussuose, di osservarle con distacco e provando automaticamente un senso di irrisorio compatimento, erano tutte diverse, ma, nello stesso tempo, gli parevano tutte uguali... in questo sentimento non c'era in lui nessuna invidia, non sentiva nessuna mancanza o desiderio per quello che vedeva, c'era piuttosto un compatimento, non riusciva a capire in cosa il loro vero essere potesse trarre giovamento da tutta quella ostentazione, immaginava quanta fatica dovesse costar loro quella condizione, a quanto dovevano guadagnare, ma secondo lui rubare, per arrivare a quello, a cosa veramente quello servisse per i loro essenziali bisogni, in cosa veramente ne godessero, quando tutto si traduceva in una lotta permanente per far vedere delle cose di cui probabilmente neppure si servivano, od avrebbero potuto sostituirle con cose acquisibili con minimo sforzo e prive di fatica... si immaginava quelle stanze superpulite, dove donnette isteriche si affannavano intorno al granello di polvere, dove ogni passo che si faceva era controllato, nell'ossessione di rompere o sporcare, dove veniva fatta una quotidiana fatica per conservare o incrementare un'apparenza che poco aveva a che fare con l'essenza... e pensava ai loro grandi problemi di ogni giorno, le piante da inquadrare continuamente, le pareti da tinteggiare, le piccole crepe da riparare, e pensava alla loro corsa inutile e continua nel tenere quel passo... era tutta gente che aveva fatto un po' di soldi e forse in quel modo voleva dimostrare di averli fatti... qualcuno si era anche forse riempito di debiti per questo, cioè per far vedere che aveva fatto un po' di soldi senza in effetti averli fatti... e tutto quell'apparato effettivamente a cosa loro serviva? Per il loro effettivo benessere e felicità? A poco o nulla... serviva quasi solo a farli sentire uguali agli altri, possibilmente un po' superiori, perchè se il vicino piantava un bell'albero, uno di quelli rari e costosi, il giorno dopo, per non esser da meno, correvano subito a procurarsene uno eguale o un po' più costoso... e così era per tutte le cose, piccole o grandi, l'unica determinante era che si trattasse di cose in bella vista, che tutti potessero vedere e magari ammirare e, perchè no, invidiare... anche se poi pure le mutande gradivano firmate perchè anche quello che non si può vedere era bello da dire...

Corrado, che di tutto questo proprio non aveva invidia, di cui neppure quasi si accorgeva, se non quando vi si dedicava con attenzione nelle sue volute riflessioni, Corrado, che badava all'essere, e in modo serio, viveva a modo suo... e per questo viveva in una specie di topaia, o almeno così poteva essere considerata dai suoi paesani, perchè per lui era un'altra cosa, uno spazio a sua misura, un posto dove ci stava bene e senza che se ne sentisse schiavo... il piccolo prato che circondava la sua casa assomigliava un po' alla sua barba... ogni tanto, quando l'alta erba cominciava a farsi quasi inestricabile, faceva lo sforzo di falciarla, rammaricandosi intanto di aver sottratto quel tempo a tante belle cose che sarebbero state molto più importanti per il suo spirito...

le case vicine alla sua, con le loro compatte recinzioni e le loro robuste cancellate, sembravano inespugnabili fortezze, intorno alla sua invece c'era solo qualche striminzito paletto che, molto timidamente, avrebbe voluto indicare l'esistenza di una qualche proprietà...in realtà anche quei pochi paletti li aveva messi controvoglia e dopo molto tempo, come difesa minima rispetto all'aggressività confinante, che approfittava di ogni distrazione e di ogni debolezza, e quante, e soprattutto distrazioni, ne aveva Corrado, per cercare di occupare nuovi spazi ed espandersi... tanto che a Corrado pareva davvero di essere in guerra, e che per i pacifisti, come lui si considerava, eran davvero tempi cupi... per il resto la sua casa era come se, dopo esser stata costruita, fosse stata abbandonata a sé stessa, lei faceva la sua vita, invecchiava, e senza che più nessuno si occupasse di lei... e intanto, quelli che la abitavano, conducevano la propria, di vita, approfittando del suo riparo e del suo tetto... ma d'altronde Corrado, e lo diceva sempre, non aveva voglia di impiegare il suo tempo in queste occupazioni materiali prive di spirito, era un cultore dell'essere, lui, un essere sobrio di tutte le materialità e ricco di spirito creativo... e perchè no?...anche umano...

I suoi vicini sentivano la sua presenza comu un pugno nell'occhio, probabilmente lo odiavano, perchè sentivano in lui la contraddizione vivente di lor stessi, di certo si sentivano a lui superiori, più furbi, più avveduti,, ma nello stesso tempo c'era qualcosa, e che sfuggiva alla loro comprensione, che era poi impossibile che con la comprensione ci potessero arrivare, per questo avrebbero dovuto segarsi la testa e mettersene un'altra, c'era appunto qualcosa che li faceva sentire inferiori e per questo forse la loro rabbia diventava più forte ed avrebbero voluto distruggere completamente quel germe patogeno che emotivamente li metteva in crisi con lor stessi... ed allora passavano il loro tempo a spiarlo, a cercare ogni minimo pretesto per colpevolizzarlo... sembrava anche loro che quell'elemento di diversità fosse molto fastidioso, quasi distruttivo, per il loro modo omologato di apparire, sentivano inaccettabile un modo diverso di apparire, che, ovvio, per Corrado era essere...

A corrado invece, di come loro vivevano e di come organizzavano le loro cose, non interessava proprio niente, non aveva né tempo, né voglia, di spiare quello che facevano gli altri, aveva così tanti interessi spirituali che il suo tempo avrebbe voluto dedicarlo solo a quelli... e invece no, ogni tanto, e suo malgrado, era costretto a pensare a cosa volevano e cosa cercavano quei barbari alle porte (e, detto per inciso, per quei “ barbari alle porte”, il vero barbaro era lui...)...in questi casi provava una rabbia indescrivibile, pensava al bel libro che lo stava aspettando per essere letto e invece no... doveva star là a preoccuparsi ed a perdere il suo tempo per l'ultimo dispetto o prepotenza degli astiosi vicini...

Aveva proprio ragione Alberto, si diceva Corrado, tornando all'inizio, sono così pieno della mia umiltà, da essere il più grande dei superbi,, mi vanto così tanto della mia bassezza che, più a fondo vado, più mi sento superiore, ho solo rovesciato i poli, rendendo alto ciò che per gli altri è basso e il basso alto...” quasi godo di scavare sempre più a fondo del mio fondo e godo di chi magari mi irride, pensando di umiliarmi, e lo guardo pieno di superbia, e quanta superbia, con la consapevolezza di quanto sta in basso chi si crede in alto...”

e per questo Corrado, pieno di superbia, guardava tutti dall'alto della sua bassezza, forse un po' come Cristo, che, umiliato e flagellato, mentre tutto sopportava, senza deridere, perchè Lui non derideva, ma con tanta compassione, a tutti diceva “ perdono loro perchè non sanno quello che fanno...” ugualmente avrebbe potuto dire “ poveri loro che si sentono tanto superiori e non sanno la loro infimità...”

Una cosa che Corrado spesso si diceva era che “ nessuno avrebbe potuto umiliarlo più di quanto non si fosse già umiliato da solo e che per questo era mitridatizzato ad ogni umiliazione...” e che per il fatto di essersi umiliato oltre ogni estremo limite aveva vanificato la sua umiliazione, era arrivato alla radice, dove l'umiliazione si spogliava di ogni connotato negativo e diventava rinascita, ripartenza, e da quel momento in poi tutto era solo superiore, perchè solo ritornando a quel fondo, comune a tutti, ma da tutti smarrito, si cominciava ad essere, essere in modo serio, ovvio, ed ogni passo di rinascita successivo, che era conoscenza e consapevolezza, evoluzione razionale positiva, senza radici, finalmente con e solo le proprie radici, era un processo che rendeva superiori, superiori verso chi si credeva tanto avanti, ma che invece avrebbe dovuto fare “ marcia indietro tutta”, ed era tanto avanti che non avrebbe potuto essere altrettanto indietro, era così avanti che gli era impossibile capire di quanto fosse invece indietro.

Nonostante tutti i suoi ragionamenti Corrado non riusciva a venire a capo del suo rebus “ ma sono umile o superbo?:::”

e continuava a chiederselo mentre avviava il motore della sua macchina di settima mano, che per ultimi padroni aveva avuto due immigrati, ed a lui era toccato forse il primato, triste o gioioso, di essere il primo nativo che rilevava una macchina scarto immigratorio... e mentre correva, in quell'infima condizione, osservava con disgusto tutti quei colossi, che lui chiamava “ monumenti alla superbia”, che intasavano le strade, con la loro mole inutile e spropositata... gli capitava molte volte che qualcuno di questi lo tallonasse, appariva dietro di lui nervoso ed arrogante, sembrava dicesse “ spostati verme... non vedi che stai intralciando la mia maestà?...”

“ e di fronte a questo dove starebbe la mia superbia?::” diceva a sé stesso “ forse nel fatto che la mia interiorità resta indifferente alla superbia altrui?...Nel fatto che in me stesso ho disinnescato le convenzionali ragioni di superbia?...”

Con questi ulteriori pensieri Corrado tendeva a negare di essere superbo, difficile capire se i suoi ragionamenti fossero sofistici e capziosi od obiettivi, sta il fatto che accettarsi superbo avrebbe equivalso in lui a negare di ogni fondamento tutto il suo precedente percorso, che dell'umiltà aveva fatto la sua bandiera, e di rimettersi in discussione, dopo tanto procedere, e pure in modo doloroso, ne aveva ben poca voglia...

“ Macchè superbo!...dica quello che vuole quell'imbecille di Alberto, oggettivamente non posso che riconoscere la mia superiorità, e ne faccio una questione esclusivamente morale,, ma questa non è superbia, il superbo è chi si attribuisce qualità che non possiede, uno spacciatore di qualità, o anche chi, se le possiede, le vive come un diritto con cui umiliare gli altri... essere superiori è un'altra cosa, nel mero riconoscere quel che si è non c'è nessuna superbia, ma pura constatazione, uno sguardo oggettivo su sé stessi... il superbo poi prova piacere nel sovrastare ed umiliare gli altri... la superbia gli serve per esistere... io non provo nessun piacere nell'essere superiore, anzi, mi rammarico di esserlo, quanto più sarei felice sentendomi fra eguali e di poter condividere la mia evoluzione dentro una dimensione di eguaglianza... no, non mi piace essere superiore... e per questo non sono superbo... purtroppo lo sono... superiore intendo... e non vedo nessuna ragione, non ne sarei neppure capace, di abbassarmi agli inferiori... pardon, alzarmi ai superiori...”

Qualche sera dopo.

“ Ehilà superbo... come va?” era stato Alberto ad apostrofare con queste parole Corrado che se ne stava appartato e silenzioso ad osservare tutto e tutti con la sua solita aria superiore...

“ Con chi stai parlando?...guarda che forse mi hai scambiato per un altro, perchè io proprio superbo non lo sono, che ci posso fare se sono superiore? Mica me ne vanto... lo constato soltanto...”

Andarono a sedersi e cominciarono la solita partita a carte e, almeno in quella dimensione, si sentivano dentro un'atmosfera di perfetta uguaglianza e perciò allora tutti i loro pensieri e le loro filosofie andarono in vacanza...

Michele Serri 26/06/2012 16:02 868

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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