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Dal romanzo che non ho scritto: "Lo spirito della murena"

Spiritualità

" Caligine sospesa tra cielo e mare. E sabbia, che scotta. Vapori si levano lievi. Sono immersa in un’ atmosfera surreale di spazi sconfinati, come sempre. I gabbiani gozzovigliano allegri alla foce fangosa delle fiumare ...

Un movimento improvviso. Era un serpente che si aggrovigliava nella sabbia? Possibile? Mi avvicino. E’ una murena che ha avuto quell’ ultimo guizzo. La guardo: ora è immobile.

Già arrivano al banchetto vespe e mosche che nessuno ha invitato. Resto indecisa, la tengo d’ occhio. Continua a non dare segni di vita. Che faccio?

Cosa fare davanti ad un ... banchetto di mosche?
Resto perplessa a guardare la murena. Ha la bocca spalancata. I suoi occhi cominciano a velarsi. Intravedo qualche spruzzo dorato della sua livrea regale, sotto la sabbia.

Continua a rimanere perfettamente immobile. Sembra ormai destinata a soccombere. No, non si muove proprio più. E’ quasi completamente ricoperta di sabbia. Impanata, come una cotoletta. Bella e fritta!

Mi spiace che si muoia così inutilmente. Ma che fare?
Sono combattuta. Sembra non ci sia proprio più niente, da fare.
Mi avvio. Faccio per andarmene. Due passi … Ritorno indietro. Nel silenzio, è come se sentissi una voce. Possibile?

Si, ora ne sono sicura. Non è ancora morta la murena. La sento, mi chiama. Vuole vivere!

Il suo richiamo non è esattamente un suono. E’ piuttosto un fremito che sento dentro, ritornando sui miei passi..
Conosco quel richiamo, quel fremito. E’ lo stesso che sento quando mi trovo davanti a qualcuno che sta lottando per non morire.
Quante volte ho sentito, accanto ai miei pazienti agonizzanti, quel fremito, annunciare la morte, che viene a falciare una vita! E’ lo stesso che sento ora, inequivocabilmente, voltando le spalle alla murena.

Lo stesso terrificante fremito. Una specie di vento, che mi fa rabbrividire. Quel freddo che ho sentito addosso ai malati terminali.

Sì, io "sento" la sofferenza degli altri. La sento dentro di me.
E’ una cosa che mi capita sin da bambina. E mi capita anche con le piante. Sento la fine della vita. E prima della fine ... un fremito!

In quel contorcersi improvviso della murena, e poi, nell’ immobilità a seguire, ho colto un grido. Un richiamo: la voglia di vivere.

D’ improvviso mi sento io, la murena morente. Sento la sabbia calda, che mi asciuga la pelle liscia, viscida e maculata d’ oro. Sento le mosche e le vespe, che cominciano a banchettare con i miei occhi. Sento la morte, che arriva inesorabile.

No, non posso andarmene così. Torno indietro sui miei passi. Torno dalla murena!
E’ ancora immobile, quasi indistinguibile, coperta di sabbia.
Ne intravedo la bocca spalancata. La tocco col piede. Nessuna reazione. Scaccio gli insetti, con fastidio, con rabbia. Sì, mi danno fastidio. Li vedo come corvi, o sciacalli, lì, pronti ad approfittarne.

"Quando c’è qualcuno che soccombe, c’è sempre qualcun’ altro che gioisce".

Decido di tentare il tutto per tutto. Devo prenderla in mano. Come fare? Se mi scivola? Se si gira e mi morde? Poi scorgo una busta di plastica, poco lontano. E dico tra me e me: "E’ proprio quello che ci vuole!
Rifletto. E’ la prima volta che sono contenta di trovare una busta di plastica sulla spiaggia. Penso a come le nostre reazioni, alla stessa cosa, possano cambiare, in base alla situazione e ai bisogni.

Prendo la busta e la uso a mo’ di guanto. Acchiappo la murena saldamente. Per un attimo penso che si girerà e mi morderà. Sono pericolose le murene, lo so bene. Il loro morso è micidiale.

Ricordo la loro straordinaria vitalità nella barca, quando le pescavamo, ed io, ero ancora una bambina. Ricordo mio padre che fracassava le loro teste. E avevo visto come riuscivano ancora a sgretolare con i denti un bastone, quando tutto il pescato era ormai già bello e stecchito.

No, non si muove. Resta ancora ferma. Un attimo, e tra le mie mani percepisco distintamente quel fremito. La lancio nell’ onda che si sta ritirando. Un guizzo. La murena si tuffa e sguscia via! E’ vivaaaa!
Sono felice! Sento lo spirito della murena dentro di me, ora. Sento, la sua forza, le sue qualità. (Accidenti! Questo forse non dovevo dirlo neanche ad uno gnomo!) E’ troppo bello. Assorbire lo spirito di un essere, salvandolo, e acquisirne le sue qualità!

Il pellerossa cavalca, ora, dentro la mia anima. Sono tuono, fulmine, acqua, fuoco.
Sono entusiasmo puro. Sento Dio sciogliersi e pulsare nelle mie vene.
Sono come dopo un rito sciamanico. Nuova, diversa, rigenerata, universale.

In questa atmosfera surreale, ora, sono tutto. Le pietre, la terra, il mare. Mi sento tutto questo. Divento tutto quello che mi circonda. E... molto altro! Sono aria, vento, il tramonto, le pietre, il fuoco, il gabbiano, la pioggia, il sole. Sono puro spirito. Che fluttua e respira in tutte le cose.
Sono la vita che vince la morte ... Sono unita a tutti gli elementi naturali ...
C’è un’ assonanza zen, con l’ universo intero.

E un senso di armonia, e di pace, mi invade l’ anima. Come quando ...

A me capita spesso di stare, in perfetta solitudine, in un posto, (che sia in un bosco, al mare o, anche in campagna). E di stare ferma, zitta, immersa nell’ ambiente. Senza quasi respirare.
Piano piano, entro nella dimensione delle cose che mi circondano. E divento altro. Divento tutto quel che guardo. Onda, schiuma, pietra, foglia e, soprattutto, non muovo nulla, non sposto nulla.
"Entrare nel bosco e non muovere una foglia. Entrare nell’ acqua e non incresparne la superficie."

Magia! Dopo il salvataggio della murena, mi sono sentita molto forte.
Quel giorno avevo pensieri neri, nella testa. E anche, qualche lacrima, nella tasca. Mi ero trascinata appresso, per tutto il percorso, un mio dolore esistenziale insidioso, subdolo, che mi accorciava il respiro. E mi spegneva lo sguardo. Il dolore di una lama nel petto, che, neanche il mio volo sul muro, era riuscito a placare.

Ora, con lo spirito della murena, mi era passato tutto. Ero diventata quel guizzo vitale nel mare.
Ero la vittoria della vita su una morte inutile. La murena lo sapeva. Si era mossa solo perché io la potessi vedere e salvare! Poi era stata buona, buona ad aspettare.

Quel suo aggrovigliarsi nella sabbia. Solo per un attimo. Giusto per attirare la mia attenzione. Come un grido disperato. L’ ultimo! E’ stato straordinario!

Mi sono sentita felice. Come quando, da bambina, rubavo i pesciolini dalla rete, di nascosto. E, di nascosto, li restituivo all’ onda. Alla vita.


Grazia Longo 18/10/2010 12:05 1 1701

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Un raconto che dimostra un'umanità sconcertante. Anche io sento a distanza chi sta male. Ma tu dimostri talento nel descrivere i passaggi dell'anima.
Una volta, una volta pescavo nei fossi. Ora non pesto una formica.
Parole le tue che toccano chi vede nei sensi e nel sistema nervoso un fantastico prodigio .»
Il maghetto z

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