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Il piccolo Attila

Sociale e Cronaca

Aveva sognato lo zio Edo. Questo altro non significava che il momento supremo era giunto. Doveva porre fine alla sua esistenza. Doveva suicidarsi. Fuori intanto pioveva a dirotto e Icaro Nucci, all’interno del suo monolocale, non la smetteva di giocherellare con quell’antico trombone del XVIII secolo che aveva acquistato giorni prima su internet. Forse l’aveva comperato a posta, forse sapeva già che lo zio Edo lo avrebbe chiamato per quello scopo di lì a poco. Forse. Del resto che dovesse togliersi la vita non c’erano dubbi, visto che in famiglia lo avevano fatto tutti prima di lui, a cominciare proprio dal caro Edo. E poi era da tempo che ci pensava, in fondo non aveva molte ragioni per vivere. Era solo, in realtà lo era sempre stato, ma da quando si era separato da sua moglie Giuseppina, quella solitudine in cui era vissuto nel corso della vita gli era apparsa in tutta la sua grandezza e lo aveva lentamente travolto, a poco a poco, giorno dopo giorno, con lui che ormai usciva di casa soltanto quando era costretto. Da troppi anni, infatti, si sentiva come un naufrago su di un’isola deserta, o come un astronauta su di un pianeta sconosciuto. Da troppi anni viveva come un recluso all’interno di una grande campana di vetro o come immerso nel più profondo degli abissi. A volte gli capitava di sentirsi così male da andare alla ricerca disperata di qualcuno con cui scambiare due chiacchiere. Allora si recava dal medico oppure dal barbiere soltanto per poter parlare con un altro essere umano. Perché non aveva amici e non c’era davvero nessuno che potesse aiutarlo. Per giunta neanche un parente gli era rimasto, visto che si erano tolti tutti la vita. L’ultimo in ordine di tempo qualche mese prima, vittima delle sue delusioni musicali.

Il lavoro inoltre non lo interessava più, e non rappresentava certo una valida ragione per sopravvivere. Perché Icaro si era stancato di tirare a campare, e fallito ogni tentativo di dare un senso alla sua vita e soprattutto di sfuggire alla solitudine, non vedeva l’ora di andarsene e di riabbracciare i suoi parenti. A partire proprio dallo zio Edo che nel sogno lo aveva esortato a farlo, e a raggiungerlo nel paese della felicità e del benessere. Tanto qui non ci sarebbe stato nessuno a rimpiangerlo, visto che di figli non ne aveva e visto che sua moglie Giuseppina, dopo la fine del loro matrimonio, si era trasformata in un’allevatrice di muli e se ne era andata a cercar fortuna in Grecia, nell’isola di Santorini per la precisione. “La regina dei somari” l’aveva definita lui l’ultima volta che si erano sentiti al telefono, almeno tre anni prima. Dunque? Dunque non doveva fare altro che avvicinare questo trombone alla tempia e premere il grilletto.

Ad avere il coraggio però, ad avere il coraggio -pensava Icaro Nucci, non smettendo di maneggiare quella pistola del Settecento.

E se non avesse funzionato? Se fosse stata difettosa?

“Ma chi se ne frega” -urlò Nucci al condizionatore che spesso, come in quella circostanza, diveniva il confidente dei suoi pensieri e soprattutto delle sue esternazioni. Del resto quando non si ha nessuno con cui parlare si incomincia a dialogare con le cose e quelle, se si ascolta bene, rispondono pure.

Un abbaio di cane distolse per un attimo Icaro dai suoi lugubri pensieri. L’uomo si alzò dal divano e si avvicinò al portone d’ingresso.

“Forza Attila, entra” - intimò a un piccolo cucciolo di labrador.

Attila da parte sua rientrò in casa scodinzolando e saltellando intorno alle gambe pelose del suo padrone. Erano quattro mesi che quel cagnolino era entrato nella sua vita e, almeno in un primo momento, era bastata la sola presenza del piccolo animale per dare un po’ di calore e di valore alla sua esistenza. In seguito però il grigiore, la noia e la solitudine avevano ripreso il sopravvento, e l’uomo era ripiombato nella sua abituale costernazione. Tutto era ritornato ad annoiarlo, ad apparirgli vuoto, monotono, ripetitivo e quel che è peggio a non avere un senso.

Giocando con Attila, Icaro fu colto da un nuovo pensiero su cui non aveva ancora riflettuto.

In realtà fu il condizionatore a imbeccarlo, visto che era divenuto così forte in lui quel desiderio di farla finita da non fargli capire più niente.

“Certo, hai ragione” -disse Icaro al congegno sputa aria- “in effetti non ci avevo pensato.”

Si avvicinò all’unica finestra presente nella stanza. Fuori non la smetteva di diluviare.

“Allora?” -gli domandò un attimo dopo.

Questa volta il condizionatore non rispose; dopo tutto la soluzione era lampante e non c’era bisogno di un altro suo intervento.

“E lo zio Edo?” -provò quasi a protestare Icaro.

Silenzio, niente altro che silenzio a parte gli sbadigli ripetuti del piccolo Attila.

“Però potrei ammazzare anche lui, così ogni problema sarebbe risolto” -fece Icaro, rivolgendosi sempre alla macchina sputa aria.

Quella, per tutta risposta, di fronte a quelle parole tanto crudeli lo investì con un vento così forte da farlo cadere a terra. Attila fu subito su di lui, e si mise a leccargli le orecchie in segno d’affetto. Nucci si mise a sedere sul pavimento e prese il cucciolo fra le braccia. Il vento gelido di colpo era cessato.

“No, non posso certo ucciderti piccolo mio” -disse Icaro al cagnolino- “e non posso neanche farla finita, visto che non saprei davvero a chi affidarti.”

Fece quindi un cenno al marchingegno sputa aria e quello sembrò approvare, poi concluse: “Vorrà dire che tireremo avanti, io e te. Ci proveremo almeno."

Dopo di ché si alzò, prese il vecchio trombone e lo gettò nel cestino dei rifiuti. Quindi aprì la porta, e nonostante la pioggia, uscì con il suo Attila.

Mio Miao 07/11/2010 11:53 1 1236

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Un uomo, la sua assoluta solitudine e la voglia di farla finita. Ma c'è Attila, un cucciolo di cane, e la speranza riprende vita.»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«- vorrà dire che tireremo avanti io e te - ... anzi no ... tireremo avanti in tre direi io ... lo sputa aria ... in questa fantasiosa ma non troppo storia ha un'anima ... (davvero bella sai... piaciua molto)»
Poetya

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Il primo racconto pubblicato:
 
Una tigre dalla pelle bianca (05/10/2010)

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