Prima di comporre il numero era rimasto seduto sulla sua sedia, immobile con la cornetta in mano. Lo sguardo era fisso su qualcosa di indefinibile fuori della finestra. La betulla era mossa dal vento e sembrava come se volesse improvvisare una danza.. i rami, le foglie mezze ingiallite e il lampione spento subito dopo erano come fusi insieme. Fu catturato da questo movimento ondulato e gli sembrò che la mente lo creasse, lo definisse in un quadro simile a quelli che dipingeva lei nella sua casa al mare. Sentiva le onde che accompagnavano il silenzio di certe sere passate sulla veranda, certe sere che sentivi persino le stelle titillare la luna dolcemente.
Era ancora seduto e nel silenzio della stanza si sentiva solo il lontano suono della cornetta. Forse è meglio che le scrivo una lettera pensò. Una di quelle lettere moderne che si scrivono oggi. Piene di libertà e consapevolezza di se stessi e della vita. Una lunga lettera forse.. pensò.
Certamente non sarebbe più successo di cominciare una lettera e finire con una poesia.. una due tre volte aveva già provato a scrivergli quello che sentiva dentro, ma inutilmente. Ogni volta si smarriva in quei versi, in quel leggero vento che lo sollevava dal foglio bianco. Versi e ancora versi.
Li nascose nel libro che stava leggendo. Li nascose da lei. Era il suo piccolo cassetto di sogni quel libro, e lo leggeva temendo che finisse troppo presto.
No, pensò.. la lettera no. Devo chiamarla, qualunque cosa accada devo chiamarla. Ripose la cornetta e abbassò gli occhi. Aprì la finestra per respirare aria nuova, ma anche il vento si era calmato.. la betulla silenziosa era ormai stanca e la strada là sotto era come una donna con i capelli in aria la mattina davanti allo specchio.