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"Un'altra vita" cap. 12

Amore

Subito dopo Irene, mentre saliva le scale per raggiungere la propria stanza, ripensava alla serata e si sentiva scontenta. Non aveva senso che il racconto di Sergio l’ avesse infastidita, non lo aveva perché il suo fastidio non dipendeva dal fatto che “ lui si prendesse certe confidenze”, di raccontarle momenti tanto personali della sua vita. Lei era contenta di questo, in fondo era quanto di più simile ad un’ amicizia intima si fosse mai trovata a vivere, specie con un uomo. E aveva sempre cercato l’ amicizia, aveva bisogno di sentirsi in rapporto profondo con altri, per stare bene. Era proprio il fatto di cogliere la densità della vita passata di lui, che la sconcertava. Poi c’ era un fatto, per cui si sentiva in colpa, e che non avrebbe potuto “ confessare” a Sergio, o chissà forse sì un giorno, ma certo se l'avesse fatto adesso lui non l’ avrebbe presa bene. Era successo che Irene aveva trovato, in un settore del grande armadio a quattro stagioni che ingombrava un intero lato della sua camera, occupato da vecchie scatole a loro volta colme di guanti, cinture consumate dall'uso, borse e cappelli, un vecchio quaderno di Sergio, risalente certo a parecchi anni prima. Dapprima, appena aveva capito che si trattava di una sorta di diario, o quanto meno di una raccolta di appunti, impressioni, poesie, l’ aveva richiuso, quasi spaventata dalla propria intromissione. Ma poi non aveva resistito, e scorrendo tra una pagina e l’ altra, pur nella faticosa decifrazione di una calligrafia spigolosa e difficile, aveva letto tante cose di lui. Aveva trovato tracce di quella storia antica con quella ragazza, spunti di quelli che sembravano brogliacci di lettere che lui aveva mandato a Clelia, si chiamava così quella persona, era sicura. Ma non era vero che era per sempre scomparsa dalla vita di Sergio, lui l’ aveva rivista ad un certo punto, qualche anno dopo. L’ aveva ancora amata, e dopo che si era sposato, quando aveva già dei figli. Era scritto chiaro, in una pagina che Irene ricordava bene, in cui Sergio faceva riferimento prima a quegli intensi anni della loro adolescenza, e poi all’ averla ritrovata, e all’ importanza che questo amarla di nuovo aveva avuto per lui. Clelia l’ aveva aiutato, ancora una volta, a superare fasi di depressione e smarrimento di identità nella sua vita confusa. Poi... aveva letto altre pagine di riflessioni su condizioni del vivere, o su spunti di attualità, di politica. E ancora, poesie, anche d'amore, sentimentali ed erotiche allo stesso tempo. Forse per Clelia, forse anche per altre donne.

A parte il senso di colpa e di intrusione che Irene provava per aver letto pagine che non erano destinate a lei, c’ era di più nella disapprovazione che provava per se stessa: il fatto che Sergio avesse avuto una vita affettiva e amorosa diversa da quello che lei aveva sempre immaginato come “ ideale”. Faceva fatica ad accettare l'autentico slancio affettivo che provava nei confronti di un uomo che, magari con dolore, certo con autentica passione interiore, si era discostato molto, nella sua vita, dall'ideale di Irene. Questa vita ideale implicava un senso di dedizione per la persona che si era scelta, a qualunque costo, e aver constatato che per Sergio non era stato così, la turbava in un modo che non capiva. Che diritto aveva di disapprovare Sergio? Ne aveva il diritto solo perché lei, pur non avendo trovato il modo di amare e farsi amare pienamente dal proprio marito, era rimasta fino ad allora tenacemente ancorata all’ idea che quella pallida imitazione di un amore vero, era quanto la vita le riservava e non c’ era niente altro da fare, da provare? Ma era disapprovazione, allora, quella che provava, o piuttosto una specie di dolorosa mancanza? Di non aver davvero vissuto, per tanti anni, gli anni in fondo centrali e vitali dell’ arco esistenziale di una persona adulta, sentimenti profondi, magari anche intessuti di sbagli, ma fatti di slanci di vita vera? Come le sembrava che invece avesse fatto Sergio?

Questi pensieri si agitavano in lei, insieme con la sensazione che questa sorta di possessività in embrione che avanzava in lei nei confronti di Sergio, fosse eccessiva, sproporzionata al loro rapporto. Che quella modalità strana di vita, dovuta alla particolare situazione in cui si trovava soprattutto lei, a causa dell’ essere legata esclusivamente a quel luogo e a quella casa per il tipo di lavoro che vi faceva, la portava a dare una dimensione non così naturale al rapporto con quell’ uomo, con Sergio. Ma in fondo, si diceva anche, chi lo stabilisce cosa è naturale e cosa no? Quanto le piaceva aspettarlo, parlare con lui, conoscerlo? Perché doveva impedirselo, in nome di cosa? Del matrimonio di lui, e del proprio, era vero, questa voce parlava in lei. Ma lei si sentiva interrotta nel rapporto con suo marito da tanto tempo, nella profondità che aveva sempre desiderato per quel rapporto, quanto meno; e credeva nella sincerità di Sergio quando accennava alla distanza che separava lui e sua moglie. Sapeva in cuor suo che si poteva ancora far male, a quelle due persone; ma nello stesso tempo la sua interiorità stava rifiorendo come non aveva mai più sperato, passati gli anni della giovinezza, che potesse accadere. Questo accadeva per il rapporto che si era creato con lui, con Sergio.

Aveva le idee confuse, si rivolse mentalmente a quel Dio in cui credeva. Ma non era lui che potesse darle risposte, non era giusto pensarla così. Le risposte arrivano dal proprio cuore, giuste o sbagliate che siano, lo sapeva. In Dio riponeva solo la sua speranza che alla fine tutto fosse ricomposto in un ordine che forse mai a lei sarebbe stato dato di capire, che sperava che esistesse


Michele Serri 10/09/2013 23:22 967

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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