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La rivoluzione ha gli occhi verdi

Biografie e Diari

)

Per prima cosa inquadriamo il periodo, un anno dopo la morte di Ernesto Guevara, in pieno conflitto nel Vietnam in piena primavera a Praga e il mese, il mese potrebbe essere settembre o forse ottobre. Differenza non sostanziale se non per inquadrare la mia età visto che il 6 di ottobre del 1968 io compivo 14 anni.
Ero alto e magro come un chiodo, già mi dilettavo a scrivere e alle medie con Nicola Giansante si era persino provato a fare un giornalino a fumetti, cosa di molto difficile perché dovevamo ricopiarlo mentre le prime due copie le facevamo a carta carbone. Già, la fotocopiatrice e il computer non erano stati inventati ancora.
In quel fumetto avevo inventato un personaggio che si chiamava Ribelle e aveva una R sulla maglia, una specie di super eroe di allora che voleva fare la rivoluzione dentro la scuola. Mi sa che ho sempre avuto un rapporto conflittuale con la scuola.
Torniamo a quel giorno, la scuola è l'Istituto Olivieri, una succursale del Tito Acerbo che era vicina al Liceo Scientifico. Dimenticavo la città, Pescara, una Pescara diversa in quel 1968 come erano diverse le scuole, non i ragazzi, anche se oggi insistete a dire che i ragazzi di allora erano impegnati e quelli di oggi non lo sono affatto. I ragazzi di allora erano come quelli di oggi e quelli davvero impegnati erano una minoranza che in quel contesto storico riuscivano a mobilitare le masse.
Masse poi, insomma facevamo belle manifestazioni, ma mi perdo sempre quando scrivo, torniamo davanti all'Olivieri quel giorno di Ottobre, mi pare fosse ottobre, ma con la minuscola.
C'era tanta gente fuori, sia dello scientifico che del nostro istituto, la parola d'ordine era sciopero per il diritto di assemblea.
Mi diedero un manifestino firmano Movimento Studentesco dove si elencavano tutti i motivi dello sciopero e si convocava una riunione del Movimento in via Sardegna 8, presso la camera del lavoro di Pescara.
Ero euforico, era quello che aspettavo, quel pomeriggio sarei andato di sicuro, nel frattempo tutti al corteo.
Ora, gli scrittori, quelli bravi mettono le parole giuste del volantino ed elencano le cause, quelli non bravi come me semplicemente non se le ricordano e le mischiano.
Il corteo scandiva i primi slogan: nelle scuole libertà, assemblea, assemblea.
Pensavo stesse iniziando la rivoluzione, con gli occhi verdi di una bella ragazza, già perché a 14 anni il problema principale nel 1968 era come diavolo si potessero conoscere le ragazze se si frequentava una classe di soli maschi?
Vedete io penso che il periodo della contestazione sia stato visto con occhi diversi a seconda dell'età in cui si è vissuta. Universitari, ragazzi dell'ultimo anno e ragazzini come me che avevo 14 anni non li abbiamo vissuti allo stesso modo. Una volta dissi scherzando che il movimento studentesco finì quando le ragazze non parteciparono più alle riunioni. Si scherzavo, ma non del tutto, molti partecipavano per le ragazze, ma procediamo per ordine e non aspettatevi miti o cosa.
Quella sera andai alla riunione in via Sardegna che io ricordo come numero otto mentre Tommaso di Biase ricorda come numero 1. Cosa era? La camera del lavoro di Pescara, molto più piccola di quella di oggi e che aveva lasciato a noi ragazzi una stanza. La CGIL era in un altro posto, forse sopra, boh so anziano e mi scordo le cose. (voi dovete dire... ma no Pino ma quale anziano sei un ragazzino ecc.). Ero timido, diventavo rosso, mi pare che con me venne l'esimio professore dell'Acerbo di Pescara nonché commercialista Paolo Sebastiani. Si doveva decidere la linea del movimento. Nella mia scuola c'era una persona del quinto che allora era uno di quelli più impegnati. Non voglio farne il nome come eviterò di farne altri a parte Tommaso che mi permette di farlo. Non ancora si frantumava la protesta, non era ancora il tempo dei groppuscoli e la posizione del Partito Comunista era molto ambigua, Pajetta voleva che i ragazzi tornassero nelle scuole. L'episodio di Valle Giulia è precede quanto sto narrando e Pasolini si schierò dalla parte dei poliziotti allora. Non voglio tediarvi con la storia, ma alcune cose vanno raccontate altrimenti non capite. Con M della mia stessa scuola mi sarei poi scontrato più volte, lui voleva l'egemonizzazione del Partito Comunista nei confronti del movimento studentesco, tanto che una riunione successiva venne tenuta in via Campania sede di una storica sezione del PCI. Quella sera era la mia prima sera dentro il movimento, avevo detto a casa che andavo ad una riunione e mio padre mi aveva lasciato libero dicendo solo di fare attenzione.
La stanza era piena di fumo, fumo di sigarette non di spinelli, mai visti dentro la camera del lavoro. Si discuteva di scioperi e di occupazioni. Dell'Industriale c'era R. un tipo alto e magro peggio di me, del liceo Scientifico Tommaso e forse un paio di ragazze carine, dell'Acerbo c'era una ragazza di nome Vittoria che faceva il quinto, cavoli mi presi una cotta per lei, mi prendevo facilmente le cotte allora, non so voi. C'era il ciclostile e si dovevano preparare i manifestini. Prima si doveva scrivere su una carta particolare dove si bucavano le lettere e poi si passava il tutto su un rullo. Per fortuna che il sindacato ci dava il materiale, anche se poi molti di loro non erano d'accordo sugli scioperi dei figli. Ci si sporcava molto d'inchiostro e se sbagliavi correggere non era semplice.
Quell'inverno del 1968 si decise che si dovevano occupare della scuole. L'artistico era la scuola principale da occupare, poi sarebbe stta la volta dell'industriale. L'Acerbo era più complicato da occupare, il classico sembrava tenersi fuori. Insomma la lotta doveva divampare e dovevamo attuare una rivoluzione pacifica.
Ora su questo punto si sarebbe da dire molto, dovrei parlare del concetto di violenza e della varie sfumature che si danno a questa parola.
Pescara, città provinciale e borghese, dove spesso anche i figli di papà giocavano a fare i grandi rivoluzionari.
Ora, qualcuno sostiene che Pescara non abbia mai avuto fenomeni di terrorismo e questo grazie a uno scellerato patto tra la digos e il "mercato".
Il patto era di lasciar correre sulla droga a patto che non si creassero gruppi vicini alla lotta armata.
Questo era solo l'inizio e lo slogan "fascisti padroni per voi non vi sarà domani stanno nascendo i nuovi partigiani" forse era premonitore di quello che sarebbe accaduto in seguito.
Non vi era fermento solo a sinistra, i fascisti del fronte della gioventù avevano il loro quartier generale ai portici di Piazza Salotto e se eri di sinistra o vicino al movimento studentesco non era il caso di passare la sotto.
Il mio compagno di banco era fascista, disegnava un sub con la scritta msi e uno squalo con la scritta pci.
Si, vi sembrerà strano, ma io e Paolo eravamo comunque molto amici e lui gli scioperi nostri li faceva.
La convinzione della gente era che noi non si volesse andare a scuola, dire che non è vero è troppo semplicistico, dire che è vero è troppo qualunquista, c'era di tutto.
Io volevo che in caso di sciopero si andasse tutti alla manifestazione e dopo si andasse a ballare, nei vari club nati nei sottoscala della Pescara bene.
Altri invece ci andavano subito e dentro quei club non contava l'appartenenza politica, ci si andava per "acchiappare" come si diceva allora.
Se droga c'era, era in quei luoghi, mai nelle sedi del movimento studentesco, anche perché ci ospitava la camera del lavoro anche se poi prese le distanze.
Oltre ai club iniziavano a moltiplicarsi le feste private e finalmente si conoscevano le ragazze.
Vi ricordo che avevo 14 anni e non era facile, oltretutto non avevo il motorino, non appartenevo alla classe agiata, mio padre era dovuto andare in pensione presto per una causa di servizio dovuta ad un primo infarto e non avevamo grandi possibilità, ma per leggere libri e giornaletti qualcosa avanzava.
La rivoluzione erano anche gli occhi di Marianna Guilloc e per quelli che non ricordano o non sanno lo spiego alla prossima puntata.
La mia Marianna però si chiamava... Già come si chiamava?
Quella che mi piaceva in quel periodo era Rossella, ricordo il nome e che forse aveva le trecce. Parlo del 1968 e i ricordi cambiano.
Forse mi faceva venire in mente Marianna la perla di Labuan, avevo letto Salgari, quasi tutto il ciclo della Malesia ma anche altri cigli e non solo Salgari.
Lei venne con me alla manifestazione, ma in quel periodo a lei piaceva un ragazzo che giocava a calcio con l'angolana, mai saputo più nulla di lei, anche se una volta mi hanno detto che ha sposato quel calciatore ma che poi a quel ragazzo accadde un incidente e rimase vedova.
Certo che la vita ci riserva delle sorprese che è meglio non conoscere.
Io ero cotto di lei e non mi accorgevo che Olivia mi veniva dietro, così accadeva sempre che ti innamoravi di una e un'altra si innamorava di te.
Che tempi, pensavamo di capire tutto noi, che i vecchi erano degli imbecilli e chi il mondo noi l'avremmo cambiato.
Lucio Battisti e le canzoni di quei tempi, quando portavo i jeans a zampa d'elefante e i capelli lunghi, evitate le battute sui miei capelli.
Una mattina, mentre consegnavo i manifestini del movimento studentesco, si avvicina uno del quinto con la sua ragazza, prende il manifestino e me lo strappa davanti.
Ero solo, gli altri erano lontano, quello era un bestione ed era con la sua ragazza che conoscevo di vista.
MI guarda e mi dice: - comunista non accetti la provocazione?-
I fascisti allora erano cattivi, molto più di ora e picchiavano duro e se c'era un poliziotto si voltava dall'altra parte, queste cose io non le dimentico.
Io lo guardo e gli dico che non ero comunista, ma del movimento studentesco se ne voleva un altro per sfogarsi glielo davo.
Per fortuna c'era la sua ragazza, che lo portò via se no quello a me mi massacrava.
Pochi giorni dopo, tornai a casa e mia madre mi disse che i carabinieri erano stati da loro, il maresciallo aveva detto che io stavo esagerando, che dovevo farmi i fatti miei.
Mio padre era un grande uomo, era stato socialista e quando venne assunto all'ufficio imposte dovette dire che non lo era altrimenti il posto lo perdeva.
La Democrazia Cristiana di quei tempi signori non era molto lungimirante ed essere di sinistra chiudeva ogni posto pubblico.
Questo Paese ha subito per anni i ricatti della politica e oggi qualcuno scopre l'acqua calda.
Uno degli slogan del Movimento Studentesco era: democrazia cristiana ti cacceremo via non basteranno i soldi che ti darà la CIA.
Dovevamo fare la rivoluzione, così pensavamo, ma non andò affatto così.
Avevo come professore d'Italiano Di Pietro. Ho avuto molti insegnanti di Italiano bravi, ma chi per primo mi insegnò a ragionare senza schemi fu lui.
Di Pietro era un professore di Italiano molto diverso da quelli che c'erano allora. Oggi non sarebbe così diverso, ma per il suo modo di insegnare si attirò critiche di molti genitori bigotti e di destra.
Badate, mai lui fece propaganda politica o opera di convincimento sulle sue idee.
Di Pietro poneva domande e non dava risposte, eravamo noi a dover capire.
Capii le ragioni economiche delle crociate senza che lui dicesse mai nulla.
Venne boicottato e fecero di tutto per allontanarlo.
L'accusa che usavano allora per farti fuori era dire che eri un terrorista o vicino all'estremismo.
La santa inquisizione nelle scuole manteneva alto il suo potere.
Andavano di modo i film d'Essai e io ero abboanto così mi vidi IF (mi aspettavo di più Fragole e sangue, San Michele aveva un Gallo... non ne avete visto uno di questi povero me.
In quel cinema San Marco incontrai Di PIetro e parlammo di politica.
Lui era contrario agli scioperi, diceva che ci rimettevano quelli delle classi più deboli e che i figli della borghesia comunque non avrebbero avuto problemi nella vita.
Facciamo un passo indietro, avevo partecipato alla fine della terza media a un concorso regionale per la borsa di studi e in Abruzzo ero arrivato decimo, su molte centinaia di partecipanti forse un migliaio e questo perché avevo fatto almeno due errori grammaticali dovuti al mio modo di scrivere di getto senza rilegger e con una velocità di pensiero che cambia scrivendo.
Vuol dire che se uso una ha al posto di una a è perché ho cambiato la frase nel frattempo e mi sono dimenticato di correggere. Il tema che feci era un racconto di un emigrante su una nave e che lasciava la sua terra.
Io comunque anche nei compiti in classe ho scritto racconti ispirandomi al tema.
Solo qualche imbecille di professore blocca la creatività, ciucci che dovrebbero cambiare mestiere.
Così ottenni la borsa di studio per tutti i cinque anni e quei soldi servivano, ma... c'è un ma per cui vi racconto questa cosa, ma dovevo essere sempre promosso e mai rimandato.
Un giorno però, ero stato di picchetto ad uno sciopero e venni denunciato da alcuni genitori, dicevano che avevo impedito alle figlie di andare a scuola con la forza, io, si io, ma quando mai ho usato la forza io? Con delle ragazze poi, ehm nemmeno belle diciamolo.
Così io e altri due compagni di allora venimmo sospesi, io per tre gironi e gli altri per due.
Se non vai bene a scuola con una sospensione ti abbassano al media e rischi la bocciatura e questo avvenne per uno dei due miei compagni che dovette lasciare al scuola.
Di Pietro mi prese in disparte e me lo disse poi, mi sentii colpevole.
Naturalmente facemmo sciopero in solidarietà dei tre compagni dell'Olivieri sospesi, tutti e tre quei giorni, ma ero preoccupato, mio padre non diceva nulla ma quei soldi erano importanti.
Per fortuna non ce li tolsero, ma vedete, nella vita si paga per le proprie idee sempre e i deboli pagano di più.
Iniziava una seconda fase nel movimento e io mi sarei scagliato contro qualcuno.
I ricordi si accavallano e spesso si confondono, quello che ti sembra sia accaduto un anno invece accadde in un altro periodo.
I carri armati sovietici avevano represso la primavera di Praga. La grande speranza di un socialismo dal volto umano, la terza via veniva annientata e il mondo viveva quella tragedia.
Avremmo fatto sciopero anche in memoria di Jan Palach il 25 gennaio del 1969.
Alzai il pugno al cielo, come tanti, perché ritenevamo che fosse proprio la sinistra ad essere sepolta dai carri armati.
La destra naturalmente colse la palla al balzo e strumentalizzò e guidò la manifestazione a cui molti compagni non vollero partecipare.
Io c'ero, non mi lasciavo facilmente condizionare, cercavo sempre di ragionare con la mia testa.
Avevo imparato a memoria il Manifesto del Partito Comunista, letto Stato e Rivoluzione, le Lotte di Classe in Francia, Bertrand Russell di Socialismo Anarchismo Sindacalismo. Insomma cercavo di capire e cercavo di immaginare un mondo diverso.
A dire il vero avevo provato anche a leggere il diario del Che in Bolivia, ma dubito che qualcuno lo abbia mai finito.
Però del Che sapevo tutto, mi ero letto ogni cosa e allora non si usavano le magliette come oggi, le trovo abbastanza ridicole a dire il vero.
I ragazzi impegnati di allora, lo ripeto, non erano la maggioranza, forse più di oggi ma non erano la maggioranza.
Poi si spostavano nei vari gruppi, cambiavano idea, nulla mi toglie dalla mente che prendevano qualche cotta e seguivano l'oggetto del desiderio nel gruppo, io ero e forse sono sempre stato, quello che definiscono un cane sciolto.
Alla fine la prima assemblea degli studenti del Tito Acerbo si tenne al cinema Massimo e il cinema era pieno di professori e studenti.
Tremavo quando presi il microfono, così lo ressi con due mani.
Guardavo Vittoria seduta alla prima fila, chi mai era quella Vittoria non lo seppi mai, troppo grande per me, ma mi guardava sempre e ascoltava tutto quello che dicevo con attenzione e forse non parlai a tutti ma solo a lei.
Ricordo che dissi: noi non abbiamo ottenuto niente, la data dell'assemblea l'avete decisa voi? e i ragazzi urlarono nooo. Abbiamo deciso noi il luogo e i temi? nooo risposero ancora. E allroa dissi noi abbiamo tutto da conquistare e nulla da perdere... dissi tante altre cose ma non le ricordo più. Però gli applausi forti alla fine si. Avevo per la prima volta usato la voce e davanti a un pubblico.
Poi, poi M. chiese di poter parlare. M era un fascista, di quelli cattivi, che menavano, molto più alto di me e io sono 185 cm e molto nervoso. I comunisti del movimento non volevano farlo parlare, ma io dissi che dovevamo permetterlo. Mi diedero retta, chi sa perché davano retta a un ragazzino come me. M. al posto di parlare dei problemi della scuola lesse uno di quei sermoni scritti chi sa da chi che esaltava il fascismo e il corporativismo. Fu una sequela di fischi e urla, ma almeno non potevano dire che li avevamo censurati. Un'ultima cosa che sembra stupida ma che spiega molte altre cose. Quando entrò il preside nel cinema tutti si alzarono in piedi, tutti eccetto io e due professori. Nella vita questo sarebbe accaduto ancora e io ho sempre dovuto pagare un prezzo per questo e lo sto ancora pagando. Alla prossima, quando la vecchia generazione del quinto va via e all'Olivieri rimango solo io a guidare il movimento...
Prima di parlare del 1969, restiamo ancora nel 1968 anno in cui accadde di tutto e con una velocità sorprendente. Ricordo che io ero un ragazzino, un cane sciolto che partecipava a tutte le riunioni del movimento studentesco ma che non era ben visto da molti per la mia distanza da fgci fgsi e da tutti i gruppi di cui parlerò in questa puntata.
Pescara era ed è una città piccolo borghese, con le sue differenze di classe molto marcate, probabilmente simile a molte altre città. L'occupazione delle scuole era terminata con una carica della polizia e tutti gli occupanti erano stati denunciati.
La polizia picchiava e picchiava duro, ora non voglio sembrare un nemico delle forze dell'ordine che hanno dato un contributo in termini di uomini caduti nel difendere le istituzioni, ma vedere randellare ragazzi di 14 15 anni e ragazzine inermi lungo un cortile di una scuola non fa onore a chi vi partecipava.
Un poliziotto mi raccontò che prima di una manifestazione bloccavano tutte le licenze in modo che i celerini erano ancora più incazzati con gli studenti e potevano sfogarsi.
Le cariche dovevano essere precedute da un avvertimento al megafono a cui seguivano tre squilli di tromba, al terzo si scatenavano.
La digos era ovunque, fuori della scuola vedevi persone di una certa età con il giornale che ti osservavano e questo anche per strada.
Si discuteva di rivoluzione, lo slogan era cambiato, quello di prima era fascisti padroni per voi non c'è domani, il pezzo seguente non era più stanno nascendo ma sono nati i nuovi partigiani.
C'erano anche gruppi organizzati di estrema destra che tentavano di infiltrarsi nel movimento, ricordo una riunione in camera del lavoro che compagno disse che un certo x era disposto a fare la rivoluzione con noi ma era nazista ed era per la lotta armata.
Servire il Popolo faceva proseliti ma mille groppuscoli nascevano e si scontravano con i fascisti e con altri gruppi legati ai partiti tradizionali.
Ricordo un manifesto, un fumetto lungo dove nella prima vignetta alcuni attivisti del fronte della gioventù accendevano una fiamma e nelle vignette successive alcuni militanti di lotta continua ci facevano la pipì spegnendola. La cosa divertente fu che i fascisti, al posto di cancellare la vignetta ne aggiunsero una nuova dove si vedeva che i compagni si bruciavano il pisello e la fiamma continuava a divampare.
Ecco, fosse stata quella la lotta politica, ma non fu così, ci scapparono i morti, qualcuno iniziò a usare le p38 il cui simbolo nelle manifestazioni furono tre dita alzate a mo di pistola.
Apparati dei servizi preparavano colpi di stato, il Paese era sull'orlo di una guerra civile, altro che adesso.
Abbiamo rimosso quel periodo tutti ed è un male.
Un ragazzo di estrema destra mi raccontò che all'Aquila si stavano preparando, aveva i capelli cortissimi perché così volevano i capi.
Intanto si facevano le feste in casa e spesso ero io a portare le ragazze a quelle feste dove venivano spesso solo maschi da soli o ragazze con il ragazzo.
La buona borghesia che tanti figli dava all'estrema sinistra evitava di invitare alle feste quelli dell'industriale e mal tollerava quelli di ragioneria.
Tanto facevano i comunisti per strada e tanto facevano i settari nella vita privata.
Al mare poi io andavo all'Alcione, i figli della borghesia sceglievano altri lidi, la destra aveva Venere.
Poi iniziavano gli amori e io...
Si ero un cane sciolto e come me erano tanti. Non obbedivo agli ordini del PCi e non condividevo il frantumarsi del Movimento Studentesco, però anche se avevo ormai 15 anni i ragazzi dell'Olivieri mi stavano a sentire, mi seguivano e mi volevano bene.
Ero magro e imbranato e avevo iniziato a scrivere poesie che alcune amiche leggevano. Una specie di libretto rosso di Mao ma non iniziava mi pare come il suo "Per fare una buona rivoluzione occorre un buon partito rivoluzionario" no, vado a memoria e non cerco sul web. Avevo amici anche a Lotta Continua e ricordo le parole della canzone. Mi piaceva Anna Maria ma era troppo grande per me e naturalmente io piacevo a chi a me non piaceva. Accade anche ai ragazzi di oggi penso.
Non ricordo se si chiamasse Carla una cara amica di sinistra, una compagna che poi mi trascinò in seguito alla FUCI e che andava insieme con Olivia in classe.
Carla aveva una sorella con cui mi fidanzai due anni dopo che non ho trattato molto bene.
Ero tanto coerente in politica quando casinista in amore. Il primo bacio fu un'assemblea ahah andiamo per ordine.
Nel 1969 1970 le lotte studentesche andavano scemando.
La presenza della violenza aveva disinnescato la bomba rivoluzionaria del movimento e sono convinto che dietro tutto questo ci fossero gli americani come sempre.
Certe volte penso di capire Che Guevara più di molti altri comunisti capisco il suo non volersi mai integrare completamente, il suo pensiero libero e se è vero quello che mi disse dopo anni un guerrigliero che l'aveva conosciuto, fu tradito proprio dal partito comunista boliviano.
Insomma nessuno all'Acerbo indiceva una manifestazione, solo noi dell'Olivieri e così decisi di chiedere l'assemblea io stesso.
Feci domanda, raccolsi le adesioni e ci venne concessa.
L'aula magna dell'Acerbo quel giorno era piena di studenti e chi mi trovo davanti? Quattro elementi della FGCI che mi chiedono chi sono e come mi sono permesso ecc.
Qualcuno si avvicina a loro e gli dice qualcosa su di me, probabilmente che stanno prendendo un granchio e che io sono del movimento studentesco ma è troppo tardi.
Io sono fatto così, vado e faccio un discorso infuocato sui diritti, sulla scuola e sull'egemonia nel movimento, poi li mando tutti a quel paese ed esco.
Mi segue Anna Rita che mi chiede di tornare, di non fare così, che ora vogliono che torni, ma a me piaceva Anna Rita dagli occhi verdi e i capelli biondi e sulla via Pizzoferrato, prima della curva di quella che un tempo era Villa La Porta, la bacio ed è il mio primo bacio vero.
Per lei no, per me si.
Penso che il cuore quel giorno mi andò in cielo, non ricordo tutti gli amori e non dico per dire, ma quel bacio si me lo ricordo.
Gli amici a spiegare come si bacia, come si doveva fare con al lingua e tutte le scemate che raccontavano, secondo me mai avevano baciato.
Quel giorno forse finì il Movimento Studentesco per me, non l'impegno politico, finì con un bacio e in fin dei conti è un bel modo di finirlo.

Hariseldom 02/12/2013 14:17 1 968

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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«Lo scrittore ci regala un bell'affresco di quei tempi alla periferia del mitico Sessantotto. Chi, come me, ha più o meno la sua stessa età, se li ricorda bene, anche se li ha vissuti in un'altra città e meno intensamente. Chi al giorno d'oggi è giovane può invece utilmente notare le piccole differenze che esistono tra una generazione e un'altra. Ma, in mezzo a tante opinioni politiche che vanno e vengono, che generano violenze e reazioni, forse l'autore coglie maggiormente la verità quando ci fa sottilmente capire che esse navigano spesso sulla scia di innamoramenti e di passioni per le ragazze, per le donne: è spesso il sesso debole a determinare le scelte e le azioni di quello forte!»
Antonio Terracciano

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