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Questa è un racconto erotico: se può turbare la tua sensibilita o se non hai più di 18 anni dovresti evitare di leggerlo.

"Un'altra vita" cap. 26

Erotismo e per adulti

Come un fiume, che finalmente si apre e si confonde dentro il mare, così si sentiva Sergio nell'abbandono con cui precipitava nel suo più alto piacere; i loro corpi, come assorbiti, fremevano insieme, in uno slancio in cui smarrivano ogni coscienza soggettiva. Era ricerca dell'unione perfetta, le mani si stringevano, giocando con le carezze più frementi, i piedi si toccavano; tutte le sensazioni, come attratte da un vortice, confluivano nel loro centro. La passione, diventata irrefrenabile, infine li trasportava nello stesso orgasmo; dolci e intensi Sergio sentiva i suoi estremi sussulti dentro il corpo di lei, e mentre il suo piacere usciva liberatorio, sentiva in lei lo stesso fuoco, nello stesso centro, nello stesso spasmo. Morbidi, leggeri, si sentivano così nell'immergersi in sè stessi; la confusione del loro piacere di quegli attimi, che l'intensità faceva parere eterni, li aveva obliati di loro, nel percepirsi, l'uno nell'altro, l'uno attraverso l'altro, una persona sola. In quegli estesi sussulti di piacere era confluita tutta la fisicità di Sergio, si era completamente sciolto dentro Irene e plasmato in quella loro orgasmica partecipazione. Ma la propagazione emotiva di quel fuoco continuava ad ardere con la stessa intensità, con tale forza da farla loro avvertire come parte più importante della loro sensualità. Il loro abbraccio non si interrompeva, continuava a trascinarli in un orgasmo emotivo, altalenante fra appagamento e desiderio, che sentivano inesauribile. Dentro quel fuoco continuavano ad amarsi, a cercarsi, a tendere a quell'impossibile totale connubio delle loro diversità, come se nessun affievolimento della fisicità fosse accaduto, e Sergio sentiva in tutta la sua affettività il prolungarsi di quel suo orgasmo, la sua stessa fisicità indifferente per questo; solo molto lentamente, dentro infiniti momenti, i loro corpi si rasserenarono uno nell'altro, la tempesta della loro passione trasformata in placido mare, in un vasto e calmo senso di pace. Si ritrovarono così profondamente abbracciati, i corpi dolcemente distesi, nel silenzio e nella rilassata compenetrazione di tutti i sensi. Fu allora che, piano, si risvegliarono alla realtà, "quell'altra realtà", quella che subivano, estranea a loro, e a quanto avevano appena vissuto. Ostile, mossa da un'altra logica, che in tutti i modi avrebbe cercato di ostacolare e impedire quella loro dimensione. Guardando verso le persiane socchiuse Sergio si era accorto che il giorno era avanzato; avevano perso cognizione del tempo trascorso insieme. Da un lato sembrava loro che fosse volato, che il mare di bellissime sensazioni in cui erano sprofondati fosse stato fulmineo, come se le ore trascorse insieme avessero coinciso con un unico attimo; ma d'altro lato appariva infinito e abissale, come vissuto al rallentatore. Ogni lgesto e momento d'amore sembrava scisso in mille immagini e dilatato nell'esplorazione di ogni dettaglio: per questo lo sentivano un tempo infinito, dentro cui chissà per quanto i loro pensieri avrebbero continuato a soffermarsi ed indagare. Avevano assaporato un senso di perfezione nella dimensione appena vissuta, della confidenza piena, dove nulla fra loro strideva e tutto era con- fuso. I loro pensieri, immaginò Sergio, non avrebbero più smesso di cercare di rinnovare, nel ricordo, quei momenti; li avrebbero rivissuti fin dove sarebbe potuta arrivare la forza del pensiero stesso. Come un lampo gli attraversò la mente l'idea che forse, per renderne la ricostruzione ancora più solida e duratura, li avrebbe scritti: magari soltanto per poterli rivive, scrivendo. Irene pensava che sarebbe rimasta vicino a Sergio per sempre. In quella nudità che non sentiva nemmeno come tale, in quell'atmosfera che così tanto somigliava al sogno. Senza tensioni, infingimenti, semplicemente aperta per lui, con lui. Ma facendo uno sforzo incredibile su se stessa si levò a sedere, nella penombra lui ancora la guardava, eppure aveva pensato che si fosse assopito. Si era assopito, ma la guardava. Voleva andare da Giovanni, prima che lui suonasse il campanello. Non sapeva quanto tempo era passato, potevano essere minuti o ore, certo erano ore, certo non poteva essere che quella pace durasse ancora a lungo. - Devi andare? - disse lui, e sembrava che lei dovesse partire per un posto lontano. - E' meglio, si innervosisce così tanto a non trovarmi, quando si sveglia... - Tu non l'hai conosciuto, veramente nervoso - sorrise Sergio, ma quella vita di un tempo mai gli era sembrata così lontana e indifferente, dolori, gioie, quanto aveva provato era tutto fuso in un atomo dentro di lui, e intorno c'era Irene. Lei si girò, si chinò ancora, i loro visi a contatto, sentiva il fresco della sua pelle chiara, un poco del ruvido della barba che affiorava nel pallore, gli passò le dita sugli occhi, sulla fronte, li sentiva come suoi. I suoi sguardi e i suoi pensieri. Chissà se avrebbero vissuto ancora, quel momento. Poteva essere che no, un momento così non è facile ripeterlo, pensò Irene con dolore improvviso. Eppure, averne vissuto uno, era molto. Si fece violenza, si alzò, lui non disse niente perchè sapeva che così doveva essere. La vita era cambiata, lui non sarebbe stato capace di nascondere. Si conosceva bene, poteva non voler dire le cose, ma sempre i suoi gesti, i suoi occhi, parlavano per lui. E, guardandola, vedeva in lei gli stessi segnali: come una dignitosa compostezza di quello che era accaduto, e la lontananza dalla menzogna. Lei si rivestiva, calma. Per un attimo appoggiò ancora la mano sulla schiena di lei, morbida e liscia, prima che la maglietta scivolasse a coprirla. Quel calore, voleva tenere quel calore. Lei si era alzata, si pettinava allo specchio, gli disse -Vado - lui le sorrise, a sua volta alzandosi dal letto. Non passò molto tempo, e si rividero, in cucina. C'era Giovanni, a Sergio parve che lo guardasse con maggiore acutezza del consueto, quasi che avesse capito. Irene svelta gli serviva il suo primo leggero, e poi la carne al vapore. Aveva acceso la televisione, sembrava che le notizie consuetamente sconfortanti del telegiornale conferissero un'atmosfera di maggiore normalità a quella situazione particolare. Comunque, appena usciti dalla camera si erano sentiti subito ripresi dalle pulsioni della loro normale realtà. I loro pensieri, appena prima completamente immersi nel profondo reciproco trasporto, adesso venivano riafferrati dalle preoccupazioni e dal "dover essere" di sempre, ma nello stesso tempo un'eco profonda di quello che avevano vissuto sembrava perdurare solidamente in loro, come se la loro fusione continuasse a sussistere nel loro intimo. Appena riuscivano si sfioravano le mani, muovendosi entrambi in quella casa che era diventata "loro", quasi fosse un'ultima concessione a quell'incantesimo appena finito nel loro rapporto pieno. Poi Sergio disse che sarebbe andato via e, con un pretesto, Irene lo accompagnò. In silenzio, mano nella mano, si avviarono alla porta: senza bisogno di dirsi niente capirono che era il momento di separarsi e che il prorogare il distacco non li avrebbe riempiti di più di quanto non si sentissero già reciprocamente pieni. Ma sull'uscio di casa non resistettero all'impulso di abbracciarsi ancora con forza e di baciarsi col trasporto più dolce ed appassionato, e l'immenso calore che ininterrotto aveva circolato fra loro, cominciò a espandersi dentro i loro animi. Quando Sergio si ritrovò in strada era ormai quasi buio, e sentì subito con piacevole sensazione l'aria tiepida di quella sera. Si avviò per tornare alla sua casa, si sentiva leggero come non mai, mentre camminava tutti i suoi pensieri ripercorrevano disordinati e tumultuosi i momenti appena trascorsi con Irene, i suoi occhi brillavano facendo trasparire fuori il suo sorriso interiore. Camminava incurante di quello che incontrava lungo la via, a fatica distingueva cose o volti noti, più per automatismo che per coscienza rispondeva a volte a cenni di saluto, ma niente lo turbava o sentiva ostile, era solo estraniato, tutto raccolto in quella sensazione da cui si sentiva completamente invaso. In un ritorno di realtà accese il telefonino, che era spento da molte ore. Trascorsero pochi secondi e iniziò a trillare una raffica di avvisi di messaggio “ sono in strada... arrivo fra due ore...” “ papà dove sei... mamma chiede di te...” “ dove sei?...Perchè non rispondi?...fra un'ora sono a casa...” e ancora e ancora, sembrava un bombardamento, e mentre li leggeva non potè fare a meno di chiedersi “ ma perchè tutta questa voglia di sapere dove sono, se tutto il tempo in cui ci sono è come se non ci fossi?”. Se la sua lettura dei tempi era esatta si aspettava che avrebbe trovato Silvia in casa e questo turbava la splendida leggerezza che aveva subito provato camminando; non aveva voglia di discolparsi di nulla, non ne sentiva il bisogno, perchè di nulla si sentiva colpevole. Ma insieme sentiva che probabilmente subito sarebbe stato investito da un tourbillon di domande, alle quali avrebbe dovuto in qualche modo rispondere, ma lui non aveva voglia di rispondere a nulla e neppure di giustificarsi o ancor peggio di mentire

Michele Serri 09/07/2014 18:40 3702

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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