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"Un'altra vita" cap. 29

Amore

Per un po' aveva provato un certo disagio nell'adattarsi alla nuova situazione, ma rapidamente aveva capito come quel disagio nascesse soprattutto dalla rottura di un'abitudine; nella nuova situazione doveva reinventarsi il rapporto con sé stesso; ricordava, come se le due cose fossero paragonabili, di quando, tanto tempo prima, aveva bruscamente interrotto dal frequentare un bar che per tanti anni aveva frequentato assiduamente, così assiduamente che quasi ne sentiva un irresistibile bisogno di farlo, ma era bastato un breve tempo di distacco perchè se ne disabituasse completamente e che gli succedesse anzi il fenomeno opposto e cioè che, anche con la volontà di farlo, non gli riuscisse più di mettere piede in quello stesso bar.
E qualcosa del genere gli era successa in questa occasione, nel loro separare il proprio sonno, era bastata una settimana o poco più perchè cominciasse ad assaporare tanta positività, specie in un più proficuo rapporto con sé stesso, che prima gli sfuggiva; dopo un iniziale disorientamento, ora gli riusciva più facile entrare a fondo nei propri pensieri, oppure perdersi nelle sue più amate letture, oppure a volte, provando delle ispirazioni, tirava davanti a sé l'agenda, che sempre teneva sopra il comodino, e subito trasformava in parole scritte tutti quei pensieri forti che lo premevano da dentro, e questo dialogo con sé stesso, ricco di sfaccettature, lo sentiva liberatorio e produttivo.
Prima questo non gli accadeva quasi mai e per la semplice ragione che prima non gli riusciva di prescindere dalla presenza di un'altra persona vicino a sé; e sebbene la lunga esperienza gli facesse sentire il loro dialogo ostico ed impossibile, ugualmente non riusciva a resistere all'impulso di cercarlo comunque, come se la vicinanza di Silvia lo inibisse dall'accettare consapevolmente la sua solitudine e dal cercare di immergersi in essa con la massima pienezza.
E così adesso gli sembrava di occupare il suo tempo in modo molto più proficuo e più che mai sentiva la sterilità di tutto il suo precedente agire.
Ma questo non significava certo che lui desiderasse quella sua solitudine, e che sentisse in quella la piena soddisfazione di sé stesso, anzi era fortissimo in lui il desiderio di poter condividere con qualcuno tutti i pensieri e le emozioni che lo attraversavano, ma la condivisione non poteva nascere dentro uno spirito di adattamento e di sopportazione delle diversità, ma doveva sgorgare da un'empatia naturale che faceva convergere pensieri ed emozioni come fossero acqua zampillante della stessa fonte.
Per questo sentiva quella solitudine, non la migliore condizione per la sua pienezza umana, ma la dimensione che preferiva nel suo presente momento, in luogo di un adattamento che gli avrebbe solo sottratto energie nella sua ricerca di pensieri ed emozioni più profondi.
Si era allora ritirato nel suo studio, diventato adesso anche la sua camera, era un po' scosso per la discussione con Silvia e desiderava soltanto un po' di solitaria pace; negli ultimi anni, e un po' contro il suo desiderio, era andato sempre più convincendosi, che la pace non potesse che essere solitaria e che inevitabilmente ogni relazione umana avrebbe portato al sorgere di qualche conflitto; ma adesso e subito, e gli bastò un attimo, il semplice ritrovarsi solo nella sua stanza, si sentì riavvolgere completamente da quella sensazione di pienezza che solo poche ore prima aveva condiviso con Irene, e si sentì invadere da quel calore appena provato, e quasi percepiva la sua presenza come reale; il trovarsi al buio in quella stanza, in una sorta di semiveglia, lo aiutava in questo, e quanto più affondava in quei pensieri, tanto più si sentiva intriso degli impulsi più forti dell'amore e gli sembrava di essere ancora dentro quel loro forte
abbraccio.
Immerso in quelle dolci visioni non tardò molto ad addormentarsi e provando, come istantanea intuizione,, l'idea che forse non era vero che solo nella solitudine si potesse vivere la pace, ma che esisteva anche una pace superiore, immensamente più appagante e piena, e che solo una condivisione d'amore poteva dare.
Quando il giorno dopo si svegliò faticava ad uscire dal senso d'incantamento del giorno appena passato, si sentiva come stordito, dentro un'aura lenta, piena ed ovattata, ma, automaticamente, con una sensazione di estraneità, si mise all'opera per entrare nei suoi impegni di sempre, doveva affrettarsi, non aveva più molto tempo se voleva arrivare puntuale al suo lavoro.
Sentiva con un certo disagio l'idea di trascorrere tutta la mattina ad insegnare ai suoi studenti; non gli era nuovo questo sentimento di disagio, ma non si ricordava di averlo mai sentito con la stessa forza; fino ad allora l'automatismo con cui ripeteva quelle sue azioni, riusciva a preservarlo dal dubitarne, ma adesso, così colmo di quelle sue sensazioni d'amore, tutto gli sembrava inutile e vuoto, una assurda recita che doveva costringersi a rappresentare; se c'era stato un tempo in cui sentiva quel suo agire quasi come una missione, era già da molto che quel sentimento era svanito in lui; nel suo compito tutto era preordinato, condizionato, e quello che il suo impulso lo avrebbe spinto a trasmettere, comprendeva che non avrebbe potuto farlo, ma, ancor più, comprendeva l'esistenza di un'apatia soffocante, di un conformismo frivolo, che era del tutto insensibile ed estraneo alle sue idealistiche aspirazioni.
Si sentiva nel peggiore stato d'animo per affrontare la classe e per questo decise rapidamente di darsi per quel giorno malato.
“ Pronto, sono io...”, la voce dall'altra parte gli era arrivata conosciuta e chiara e diede per scontato che quel suo “ io” sarebbe stato immediatamente compreso “ oggi non sto molto bene, non so neppure io cos'ho, mi sento addosso una lieve febbre e per questo preferisco restarmene a casa, se non avete problemi per sostituirmi...”.
“ Certo, certo, professore, ho proprio qui davanti a me il supplente Pinna, che di certo non avrà nessun problema a prendere il suo posto... certo che deve proprio stare molto male perchè non ho ricordi, e in tanti anni, che lei abbia mai perso un giorno...”
“ Effettivamente è proprio così e spero per domani di star meglio, altrimenti vi avviserò...e grazie e a domani... spero...” e chiuse la telefonata senza neppure attendere l'ennesimo eco di parole.
Tornò allora a distendersi sul letto, con gli occhi aperti e fissi al soffitto, e riprese a perdersi nei suoi pensieri che, come una seducente sirena, lo trascinavano nel loro gorgo.
Quel gorgo, se non ci fossero state pareti, convenzioni, paure, lo avrebbe trascinato immediatamente fino a lei, e gli sembrava quasi impossibile di quanto le sue sensazioni fossero così intense da sentirle quasi dirette, fisiche, come se il loro abbraccio pieno continuasse a persistere.
Provò un impulso forte di sentirla in qualche modo vicina e subito, senza riflessione alcuna (se solo avesse riflettuto si sarebbe sentito invaso da ogni sorta di remora e impedito ad agire), scrisse e le inviò un sms “ per me il tempo si è fermato... come se fossi ancora con te...”.
Resto quasi meravigliato per quanto rapidamente gli arrivasse la risposta.

Irene gli aveva scritto: "Grazie Sergio, per avermi fatto affacciare su una vita che non conoscevo"
Michele Serri 08/10/2014 19:04 939

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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