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Questo racconto è inserito in:
 Parte 5 della raccolta "Satyricon Now " di paolo corinto tiberio (13 racconti)

Satyricon Now (5) Chiose Dantesche

Comicità e Satira

CAPITOLO VIII – Chiose Dantesche

Poi il Santovito si rivolge al Moscarini, che gli dice “ Ma mica ce la racconti giusta tu, che ti stai tutto zitto che non ti fa una piega la bocca… così che la parte dei comici bisogna che la mettiamo in scena solo noi, qui, mentre tu non ci allestisci nessun teatrino, nessuna posa, invece… eppure ne avresti di cose da raccontarci, tu, che ti sei tutto ficcato dentro all’ inferno, là, con i tuoi diavoli, le francesche e i dominiddii… ma dai allora, diccelo un po’ cosa ci hai trovato di buono, ultimamente, a mescolare in quella pentola eterna”… e il Moscarini, che si trovava anche lui al bicchiere dell’ ilarità, a quel imput risponde così

“ Ma tanto per restarci nel tema, allora, devi dire pegola e non pentola… (ride)… che le malebolge è proprio simile ad una cucina, in tutto e per tutto… unta, grassa, scivolosa nella sua demoniaca comicità”… ma intanto il Della Porta, che ha orecchiato qualcosina del discorso che si sta facendo, si alza e dice a tutti “ Ma fateci un po’ di silenzio, prego, che ora il nostro dottore ci svelerà i divini arcani della Commedia… ma parla forte, però, che possiamo sentirti tutti”… e il Moscarini, che scemo non era, gli rintuzza quella sua lingua stronza con semplice dialettica “ Ma che io non sono un dottore, questo se lo sanno tutti… ma che ci vale più un asino vivo che un dottore morto, anche questo se lo sanno tutti, ch’è un proverbio… ci ridiamo forte a questa battuta, e quello, col sorrisetto, ci continua così la sua lectio memorabile “ Che non dovete credere mica che l’ inferno ci è poi quella tragedia greca che vi hanno fatto credere, quasi una saga strappalacrime… anzi, è proprio il contrario… è comica!… salvo forse il quinto canto dei lussuriosi, ché là il Dante ci si commuove veramente davanti a quegli amanti… ma questa pietà è in seguito rimproverata aspramente dal Virgilio, quando lì, tra gli indovini, gli caccia il cartellino giallo e gli dice di non provarci mai più a compassionarsi per quelle bestie… e in verità, l’ inferno non è né corretto né giusto leggerlo come un dramma, con la voce impostata al registro serio, classico, tragico… ma che invece va detto in falsetto, intonato al comico, al grottesco, al burlesco, al trasfigurante… che mica è plausibile che il Ciacco, che se ne sta in mezzo alla guazza, con gli occhi strabuzzati e la linguaccia fuori, ci parli come il Gasman… così che ho approntato, per la bisogna, un piccolo paradigma trasfigurativo, di modo che uno si può scegliere la deformazione vocale che fa al caso… ma basta, per carità, con i dannati… che ce li portiamo appresso dai romantici, almeno… che se io devo preferire una cantica, invece, mi prendo il purgatorio, con la sua popolazione carceraria… che ci ho le mie buone ragioni per questa mia preferenza… che l’ isola purgatoriale, nell’ itinerario che Dante compie verso Dio, ci sta nella seconda stazione, cade cioè sotto il segno dell’ uomo… è il luogo privilegiato, eletto, quindi, della natura umana, dispiegata in tutte le sue connotazioni, nelle sue peculiarità… la bestia, invece, ce lo rappresenta bene l’ inferno… come il paradiso ci rappresenta il superuomo, il santo, il beato… il purgatorio celebra allora i più genuini valori umani, tra cui la libertà e la bellezza, le gemme uniche interdette perfino agli angeli che sono più vicini al Creatore, ma risplendenti solo e soltanto nell’ uomo… e non c’è nulla che non vi è di umano, poi, in quella colonia penale isolata dal resto del mondo, sulla cui cima è posto il paradiso terrestre, culla dell’ uomo… libertà celebrata dall’ austero Catone sulla spiaggetta, ancor prima dell’ ascesa… bellezza che trionfa nel giardino originario, al termine del monte, nell’ età bambina dell’ uomo, la ricordata età dell’ oro… oltre a questi due aspetti, il purgatorio è poi il luogo dell’ amicizia, che è qui che Dante incontra gli amici più cari… è luogo di relazioni… è luogo di donne, mogli, madri, sorelle, zie, nipoti… vi è anche, sulle prime pendici, un certo erotismo che scende come nebbiolina, al tramonto, quando si fa più vivida la fantasia ancora terrena… è tutto poi un risuonare di canti… è qui, inoltre, che Dante finalmente sogna, ama, si volge ad albe vere, misura il tempo reale, allarga l’ orizzonte geografico dalla municipalità fiorentina a tutta l’ Italia… guarda già all’ Europa… se qualcosa, insomma, può essere definita bella, nell’ oltretomba, questo qualcosa non può che risiedere in purgatorio… nel regno dei santi coinciderebbe col sublime, con la grazia, nel ventre della bestia, invece, sarebbe il deforme, l’ orrido, il turpe”…

CAPITOLO IX

Ma ci restiamo tutti stupiti, quasi scioccati alla spiegazione che il Moscarini ci fa del purgatorio, e così gli facciamo i mille complimenti per quella ricerca così minuziosa, precisa… ma ormai aveva ingranato la marcia… “ Ma non bisogna credere che me le invento la notte, queste cose, io… che le mie chiose sono corredate da centinaia di tavole, grafici, paradigmi, schemi, disegni… che sono da supporto analitico al sugo sintetico che ci tiro fuori, alla fine, da quel pozzo di san patrizio… ci faccio una specie di risonanza magnetica, io, al testo… così mi si svelano i più intimi elementi di struttura e di funzione, le più segrete figurazioni simboliche”… ma uno lì, quello che aveva preso parte alla lettura con il Bellezza, gli dice “ Ma allora secoli di critica dantesca, secondo te, li buttiamo alla discarica?... figure colossali quali il Farinata, il Latini, il Pier della Vigna, l’ Ugolino, allora?”… ma il nostro relatore si bagna la gola con un sorso d’ acqua e ci ricomincia così “ Ma che vi devo dire?... hanno dato la loro interpretazione, punto e basta… ma non è l’ unica… che non è la prima volta che il Dante lo si travisa… il primo è stato il Boccaccio, che ci ha appiccicato la falsa etichetta di divina… in seguito, quando lo si è guardato come un teologo… gran brutti servizi, questi… che hanno sviato la ricerca verso l’ aspetto teologico o filosofico dottrinale e non sulla stilistica, sugli aspetti letterari che gli sono propri… il conte Ugolino poi, che mi citi, raggiunge addirittura il vertice dell’ orrido… da quella scena mostruosa… da quella bocca lorda di sangue, fuoriescono parole di una umanità paternità orribilmente offesa… qui il monstrum sale al massimo livello… siamo precipitati davvero nel ventre della bestia… ma anche Pier della Vigna è deriso… ne è segnale il linguaggio fiorito, denso di allitterazioni, di figure artificiose, preziose… in netto contrasto con l’ aridità e la desolazione del luogo… non se lo ha forse fotografato linguisticamente il cancelliere dell’ imperatore, il nostro Dante?... non è palpabile, nell’ aria stagnante della selva, il senso caricaturale che presiede alla narrazione che lui si fa della sua vicenda terrena?... e anche il Brunetto, che nel finale è improvvisato corridore podistico in analogia ai partecipanti al palio di Verona... che figura ci è?... il canto decimo poi, nella sua successione scenica, è una pantomima comica, con tutta quella mimica, là, che ha inizio all’ alzarsi del Farinata… il suo breve discorso con Dante… l’ apparire improvviso del Cavalcante… il suo guardarsi attorno, le sue domande, l’ auto inganno, il suo ricadere… la ripresa, in seguito, del discorso del Farinata, che imperterrito continua a preoccuparsi solo delle sue vicende politiche… come il padre di Guido è tutto preso dalle notizie di suo figlio… menti ottuse, insomma… che non c’è cosa più da bestia, ci dice Dante nel Convivio, che credere l’ anima morta col corpo… ma il più sbeffeggiato di tutti è l’ Ulisse… che il Virgilio si cuoce per benino nel tegame dell’ adulazione facendosi credere Omero… qui ci ha visto giusto il Tasso, quando per primo ci ha avanzato questa ipotesi… che se lo cattura proprio con l’ amo della lingua greca, con quel apostrofe lì, tutta ornata e solenne… e poi, una volta che quel furbetto ha spifferato la sua storia, se lo congeda bruscamente in lombardo… va, va, ora puoi smammare, gli dice… così che il gatto e la volpe di Virgilio e Dante se lo sono acchiappati davvero il loro topo famoso, per me… e che una volta poi stufi di giocarci, lo hanno licenziato in dialetto… che la fiamma rossa dell’ Ulisse si sarà fatta verde per la rabbia, penso io, nel sentirsi rivolgere a quella maniera… insomma, ficchiamocelo bene in testa che l’ inferno è tutto bestiale… e non ci sono, lì, grandi uomini… l’ unica eccezione l’ ho detto prima, dei due amanti… che è quello poi il piede di terracotta di tutta la voragine infernale… l’ amore, ci vuol dire Dante, fa traballare persino l’ inferno… è l’ amore, infatti, il punto di volta di tutta la maestosa cattedrale della Comedì a, il perno centrale su cui poggia l’ impalcatura di tutta quanta l’ opera… ed infatti l’ amore puntella il purgatorio proprio nei canti centrali, pertanto ci sta precisamente a centro…


paolo corinto tiberio 16/01/2015 12:40 989

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Nota dell'autore:
«satira menippea»

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paolo corinto tiberio ha pubblicato in:

Libro di poesieAnime in versi
Autori Vari
Antologia degli autori del sito Scrivere

Pagine: 132 - € 10,00
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686061


Libri di poesia

Ritratto di paolo corinto tiberio:
paolo corinto tiberio
 I suoi 24 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
Per grazia ricevuta (30/05/2011)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
SATYRICON NOW - La Ricomposizione (15/11/2018)

Una proposta:
 
SATYRICON NOW - Il Conflitto dei Sessi - Cap. XXII (11/06/2018)

Il racconto più letto:
 
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