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Conflitti

Fantasy

Proprio quando le ultime forze che abbiamo dentro crollano e il senso di tristezza è di morte ci invade, e tutto sembra di essere eterno emotivamente e di non passare mai ... Ecco! Ci siamo se non scappiamo di fronte a quello che veramente proviamo . Nell'occhio del ciclone dobbiamo proprio andare, senza paura, senza fughe, senza dare colpa agli altri della nostra storia psichica e del nostro essere tristi, ma attendere nel dolore e nella disperazione solo l'alba di un nuovo sole senza aggrapparsi a inutili salvagente o cercare via di fuga per non provare il salutare dolore che ti avvicina al centro della rivolta. E' nell' affrontarti che risolvi, no nella fuga cambiando l'ordine degli addenti che pur riconosci che il totale è sempre uguale.

Ovvero, solo nella morte momentanea dell'anima c'è la risoluzione conflittuale e la libertà dal nostro carceriere.

Quando vedevo arrivare mio padre scappavo sempre nel granaio.

Farfalle volavano al centro del mio ombelico;

Muovevano forte le ali senza mai fermarsi.

Spegnevo l’amore che provavo con lo stoppino

delle candele.

Senza luce, nel buio della solitudine aspettavo sempre la prossima occasione per abbracciarlo. Era tanta la fame e la sete d’amore che preferivo digiunare per non fare richieste di carezze. Avevo paura … Restavo solo. Aspettavo sempre un' altro suo arrivo avvolto dalla calura estiva sotto agli alberi d'ulivo e per restare vivo bevevo uova calde di galline appena sfornate da sotto le piume del loro caldo corpo. Attendevo così, che l’ onda del mare mi bagnasse che il fuoco della candela dentro di me ardesse nuovamente per ritentare di gustare mio padre senza divorarlo. Tanta la fame emotiva che accumulavo, che, quelle poche volte al mese che lo vedevo, divoravo con la fantasia il suo corpo come un cannibale. Lo masticavo tante volte nella bocca dell'anima fino a farlo scomparire. Quando sputavo non c'erano tracce di lui. In poche parole, lo digerivo nelle immediate ore che seguivano affannosamente la sera, poi scappavo nella tana interiore dove il vuoto, il buio, la solitudine, i sensi di colpa mi coprivano il capo con un lenzuolo colorato ricamato a mano. Diventavo triste, il mondo mi appariva grigio, tutto spariva, volevo solo rintanarmi dentro di me e chiudere ogni accesso alle emozioni, alla vita. Lui poi partiva e la paura l’ angoscia di aver commesso un delitto orrendo divorandolo mi portava a creare nelle stanze della fantasia un'altro genitore indistruttibile, perfetto per ogni tipo di assalto dei miei denti; altrimenti, digiunavo.

Si, per un tempo restavo tranquillo nell’ intimo della tiepida serenità, fino a che, un’ altro temporale non bagnava la mia tana facendomi uscire allo scoperto. Mi eccitavo, una strana frenesia si imposessava di me, passavo da uno stato di frustazione e di depressione a una onnipotenza divina.

Potevo tutto o quasi ...

Ero il migliore del mondo nella fantasia.

Un'altro giro di giostra, ancora ...

Ancora!

Ero un cannibale ...

Nulla cambiava nella storia d’ amore con il genitore introiettato: " Il totem, il super io, il carceriere " I sensi di colpa erano martelli che colpivano i pensieri. Non vale mai la pena farsi inchiodare nel legno ne fare degli altri, chiodi... Certo, da piccoli le isole dentro il nostro mare si formano con il magma delle primordiali emozioni, sta a noi, poi, tracciare, scoprire l’ isola migliore con le palme piene di cocco. Girare la pagina del nostro libro e ribellarci, scacciare il dittatore, il carceriere, affrontarlo con l'impegno massimo, evolvere e non retrocedere ai primi rumori di spade. Insistere e combattere questo è il motto. Solo così possiamo vedere un giorno spuntare dentro di noi la vera alba, la vita, il sole raggiante ... La pace!

Affrontare il passato certo, a volte è dura, l’ angoscia principale della nascita viene fuori come la lava di un vulcano, trascina tutto via,non risolvendo i nostri conflitti, questi, ci perseguiteranno poi per l’ intera vita affettiva. Crediamo così di vivere, ma, nella realtà sopravviviamo solo nel caotico mare delle emozioni passate che influiscono sul presente, sull'oggi e sul domani, facendoci credere che il miracolo della nostra esistenza è a portata di mano. E’ un non vivere in questo modo assurdo di pensare, crediamo che la pace vera e la serenità sono frutti che cadono dall’ albero della vita gratuitamente senza mai coglierli, finendo dritti nella nostra bocca asciutta solo perchè crediamo che abbiamo diritto a tutto. Non è così purtroppo nè la vita , nè l'amore. Ogni cosa è terra da conquistare, nulla ci viene regalato da nessuno. Ogni essere è un pianete a sè e vive di propria luce, mai nessuno potrà illuminare il nostro lato buio, oscuro e pieno di trappole perfette per non farci evolvere : " Ragnatele"

Sta a noi essere eroi; inverso, saremo solo lepri che scappano via impaurite dall'urlo a volte amaro del cacciatore che è in noi, quale, divora il nostro essere distruggendo ogni tipo di legame con l'amore, offrendoci solo il miraggio e la speranza che un giorno tutto si risolve per magia incontrando il principe dagli occhi azzurri e il grande amore. Non è così, le cose non funzionano in questo modo, anche cambiando gli ordini degli addenti il risultato non cambia mai, la matematica emotiva ci insegna. La vita è una traccia di un tema difficile, il nostro dovere è cercare di svilupparla nel miglior dei modi. Prendere ottimi voti da presentare poi alla fine dell'esame ... L'amore che possediamo va gustato lentamente, coltivato, ammaestrato con pazienza e perseveranza; mai, va divorato o distrutto, sarà sempre lo stesso sentimento che è in noi che apparirà fuori e dentro come nella notte dei tempi partendo da dove l'abbiamo umiliato, violentato e distrutto : " Suicidio psichico." Non c'è alchimia che tiene, la scelta di far crescere in noi il sentimento è solo nostra e di nessun altro. Certo, il prezzo da pagare è enorme, ma l'abbagliante luce poi che si sprigionerà da noi dopo tale vittoria, ci avvicinerà a Dio regalandoci la conquista dell'amore vero senza giri di giostra.

Cc vò pacienza 'e tenacia ppè tenè ll'ammore.

Lentamente cala il sole

sul palcoscenico dei sogni.

Nell’ imboscata del mattino,

quando la prima rugiada

copre del tutto le foglie,

tra ragnatele filanti

ho smarrito l’aquilone.

Non voglio aprire gli occhi.

Perso nel sonno non mi ritrovo.

Nell'irrequietezza dell'essere mio

cerco pezzi di stoffa nel cielo.


Pasqui Lettieri 18/08/2015 08:49 1034

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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