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Il vecchio racconta

Sociale e Cronaca

Fruscio di tremule foglie, sui grandi alberi, sussurrano con la brezza del mattino e si lasciano cullare sui rami, qualcuna si stacca e volteggiando leggera nell'aria si adagia sui tuoi capelli argentati, mentre seduto solitario e pensieroso, sulla solita vecchia, panchina nel parco.
Con gli occhialini sul naso, leggi a fatica il giornale che sulla panchina trovasti abbandonato, con data di ieri.
Quella brezza, ti fa svolazzare sulla fronte, la ciocca di capelli bianchi mentre sei assorto nella lettura, un bimbo con il visino dalla pelle delicata come il velluto rosa. Gli occhietti azzurri luminosi, ti sta osservando curioso, mentre ti passa accanto sul vialetto. La manina in quella della sua mamma. Forse attratto dai tuoi folti baffi bianchi, o forse perchè somigli a suo nonno! Alzi gli occhi e incroci le sue, ti osserva come se ti conoscesse da sempre, il visino s'illumina, ti sorride con simpatia, mentre si allontana quasi trascinato con forza da sua mamma, imbarazzata da quel.'attimo di colloquio senza parole, tra il suo bimbo e l'anziano sconosciuto della panchina.
Tu da bimbo, non eri così delicato; eri bronzeo di pelle, abituato a giocare sotto il sole cocente, è purtroppo non indossavi vestitini così eleganti come quel bimbo; le toppe dei tuoi vestiti non si contavano più perché erano toppe piccole su toppe più grandi. L'alluce spuntava dalla fessura della vecchia scarpa da tennis sfondata da quel tiro troppo forte a quella palla di pezza. I tuoi genitori non potevano permettersi di spendere cento lire, per comprarti una vera palla di gomma. Neanche i genitori dei tuoi amici o compagni di scuola, potevano permettersi di comprare le scarpe o vestiti. Tu eri già fortunato ad avere "anche se rotti" le scarpe; mentre la maggior parte dei tuoi amici le scarpe non li ebbero mai; almeno nella loro fanciullezza. Come è vero che quando dovevano indossarne un paio nuove, non li sopportavano perché non abituati ad indossare scarpe. Qualcuno dice: erano altri tempi, tempi del recente dopo guerra quando il tuo pranzo o la cena, arano un pezzo di pane, un pomodoro tagliato in due e un poco di sale. Oppure una sarda arrostita con un po di olio... Qualcuno la condiva con un poco di sale in più per agevolare la sete e riempire così lo stomaco con l'acqua. Quei ricordi ormai troppo lontani; ma chissà perché adesso, non riesco a scrivere perché le mie pupille si celano dietro le lacrime. Quando gli adulti ti lasciavano giocare nella villa comunale, dove i ratti e piccoli serpi, erano di casa. Siepi altissime marginavano i viali come un labirinto, perché nessuno oramai li potava già da anni. Sui viali più nascosti alla visuale pubblica, bisognava stare attinti a dove si mettevano i piedi, perché qua è là, erano stati depositati degli escrementi di bambini che provenienti dalle scuole elementari, siti aldilà della strada provinciale, che tagliava in due il paese. I bambini, entravano nella villa per espletare i loro bisogni corporali, perché a quell'epoca; sia nelle abitazioni, che nelle scuole, non esisteva l'acqua corrente e neanche i servizi igienici. Il fatto era del tutto normale; era normale che un bimbo non si doveva lasciare a zonzo per nessun motivo, era normale essere preso a calci e schiaffoni da chiunque; specialmente dal suo maestro di scuola. A volte lo mandava a casa con le manine gonfie per le vergate che gli infliggeva con cattiveria sulle mani aperte. Tutto serviva da monito agli altri bambini; perché i compiti a casa bisognava farli. Non era un motivo valido se non mettevi niente nello stomaco dal giorno prima. Tutto questo, con il compiacimento dei genitori e parenti. I bambini dovevano essere ubbidienti, rispettosi con tutti, non intervenire nei discorsi dei grandi e non rispondere a tono. Era palese a tutti che i bambini dovevano farsi le ossa, dovevano lavorare per diventare uomini. Ritornando alla detta Villa: Era circondata da un muro di cinta e un'inferriata enorme di ferro battuto, e quel cancello grande sempre aperto, notte e giorno come se dovesse fare da cornice alla statua bronzea del Conte Ruggero Bosso, posta all'interno d'una vasca che fungeva da fontana al centro della villa. Oggi, di quella cancellata e il grande cancello non esiste traccia; I fascisti è tedeschi "nel tempo di guerra", li fecero diventare proiettili per ammazzare le persone! Devo aggiungere che tutte le persone come te, che avete veramente sofferto un'esistenza non favorevole per un essere umano; tutti noi dovremmo ricordarvi come i nostri veri eroi. Oggi possiamo dire che grazie a voi, alle vostre sofferenze materiali e spirituali, carichi di privazioni, contribuirono nel tempo al nostro benessere odierno. Vi siete impegnati a far cambiare le cose. Oggi nel benessere scopriste che quello era il vero sacrificio quotidiano. Non sapevate di vivere affamati annegando nella miseria più nera. Senza accorgervi che il male di tutto fu "è in alcuni casi anche oggi" di quei politici che nelle generazioni, vissero, sfruttando la politica per arricchirsi a discapito dei propri simili che, avevano posto fiducia in loro, tanto che inconsapevoli, di essere costretti a vivere nell'ignoranza, si tolsero sempre il cappello al passaggio di detti mascalzoni.

Quante volte il pensiero va a tuo padre, ti chiamava per aiutarlo quando doveva imbiancare le pareti di casa, oppure andare con lui nel panificio tutta la notte perché "a quei tempi tuo papà, faceva l'operaio panettiere" era da solo e doveva fare quattro sfornate di pane ogni notte. Per questo, aveva bisogno del tuo aiuto o di qualcuno che l'aiutasse senza compenso in danaro, altrimenti rischiava di perdere il posto di lavoro. Così, anche tu ti guadagnavi un chilo di pane per notte.

Tuo padre: lavoratore instancabile, onesto dalla cima dei capelli fino al coccige. Terrorizzato di fare brutte figure. Chi lo conosceva; uomo eretto e di parola. Quella volta, una triste e fredda giornata d'inverno, l'alba lo sorprese con le strade e i tetti bianchi, una patina di neve copriva tutto. Lui si dirigeva a piedi, verso la piazza del paese, si accorse che all'incrocio della via, per terra sparpagliati, c'erano delle monete e banconote; lui non ebbe il coraggio di abbassarsi per raccoglierle, convinto che tutto il paese in quell'istante lo stava guardando. Ritornò a casa mentre voi figli tremavate dal freddo, ma le tue gambe tremarono di più per l'emozione quando ti disse affannato, di andare sull'angolo della strada, guardare per terra, c'erano dei soldi. Pensare che quel giorno non avevate più carbone per scaldarvi e qualche anima buona aveva provveduto a compiere quel miracolo. Portasti a casa quel danaro "Erano circa quattromilalire" ma lui non voleva usarlo perché era convinto che qualche altra famiglia per quei soldi stavano piangendo lacrime amare. Ma la vostra coscienza annegò nella necessità incombente. Fu così che compraste il carbone e quel giorno avete provveduto anche a dare un acconto, alla bottega di generi alimentari che vi stava facendo credito oramai da parecchio tempo.


Miknomi 08/10/2015 19:04 792

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Con questo racconto, intendo focalizzare, (anche se qualcuno all'inizio della lettura, possa pensare che sono cose d'altri tempi passati) Anche il medioevo, le lodi, gli eroi di guerra, Napoleone ecc. Storie dopo millenni, si raccontano, si scrivono ancora. Perché non si devono ascoltare e raccontare le storie vere dei vecchi, vite e sacrifici vissuti. Prego a chi legge, di andare fino in fondo per capire che i vecchi siamo noi, siamo felici quando qualcuno ci ascolta raccontare la nostra storia.»

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