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La strana storia del giovane H. l’Equilibrista e del suo amico Marione

Fantasy

Ogni Natale il giovane H. al termine del pranzo veniva invitato dai genitori a deliziare i presenti con le sue eccezionali doti di equilibrista.

Il padre stendeva una corda sul pavimento del salone per tutta l’ ampiezza e il giovane, dopo accurata concentrazione incominciava a camminare molto lentamente da un’ estremità all’ altra della corda.

Giunto al termine e compiuto senza inconvenienti il percorso, era tutto un tripudio di applausi dei parenti che avevano seguito non senza una certa ansia l’ avvenimento.

Il giovane H. ringraziava un po’ imbarazzato e si concedeva agli abbracci dei presenti.

Egli era un equilibrista e si riteneva tale a tutti gli effetti sicché proseguì con impegno per anni al fine di perfezionarsi.

Non era affatto una vita facile, oltre agli obblighi scolastici il giovane H. si esercitava quotidianamente per almeno due ore camminando su e giù lungo la corda sistemata sul pavimento del salone di casa.

Passarono gli anni e ormai tredicenne decise di invitare i compagni di scuola per una merenda e soprattutto per esibirsi nella sua specialità.

Gli amici di H. gradirono e molto le bevande e i dolcetti ma rimasero alquanto perplessi circa l’ esibizione continuando a guardarsi tentennanti finché un certo Marione si alzò e con tono scocciato esclamò:

“ Belin! Ma dico, sei proprio scemo? Così è capace anche mia nonna. Gli equilibristi camminano sulla corda, ma sospesa per aria!”

Quindi strepitò un paio di bestemmie e se ne andò sbattendo la porta.

Il giovane H. non manifestò alcun turbamento ma convocò amici e conoscenti per il giorno dopo nella piazza del paese.

Tese una corda a un’ altezza di due metri tra la cancellata della chiesa e un palo della luce.

Si concentrò per alcuni minuti quindi si arrampicò sulla cancellata e percorse il tratto tra i due capi per una lunghezza di circa venti metri.

I presenti espressero inizialmente un certo compiacimento sancito con applausi e gridolini finché Marione esternò il suo commento:

“ Belin, ma da quell’ altezza anche cadendo non si sarebbe fatto una cippa!”

Il pubblico ne convenne e si disperse mugugnando.

Così come spesso accade passarono i giorni, i mesi e appresso gli anni.

Il sempre giovane H. continuò a esercitarsi assiduamente volteggiando sulla corda posata sul pavimento del tinello. L’ ampio salone gli era stato negato ormai da tempo così come il supporto dei familiari che avevano incominciato a mostrare segni d’ insofferenza.

Al compimento del ventesimo anno d’ età H. decise di fare il grande salto, ovviamente in senso metaforico, e di stupire gli scettici del paese con un’ impresa eccezionale.

Fece stendere un cavo a collegare i due più alti edifici. Si trattava delle cosiddette “ Torri”, palazzi di dieci piani prospiciente l’ uno all’ altro a una distanza di circa trenta metri.

Il giorno convenuto la situazione climatica non era affatto ottimale soffiando venti sbarazzini da più direzioni. Il giovane H. non volle sentire ragioni a chi lo invitava a desistere rimandando l’ impresa a condizioni più propizie.

Centinaia di persone accorse anche da località vicine rivolsero gli occhi in alto e assistettero alla disinvolta camminata di H. che per l’ occasione rinunciò anche all’ asta di equilibrio. Gli ultimi metri a raggiungere il tetto d’ arrivo furono compiuti addirittura saltellando. H. si rivolse quindi verso la folla sottostante sollevando le braccia in segno di saluto. Questa replicò con applausi, gridolini di compiacimento e di sorpresa, quando si udì una voce stentorea esclamare:

“ Belin! E dove sarebbe questa impresa? Cosa dovremmo dire allora di quel francese che attraversò delle torri vere a più di quattrocento metri di altezza e mica andando da qui a là come questo qui ma andandosene avanti e indietro e ancora avanti e indietro non so per quante volte? Quello sì, mica ‘ sta boiata!”

Forse non occorre precisare che la voce stentorea apparteneva a Marione!

Anche in questo caso la gente si guardò stupita, convenne con la spiegazione appena udita e se ne andò non senza rivolgere verso l’ alto considerazioni varie tipo “ Buffone! Imbroglione! Fallito! Tornatene a casa!” insomma, roba così.

Il giovane era d’ indole buona e non conosceva il rancore, sicché il giorno dopo per prima cosa andò dritto a casa dell’ amico Marione. Lo subissò di domande sul francese, le torri e in quale paese fosse avvenuta la cosa, perché aveva in mente di fare anche meglio.

Quello, con la consueta cortesia che lo distingueva, gli gridò a brutto muso:

“ Belin, ma allora sei proprio uno scemo con i fiocchi! Innanzi tutto il francese è un fuoriclasse che neanche ti sogni. Per il paese devi solo attraversare l’ oceano, mai sentito nominare New York? Quanto alle torri credo che ormai non troverai più niente, visto che le hanno fatte venire giù che saranno più di dieci anni”

E. senza battere ciglio rispose “ E adesso vuoi dire che non c’è più niente?”

Marione era lì per tirargli un pattone, poi lo guardò con disgusto e gli disse: No! Adesso c’è una cosa addirittura più grande, ma è una sola”

“ Bene!” fu la sola parola che uscì dalla bocca dell’ equilibrista e così se ne andò lasciando Marione in preda a una crisi di nervi.

Il giovane H. comunicò alla sua famiglia che sarebbe andato a New York e che probabilmente non sarebbe più tornato poiché capiva che quel posto dalle alte torri era la sua città. I parenti tutti non obiettarono neppure per un istante e esaudirono con gioia ogni sua richiesta.

***

La Freedom Tower si ergeva maestosa dinanzi a H. Con lieve disappunto constatò che non ve n’ era di fronte un’ altra di pari altezza ma se ne fece subito una ragione.

Così come anni prima l’ equilibrista francese, raggiunse il tetto dell’ edificio, ma non avendo né collaboratori né attrezzatura posò per l’ aria un cavo immaginario e incominciò a camminare. Alcuni passanti per le vie da basso osservarono casualmente quel puntino a forma di uomo che procedeva in linea retta a quasi mezzo chilometro di altezza senza appoggiarsi ad alcunché.

In brevissimo tempo buona parte della popolazione di Manhattan cosi come le principali televisioni del paese accorsero ai piedi del maestoso One World Trade Center.

Ebbero comunque tutto il tempo di accomodarsi anche gli abitanti delle zone circostanti provenienti da Brooklyn, dal Queens e dall’ altra riva dell’ Hudson poiché il giovane H. non aveva alcuna intenzione di tornare a terra, perché lui lassù ci stava bene, finché, un po’ per educazione nei riguardi della folla che l’ acclamava, un po’ perché gli venne la voglia di mangiare uno di quegli hamburger americani di cui aveva sentito tanto parlare, decise di rientrare.

Adesso si sa, quando la gente viene allevata a inganno mediatico e finzione, tende ad assorbire questo nutrimento ma poi alla lunga, fagocitata stabilmente dall’ insicurezza, tende a dubitare anche di chi l’ ha generato.

“ Uerisdetric? Uerisdetric?” Era il suono ripetuto dalla folla eccitata. Un’ espressione che il giovane H. non comprendeva e a sua volta replicava “ Non capisco… non capisco” quando un signore gli si avvicinò e gli disse “ Paisà, vogliono sapere dove sta il trucco”

Il volto dell’ equilibrista improvvisamente si rattristò e a testa bassa s’ incamminò lentamente tra la folla alla ricerca del silenzio mentre uno stuolo di giornalisti lo invitavano alle trasmissioni dei più noti anchorman dove in cambio di cumuli di dollari avrebbe dovuto rivelare ai vari Leno, Letterman e Oprah solo uerisdetric, ma lui non avrebbe avuto nessuna risposta da dare se non la verità, ma quella non interessava a nessuno.

Passò molto tempo e come promesso non rientrò più a casa preferendo quella città di grattacieli. Nessuno s’ interessò più al suo caso se non i passanti da Times Square dove nelle notti di luna piena, sollevando gli occhi al cielo potevano osservare un puntino a forma di uomo girovagare tra un grattacielo e l’ altro domandandosi quale potesse essere il trucco.

Solo un suo vecchio amico, ammirandolo dal basso, ripeteva commosso:

“ Belin, giovane Holden!”


Michele D 01/01/2016 14:47 989

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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