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Sembrava un angelo

Amore

Quel pomeriggio del quindici Agosto 1961, affacciato alla finestra sul pianerottolo delle scale, al piano rialzato, in uno stabile nella periferia sud di Milano. Il caldo afoso mi opprimeva. Non sapevo che fare, dove andare. I miei amici tutti al mare e/o in montagna. Alcuni di loro avevano la moto e quindi, andavano da per tutto, Io e la mia famiglia "meridionali calabresi eravamo appena arrivati in quel quartiere. Non si può dire che erano amici, ma più tosto miei conoscenti, quasi tutti coetanei. Si può dire che tutti avevano una ragazza e quindi sapevano dove andare, conoscevano la zona, le balere, i posti dove potevano stare tranquilli e fare Camporella. Io attualmente dovevo definirmi fuori dal branco. Dovevo ancora ingranare e fare parte di un gruppo, dovevo ancora, farmi conoscere. Quel giorno, ero in casa da solo, i miei erano andati al cinema Vigentino, sulla via Ripamonti accanto alla farmacia; seguiti dalle mie sorelle Anna e Ada “ancora bambine” Invece la Concettina era andata con il suo fidanzato Nino. Presero il tram, 24 al capolinea per fare un giro in centro, in piazza del Duomo. In vece i miei due fratelli Peppe e Rocco, stavano giocando a pallone, in un campetto di fortuna in mezzo ad una radura di un boschetto, dove tempo addietro, avevano abbattuto un po’ pioppi e l’avevano trasformato in un campo di calcio per ragazzi. Mio fratello Peppe, pare che giocava così bene che gli avevano affibbiato un soprannome: Pelé. Il giocatore Pelé; era il più grande fuoriclasse Brasiliano del momento. Quel giorno, al Vige, davano un film che avevo già visto e non mi andava di vederlo ancora. Me ne stavo in casa da solo ad ascoltare musica, avevo una cinquantina di dischi a 78 giri e un bel giradischi moderno, somigliava a un grammofono. Il caldo era insopportabile non tirava neanche un filo d’aria mentre il disco girava e la voce di Celentano si diffondeva nel cortile attraverso la finestra, con i suoi 24 mila baci. Alla fine di quella canzone, cambiai cantante e adagiando sul piatto un disco di Gianni Meccia: Il pullover, spalancai la porta d’ingresso, e mi fiondai sulle scale per cercare un filo d’aria. Mi affacciai alla finestra del pianerottolo al piano rialzato, appoggiandomi al davanzale e riuscire ad ascoltare la musica che si propagava nel cortile attraverso la finestra aperta. Finalmente m’inebriava una leggera brezza rinfrescante, mi entrava nelle ossa, sotto la camicia, sentivo la frescura di quell’aria sulla pelle umida di sudore e mi faceva ballare il ciuffo alla Little Tony, di capelli castani che imperavano sulla mia fronte. Sulla sinistra in mezzo al cortile, un gruppo di cani randagi maschi, seguivano una cagna in calore e gli giravano intorno agitati mentre un maschio più fortunato era riuscito ad accoppiarsi e alla fine sono rimasti attaccati. Tre o quattro bambini del quartiere gli tiravano dei sassi, povere bestie. Il maschio molto grosso e alto, trascinava quella povera cagna.

Una risata sottile e compiaciuta attirò la mia attenzione. Affacciata alla finestra delle scale di rimpetto, una bellissima affascinante ragazza, faceva apparire le due fossette sulle guance rosei, del visino rotondo, gioviale. Capelli biondi liscia e sulla fronte tagliati a frangetta. Sfoggiava una candida e robusta dentatura assieme al luminoso sorriso incorniciato da bellissime e carnose labbra rosso rubino.

Agitava la manina fuori dalla finestra come un fosse un saluto. Le sue labbra si schiudevano lentamente come una diva, tipo Marilyn Monroe, sussurravano – ciao!!!. Come la diva quando salutava la folla.

Mi girai a destra e a manca, scrutai le finestre vicine, non c’era anima viva. Eravamo soli, io e lei. Quel “ciao” era rivolto alla mia persona? Lei si accorse del mio imbarazzo e sorrise con malizia.

Il mio cuore cominciò ad impazzire. Non sapevo cosa fare, come comportarmi? Nei miei diciotto anni, non avevo mai avuto alcuna relazione con donne di simile bellezza. La guardai senza fiatare, pensavo fosse un miraggio, “il caldo "avvolte" provoca visioni strane”. No. Era proprio vera. Bellissima. Era li, in carne e ossa, mi fissava con due occhi di smeraldo puro, brasiliano e ridacchiava. Cominciavo a sudare, mi tremavano le gambe per l’emozione. Facevo finta di niente come se tutto sembrasse normale. La guardai quasi con sfida, “insomma il maschio ero io” dovevo pur darmi un contegno.

Quelle labbra carnose si mossero ancora lentamente, anche se non riuscivo a sentire, dal movimento si capiva benissimo che sussurravano; – scendi giù in strada! “mi disse” Le feci capire di si annuendo. Si girò di scatto e cominciò a scendere veloce le rampe delle scale che separavano il pianerottolo dal piano terra. Sentivo il ticchettio dei suoi passi sui gradini. Fu un attimo, e apparve sulla soglia del portone. Mi ritrovai in strada senza accorgermi di essere sceso quelle rampe. Era li. Di fronte a me, in mezzo al cortile deserto. I suoi occhi verdi spiccavano sulle guance rosee dei suoi “forse” sedici anni. Indossava un vestitino molto scollato di stoffa leggera a fiorellini, scampanato, quasi trasparente. S’intravedeva il bel seno turgido e umido di sudore. La trasparenza e la leggerezza della stoffa faceva intravedere l'assenza di reggiseno. Immaginavo quel giovane corpo nudo dentro quell’abito che in alcuni punti era appiccicato al corpo umido dal sudore. Sentivo il profumo provocante che si sprigionava dalla sua eccezionale femminilità.

<< Che cosa fai sulle scale, aspetti qualcuno ?>> - Disse sussurrando

<< No, nessuno, ero stufo di stare in casa e allora..>> Risposi vagamente, come se il tutto per me fosse normale amministrazione. Intanto il giradischi si era fermato e nel cortile il silenzio era assordante. <> Le domandai cercando di non fare apparire l’emozione che mi devastava il battito cardiaco. << Certo - disse, - vado pazza per la musica leggera, in fatti stavo ascoltando i tuoi dischi, sono bellissimi, mi fanno venire voglia di cantare e ballare.> Rincalzò sorridendo un po’ come se avesse timore di darmi noia.<< Stavi aspettando qualcuno, forse la tua ragazza? >>

<< Che ragazza. Non ho una ragazza >> Risposi cercando di apparire più sincero possibile, guardando in quel occhi splendidi. <> disse e sorrideva piegando le labbra di lato, come per dire non fare il furbo. <> Risposi con tono deciso e incisivo.

Lei, infilò la sua manina dentro la mia e mi tirò con delicatezza vicino a se, mentre mi sussurrava; <>. Sentivo il suo respiro caldo sul mio viso, guardavo quella bocca dischiusa, a qualche centimetro dalle mie labbra. La voglia e la forte tentazione di afferrarla e baciarla con tutta la passione che avevo dentro l’anima, mi scoppiava nel cervello ma, mi trattenni per non rischiare di rovinare tutto. Se doveva succedere, era lei che doveva prendere l’iniziativa, mi doveva invitare, incoraggiare, non dovevo muovere un dito, altrimenti rischiavo la fine di quel sogno meraviglioso. Mi feci quasi trascinare, come se andavo mal volentieri. Diciamo che la mia era una tattica, la solita finta malavoglia; Mi venne in mente mio Nonno, quando mi dava lezioni di vita, mi diceva: <>- Mettendo a frutto i consigli di mio Nonno, cercai di comportarmi esattamente come lui mi disse. <> domandai con accentuata curiosità, mentre mi trascinava dietro di se mano nella mano. <> disse con aria contrariata – <> <> ho risposto << è vero, mi dicono che somiglio a Johnny Dorelli, ma mi chiamo Michele, per gli amici sono luccio con due c >>

Intanto, un passo dietro l’altro stavamo uscendo dal cortile quando mi ricordai che, la mia casa era rimasta con la porta aperta, e il giradischi e la radio, erano ancora accesi. <> disse lei, mi piace quel cantante, anche le sue canzoni, mi piace molto quella canzone famosa, mi pare che il titolo sia Julia, sai quella canzone che fa: julia, hai gli occhi di un angelo, e il volto dolcissimo, ma non hai forse un cuore >> in quel momento la guardai negli occhi e le dissi: <> Lei si mise a ridere a voce alta, la sua risata echeggiò nel cortile deserto. Mi fermai dietro di lei, e gli strattonai la manina, lei si girò a guardarmi in faccia e disse: <> e io di rimando: <> e lei risponde <> Mi venne dietro, varcammo la soglia del portone, salimmo la rampa di scale al piano rialzato e a destra la mia porta era li ancora aperta. Entrai in sala, stavo spegnendo la radio e il giradischi, mi accorsi che lei mi venne dietro, era li con me in sala e mi stava vicino senza parlare. Si guardava in giro, con curiosità. Ad un tratto, si avvicinò aderendo al mio corpo come se volesse qualcosa, la guardai senza parlare, mi offriva le labbra, mi chinai verso la sua bocca, la stavo quasi baciando mentre mi sussurrò <> Avviai il giradischi dopo aver cercato e posato sul piatto il disco che era appropriato a quell’evento, appoggiai il diaframma all’inizio e la musica con la voce di Johnny Dorelli cominciò a diffondersi nella sala e nel cortile, con la bellissima canzone Love Story. Lei ballava avvinghiata al mio collo e aderente al mio corpo con tutta la passione e il desiderio che possa avere una giovane donna come lei. Ero ubriaco di quella situazione meravigliosa, son riuscivo a pensare a niente, avevo la fine e l’inizio del mondo tra le mie braccia. Sentivo i capezzoli che mi premevano sulla pelle, avevo il suo orecchio vicino alle labbra e mentre lo mordicchiavo con tenerezza, lei si girò lentamente offrendomi la bocca. Sentii quelle piccole labbra rosse carnose sulle mie, stordito da tutto, non capivo più niente da come ero eccitato e la baciai, con tutta la tenerezza e la passione che avevo in corpo. Lei all’improvviso si divincolò e scappò fuori sul pianerottolo delle scale. Gli corsi dietro e vidi che era ferma appoggiata alla parete di fianco alla porta d’ingresso. <> le sussurrai, lei senza guardarmi in faccia disse. << Andiamo fuori, facciamo una passeggiata>> Spensi il giradischi, e mentre chiudevo la porta dell’appartamento, lei iniziò a scendere le scale. Nel cortile ancora deserto, camminammo affiancati vicini. La brezza calda accarezzava i nostri corpi umidi, mulinelli di polvere si alzavano dal cortile sterrato. Mi prese per mano e ci allontanammo lungo un sentiero di campagna che portava in una zona dove dei privati, coltivavano degli orticelli per uso e consumo personale ai margini di un piccolo boschetto. Sentivo la sua manina calda e delicata dentro la mia. Se lei avesse saputo, che alla fine di quel sentiero, portava in quel boschetto, la dove la sera, dopo cena, al chiaro di luna, gli innamorati andavano in quel posto per sdraiarsi sull'erba soffice e profumata per fare l'amore indisturbati. “Camporella” era la definizione in gergo milanese, un posto di campagna dove si va a fare l’amore clandestino. Mi appoggiai con le spalle al tronco di un grosso pioppo e dolcemente la tirai verso di me. L’abbracciai con dolcezza senza parlare. I suoi occhi scrutavano i miei. Sentivo il suo profumato e il corpo che aderiva al mio. Il suo respiro era un po’ affannoso e le nostre labbra sempre più vicini. Il suo alito caldo sul mio viso. Il suo seno premeva sui pettorali, sentivo i battiti veloci dei nostri cuori.

<<.Che… intenzione hai ? >> Disse ansimando – non gli risposi, la mia mano dietro la sua nuca tra i capelli come seta finissima, lei si lasciò trascinare verso la mia bocca. Baciai con avidità quelle rosse labbra carnose e invitanti. Un bacio lungo e voluttuoso. Il suo corpo sempre più umido, di sudore, mi stavo eccitando! Ero eccitato! Lei fece finta di non accorgersi e continuò a tormentarmi l'anima. Le lingue si cercavano con avidità, il sudore che scendeva copioso dalla fronte si mischiava con l'umidità delle labbra.

Improvvisamente, si divincolò dalle mie braccia e scappò via ridendo verso gli orti, e sparì tra gli alberi. Intanto la brezza, stava trasformandosi in vento, le foglie dei pioppi, cominciavano a stormire. Lo sciacquettio dell'acqua nel canale che fiancheggiava gli orti, riverberava nel silenzio assoluto. La trovai supina, adagiata sull'erba, i suoi occhi chiari, osservavano l'azzurro del cielo. Il bel visino roseo, e i lunghi capelli mescolati tra i fili d'erba. Mi guardò senza parlare. Mi sedetti sull'erba, accanto a lei, e mi sdraiai con le dita incrociati dietro la nuca. Qualche lucertola saettò via come per farmi posto. Mi sentivo come un miserabile. Avevo l'impressione di essere un lupo accanto all'agnellino. Un lupo che sentiva l'odore della carne tenera, Un vampiro che sentiva l'odore del sangue. Avevo la voglia di mordere quelle cosce tenere chiare che, l'orlo del vestito ampio a campana, generosamente sollevato, faceva intravedere e con l'immaginazione tutto il resto. I miei pensieri da maschio, proiettavano nei miei occhi, socchiusi, immagini, malignamente pornografici. Scacciai con forza quei pensieri insidiosi, non potevo approfittare di una quasi ragazzina, avevo quattro anni più di lei ma; in quei momenti l'uomo a volte si paragona alla bestia. Lei era la bella, io la bestia famelica, con la voglia di agnellino tenero. Scivolai vicino al suo corpo, gli accarezzai il viso con la delicatezza di chi sfiora un petalo di rosa. Ma la mia infame mano, continuò ad accarezzare, il collo, poi giù dalla spalla, giù delicato cominciai a salire, su una delle montagnole, finché sotto le polpastrelli, sentii la cima. Era il capezzolo. I miei muscoli erano tirate come corde di violino. Si lasciò accarezzare offrendomi le labbra. La mia lingua, ispezionava la sua bocca mentre, la mia mano sul suo ventre, trovò l'ombelico. Sentivo le sue dita nei mie capelli, il suo corpo si arrendeva al mio. La mano inesorabile, continuava a scendere piano, giù oltre l'ombelico, come un felino si avvicinava con cautela alla preda. Le dita s'intromettevano nell'elastico delle mutandine di pizzo nero. Ma la mano non si fermò, continuò la sua discesa, lenta astenutane e delicatissima. Le polpastrelli trovarono il boschetto, appena sotto quell'attraente e agoniata peluria, sentii l'umido atollo che come una boa in mezzo al mare segnalava l'arrivo a quel traguardo la, dove un maschio che si rispetti vorrebbe arrivare. Ma all'improvviso, il corpo di lei si irrigidì scattando come una gazzella ferita. Era in piedi, i suoi bellissimi occhi, erano gelidi, severi, le sue labbra impietriti fecero una leggera smorfia e disse:

- Che cosa credi? Di avere a che fare con una zoccola? Ma vai a fan!!!!! – Scappò via lasciandomi come un cretino


Miknomi Luccio 14/04/2016 17:11 978

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Brano di storia vera tratto dalla mia autobiografia non ancora stampato ne pubblicato.»

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Calabria guerra e morte per non dimenticare la storia (09/10/2015, 1299 letture)


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