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Una lettera per mia madre

Biografie e Diari

20 agosto 2005

Cara mamma,

questa lettera di sicuro ti avrà sorpresa. Chissà quante congetture, adesso, in quella tua mente sempre affollata di pensieri, che riesci a crearti anche quando tutto fila liscio come l’olio!

Scrivo perché ho voglia di farlo, o forse perché ho bisogno di farlo, perché ho sentito che se non l’avessi fatto, qualcosa di importante sarebbe andato perso nel mio rapporto con te e di tempo ne ho perso già tanto.

La molla è stata la tua telefonata di stamattina, così inaspettata eppure così gradita al cuore.

In genere chiami nel tardo pomeriggio, quando pensi di trovarmi in casa e spesso invece non mi trovi e devi accontentarti delle risposte veloci dei tuoi nipoti indaffarati o del mio laconico marito.

Poi magari riprovi, timorosa di disturbare se l’ora è quella della cena, e addirittura ti scusi, come se il tuo amore fosse qualcosa di importuno, che si intrufola nella vita delle persone che ami. Io ti rassicuro, ma tu continui a scusarti.

Quante cose sbagliate pensiamo, sicuri che siano vere per gli altri !

E invece nella maggior parte dei casi non è così.

Spesso attribuiamo agli altri pensieri che sono solo frutto delle nostre paure, dell’insicurezza che ci intimidisce, e ci creiamo un’immagine di noi stessi che non corrisponde affatto a quella che gli altri hanno in realtà di noi.

Tu, per esempio, non riesci ad immaginare cosa rappresenta la tua voce per me, quando alzo la cornetta e sento che dall’altra parte ci sei tu.

Stamattina, appena ti ho sentita, ho pensato: è già passata un’altra settimana. Quando li ho visti l’ultima volta lei e papà? Domenica scorsa: sembra ieri e invece sono passati già sei giorni.

Tu parlavi e io pensavo che il tempo vola e mentre lo perdiamo inutilmente, facendo cose banali e ripetitive, lui corre veloce e si fa beffe di noi.

Tu parlavi e io pensavo che è un sacrilegio rimandare un incontro, privarsi di un abbraccio, non dirsi tutte quelle cose che possono anche sembrare sempre le stesse (come ripete papà quando gli pare che stiamo lì a sprecare le telefonate ), ma che ci fanno sentire vicini gli uni agli altri anche quando siamo lontani un’ora di macchina.

Adesso, per esempio, sto qui a scrivere e invece dovrei essere là a dirtele a voce tutte queste cose che sembrano pensieri scuciti e banali, mentre sono semplicemente quello che sento dentro di me e che tu hai il diritto di conoscere, perché io voglio bene a te e tu ne vuoi a me, nient’altro che per questo

Ti dicevo del tempo che passa e noi non ce ne accorgiamo, o meglio, ce ne accorgiamo ma ci illudiamo che in fondo poco importa, tanto ne resta ancora tanto e quello che oggi non abbiamo detto o fatto potremo farlo o dirlo domani oppure dopodomani.

Non è per mancanza d’amore che si rimanda o si trascura o si dimentica chi ci ama e ha bisogno della nostra attenzione, è perché finché il tempo non passa così in fretta anche per noi, non riusciamo a capirne il valore e continuiamo a sprecarlo.

Tu ultimamente, malgrado le mie proteste, non fai altro che ricordarmi che il tempo passa: i soldi messi da parte per il funerale che ti sembrano pochi; le carte di papà che sarà facile trovare perché le ha sistemate tutte per bene nelle cartelle; la roba inutile ammucchiata in mansarda o in garage che “dopo” (dopo cosa?) dovremo buttare o regalare, io e mia sorella; la casa che venderemo certo a un prezzo alto, perché è una gran bella casa.

Qualche anno fa non avresti fatto questi discorsi, e soprattutto io non mi sarei impressionata tanto, come adesso: ma adesso comincio a rendermi conto del trascorrere veloce del nostro tempo e so di non poter fermare questo processo irreversibile

Quando ti ho scritto la poesia, quella della partenza, ho pianto rileggendola perché ho guardato in faccia non la realtà della morte, che tocca a tutti, ma la realtà delle mie paure e dei miei rimorsi.

Immaginare di dover parlare con la tua assenza poteva significare solo una cosa: che ti parlo poco ora che ci sei.

Non so dove ho letto che il dolore più grande che si prova, quando si perde una persona cara, è nel pensare a tutto ciò che avremmo potuto dirle e non le abbiamo detto. Io non voglio provare questo dolore, quando sarà.

Adesso salirei volentieri in macchina per venire da voi e non per dovere, come non manchi di ripetere tu ogni volta, ma per la mia gioia e per la tua.

Quando arrivo e tu mi abbracci e dici - Che sorpresa! – è una gioia.

Quando protesti per le sciocchezze che ti porto e ripeti che non dobbiamo spendere soldi per voi, vorrei dirti che tutto quello che facciamo per te oggi io e mia sorella è niente in confronto all’amore che tu ci hai dato sempre, anche e soprattutto nei momenti peggiori, quelli in cui ti davamo dispiaceri così grandi che ogni altra madre non avrebbe avuto la forza di sopportare.

E tu invece li hai ingoiati tutti, senza farci sentire mai il peso dei nostri errori perché te li eri caricati addosso tu, interamente, e li avevi nascosti così bene in fondo al cuore che anche noi, che li avevamo commessi, abbiamo finito per non vederli più.

Ma caricarti addosso i problemi degli altri è una tua specialità. Lo hai fatto e continui a farlo per noi, per papà, per le tue sorelle, per i nipoti, spesso persino per gli estranei, che ti fanno pena e ai quali non manchi di porgere una mano o almeno un pensiero.

A te quando penserai? Sembri nata per sacrificarti e lo fai con una tale naturalezza, che non pare quasi una rinuncia quel tuo fare a meno di questo e di quello, sempre.

Che dire della tua gioia di dare tutto ciò che puoi a chi vuoi bene?

Bisogna essere proprio ciechi per non vedere che questa gioia di dare ti costa continue privazioni, ma tu sei così brava a far credere che dietro quel dono non c’è alcun sacrificio, che chi lo riceve si lascia ingannare facilmente e lo accetta a cuor leggero, senza apprezzarlo abbastanza e senza ringraziarti come meriteresti.

Guardavo ieri i video dell’agosto 2004, quando facemmo la salsa di pomodoro e tu sceglievi il basilico vicino al lavatoio piena di energie e di vitalità.

Sembrava normale, allora, che tu ti affaticassi tanto al posto nostro; nessuno allora pensava che tu potessi perdere le forze per qualche ragione.

Ma poi è piovuta dal cielo (chi se lo aspettava?) l’ischemia di papà e come grande sacrificio d’amore per lui lo schiacciamento delle tue vertebre.

Quest’anno hai potuto fare ben poco: il busto ti stringe le ossa doloranti e umilia la tua dignità di donna, che ora si sente brutta e sgraziata.

Se sapessi invece quanta bellezza c’è in te, malgrado tutto, e quanta nobiltà nel tuo darti coraggio, nello sforzo di non abbatterti mai, neanche adesso che il corpo ti tradisce, facendoti soffrire giorno e notte e impedendoti di “agire” come vorresti!

Ripeti continuamente che ci siamo dovuti stancare noi per i pomodori, poveri noi ! tutta quella fatica da soli e tu non hai potuto aiutarci !

Ti senti una madre snaturata: far lavorare tanto i suoi figli al posto suo!

E perdi la cognizione della realtà, che noi siamo adulti, ormai, e tocca a noi adesso fare quello che per una vita hai fatto tu al posto nostro, anche quando non era tuo dovere, solo per amore.

Vorrei più di ogni altra cosa al mondo che tu fossi serena, vorrei liberarti di tutta quella malinconia che ti prende durante il giorno, quando ti senti così sola e non sai come far passare il tempo e pensi che se fossimo stati tutti un po’ più vicini l’uno all’altro, sarebbe bastato vedersi un momento ogni giorno, prendere un caffè insieme, parlare del più e del meno, senza dover tenere gli occhi fissi all’orologio per non rischiare di far tardi, e poi salutarsi tranquilli, con la certezza di potersi rivedere a piacimento, ogni volta che se ne fosse sentito il bisogno.

Come ti capisco! Vorrei essere là in cucina con te, adesso, e guardarti mentre prepari il caffè, con quei gesti che conosco tanto bene, così calmi e precisi, sempre gli stessi eppure sempre belli a vedersi, perché fatti da te.

Per un momento mi si sono confusi i ricordi e alla cucina di Venafro si è sostituita quella piccolissima della Centrale.

Che fissazione la Centrale! Mi sono vista seduta tra il tavolo e la credenza e ho visto te vicino alla stufa elettrica che preparavi qualcosa. Alla tua destra la finestra che dava sul giardino (sta diventando veramente un’ossessione tutto questo ricordare e ho paura di diventare nauseante !), ma è più forte di me.

Ti ho rivista mentre mi aiutavi a fare i compiti di matematica alle elementari e anche quando mi trascinavi per i capelli in sala da pranzo rimproverandomi (oggi dico giustamente).

Ti rivedo nella bottega di zia Maria mentre fai la spesa, in campeggio a Pescara, qui in casa mia che mi aiuti con i miei figli appena nati e non ti importa se ti stai aggiustando i denti e il tuo sorriso non è splendente, ma a te importa solo tenere nelle braccia quel nipote maschio, tanto desiderato, che ti ricompensa di tutte le lacrime versate per me, prima che ricomponessi la mia vita.

Sei stata una madre straordinaria sempre. Forse te l’ho già detto, ma di sicuro non te l’ho detto abbastanza, dovrò dirtelo ancora molte altre volte e non mi sembrerà mai abbastanza.

Vorrei diventare per i miei figli quello che sei tu per me, ma è improbabile che io possa riuscirci, almeno per ora.

Forse non è colpa mia e forse non è neanche colpa loro se a volte mi pare che non mi amino come io amo te. In fondo anch’io ho preso coscienza di cosa sei per me in questi ultimi anni, solo dopo aver cominciato a soffrire per i miei figli qualcuna delle pene che tu hai sofferto abbondantemente per noi.

Forse il prezzo che si deve pagare per capire l’amore è proprio la sofferenza, che ci unisce e ci rende uguali a chi ha saputo patire per noi.

Forse anche loro un giorno capiranno e mi vorranno bene veramente, cioè rendendosene conto.

L’unica maledizione che ho lanciato qualche volta ai miei figli, nei momenti di disperazione (quando l’istinto viene esasperato al punto che ti pare di volerli uccidere)è stata questa : -Vi auguro che i vostri figli un domani vi facciano soffrire per un giorno solo come voi fate soffrire continuamente me. – e poi me ne sono pentita.

Ma adesso penso che in fondo, più che una maledizione, la mia è una speranza: in realtà vorrei che non impiegassero tutto il tempo che ho impiegato io per capire quanto è grande l’amore di una madre, con quale assolutezza ama i suoi figli e come vorrebbe dimostrarglielo sempre, anche quando non ci riesce perché è arrabbiata con loro o delusa o semplicemente spaventata, e si nasconde dietro la severità o il mutismo.

Avrei voluto essere per i miei figli quello che tu sei stata e continui ad essere per me: un rifugio sicuro quando ti pare di essere rimasta sola sulla faccia della terra, la certezza della consolazione e del conforto, la sicurezza del consiglio amorevole quando ti pare che non ci siano più soluzioni, l’aiuto offerto senza bisogno di chiederlo, la comprensione e la condivisione di gioie e dolori, il porto sicuro che ti ripara dalle tempeste, le mani che ti chiudono le orecchie se il tuono è troppo forte, la luce che ti libera dalla paura del buio, l’amica che ti confida i suoi segreti per aiutarti ad accettare la vita com’è, non sempre rosea come l’avevi sognata.

Vorrei saper nascondere come fai tu le mie sofferenze, quelle fisiche e quelle dell’anima e trovare la forza di non lamentarmi e di non rinfacciare la mia infelicità a chi me la procura.

Se ripercorro la mia vita e considero le scelte che ho fatto, non ne trovo una sola che sia dipesa nel bene o nel male dai tuoi condizionamenti. Tu mi sei stata vicina sempre, certo, mi hai dato consigli, ma non mi hai imposto mai niente, nemmeno nascondendoti dietro l’amore che mi vuoi.

E’ un pregio incommensurabile quello di saper guidare i figli senza interferire nelle loro scelte. L’ho letto in tanti libri e tu ne sei la conferma.

Sapessi quante volte mi faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se non è stata colpa mia che Graziano non abbia voluto studiare, che oggi in fondo sia ancora un piccolo sbandato che non sa quale via scegliere, se non ha quei principi che tu e papà avete saputo inculcare nelle vostre figlie così profondamente e vivo nel terrore di sbagliare anche con Andrea.

Forse ho insistito troppo, forse sono stata ossessiva o forse sono stata troppo permissiva, con la pretesa di essere un’amica più che una madre, una che si mette accanto al proprio figlio e adegua il proprio passo al suo, mentre dovrebbe andare avanti e fargli da guida illuminando il suo cammino, accettando di allontanarsi un po’, ma per diventare un punto di riferimento sicuro.

Adesso tu addirittura ci temi, hai paura di lamentarti se non stai bene, vivi nel terrore di darci fastidio con i tuoi malanni, pensi che dovresti farti da parte e lasciarci vivere tranquille visto che non hai più la forza di aiutarci.

Ma come funziona? Finché abbiamo preso a piene mani tutto bene, ora che dovremmo essere noi a dare qualcosa a te i conti non tornano?

Io posso fare ben poco per voi rispetto a mia sorella, lo so e me ne vergogno: non mi consola la giustificazione della lontananza né quella del lavoro che non mi permette di prendermi molti giorni di permesso.

Ma sapessi come vi sono vicina col pensiero, di giorno e anche di notte, quando mi sveglio per controllare che la mia famiglia sia in casa al completo!

Non una sola bugia c’è in quello che ti ho scritto, nessuna esagerazione, tutto è come lo sento da molto tempo, e finora non te l’avevo detto perché non avevo capito che tutto l’amore del mondo è niente se ce lo teniamo chiuso nel cuore, nascosto come un segreto prezioso destinato a restare sconosciuto.

Ma queste precisazioni finali erano inutili con te.

Col tuo sesto senso avevi capito già tutto ancora prima di leggere questa lettera

Silvana


Silvana Poccioni 08/01/2011 23:02 1 5358

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Grazie per le emozioni che mi hai donato con questa tua lettera alla mamma. Avrei voluto essere al posto tuo e correre io dalla mia: ma purtroppo sono anni che non c'è più e posso solo parlarle alla sera prima di addormentarmi.
Permettimi solo un consiglio e perdona il mio ardire, ma quando si tratta di mamme io son così. Ebbene corri da lei ogni qualvolta ne senti il bisogno e fallo anche se non c'è il bisogno. Scusami se mi sono permessa e grazie ancora per la lettura.»
Vivì

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