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Nino, il contadino

Amore

Era l’ alba di un nuovo giorno e Nino, come faceva sempre da quando gli era spuntata la prima barba, si svegliava per cominciare una nuova giornata di duro lavoro. Dormiva sul suo letto fatto di bucce di pannocchie “ ‘ e sbreglie”, che la sua mamma, Mariagrazia detta “ ‘ a merecoppes”, aveva cucito in due lenzuola unite tra di loro.

Aprì gli occhi e sentì il suono delle campane della chiesa vicina; era giorno di festa nella contrada di Monterone e la prima messa era alle sei. Alle cinque del mattino si ascoltavano i primi rintocchi delle campane per richiamare i fedeli. Numerosi accorrevano prima di recarsi al lavoro.

Ma a Nino non interessava affatto. Erano lontani i tempi in cui andare a messa era importante; la fede, l’ aveva messa un po’ in disparte. Non disdegnava mai la preghiera o il rispetto per alcune importanti regole di precetto cattolico, ma, a vent’ anni, andare a messa se lo voleva risparmiare. Troppi dispetti, troppi musi lunghi, troppe invidie tra la gente del paese e la loro troppo poca voglia di mettere in pratica realmente le parole del Vangelo, lo avevano allontanato dalla chiesa. Nino ci credeva veramente in Dio, ma questa era un’ altra cosa. Gli rimaneva, di tutto il tempo della fanciullezza, il ricordo di don Peppino, che gli aveva insegnato a suonare l’ organo con le canne. Meraviglia delle meraviglie. Quante volte Nino si era lasciato cullare dal suono dell’ organo, addormentandosi in braccio alla madre, in chiesa. Poi, i pomeriggi passati a giocare a pallone nel cortile della chiesa con gli altri ragazzi. Sembravano ormai solo sogni. Adesso la vita rivelava il suo lato più duro. Solo il duro lavoro della terra, per ottenere poco, a volte niente. Lui aveva altre idee nella mente, era un sognatore romantico che, al posto dei duri attrezzi da lavoro contadino, con le mani avrebbe voluto accarezzare i tasti di un pianoforte o cantare con voce baritonale le opere che spesso ascoltava la sera in casa. Possedeva un grammofono che gli era stato donato dal suo padrino di battesimo, Umberto. Tutti i dischi che possedeva glieli aveva regalati lui. Umberto era emigrato in Australia quando Nino era ancora in fasce, per cercar fortuna. L’ isola purtroppo offriva poco, solo il duro lavoro delle terre, la caccia e la pesca. Umberto era il primo di sette fratelli e due sorelle. Vivevano di stenti, qualcuno doveva andar via. Umberto, insieme ad un altro cugino, si imbarcò sulla nave per l’ Australia. Lì, tra mille peripezie, riuscirono a trovar lavoro in un’ azienda agricola e cominciarono una nuova vita. Si sistemarono definitivamente lì.

La stanza da letto di Nino era grande, c’ erano i letti dei quattro fratelli, solo una sedia e un piccolo armadio per pochi vestiti. A

La luce filtrava attraverso le tende e già si sentiva nell’ aria l’ odore del pane appena sfornato da Mariagrazia.

Nino si alza, si veste ed entra in cucina.

-“ Mà, buongiorno”-

-“ Buongiorno Nì nù”-

Una carezza a Cacciuttiè, il vecchio bracco che non lasciava mai solo Nino e un accenno di saluto a Vito, il papà. Viso solcato dalle rughe, naso aquilino e occhi scuri e penetranti. Un padre dai sani principi ma di poche parole. Nino prende la sua scodella e la riempie di pane, bagnato con un po’ d’ acqua calda.

-“ Papà, allora è tutto pronto? Domani si vendemmia?”

-“ Si Ninù. Mo vado a preparare la cantina. Tu vai nella vigna con Salvatore. Antonio e Giuseppe mi aiutano in cantina.”

Un moto di malinconia prende l’ animo di Nino; ricordava con piacere i tempi dell’ infanzia, quando il padre lo portava con sé in cantina per preparare tutti gli attrezzi, e lui doveva mettere la legna sotto il pentolone per riscaldare l’ acqua che serviva a pulire e disinfettare il palmento, il torchio e le “ menelle”, i contenitori di legno dove si metteva l’ uva. Per Nino era una festa, la sua festa preferita, perché in quell’ occasione ci si riuniva con altre famiglie, e lui, di indole socievole e docile, se ne rallegrava. A 15 anni in questa occasione aveva dato il suo primo bacio a Carmelina, la figlia del vicino di casa. Erano cresciuti insieme, da bambini si giocava,, ma con l’ età qualcosa era cambiato tra di loro e Nino non potette fare a meno di dichiararle il suo amore. Carmelina era una bellissima ragazza, alta e formosa, capelli lunghissimi ma raccolti sulla nuca con uno chignon o una lunga treccia. Era dolcissima, di animo generoso e Nino non era l’ unico ragazzo del paese ad averle prestato attenzione; ma Carmelina vedeva solo lui. Erano coetanei e presi dagli stessi interessi. I fratelli di Carmelina, gelosissimi di lei, non la lasciavano mai sola. Una donna disonorata era quanto di peggio potesse accadere in una famiglia, diceva Enzuccio, il fratello maggiore di Carmelina. E Nino, da quando i fratelli si erano accorti del loro amore, si dovette accontentare di stare con Carmelina sempre insieme ad uno dei fratelli, almeno fino a quando non avessero contratto matrimonio.

Mentre Nino fa colazione, Salvatore entra in cucina egli dà una pacca sulla spalla, in senso affettuoso, ma di comando.

-“ Andiamo Ninù. Andiamo a lavorare. Dobbiamo tagliare l’ uva di tutta la vigna”-

L’ unico sostentamento della famiglia era la vendita del vino; il terreno dove coltivavano la vite era di proprietà del signor Tommaso, il grande proprietario terriero di tutto il paese. I terreni erano tutti di sua proprietà, e venivano lavorati dai contadini . Il terreno si trovava distante da casa quasi 500 metri, bisognava fare una piccola salita e, tra le piante di ulivo e carrubo, c’ erano dei gradini.

Salvatore era il primogenito ed aveva un carattere irascibile, molto diverso da Nino, calmo e paziente; ma nonostante i caratteri diversi, Nino voleva un gran bene al fratello maggiore. Salvatore era un po’ invidioso di Nino, per la sua bellezza: alto, muscoloso, tanti capelli scuri e ricci, occhi scuri e una espressione sognante sul viso che gli attirava solo simpatie. Salvatore non aveva queste qualità, era un po’ rude nei modi, non era fisicamente prestante e le donne non lo degnavano di uno sguardo. Più passavano gli anni e più la sofferenza per questa condizione gli inacidiva il carattere.

Nino chiama Cacciuttiè ed escono per andare al vigneto. Salvatore prende le forbici da pota, le sue e quelle di Nino e lo chiama da lontano: -“ Ninù si devono prendere i tini!”-

-“ Giusto- pensò Nino- me ne ero dimenticato”-

-“ Ninù, hai sempre la testa nelle nuvole! A chi pensi? A Carmelina? O pensi a suonare il pianoforte? Oggi si lavora!”-

-“ Salvato’ e che fa? A te do’ fastidio? Non posso pensare a quello che voglio io? La testa è la mia! Ora vengo a prendere i tini!”-

-“ Ne devi portare quattro! E sono pure pochi! Io ne porto sei!”-

- “ E non ti basto a ringraziare. Ma pure io ne so portare sei!”- rispose Nino con un moto di orgoglio.

Nino si sistema per bene i tini vuoti e se li carica sulle spalle. Il cane abbaia a Salvatore e Nino lo sgrida. Salvatore prende i suoi tini e se li sistema sulle spalle pure lui incamminandosi verso il vigneto.

- “ Salvato’ ma stiamo solo io e te a tagliare l’ uva? E Enzuccio e Antonio, i fratelli di Carmelina? Non vengono ad aiutarci?”-

- “ Si, vengono pure loro”- tagliò corto Salvatore.

Nino era consapevole della gelosia di Salvatore nei suoi confronti: Carmelina era bellissima e anche Salvatore la voleva in moglie. Salvatore cercava di conquistarla in tutti i modi, ma non riusciva ad attirare la sua attenzione.

Arrivati nel vigneto Nino e Salvatore prendono le loro forbici da pota e iniziano a tagliare l’ uva più matura.

Per fare un buon vino è giusto tagliare solo l’ uva matura, e lasciare che ogni grappolo raggiunga il giusto grado di maturazione. Per fare questo ci vogliono occhi e mani esperte. Il vignaiolo sa bene quando è giunto il momento del taglio, lui che ha dedicato un anno intero per veder crescere i grappoli nel migliore dei modi, contrastando le malattie della vite con zolfo e solfato di rame, la potatura nel giusto periodo e le preghiere a Dio, che facesse piovere nel periodo giusto. E scongiurare le grandinate fuori stagione. Le preghiere incessanti e i voti fatti a quel santo siculo tanto venerato nel paese, san Vito. La vite è un tesoro da custodire, un bimbo da crescere, un anziano da accudire.

Ecco arrivare Carmelina con i fratelli. Bella come sempre, Nino le va incontro e le dà un bacio sulla guancia.

-“ Buongiorno Carme’”-

-“ Buongiorno Ninù”-

Sorrisi estatici, occhi che si perdono negli occhi….

-“ Ninù, non t’ incantà”- esplose Salvatore, rosso di invidia.

Carmela sapeva della gelosia di Salvatore, era palese per chiunque. Carmela era imbarazzata dal suo interesse, non era un uomo gradevole, lo evitava di proposito e lo disse anche ai suoi fratelli.

-“ Carme’ non preoccuparti. Noi non ti lasciamo sola. Sappiamo che vuoi bene a Nino. Salvatore la gelosia se la fa passare, ci sono altre donne in paese.”-

Nino il commento di Salvatore se lo fa passare per la testa, non gli interessa; certamente gradirebbe un comportamento diverso dal fratello maggiore. Ma cosa poteva fare? Non amava alterarsi anche se con Salvatore gli succedeva spesso. I fratelli di Carmelina sdrammatizzarono subito, con una pacca sulla spalla di Salvatore e una risata fragorosa.

-“ Iamm bell!” e intonarono un canto antico.

La mattinata passò tra i filari di viti, a tagliare l’ uva e a portare i tini pieni in cantina.

Arriva la sera e tutti a cenare alla stessa tavola imbandita. Il papà Vito, disse:- “ Ragazzi, questa è stata un’ annata buonissima per la vite. L’ uva è tanta e ben matura. Sono veramente soddisfatto!”-

-“ Si papà, esclamò Nino- riempiremo le tre grandi botti e sarà un vino buonissimo. Lo venderemo e staremo bene tutto l’ anno!”-

Salvatore si stropicciò gli occhi e disse:- “ Tutto merito mio! Io ho lavorato sodo”.

Vito, che cercava sempre di placare gli animi esuberanti dei suoi figli, disse:-“ Abbiamo lavorato tutti, il merito è di tutta la famiglia e del cielo che ci ha aiutato”.

E così, tra battibecchi vari, la cena si protrae, innaffiata dal buon vino dell’ anno precedente e, come spesso succede in queste occasioni, alcuni dei commensali divennero un po’ brilli, esaltando le loro tendenze caratteriali: chi parlava poco, col vino si ammutoliva; a chi parlava troppo il vino aumentava la capacità di tenere discorsi attempati ma che spesso perdevano il filo logico; chi amava cantare, cantava a squarciagola. Chi era innamorato, si innamorava di più.

La madre di Nino approfittò del trambusto per far leggere di nascosto a Nino una lettera di Umberto, dove gli chiedeva se fosse disposto a raggiungerlo in Australia per un buon lavoro, ben remunerato.

-“ Ninuccio mio, leggi la lettera per piacere, dimmi che ne pensi, a mamma’!”-

Nino si apparta nella cucina grande e panoramica, che affacciava su un giardino di agrumi, e legge la lettera, con lo stupore di un bambino negli occhi.

-“ Mamma mia che bello!” pensa Nino, estasiato ormai dall’ idea di raggiungere il suo padrino. Nuova terra, nuova vita, nuove avventure lo aspettavano in quella terra selvaggia e a lui sconosciuta. Lo assalì solo il dubbio se Carmelina lo avesse seguito. Ma era un dubbio che gli attraversò la mente solo per un attimo. Nino era sicuro dell’ amore di Carmelina; le avrebbe fatto la sua proposta di matrimonio e lei sicuramente avrebbe accettato. Con questi pensieri belli Nino si avvicinò alla mamma e l’ abbracciò.

-“ Mamma, dammi la tua benedizione, una nuova vita mi aspetta”.-


Loreta Carcaterra 19/01/2021 06:42 637

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Questo racconto è frutto della mia fantasia, con uno scenario reale»

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