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Con il gladio e con il cuore (5a parte)

Fantasy

Aurelius non si mostrò altrettanto malleabile come il nubiano, anzi, palesò tutto il suo scetticismo sulla profezia e sugli incubi che condizionavano l’ esistenza dell’ allievo.

Silvester si mise d’ impegno per cercare di convincerlo a concedere qualche ora di tempo per indagare sugli strani accadimenti, ma il liberto oppose resistenza.

Il gigante nero lo prese da parte e rimarcò la necessità di trovare una soluzione.

« Dietro questa storia quel ragazzo sta perdendo la salute mentale e se non facciamo qualcosa dubito che tu possa farlo esordire.»

« Per me sono tutte sciocchezze! È giovane e molto immaturo e si è lasciato condizionare da dei versi scritti chissà quanti anni fa da qualcuno che si divertiva a fare l’ indovino e pronostici sul futuro.»

« Ti prego», insisté Silvester « qualsiasi cosa tu pensi in proposito non dimenticare gli anni di sacrifici fatti per farli crescere e diventare gli atleti che quei ragazzi sono adesso. Inoltre, tieni presente che quei due si stanno allenando per offrire un unico spettacolo e se non combatte uno non combatterà nemmeno l’ altra.»

Il liberto scrollò la testa infastidito: « Non dire sciocchezze Silvester! Se anche il ragazzo fosse impossibilitato a esibirsi, lei potrebbe esordire lo stesso affrontando un avversario qualsiasi.»

« Sì, certo! Potrebbe! Ma sai benissimo che non sarebbe la stessa cosa. Aurelius, tu conosci l’ irascibilità del padrone e sai quanto ci tenga a questi giochi. Se lo privi della parte migliore, hai pensato a cosa ne sarà della tua libertà?»

« Taci! Ormai il tuo padrone non può più privarmi di quel bene prezioso. Ha firmato lui stesso le carte della mia liberazione.»

Silvester annuì: « Sì, è vero. Lui non può, ma l’ imperatore sì.»

Evidentemente, il nubiano aveva toccato il tasto giusto, perché l’ espressione del liberto cambiò, facendosi cupa.

Messo alle strette tacque per alcuni lunghi istanti, poi acconsentì: « Avete solo un giorno di tempo per fare delle indagini su quei carichi di fieno. Poi tornerai a farmi rapporto e se non avete scoperto nulla, questa storia dovrà essere messa da parte e dimenticata.»

Il gladiatore nero annuì, quindi porse la sua mano e il suo braccio e Aurelius lo afferrò, stringendo con forza il bicipite dell’ altro.

Il mattino dopo, invece di recarsi in campagna, i due cavalieri e l’ amazzone si diressero verso le terme, alla ricerca del magazzino indicato dal conducente del carro.

A quell’ ora le strade erano ancora deserte e il movimento dei tre passò quasi inosservato.

« Ci conviene lasciare i cavalli in custodia in questa stalla e proseguire a piedi» consigliò Silvester indicando un’ insegna dall’ altra parte della carreggiata. I due amici concordarono, quindi smontarono dalla sella e affidarono le briglie a uno stalliere.

« C’è un grande magazzino da queste parti?» domandò il nubiano all’ addetto.

L’ altro lo guardò con aria stupita: « Roma è piena di magazzini!»

Silvester scrollò le spalle: « Abbi cura di loro. Faremo ritorno presto» disse, consegnandogli il suo stallone.

« Dobbiamo trovarcelo da soli» brontolò, sussurrando contrariato.

S’ incamminarono, perlustrando in silenzio le strade acciottolate e cercando eventuali segni del passaggio di carri.

Il nubiano non staccava gli occhi dal terreno, tanto da suscitare la curiosità di Licia: « Cosa stai cercando?»

« Fieno, naturalmente! Le balle non sono mai compattate alla perfezione e con il vento che c’è stato ieri è facile che se ne sia disperso un bel po’ sul terreno. Vedete?» disse, indicando una miriade di pagliuzze sparse qua e là.

« Avevi ragione!» disse Darius « Ora basterà seguire le tracce.»

Per alcuni minuti seguirono la pista fino a che arrivarono davanti a una grande costruzione.

« Ci siamo. I carri sono entrati in quell’ edificio. A quest’ ora dovrebbe essere ancora deserto, ma voi fate silenzio mentre cerco l’ ingresso.»

Passarono rasenti al muro perimetrale tenendosi bassi sotto delle grandi arcate laterali che fungevano da finestroni e in quello stesso momento, dall’ interno giunsero voci soffocate.

Il nubiano adocchiò l’ apertura più vicina, poi si sollevò con cautela e sbirciò all’ interno.

« Quanti carichi mancano ancora?» si udì all’ esterno.

La risposta sfuggì perché troppo soffocata ma Silvester riuscì a distinguere nella penombra tre individui, di cui non vedeva i volti, vestiti con lunghissime tuniche.

« Forse sarebbe il caso d’ iniziare a sistemare le balle nei punti strategici» suggerì uno degli sconosciuti.

« Non possiamo decidere noi. Dobbiamo rispettare le direttive che giungono dall’ alto» rispose un terzo con tono duro.

I sensi di Silvester si allertarono ma, proprio in quel momento, Darius lo strattonò, disturbandolo e facendogli intendere che data l’ altezza in cui era situato il finestrone, non gli riusciva agevole la visuale. Il nubiano fu costretto a sollevarlo di peso, allora

Licia protestò a sua volta a grandi gesti, ma i compagni la ignorarono.

« Gli schiavi potrebbero parlare» si sentì mormorare dall’ interno e, subito giunse la risposta minacciosa: «Lui saprà come ridurli al silenzio!»

Darius e Silvester non si persero una mossa dei tre individui. La luce che filtrava dal finestrone non era sufficiente a illuminare l’ ambiente, ma era abbastanza per delimitare i contorni delle innumerevoli balle accatastate dappertutto. Poi, uno dei tre si avvicinò all’ apertura e il ragazzo rimase stupito: il volto dello sconosciuto era ricoperto da una maschera dorata.

La reazione del nubiano fu la stessa. Entrambi aguzzarono lo sguardo, fino a rendersi conto che anche gli altri portavano la maschera.

Silvester si liberò del peso del ragazzo poi, ignorando le vibranti protesta di Licia, fece segno ai due di seguirlo.

Solo quando furono abbastanza lontani si azzardò a esprimere le sue impressioni: « Il mistero si infittisce sempre di più e la cosa non mi piace.»

« Cosa avete visto? Chi erano le persone che parlavano?»

« Uomini che erano paludati con vesti assai bizzarre e che avevano il viso nascosto dietro maschere dorate.»

« Per gli dei! Perché non mi avete permesso di guardare?» imprecò inviperita.

Silvester l’ afferrò per un braccio: « Smettila, ragazza! Questo non è un gioco e il caso si complica sempre più. Dobbiamo tornare a fare rapporto ad Aurelius.»

Quel tono fin troppo deciso la mise a tacere. Licia seguì i compagni immusonita poi, il trio tornò alla scuderia per riprendere i cavalli e far ritorno all’ anfiteatro.

Mentre trottavano per le strade ancora semi deserte, Darius colse un movimento all’ angolo di una viuzza e per istinto bloccò il suo destriero.

« Che ti succede adesso? Cosa hai visto?» gli domandò Silvester.

Il ragazzo sostava con espressione assorta e il nubiano gli strinse un braccio: « Si può sapere cosa hai?»

« Non so… ma ho come l’ impressione di essere inseguito. Mi è parso di vedere un’ ombra furtiva in quel vicolo.»

« Aspettatemi qua!» ordinò Silvester girando il cavallo e guidandolo verso la stradina che s’ inerpicava, ancora immersa nella semi oscurità.

Gli zoccoli risuonarono sull’ acciottolato mentre il nubiano percorreva alcuni metri tra i palazzi che si affacciavano su quel vicolo.

Nonostante la penombra, l’ uomo scrutò in ogni punto che gli fu possibile, senza però rilevare presenze umane. Solo allora tornò dagli altri due cavalieri.

« Avrai visto qualche cane randagio» concluse, riavviandosi.

Non convinto Darius, si volse alcune volte e Licia, percependone l’ ansia, tentò di rassicurarlo con una battuta di spirito: « Forse si trattava veramente di un randagio o forse l’ ombra di Tenebra proiettata sulla parete di quell’ edificio.»

Il ragazzo sbuffò risentito ma evitò di polemizzare.

Proseguirono in silenzio per alcuni minuti attraversando una grande piazza con alcuni monumentali edifici che facevano da corona all’ ampio spazio adorno di fontane e statue di marmo.

In quel momento Darius colse un altro movimento furtivo alla sua destra, laddove risaltava un tempio dall’ ampia scalinata di accesso e l’ imponente colonnato e allora per istinto scattò. Tenebra rispose alle sollecitazioni ai suoi fianchi con un poderoso balzo in avanti.

Troppo stupiti dal repentino movimento del compagno, Silvester e Licia rimasero immobili a guardarlo.

Darius spronò il suo destriero spingendolo a salire i monumentali gradoni di marmo e il rumore provocato dagli zoccoli risuonò frastornante nel silenzio del mattino.

Non ti ammazzare, ragazzo! pregò mentalmente il nubiano mentre scendeva da cavallo.

« Rimani qui ad aspettarci!» ordinò a Licia e lei reagì:

« Niente affatto! Io vengo con te.»

Conoscendo la cocciutaggine dell’ allieva, lui non perse tempo a controbattere e si affrettò verso la scalinata e il colonnato dentro al quale erano scomparsi cavallo e cavaliere.

L’ alba era ormai prossima, ma, la luce emessa dal cielo che schiariva appena, non bastava per avere una buona visuale e, difatti, le numerose colonne che formavano il peristilio quadrato del tempio erano ancora immerse in un’ ombra relativa.

Ogni colonna può celare un agguato. pensò con inquietudine il nubiano non scorgendo nei dintorni né cavallo né cavaliere.

Il silenzio era totale e gravava sul tempio come un macigno.

Il fuoco sacro custodito dalle vestali del tempio proiettava bagliori inquietanti sul pavimento e sul marmo accendendo di una luce sinistra gli sguardi vacui delle statue.

Dove ti sei cacciato, stolto di un ragazzo?

« Dividiamoci» suggerì Licia sottovoce ottenendo soltanto una imperiosa negazione.

Per impedirle gesti azzardati Silvester l’ afferrò per un braccio: « Stammi vicina. Di allievi imprudenti e senza senno me ne basta uno!» le ingiunse.

Si aggirarono tra le numerose statue di divinità confondendosi tra le tante ombre e all’ improvviso risuonò lo stronfiare del cavallo di Darius, quindi le sue urla: « Fermati vigliacco! Fermati!»

Silvester scattò veloce verso le colonne dalle quali provenivano i rumori e per poco non investì una figura che correva dalla parte opposta.

« Darius!» chiamò, credendo che fosse l’ allievo e stava per afferrarlo per la tunica ma lo sconosciuto gli sfuggì e riprese a correre, sparendo di nuovo tra le ombre.

La corsa trafelata di un’ altra persona costrinse il nubiano a girarsi: « Darius!» ripeté e questa volta l’ allievo rispose: « Mi è sfuggito!» riuscì a dire con il fiato corto.

Il nubiano gli si avvicinò per vederlo meglio: « Hai commesso un’ imprudenza…» le parole gli si spezzarono in gola: si era appena accorto che il ragazzo perdeva sangue dal naso e questo gli aveva macchiato la tunica.

« Sei ferito! Che è successo?»

Sentendo quelle parole Licia accorse: « Dove… che ti ha fatto?»

Darius minimizzò: « Non è niente. Soltanto un pugno sul naso. Fa male, ma non credo sia rotto.»

« Ma che ti è saltato in mente di lanciarti da solo nel buio? Quel tale poteva essere un assassino.»

Il rimprovero del nubiano lo irritò ma Darius preferì non rivelare il fruscio sinistro di una lama che aveva avvertito molto vicina al suo braccio e represse l’ istinto di rispondere a tono: « Mi dispiace. Però è un vero peccato che ci sia sfuggito. Avrebbe potuto chiarirci molti dubbi.»

« Può darsi.» ammise il gladiatore « Ora vai a recuperare il tuo cavallo e torniamo all’ anfiteatro.»

Mentre Darius seguito da Licia eseguiva l’ ordine, l’ attenzione del gladiatore si focalizzò su un piccolo particolare. Silvester si accosciò e prese tra le dita due lunghe pagliuzze che poi osservò alla luce della fiamma: « Nemmeno questo tempio è al sicuro.»

12

Dopo aver ascoltato il rapporto Aurelius tacque a lungo.

Silvester osservò la sua reazione. Che il liberto fosse molto contrariato da quanto appreso lo si poteva desumere dall’ espressione torva e intenta. Si muoveva misurando i passi nell’ armeria dell’ anfiteatro e, nel silenzio dell’ ambiente, per un po’ risuonarono soltanto il tonfo dei calzari sull’ impiantito e il suo respiro profondo.

« Dobbiamo parlarne con il tuo padrone. Ma come affrontare l’ argomento e soprattutto cosa dirgli? Che è nato tutto da un sogno premonitore e da una profezia?»

« Si può anche tralasciare questa parte e si può invece iniziare dall’ incontro casuale dei carri e la curiosità suscitata dal trasferimento anomalo di tanto fieno» suggerì il nubiano.

« Siamo d’ accordo. Ma nel caso decidesse di darci fiducia e di sostenerci, cosa potremo fare per impedire che i piromani mettano in atto il loro piano scellerato?»

« Prima parliamone con il padrone. Insieme studieremo un piano di azione.»

« Sempre che lui decida per un’ azione» concluse il liberto.

Quella sera stessa i due gladiatori riferirono la vicenda al mercante.

« Sei sicuro di quanto visto e sentito?»

« Eravamo in tre ad ascoltare, padrone.» rispose il nubiano « Quelle persone parlavano di posizionare le balle nei punti strategici della città.»

L’ uomo prese a camminare avanti e indietro con aria pensierosa, poi si rivolse al liberto: « Ma voi credete davvero che si tratti di piromani?»

Aurelius fu franco e diretto nella risposta: « Esiste forse qualche altra spiegazione? Se tu sei in grado di dare una interpretazione valida, ti prego nobile Marcus, condividila con me e toglimi l’ atroce dubbio che qualche folle abbia intenzione di mandare a fuoco la città.»

« Ma perché dovrebbero esistere persone che desiderano distruggere Roma? Per quale scopo?»

Fu Silvester a intervenire: « Se permetti, padrone» e al cenno affermativo di Marcus riprese « Sono sicuro che quegli uomini fossero solo gregari e che il comando fosse nelle mani di un solo uomo.»

« Ma chi, per gli dei? Un nemico dell’ Impero? Uno straniero?»

« Questo non lo sappiamo. Ma di certo uno che non ama Roma.»

I minuti di silenzio riflessivo si prolungarono molto. Sul viso del mercante si leggeva l’ incertezza ma anche un inizio di allarmismo e alla fine domandò: « Maschere d’ oro e tuniche lunghe fino ai piedi?»

« Sì. Così sono stati descritti gli sconosciuti all’ interno del magazzino.»

« Ti ho visto molto dubbioso su questo particolare? Hai in mente qualcosa?»

« La descrizione fatta dal nubiano e dal ragazzo ricorda molto i poeti cantori dell’ anfiteatro.»

« Quelli che decantano i versi scritti dall’ imperatore e che annunciano gli spettacoli?»

« Sì, nobile Marcus. Proprio loro.»

« Voglio che tu conduca indagini discrete sul furto di abiti cerimoniali e relative maschere.»

« Sarà fatto. Ma riguardo al fieno?»

« Comanderò a Quintus Lemonia di seguire i carri e posizionare due uomini in ogni punto di arrivo.»

« La ritengo un’ ottima strategia ma mi permetti di aggiungere una mia idea?»

Il mercante fece un cenno affermativo e Aurelius aggiunse: « Se impregnassimo le balle di acqua queste diverrebbero inservibili per un incendio.»

Marcus annuì: « Mi sembra un’ idea eccellente! Manderai i tuoi gladiatori in appoggio ai centurioni di Quintus e mi farai rapporto al più presto riguardo il vestiario dei cantori. Io parlerò con l’ imperatore.»

Aurelius sobbalzò: « No, ti prego! Non prima di aver risolto il mistero su coloro che cospirano contro la città di Roma. Nel complotto potrebbero essere invischiati personaggi molto vicini al trono e se si spargesse la voce che l’ intrigo è stato scoperto la nostra missione potrebbe fallire e i colpevoli rimanere impuniti.»

« Hai ragione» ammise il mercante « Riferirò a Cesare solo quando il caso sarà risolto. Ora vai, raduna i tuoi e mettiti agli ordini del comandante Quintus.»

Aurelius s’ inchinò cortesemente e i due si lasciarono.

Poco più tardi una ventina di centurioni uscivano in borghese e alla chetichella dalla caserma limitrofa allo stadio. I soldati, svestita l’ armatura di cuoio e il copricapo piumato, si mimetizzarono alla perfezione alla gente che affollava le strade. Ai militari seguiva sempre una coppia di gladiatori, anch’ essi del tutto anonimi e irriconoscibili in abiti civili.

Il nubiano, Darius e Licia seguivano il comandante che dirigeva le operazioni.

Il movimento dei carri nei dintorni delle terme era diventato frenetico rispetto il giorno prima. L’ arrivo del fieno era incessante e a ogni carro che veniva scaricato, alcuni addetti caricavano la soma di pazienti asinelli posizionando sulle selle due balle per lato. Gli animali venivano poi avviati in direzioni diverse.

A ogni carico l’ ufficiale romano assegnava di guardia un soldato e un gladiatore ma, alla fine del pomeriggio il comandante rimase senza uomini, così decise di fare ritorno all’ anfiteatro e di inviare altri militari.

Tuttavia, al suo arrivo rimase allibito: una decina di carri dai pianali stracarichi di fieno venivano scaricati e poi portati via.

« Chi ha ordinato tutto questo fieno?» domandò a un addetto.

« Non saprei, signore» rispose lo schiavo « A noi è stato ordinato di sistemarlo nei magazzini.»

Quintus si soffermò a osservare il lavorio alacre degli schiavi, in apparenza pensieroso.

In realtà una marea di dubbi vorticò nella sua mente, come un turbine fastidioso che gli impediva di pensare lucidamente. Fino a quel momento aveva tenuto per sé il dubbio che qualcuno potesse veramente avere l’ intenzione di mandare a fuoco la città e aveva obbedito agli ordini soltanto perché era un soldato avvezzo a non discutere ad alcuna direttiva.

Dopo avere tentennato qualche minuto, si volse, deciso ad andare a riferire al mercante, responsabile di tutte le merci che arrivavano all’ anfiteatro e solo allora si accorse di essere osservato.

Ancora una volta rimase allibito.

« Ave comandante Quintus Lemonia!» si sentì salutare in coro da tre dei cantori mascherati dell’ anfiteatro.

Il centurione andò loro incontro: « Ave Poetarum!» rispose con la stessa formula in uso a Roma.

« Perché il centurione si aggira allarmato? Ha forse un pericolo subodorato?»

Quintus sorrise tra sé: i cantori non perdevano un’ occasione per esprimersi in versi e in modo simultaneo, quasi che avessero studiato le rime prima di decantarle.

« Nobili Aedo» l’ interpellò con una lusinga « mi domandavo chi avesse ordinato tanto fieno e a cosa servisse.»

I misteriosi portatori delle maschere si guardarono gli uni con gli altri, poi di nuovo in coro decantarono:

« Giusto dubbio ha il centurione

e pone a noi equa questione

e in risposta cantiam leali

ch’è cibo e greppia per animali

e quel che resta è metà appena

basta per una nostra messinscena.»

Quintus annuì, cercando di apparire il più convinto possibile: « Adesso mi è tutto chiaro, eccellentissimi cantori» quindi si congedò con un cortese e appena accennato inchino.

« Ave, nobilis centurio!» lo salutarono a una sola voce.

Il militare si allontanò ostentando una calma che in effetti non provava. Aveva il cuore in subbuglio e, a causa di quel bizzarro incontro, i suoi dubbi avevano preso una forma ben precisa.

Con l’ animo colmo di oscuri presagi si presentò dal mercante per il rapporto.

« Ti avevo ordinato di fare la guardia ai magazzini, perché sei qui?» Il tono secco dell’ uomo non intimidì il militare: « Nobile Marcus, i carri arrivati stracarichi di fieno erano molti più del previsto. Sono tornato per prendere altri centurioni.»

« Riferisci tutto quello che sai» lo esortò, cogliendo un accenno d’ indecisione nell’ altro.

« A parte la quantità di fieno arrivata e caricata sulla soma di asini che prendono poi direzioni diverse, pochi minuti fa, al mio arrivo all’ anfiteatro ho trovato una decina di carri che scaricavano la stessa merce.»

Il mercante trasecolò: « Sai dirmi chi lo ha ordinato?»

Quintus tentennò qualche istante, confuso e imbarazzato.

« Pensavi lo avessi ordinato io?»

L’ altro arrossì eppure trovò il coraggio di replicare: « Ti confesso che all’ inizio è stato così ma quando ho posto la domanda agli scaricatori nessuno ha saputo rispondermi. Nemmeno i tuoi più fidi servitori. Ma signore…»

« Parla» lo incoraggiò l’ organizzatore dei giochi.

« Alle operazioni di scarico erano presenti alcuni poeti cantori.»

La notizia venne accolta da un silenzio gelido. Il mercante sembrava attonito. Fu di nuovo il militare a parlare: « Ho domandato loro se avessero informazioni a tal proposito e mi hanno risposto che il carico sarebbe servito per gli animali e, da quel che ho capito, per una loro messinscena.»

Marcus, che nel frattempo si era ripreso dallo stupore, intervenne con tono sostenuto: « Tutto ciò che viene stivato nei magazzini è di mia responsabilità e io non ho ordinato quel fieno. Mi domando chi possa essere stato.»

Nonostante provasse disagio Quintus non poté esimersi dal domandare: « Posso chiederti chi è colui che può supplire alle tue funzioni?»

« Prendo ordini soltanto dall’ Augusto e solo lui potrebbe fare le mie veci.»

Quintus tacque, ma il suo tormento lo si intuiva dalla postura e dalla mascella rigida.

« Nobile Marcus, sarebbe assurdo ipotizzare che l’ ordine è stato emesso dal sovrano?»

Il mercante abbassò ripetutamente la testa.

Preso atto del profondo turbamento del nobile romano, Quintus rimase in attesa di un ordine che non tardò ad arrivare. « Invierai un plotone alle terme per seguire le consegne e questa notte manderai alcuni uomini a rendere inutilizzabili le balle accatastate nel magazzino. Nel frattempo, penserò a come informare i senatori più anziani di quanto sta avvenendo.»

« Ave Marcus!» si congedò l’ ufficiale romano.

« Ave Quintus!» rispose l’ altro con la mente già altrove.

continua...


Vivì 18/08/2020 06:47 1 456

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Il giallo legato ai carichi di fieno s’infittisce sempre di più... a cosa servirà tutto quel fieno? Per dare fuoco a Roma? e soprattutto... chi c’è dietro a tutto questo?
Anche in questo proseguo del racconto non esiste banalità... il lettore legge e resta coinvolto e nel frattempo immagina cosa ci sia dietro questo dilemma. L’autrice è stata, a mio avviso, abilissima nel trasferire l’attenzione legata al debutto dei due giovani come gladiatori, verso una situazione del tutto nuova ed inaspettata.»
Giacomo Scimonelli

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