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Diavola e boscaiola

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Dopo aver scambiato messaggi fino a perdere la sensibilità alla mano, telefonate anche di un’ora e mezzo da farsi prendere fuoco l’orecchio, son riuscito ad organizzare un incontro.

Poteva dire no, non ci sarebbe stato alcun problema, ma visto che acconsentí, mi sarei aspettato l’opposto di quello che accadde.

Venne in tiro, trucco pesante, stivali fino al ginocchio, un coprispalle di pelliccia se animale o sintetica non lo so, ma trovai la sua mise eccessivamente sgargiante, ma de gustibus...

Scesi molto vicino alla pizzeria, il tutore al ginocchio non mi dava libertà e impediva i movimenti più semplici, fortuna che la mimetica calzava abbondante.

Appena mi vide rimase delusa, la sua esclamazione " come ti sei vestito " non lasciava scampo a dubbi.

Le ripetei ancora una volta che avendo problemi al ginocchio, i jeans risultavano scomodi e mi sentivo ancora più impacciato.

Mi dette molta noia quel suo giudizio, avessi avuto il carattere che avevo da ragazzo l’avrei liquidata alla prima frase storta, ma scelsi di far finta di nulla.

Poteva pensare di avere stile nel vestire, ma la sostanza era poca. Il locale non molto spazioso, chiaramente caldo, abbastanza affollato e alla mano non si intonava con la stola di pelliccia.

Mi tolsi la felpa appena fu possibile, mi lanciò un’altra occhiata... " niente camicia? "

Risposi stizzito: " le porto solo negli avvenimenti importanti, per una pizza va bene una t- shirt e un abbigliamento casual, se non ti piace guarda altrove."

Si cominciava male per dio, ma speravo che la serata prendesse una piega più amichevole e le parole accompagnate da conversazioni frizzanti aiutassero nel dialogo.

Spensi il cellulare e lo misi nel marsupio, una forma di rispetto, lei invece lo mise sul tavolo, altra cosa che non mi piacque.

Si guardava intorno quasi spaesata, non era a suo agio, squadrava le persone con aria di superiorità, sopratutto le altre ragazze. Venne la cameriera trafelata e sudata, portandoci il menù, ebbe da ridire pure su come era vestita; mi stava salendo il nervoso, passando la voglia e la fame.

Per cercare di metterla comoda provai a farla parlare, andare oltre la superficie dei vestiti, vedere la persona senza trucco e senza impedimenti, ma trovai un campo minato. Fuggiva le risposte, parlava a monosillabi, le poche volte che incrociava il mio sguardo rivolgeva la sua attenzione a quel cazzo di telefono.

Non vedendo da parte sua la voglia di dialogo, stufo di mostrarmi accondiscendente presi le distanze, mi allontanai dal tavolino, allungai la gamba sulla sedia vuota e creai il muro di vuoto.

Mi richiese ancora perchè indossavo la mimetica... era come parlare ad un piccione morente, tanto bella quanto stupida.

Tornò la cameriera con le due pizze fumanti, le dissi grazie sebbene fosse in ritardo, c’era pienone ed ovviamente i tempi si allungavano, la mia commensale si mostrò sgarbata, dopo l’ennesimo commento scomodo limitai al minimo la conversazione, la disfatta era prossima.


Matteo Matteucci 02/07/2021 01:12 612

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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