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Sei il mio angelo ritardatario

Amore



Ludovica guardò per l’ennesima volta il suo orologio e non fu capace di nascondere un gesto d’impazienza. Sergio era in ritardo, e non era la prima volta che la faceva aspettare. Lui era fatto così! Trovava sempre qualcosa di urgente da fare all’ultimo momento. Lei ancora non aveva capito se erano tutte scuse o se veramente la sua testa funzionava in quel modo balordo.

Ogni volta si diceva che quella era l’ultima volta che lo avrebbe aspettato, ma rimaneva lì, inchiodata per terra e le bastava vederlo arrivare con quel suo incredibile sorriso, che non si ricordava nemmeno di chiedergli il perché del suo ritardo. Lui pareva che leggesse nei suoi pensieri, e prendendole il mento e avvicinandosi a lei, le dava un bacio sulla bocca. Così andava avanti la loro relazione, senza problemi seri, a parte qualche normalissimo litigio che puntualmente finiva in teneri baci d’amore.

Si erano conosciuti al lavoro, una grossa azienda di mobili che andava molto bene, anzi benissimo, che di questi tempi era un caso molto raro. Lei era la segretaria del padrone, un tipo molto scorbutico, scapolo, ma a detta di tutti un don Giovanni, comunque, a dire il vero con Ludovica non si era mai azzardato a fare delle "avances".

Sergio invece era il capo reparto dove si svolgevano le molteplici attività dell’azienda. Era benvoluto e apprezzato da tutti per la sua competenza, serietà e simpatia. Si erano incontrati al bar del mobilificio in varie occasioni, avevano incominciato a parlare come si fa normalmente tra compagni di lavoro e piano piano si erano innamorati. Andavano al lavoro con una macchina sola, per risparmiare la benzina e così si scambiavano i turni.

Una mattina Sergio non andò, lo aspettò invano, pensando fosse un altro dei suoi soliti ritardi, alla fine lo chiamò al telefono, ma non rispose. Incominciò a preoccuparsi, sarebbe andata a casa sua per sapere cosa fosse successo, ma ormai era tardi e non voleva avere uno scontro con Stefano, il suo capo. Aspettò impaziente all’uscita degli operai e impiegati, ma Sergio non c’era.

Andò allora direttamente a casa sua, aveva le chiavi e così entrò. Appena dentro capì che era capitato qualcosa di serio.
Non c’era un angolo che non fosse stato messo tutto sottosopra, e Sergio era sempre stato ordinato. Il cuore cominciò a batterle forte e alla fine lo vide nel bagno dentro alla vasca legato e imbavagliato! MIO DIO SERGIO! urlai, e corsi a soccorrerlo. Lui era pallido come uno straccio, e le sue mani tremavano di rabbia e impotenza.

Mentre lo slegava le raccontò tutto eccitato che due tipi erano entrati in casa sua durante la notte, lo avevano minacciato di morte se non avesse dato loro le chiavi dei magazzini del mobilificio, e lo avevano minacciato anche di fare del male a lei, Ludovica! Evidentemente conoscevano bene la loro relazione e tutto quello che li riguardava. Sergio rispose che le chiavi lui le depositava in una piccola cassaforte del mobilificio, che potevano anche cercarle in casa, se volevano, ma non le avrebbero trovate. Non gli credettero e dopo aver messo a soqquadro l’appartamento, non avendo trovato nulla, lo legarono, lo imbavagliarono, e lo misero dentro alla vasca da bagno, dicendogli che se apriva bocca con qualcuno lui e Ludovica avrebbero passato un brutto momento!

Logicamente quella mattina, invece, la prima cosa che fecero fu proprio quella di quella di denunciare l’accaduto ai Carabinieri, che si misero subito in moto per ricercarli.

I giorni che seguirono furono un incubo per Ludovica, la notte, specialmente, le sembrava sempre che dovessero apparire i due malintenzionati e farle del male. Il suo cervello era continuamente in f unzione, sembrava un computer che accumulava dati dalla mattina alla sera. Come mai quei due delinquenti volevano le chiavi del magazzino? Là dentro c’erano soltanto mobili che dovevano essere consegnati ai clienti, non c’erano soldi né beni preziosi da rubare, eppure ci doveva essere qualcosa di importante per loro, se erano arrivati a tanto.

A Ludovica piaceva da morire risolvere dei casi polizieschi. Suo padre era stato un detective molto in gamba, e alla fine di ogni caso, si divertiva con lei raccontandole ogni particolare, ma lo faceva come se fosse una favola! Lei lo ascoltava incantata e fantasticava facendo finta di essere l’eroina del momento. Anche questa volta sognava ad occhi aperti, immaginando le scene più emozionanti.

Pensò che ora quei due probabilmente avrebbero tentato di entrare nell’enorme magazzino e lei questo non lo voleva perdere! Si mise una tuta nera, raccolse i suoi lunghi capelli biondi in un chignon, poi se li coprì con un foulard nero molto stretto. Si nascose bene dentro ad uno scatolone di cartone vuoto che era buttato in un angolo, e come se non bastasse, si portò dietro la pistola che era stata di suo padre buon’anima, che se l’avesse vista, l’avrebbe presa per le orecchie e l’avrebbe subito portata via da quel luogo. Ma Ludovica era più decisa che mai a scoprire qualcosa.

In quel momento udì chiaramente dei passi che attraversavano il magazzino, si nascose il più possibile dentro allo scatolone e si rese conto che i passi erano vicinissimi a lei. Aveva molta paura e non si mosse. Poi udì un rumore come se qualcuno stesse strappando della stoffa, alzò appena la testa e rimase di stucco! Aveva riconosciuto la persona che stava strappando la stoffa di un divano e tirava fuori delle bustine bianche piccole e le metteva dentro a una grossa busta, era Stefano, il suo capo!!!

Prese il suo cellulare e marcò il numero dei carabinieri appena in tempo prima di udire uno sparo, poi un altro e subito dopo i due ladri che saltarono addosso a Stefano strappandogli la busta con la droga e lasciandolo steso sul pavimento.

Volle guardare meglio quello che succedeva e si espose troppo dallo scatolone, i ladri la videro e senza esitare si avvicinarono a lei con le pistole puntate... Ludovica tremava come una foglia, e si mise a urlare come una pazza sperando che qualcuno la udisse, aveva la pistola del padre in mano, ma non fu capace di sparare. Per sua grande fortuna i carabinieri arrivarono, a sirene spiegate, fino davanti la fabbrica, e rapidamente furono sul punto preciso del fatto. Con poche mosse immobilizzarono la coppia di furfanti mentre chiamavano un’ambulanza per Stefano che giaceva per terra in un lago di sangue.

La mattina dopo, Ludovica aspettava l’arrivo di Sergio come sempre, alla fine apparve con un giornale in mano, era molto allarmato per quello che stava leggendo, la notizia del mobilificio e di quello che era successo l’aveva scosso in maniera evidente.

"DIO MIO, Ludovica!!! Immagino i momenti terribili che avrai passato, perché non mi hai messo al corrente di quello che volevi fare? Sarei rimasto al tuo fianco, ti avrei aiutata in qualche modo..." Ludovica sorrise, lo guardò con immenso amore e le sussurrò nell’orecchio: "Tu sarai sempre il mio angelo ritardatario!"


Franca Merighi 04/09/2021 23:13 595

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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