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La maestra Delfina

Biografie e Diari

La mia maestra si chiamava Delfina e poiché negli anni 60, quando arrivai io, grembiule bianco, fiocco rosa e coda di cavallo, ne aveva già altrettanti, ho sempre immaginato che fosse l’incarnazione di uno spirito acquatico, che aveva nuotato indenne attraverso le tempeste e i capovolgimenti della prima metà del secolo.

La sua vita era invece trascorsa solitaria e senza affetti, a parte quell’alternanza di melassa e intransigenza maniacale che aveva rovesciato implacabile su generazioni di scolari, per plasmarli a sua immagine e somiglianza.

Era la scuola del dopoguerra, dei nuovi programmi, del miracolo economico e tuttavia non del tutto affrancata da quegli stereotipi che imponevano ad alcuni docenti di ripetere all’infinito il primo ciclo soltanto e destinando gli uomini solo alle classi maschili del secondo ciclo.

La scuola del mio quartiere consisteva in due tristi edifici con l’impronta inconfondibile dell’architettura di regime, che accoglievano bambini e bambine divisi in gruppi rigorosamente unisex, destinati a non incontrarsi mai, se non quando la provvidenziale caduta di qualche calcinaccio nell’ala femminile costringeva le maestre ad utilizzare l’altro portone, facendoci uscire con il cuore in gola in fila per due, di fronte al vicedirettore dal profilo aquilino, soggezione e turbamento delle mamme, impalato sui gradini a vigilare sulla nostra innocenza, perché non fosse turbata da precoci inquietudini erotiche.

Erano gli anni in cui il cognome era più importante del nome, scandito all’appello quotidiano in ordine alfabetico e quando la capoclasse, delatrice secchiona di turno, sillabava un secco “At-ten-ti!”, pallida imitazione dell’autorità magistrale, l’intera disciplinata scolaresca allungava le braccia sul banco, in segno di rispettoso saluto alla Direttrice.

Fin dal primo giorno subii il rito quotidiano delle preghiere, diffuse dall’altoparlante nascosto nell’angolo in altro a destra: una sorta di Grande Fratello che, nella mia fantasia, era in grado di percepire ogni sussurro sottratto alle ore di lezione e carpire ogni segreto confidato alla compagna di banco durante la ricreazione, per poi spifferarlo in tutta la scuola al momento opportuno. Per guadagnarsi l’etichetta di «diverso» era sufficiente impugnare la matita con la mano sinistra e alla maestra Delfina non parve vero di trasformarsi in eroica missionaria quando intraprese anche con me la sua crociata verso la conversione, costringendomi ad abbandonare la mano del Diavolo, con lo scopo di ottenere la stessa calligrafia rotonda e ordinata delle mie compagne.

Finsi di arrendermi a quel “Caaaara la mia bambina...!”, miagolato con occhio socchiuso e sorriso leonardesco, sapendo in cuor mio che avrei sciolto l’incantesimo, riappropriandomi della mia natura, nel momento stesso in cui, oltrepassata la barricata, il primo dei miei futuri scolari mi avrebbe chiamata «maestra».

Ora la maestra Delfina era giunta a fine carriera e agli sgoccioli di un’esistenza misteriosa, che aveva sempre tenuto separata dai suoi alunni, ma che a volte irrompeva ugualmente, prepotente, nelle nostre vite, mostrandoci l’effetto devastante di un enfisema all’ultimo stadio, che spesso faceva ritardare l’uscita da scuola, nell’attesa di riprendere il respiro, al quietarsi di quella tosse convulsa che trasformava il suo viso intenso da diva del cinema muto in una maschera dolente da tragedia greca.

Tornai alla scuola G.B. Perasso per le mie prime supplenze, ma i tempi erano cambiati, non esistevano più l’ala femminile, sbriciolata dal tempo, né la mia maestra, che se n’era andata in sordina, come una Fata Morgana tra le dune del deserto dei sentimenti: al suo posto una moderna e funzionale struttura prefabbricata, con gli infissi di metallo e tutte le aule al piano terra.

Unico sopravvissuto il maestro dal cognome impronunciabile, eterno vicedirettore, ma con tanti fili bianchi fra i capelli impomatati. Fu lui a riconoscermi, chiamandomi per nome, incredulo nel vedere un’ex allieva tornare, come l’assassino, sul luogo del delitto e, da consumato attore del palcoscenico scolastico, fiutò il mio disagio nel trovarmi alle prese con tanti marmocchi ai quali nascondere il terrore e l’angoscia nel manifestare una disinvoltura che non provavo.

“Non mollare, stringi i denti, devi dimostrare d’essere tu la più forte, altrimenti sarai finita e le porte di questa professione ingrata e frustrante si chiuderanno per sempre di fronte alla tua incompetenza!” Sibilò scuotendomi le spalle, perforando con i suoi occhi di ghiaccio i miei, velati di lacrime.

Da allora ho sempre cercato di tenermi a galla senza ciambelle di salvataggio, tuttavia non ho ancora superato il tormento del primo giorno di scuola, anche se siederò in cattedra, pronta ad accanirmi sul «diverso» di turno, perché ogni epoca possiede i propri alieni, su cui indirizzare nuove crociate.

Così farò anch’io, creatura della maestra Delfina, cercando di pilotare i miei ragazzi attraverso la realtà virtuale di un futuro cibernetico, proiettato nell’iperspazio, illudendomi di difenderli dalle ferite della vita.

Addio Greta Garbo del ruolo magistrale, grembiule nero e mani bianche di gesso, il Piccolo Palazzi da donare alle alunne meritevoli: la pellicola è finita, ma la bobina continua a girare e la coda dell’ultimo fotogramma che urta contro il vecchio proiettore 8 mm terrà desta la memoria, per non lasciarti sprofondare nella nebbia che tutto sfuma, dall’inchiostro nel calamaio al rimpianto per chi non c’è più ad insegnarti a scrivere e a far di conto.


Nemesis 26/08/2010 23:40 9 3408

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Un racconto che ho letto con grandissimo interesse, che mi ha coinvolta, fin dal primo rigo, soprattutto per l'argomento trattato; ambientato in quei lontani anni '60, i quali, nei miei ricordi di scolaretta, mi toccano da vicino. Nel campo "educativo" avvenivano delle cose terribili!
Causate da molta ingnoranza ed incompetenza.
Ancora oggi, ritengo di essere stata solo molto fortunata ad essermi imbattuta in una maestra buona. Di cui conservo un ricordo bellissimo.
Ebbi la stessa maestra anche in II° elementare.
E benché fosse buona con tutti gli alunni, nei miei confronti manifestò un debole affettivo che mi ha portata, nel tempo, a ricordarla con molta dolcezza, menzionandola anche in un mio racconto non ancora pubblicato.»
Anna Maria Scamarda

«te lo dico col cuore in mano, mi hai fatto piangere.»
In Venere veritas

«Un escrito ricamente elaborado que permiten al lector imaginarse y adentrarse con avidez queriendo saber más, en cada una de las sensaciones y sentimientos vividos por la autora... Momentos que quizás muchos hemos vivido al recordar nuestros tiempo de escuela... el regreso a la misma después de tantos años y contactar que son tantas cosas las que han cambiado, ese mutar de la vida, donde ya nos somos los mismos... Una estupenda narración... Complementi.»
Giunone Giove

«Il ritorno sui banchi di scuola, attentamente e magnificamente descritto, in questo racconto di vita, nel ricordo nostalgico di anni scolastici che, credo ognuno di noi ripensi con piacere, anche se non sono affatto mancate le paure e quant'altro. Dettagli impressi nella mente che hanno segnato percorsi importanti e necessari e che, per sempre, resteranno vivi nella memoria.
Lettura piacevolissima... Davvero un bel racconto!»
Rita Minniti

«bellissima e commuovente la descrizione della maestra Delfina, questo ritorno al passato ... mi ha veramente coinvolto. C'è cuore nel tuo raccontare e si sente fin dall'inizio. Mi è piaciuta molto!»
Silvia Contessa

«Magnifia Marina! Rispolverare i ricordi della memoria tra i diari del tempom cosa davvero bella e intensa. Piaciuta molto!»
Daniela Pacelli

«Un ritorno al passato – ho sfogliato pagine all'indietro sino a ritrovarmi sui banchi di scuola con quel problemino della sinistra ora scomparso anche se, con la buona volontà potrei ancora farne uso – e quel calamaio che non rimaneva mai pulito, piangeva sempre nere lacrime - quanti ricordi!. Piaciutissima.»
Berta Biagini

«Come mi sono ritrovata in questa descrizione della scuola anni 60! Anch'io ricordo perfettamente le braccia tese sul banco mentre la capoclasse urlava: Attenti! E le angherie della maestra di prima elementare che neanche tanto velatamente aveva le sue simpatie e le sue antipatie. Io ero tra le seconde e cercava sempre di umiliarmi e di mettermi in difficoltà... Sono cose che lasciano il segno a 6 anni! Bellissimo questo racconto, l'ho letto tutto d'un fiato!»
Rossella Gallucci

«Bello leggere queste storie che storie non sono, perché molto vere.
Marina»
Lucietta

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La bacheca del racconto:

Disegno realistico della scuola di un tempo. (Antonio Terracciano)

grazie Marina (Lucietta)

Grazie, anch'io sono felice di ritrovarti.Abbracci (Giunone Giove)

*** tanto apprezzato! (Dari909)

Scorrevole, bella la forma, lo stile e ilcontenuto (Anna Maria Scamarda)

Il contenuto, in particolare, è da segnalibro! (Anna Maria Scamarda)



Nemesis ha pubblicato in:

Libro di poesieSe tu mi dimentichi
Autori Vari
Le poesie che hanno partecipato al Premio di Poesia Scrivere 2011, con tutte le opere partecipanti ed i vincitori

Pagine: 208 - € 11
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686214


Libro di poesieTu che mi ascolti
Autori Vari
Le poesie che hanno partecipato al Premio di Poesia Scrivere 2010, con tutte le opere partecipanti ed i vincitori

Pagine: 240 - € 12
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686108


Libro di poesieCristalli nel vento
Autrici del sito Scrivere
Una raccolta di poesie è talvolta cosa stucchevole se non sorretta da un’idea che dia coerenza a un “canovaccio”, una sorta di filo di Arianna che conduca il lettore alla scoperta di un significato d’assieme. In verità un’idea in questa pubblicazione c’è ed è “forte”: sedici poetesse, dotate di spiccato lirismo e felicemente ispirate, cantano la vita attraverso le sfaccettature di uno smeriglio di cristallo. Cristalli nel vento, è l’opportuno titolo dell’opera, e son davvero puri petali di cristallo queste liriche, petali da strappare uno per uno.

Pagine: 182 - € 10.00
Anno: 2010 - ISBN: 978-88-95160-26-9


Libro di poesieFesta delle Donne 2010
Autori Vari
Poesie per la Festa delle Donne. Il lato femminile della poesia

Pagine: 107 - Anno: 2010


Libri di poesia

Ritratto di Nemesis:
Nemesis
 I suoi 5 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
La vecchia balia (24/08/2010)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
L'addio dei pastori (06/01/2011)

Il racconto più letto:
 
La maestra Delfina (26/08/2010, 3409 letture)


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