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Questa è un racconto erotico: se può turbare la tua sensibilita o se non hai più di 18 anni dovresti evitare di leggerlo.

Questo racconto è inserito in:
 Parte 5 della raccolta "Alla ricerca della Reggia perduta " di paolo corinto tiberio (5 racconti)
 Berlusconariae

Per grazia ricevuta

Erotismo e per adulti

I

Non ancora sopraggiungeva con le sue dita di rose il fottutissimo carro dorato di quella bianca zoccola dell’aurora che già doveva andare al suo lavoro di merda

Ma 'ndò cazzo sta ‘sta luce, por…” e armeggiava per spegnere l’odiosissima radiosveglia che a tutto volume, prima ancora che quella sorca di moglie del decrepito e rincitrullito Titone puttaneggiasse con la dannata linea dell’orizzonte e fregolassero e cinguettassero passere e merle, già annunziava il massacro di 8 bambini nel mondo

Pezzi di merda” sgrasciò mentre si lavava la faccia che lo fulminava riflesso nello specchio, “Merde, che giornata fetente”, ma si rigirò e colpì col gomito lo spigolo del lavandino rinnegando abbondantemente e “Sti stramaledetti calzini, andò so'” urlava e tirava la catena che avrebbe aperto all’assordante scrosciare dello sciacquone che spazza via dal cesso tutti gli stronzi, “Faciles est spazzare via ‘sti stronzi qua” disse tra sé, “difficilis, quasi impossibile, far sparire quelli sparsi sulla bastarda terra”

Uscì per strada che già il gran carro volgeva obliquamente il suo stracazzo di timone e lì, sulla destra, proprio in quello stramaledettissimo punto là, all’orizzonte, dove già schiariva, fra poco avrebbe fatto la sua fessa comparsa quella faccia di minghia del sole a cominciare un’altra giornata demente

II

A 110 all’ora un auto del cazzo sterzò per evitarlo e, “Fottutissimi bismuli” gli lanciò dietro sputando e sbavando freddo

Poi, quasi scacchiato su una scivolosa e pestifera cacca di un cagnaccio merdoso, sparì nel metro rischiarato da una sciatta luce

Nel metro si schiattava per la fetida puzza di cacca che si portava appresso, ma s’appese ad un orrido sostegno e stava lì, un manichino impiccato tra una folla di stupidi zombi, fottuti sciancati e lerciosi sbilenchi che fanno un metro ad ogni rivoluzione di sole

Alla stramaledetta uscita sbucò in un’alba sblengida e schifagginosa, in un aere ferrigno, zulforegno, aciduloso, un’aria smisuratamente fetida, stramara alle papille, un aerosol di bruma d’inferno, un pneumedicamentum, un unguentum universalis nauseabondum, peggio del fosso o pozzo di verissimo sterco dei ruffiani e dei cornuti, dei mezzani e leccaculi, peggio della puzzolentissima cloaca che esala peti pestilenti e crudelissime flatulenze

III

Imboccò lo stadone alberato di “A.Panna”, poi svoltò in via del “Mulino Bianco”, passò indi l’incrocio di viale “De Longhi” con viale “Simmental” e percorse corso “Lavazza” giungendo alfine alla sua bisfottuta fabbrica
Entrò timbrò si svestì si vestì con la tuta e col casco, giallo come un rigurgito felino, si diresse al suo posto di merda e salutò tutti “AGHRRRRR…” quei mammalucchi che stavano lì ad aspettare gli ordini del capobretella
Che s’aprisse bocca prima dell’ora terza erat cosa difficile credenda, ché al mattino si sarebbero azzannati tra loro come bavosi cagnacci bastardi

Ma alle nove in punto disse “Passatemi quel mostruoso fiascone del menga” e “Glo glo glo glo…” s’incollò al fiasco che c’era dentro un vino da sfossamorti pezzenti e spruzzò “Phuah” una sboccacciata sui pezzi ancora fumanti che scarrozzavano sulla stramaledetta catena del menga “Glo glo glo…” e rispruzzò di nuovo a monitoraggio, ma questa volta lo spruffo andò a finire sugli scarponi dalla punta di ferro del capot del reparto a fianco, dove si fabbricavano le dannate animelle e, “Brutta testa di minghia lessa” gli urlò, “che ti credi a divertimento qua dentro tu”, e allo stronzo che si puliva gli scarponi rispuose “Ma che esiste davvero divertimento qua dentro a questo cesso se manca quella megasupertroia di tua sorella che ci trastulla con ossequio la verga

Dovettero faticare a lungo per bloccare quella bestia furente del capot, che altrimenti l’avrebbe colato con tutto l’ossa e denti in una fornella ardente

IV

Frattanto il fottuto Capricorno aveva scacciato dal mezzo del cielo il merdoso Montone, che già declinava, e l’orrido Cancro, con le sue pupille peste dominava dall’altra parte la notte pesta: insomma s’appressava l’ora sesta della mensa

Bofonchiò e si cacciò in bocca una livida sigaretta mortuaria, ma per accenderla fece come vedeva fare da sempre agli stracciati suoi colleghi pezzenti: che prendevano un pezzo di carta, che lo arrotolavano come un miccello, che lo immergevano in quella pastosità fusa di lega del menga, che poi la carta solitamente si portava dietro una funesta fiammella e con quella s’accendeva, e così fece, ma quella volta stette troppo a lungo a fare il Muzio Scevola di merda, che si bruciò “Caz…” e di brutto, antistoicamente, con scatto ritirò la vile mano da quella cacca bogliente, ma si tirò dietro un bel po’ di schifezza di quella infernale materia rovente, telecomandata sembrava da una fottuta dea sadica e demente, perché se ne andò proprio là e sfrigolò orrendamente sulla patta della tuta color amianto in dotazione in quel trisfottuto posto del menga

AHHHHHHHHHHH…merda..merda...merda…ahhhhhhh…” saltellò come un capro per il reparto, come assalito da uno sciame di vespe, un tarantolato, un addentato da serpe

V

S'immaginò col suo povero membro traforato parte a parte dallo sputo di fuoco malefico, si vide già con la cappella come un traforo, un traguardo col buco in mezzo, e correndo e imprecando si calò la tuta in fretta e le mutande per il temuto danno, ma non sentiva il morso del fuoco, il dolore, niente, intanto i suoi compagni piegati lì, a ridere a crepapelle, a scompisciarsi dalle risate, tante, che quando s’accorse che a quello scabro capitale non era successo niente, rise e rise assieme a tutti quanti gli altri come un deficiente “ah ah ah,…ih ih ih,…uh uh uh…

Ma che culo! Accadde che la lega rovente gli aveva bruciato la tuta e le mutande, ma s’era fermata per la spessa maglietta di lana di pecora che gli raccomandava mamma sua

S’inginocchiò per terra e, alzate le mani, elevò questa preghiera solenne “O Priapo, amico delle ninfe e di Bacco, che la bella Dione ci ha dato come un dio, lì, per le ricche selve, grazie grazie grazie”

VI

Ci risero tutti i presenti con quella piccola orazione, che lì, in ginocchio per terra e le mani al cielo, tra gli avelli incandescenti, era l’iconetta votiva di un fucinatore graziato da una irreversibile penatione tremenda; vi risero i compagni e anche il capot di bestia che poco prima voleva liquefarlo nella fornace

Ma finito il turno, quando il perfido Scorpione non ancora affacciava all’orizzonte la ritorta coda, ritornò a casa dalla sua dolce giovenca, ma non le disse nulla a quella, già pronta a ficcarlo nell’acqua calda della vasca per spazzolarlo dalla nera putredine, ma quella lo sentì sospirare sovente come un mantice per lo scampato oltraggio, mentre nel frattempo gli faceva un bel massaggio, le spalle e il resto, che poi, si sa, andava sempre a finire che la dolce giumenta se lo rigirava, se lo metteva sotto e s’incollava con le sue labbra bollenti in un bocca a bocca mozzafiato, lì sul letto, schiacciato dalla strabordante balconata pendente:

ma che notte è stata quella, o dei, o dee!”


paolo corinto tiberio 30/05/2011 08:21 1 2772

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.

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Nota dell'autore:
«Racconto di un fatto realmente accaduto (a me) quando lavoravo alle fonderie... il linguaggio è alla maniera bukowskiana, disseminato di parolacce come era in uso nella scrittura on the road degli anni settanta...»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«peccato per frank zappa che comunque rimango ad ascoltare se pure ti ho già finito di leggere...
all'ora sei un tosto? comunque bravo ma già lo sai... descrivi bene le azioni.»
Il Boccaccino

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Pastiche bukowskiano ben riuscito. (Antonio Terracciano)



paolo corinto tiberio ha pubblicato in:

Libro di poesieAnime in versi
Autori Vari
Antologia degli autori del sito Scrivere

Pagine: 132 - € 10,00
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686061


Libri di poesia

Ritratto di paolo corinto tiberio:
paolo corinto tiberio
 I suoi 24 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
Per grazia ricevuta (30/05/2011)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
SATYRICON NOW - La Ricomposizione (15/11/2018)

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Il racconto più letto:
 
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