Su una lettera non scritta Per un formicolìo d'albe, per pochi fili su cui s'impigli il fiocco della vita e s'incollano in ore e in anni, oggi i delfini a coppie capriolano coi figli? Oh ch'io non oda nulla di te, ch'io fugga dal bagliore dei tuoi cigli. Ben altro è sulla terra. Sparir non so né riaffacciarmi; tarda la fucina vermiglia della notte, la sera si fa lunga, la preghiera è supplizio e non ancora tra le rocce che sorgono t'è giunta la bottiglia dal mare. L'onda, vuota, si rompe sulla punta, a Finisterre. E. Montale | Una lettera non scritta Sarà forse nell'udire la pioggia scandire insoddisfatta il tempo sulle chiome dei limoni, sulla siepe, scesa al tintinnare che t'incupisci, matta? Allora, volta ad osservare il mare sarà luce che ti lega di rosso all'orizzonte. Saprai di me e dei passi che non faccio dell'orme che non lascio sulla spiaggia dei tuoi occhi, sto fermo ti guardo assorto all'imbrunire eterno nel blu disciolto. Le lettere, piano cambiano forma, toccando le ciglia ma tu non le conosci e ti ritrai. Zima |
Nel confrontarle, davvero si resta oserei dire senza parole appunto per l'analogia -che già ricalcavi- fra i due testi. Una analogia che, come è chiaro, l'autrice non raggiunge facendo una mera riproposizione (altrimenti sarebbe ripetizione), ma mantenendo...come dire...una somiglianza di fondo, che già si nota visivamente, a colpo d'occhio -e riuscirci non è cosa semplice (mi piacerebbe sapere se è stata una cosa ricercata lavorando i versi o un parto spontaneo) - e poi si riassapora nel sentimento evocato, che Zima ha saputo creare con immagini proprie.