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Discussioni in corso => Discussioni fra autori => Topic aperto da: In Venere - Venerdì 9 Marzo 2012, 16:54:54
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fa parte di uno stralcio lungo, di una recensione su un libro di cui riporto il link. lo trovo molto interessante.
Si tratta di questioni che richiederebbero centinaia di pagine. E allora torniamo, anche qui sinteticamente, a domandarci qual è oggi la funzione della poesia. È la questione delle questioni, e dirò solo due parole rapide. Io credo che solo il porsi la questione della “funzione” di un poeta distrugga l’immagine del poeta stesso. La poesia non “serve”, non ha utilizzazioni pratiche, né finalità materiali. Questo non significa che la poesia abbandoni la realtà, tutt’altro; la famosa espressione “arte per l’arte” (la frase di T. Gauthier) non è un dogma, perché attraverso l’arte si può combattere, ci si può in ogni caso spendere per un’idea, ma l’arte in sé non serve a nulla. Questa è una prima convinzione che dovrebbe stare nelle nostre teste. Poi possiamo applaudire il poeta che recita in piazza, andando a casa colmi di quell’indefinibile soddisfazione che deriva dal profumo dell’arte. E per una volta mi viene voglia di citare il controverso Ezra Pound, allorché scrive: “L’arte non chiede mai a nessuno di fare nulla, di pensare nulla, di essere nulla. Esiste come esiste l’albero, si può ammirare, ci si può sedere alla sua ombra, si possono coglierne banane, si può tagliarne legna da ardere, si può fare assolutamente tutto quel che si vuole”.
Saul Bellow scrive nel suo libro: “I poeti sono amati, ma solo perché non sanno stare al mondo”, aggiungendo che è grazie a loro che il resto del mondo sopporta il cinismo a cui la vita lo costringe o a cui l’esistenza lo invita. Un poeta come Humboldt esiste perché deve portare su di sé lo “sporco” del mondo, la sozzura che le persone normali incontrano, producono o subiscono e che non sanno cancellare. Il poeta redime il mondo, soffrendo per le brutture degli altri. E cercando di lavarle via.
Allora il poeta non serve davvero a nulla, e lo dimostrano le pagine più pure delle poesie che amiamo. E poi: un poeta non sa operare un paziente, né guidare un aereo, progettare una casa o un ponte. Ma è un’entità che scrive e crea. E proprio qui c’è il riscatto del poeta, io direi, il nucleo centrale del libro di Bellow, almeno per come l’ho letto io. Bellow lo dice chiaramente. Egli afferma, infatti, che il poeta non deve avere un’identità. L’identità ci viene concessa dalla sfera sociale ed è un’etichetta che ci rende riconoscibili all’esterno, nei nostri rapporti sociali e umani. Siamo operai, impiegati, insegnanti, professionisti, ingegneri, attori, musicisti, disoccupati e così via. L’identità è un segno o un odore di riconoscimento. “Il tuo cane ti riconosce”, dice Bellow.
Invece, gli uomini di grande valore (e non sempre gli artisti lo sono) sono un’entità, non si devono quindi limitare ad avere un’identità. Il poeta non ha alcuna identità, intesa come etichetta sociale, come “maschera” da indossare sempre, perché egli sa guardare dall’alto quel “qualcosa”, magmatico e indefinito, che vive nel mondo. Egli dunque “È” un’entità, ovvero un uomo che non si perdona mai, che non è indulgente con se stesso, perché ha nella testa la sua grandezza e, come un ossesso, sa che deve raggiungerla, a volte scarificare a lei la propria esistenza.
Chi ha semplicemente un’identità, e s’accontenta di essa, è più indulgente con se stesso; probabilmente vive meglio, con maggiore calma, almeno in superficie: si siede sul suo divano, si versa da bere, guarda la TV, magari legge i poeti. Chi è un’entità, invece, è uno schiavo dell’arte. “Un’entità è una potenza impersonale che può fare spavento”, afferma Bellow. Ecco, il poeta dovrebbe imparare a spaventare gli altri, a mettere in crisi, a pungere le anime atrofizzate. Un destino davvero ingrato, ma irrinunciabile.
Giuseppe Barreca
http://www.filosofipercaso.it/?p=370 (http://www.filosofipercaso.it/?p=370)
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Molto interessante. Sono d'accordo con quasi tutto quello che è scritto. Aggiungerei che il poeta, nonostante a volte coincida con l'identità di letterati, scrittori,filosofi, di stacca dalla pura disciplina, per raccogliere ciò che non può essere identificato, se non attraverso la poetica di chi riesce a calarsi nelle porfondità umane.
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Chi ha semplicemente un’identità, e s’accontenta di essa, è più indulgente con se stesso; probabilmente vive meglio, con maggiore calma, almeno in superficie: si siede sul suo divano, si versa da bere, guarda la TV, magari legge i poeti. Chi è un’entità, invece, è uno schiavo dell’arte. “Un’entità è una potenza impersonale che può fare spavento”, afferma Bellow. Ecco, il poeta dovrebbe imparare a spaventare gli altri, a mettere in crisi, a pungere le anime atrofizzate. Un destino davvero ingrato, ma irrinunciabile.
dovresti leggere meglio: il poeta non è un letterato, un interprete, un moralizzatore, un versificatore.
il poeta semplicemente è, non ha alcun fine scatologico con le sue parole, non ammaestra, non serve, non insegna.
semplicemente NON HA UN IDENTITà.
e non è nemmeno un raccoglitore.
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ma non è neppure uno spaventapasseri!... ho letto il post, ma non mi riesce, e non so io perché, di quotare...ammetto che questa problematica è seria e importante perché affronta i nodi della creazione artistica... ma sono problematiche che interessano ai facitori d'arte, ma un lettore o un fruitore non si porrà quasi mai la questione se si debba o sia preferibile acquistare o no una entità, che però non è spiegato bene quel che è... Pessoa, dicono, era un coacervo di ii, un'entità appunto... Leopardi aveva una identità così dura e unica che ci si poteva giocare a pallone senza logorarlo troppo.... non so... non so cosa è entità... è un Ente aristotelico?... è una pluralità di cose, come l'inps, per esempio?... un organigramma?... ecco, mi vedo nello specchio, in quel momento sto osservando l'dentità assoluta del campo visivo che ho davanti... sto osservando me stesso
come si fa ad non avere identità?... per dismetterla dobbiamo pur sempre possederla, la si può buttare a mare poi, e ciò sarebbe in molti casi ottima cosa, ma per buttarla l'immondizia bisogna avercela... se l'identità è l'etichetta che ci appiccica la società, la comunità, i vicini, i compaesani eccetera questa etichetta può fallare così come tutte le cose del mondo, ma la comunità di cui sopra ha legittimazione prima che sociale logica riguardo a questa assunzione che nasce nel dare bettesimo alle cose e ancor più all'ottima autrice del post, In Venere veritas... :)
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l'enità è per sua natura indefinibile, già il fatto che molti come "poeti" si sentano in dovere di trattare solo certi argomenti (amore, mare, erotismo da romanzetto rosa e via dicendo) e solo in talune forme (sonetto, cazzimbocchio e via dicendo) senza uscire mai dallo schema prefisso del "poeta", la dice lunga su cosa si creda sia questa identità.
non ha un'identità, fine.
non c'è un motivo, un perchè.
e se ce lo chiediamo sbagliamo di partenza. è un po' come definire l'amore: possiamo dirne alcuni codici, alcune sensazioni che ci accomunano, ma poi? resta per tutti indefinibile, personalissimo, nuovo.
grazie per l'ottima :P
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per favore non gettatemi le pietre per quanto dirò ora..
mi sembra che Poeta si il titolo onorifico incummensurabile da dare a qualcuno quando muore .
Pasolini era Poeta,Dalla era Poeta,Battisti(che mai scrisse un testo)era Poeta..così come la Merini e tutti gli altri morti ormai defunti..erano tutti Poeti .
si fa differenza tra scrittore e poeta(scrive da poeta)parla da poeta,suona da poeta..fa un cinema Poetico,guarda il mondo da poeta(chissà che occhi ha..)
non lo so sarò un ignorante patentato..ma a volte leggo delle poesie di autori,poeti cioè famosi e mi annoio mortalmente..forse non apprezzo la Poesia,non avrò gli strumenti adatti per capire..
Poi rifletto(pur non sapendolo fare)e dico:ma questa poesia di che parla,anzi come ne parla di quel soggetto .Parla con ovvietà o ripete cose risapute con "accenti"che mi paiono nuovi,diversi,come se vedessi il mondo per la prima volta,la notte per la prima volta,un prato,una rosa, un volto triste di donna che accenna un principio di sorriso riflesso nel profondo pozzo dei suoi occhi
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..difficile.. difficile avere un'idea.. un'opinione..
difficile scegliere chi è poeta chi così è definito senza appartenere davvero al termine...
difficile dire chi sia artista...
certo.. se parliamo di un numero appena sufficiente alle dita di due mani.. è più facile..ma nel mare immenso del tempo e delle parole.. come si fa?..impossibile abbracciarlo in una sola definizione..
con l'inutilità concordo appieno.. anche se il piacere e un'utilità grande...
interessante comunque questo brano.. stuzzica pensieri...
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eppure, quest'idea dell'entità senza identità, la trovo, giusta
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Chi ha semplicemente un’identità, e s’accontenta di essa, è più indulgente con se stesso; probabilmente vive meglio, con maggiore calma, almeno in superficie: si siede sul suo divano, si versa da bere, guarda la TV, magari legge i poeti. Chi è un’entità, invece, è uno schiavo dell’arte. “Un’entità è una potenza impersonale che può fare spavento”, afferma Bellow. Ecco, il poeta dovrebbe imparare a spaventare gli altri, a mettere in crisi, a pungere le anime atrofizzate. Un destino davvero ingrato, ma irrinunciabile.
dovresti leggere meglio: il poeta non è un letterato, un interprete, un moralizzatore, un versificatore.
il poeta semplicemente è, non ha alcun fine scatologico con le sue parole, non ammaestra, non serve, non insegna.
semplicemente NON HA UN IDENTITà.
e non è nemmeno un raccoglitore.
Teoricamente, può essere così, ma praticamente, non è possibile scindere l'uomo dall'entità poetica, c'è sempre una partecipazione nel vissuto e nella capacità di esternare i pensieri in modo penetrante.
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la famosa espressione “arte per l’arte” (la frase di T. Gauthier) non è un dogma, perché attraverso l’arte si può combattere, ci si può in ogni caso spendere per un’idea, ma l’arte in sé non serve a nulla. Questa è una prima convinzione che dovrebbe stare nelle nostre teste.
No, io non sono d'accordo, almeno con la prima parte, perchè l'autore di questa recensione forse non tiene conto alcuni aspetti della questione... La poesia è naturalmente arte e, come tutte le arti, fa parte della cultura, si inserisce in un solco che, a mio avviso, è uno dei principali veicoli di civiltà. La cultura è civiltà, si identifica con essa e non è un caso che la società occidentale sia nata in grecia, dove l'arte - e la poesia specialmente! - ha avuto la sua culla più fiorente. Certo, anche in oriente c'è stata una cultura antecedente, ma ha avuto comunque la sua arte, questo in ogni caso è un altro discorso.
Quello che voglio dire è che magari una poesia in sè per sè, con il suo messaggio aleatorio e legato al suo tempo, potrà non servire a niente, trascinando il suo poeta al di fuori di un'identità specifica, ma la poesia, la poesia come grande arte dell'umanità, la poesia in generale è un passo verso la civiltà, la fioritura di una società, la cultura più vasta e ampia. E non mi venite a dire che oramai, in un mondo dove campeggiano tecnologia e scienze matematiche la cultura non serve più, perchè è una fesseria troppo grande che troppo spesso sento in giro.
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E proprio per questo il poeta secondo me, diventa pura entità che produce, che esterna il senso dell'epoca in cui vive. Altrimenti è un diario minimo di sé, solo questo è non quella umanistica cultura di cui l'uomo necessita nella sua formazione... È il poeta, l'artista a scomparire... Non l'arte. Anzi... La penso come te su questo, tropiano.
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No, io non sono d'accordo, almeno con la prima parte, perchè l'autore di questa recensione forse non tiene conto alcuni aspetti della questione... La poesia è naturalmente arte e, come tutte le arti, fa parte della cultura, si inserisce in un solco che, a mio avviso, è uno dei principali veicoli di civiltà. La cultura è civiltà, si identifica con essa e non è un caso che la società occidentale sia nata in grecia, dove l'arte - e la poesia specialmente! - ha avuto la sua culla più fiorente. Certo, anche in oriente c'è stata una cultura antecedente, ma ha avuto comunque la sua arte, questo in ogni caso è un altro discorso.
Quello che voglio dire è che magari una poesia in sè per sè, con il suo messaggio aleatorio e legato al suo tempo, potrà non servire a niente, trascinando il suo poeta al di fuori di un'identità specifica, ma la poesia, la poesia come grande arte dell'umanità, la poesia in generale è un passo verso la civiltà, la fioritura di una società, la cultura più vasta e ampia. E non mi venite a dire che oramai, in un mondo dove campeggiano tecnologia e scienze matematiche la cultura non serve più, perchè è una fesseria troppo grande che troppo spesso sento in giro.
Sono completamente d'accordo con ogni parola.
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La poesia, quest'arte che non rispecchia sempre l'interiorità di una persona, è la testimone, congiuntamente al progresso della letteratura, dell'evoluzione culturale che la civiltà oserei dire mondiale possiede, perseguendo il mutarsi stesso delle lingue madri e l'interpretazioni che ne derivano. Nel medioevo in Italia scrivevano poesie in lingua volgare, oggi in lingua moderna, domani? In Gran Bretagna la lingua madre di origine mista latino-germanica ha la propria storica evoluzione, infatti l'antico scozzese non ha nulla a che fare con l'inglese moderno, l'anglosassone infatti è il nome dell'antico inglese. Con gli anni la lingua inglese ebbe l'influenza dell'idioma celtico e l'influenza dei vichinghi per poi essere conquistata dai normanni. Oltre alla trasformazione della lingua, i popoli hanno subito anche cambiamenti di pensiero, diversa mentalità per tempi diversi. In questo contesto c'è anche la trasformazione della poesia, meno pomposa. Infatti, stili ed uso di metafore tendono a modernizzare la poesia, la poesia contemporanea tende a perdere la forma tradizionale collocandosi più in un sistema letterario.
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ma io chi sono? quale è la mia identità?aspetta che guardo sul documento di riconoscimento..a proposito:lo sapete che alla voce:professione,puoi farci mettere quel che vuoi?perfino quindi pure:Poeta?
io ci ho fatto mettere:
invalido spondilitico con velleità pseudo-poetiche
in segni particolari ci ho messo..gobbo come leopardi..quindi pseudo poeta con gobba vera..da non strofinare perchè porta molta sfiga. 8)
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Apprezzo molto la tua autoironia Boccaccino, che di questi tempi non è da tutti.
Beh! non ci crederete, ma tra tutte le partite IVA ce n'è una che dovrebbe raccogliere i poeti oltre agli scrittori, quindi deduco che essere poeta sia un mestiere, come essere un idraulico o un architetto. Qual'è questa partita IVA? creazioni letterarie.
Beh, io che non manco di superbia e neanche di ironia, sui miei bigliettini da visita ho fatto scrivere " creazioni letterarie". Millantato credito? non credo, chi può affermare che le mie poesie non sono creazioni letterarie?
D'altra parte il mio vero millantato credito, per me. è affermare di essere insegnante, visto che non mi hanno permesso di bocciare un'alunna
che su 12 compiti in classe non me ne ha svolto uno, e non è mai venuta ad un'interrogazione. Per la verità l'ho vista un paio di volte in tutto l'anno ( si fa per dire che l'ho vista, perché essendo di religione islamica porta il velo).
E sapete perché non l'ho mai vista? perché ha paura del buio. Vi sembra normale che una persona adulta che ha paura del buio si iscriva in una scuola serale? e per giunta venga promossa?
Trovo più serio dichiarami poeta.
Sul fatto che l'arte non svolga alcuna funzione, cioè sia inutile, non sono d'accordo. I clown, che negli ospedali pediatrici, cercano di far ridere i bambini, credo che siano più utili dei medici stessi.
La poesia inutile? forse la mia. forse quella di altri dilettanti come me ( cosa volete che freghi all'umanità di un mio amore o di una poesia nella quale si descrivono le sensazioni provate in un rapporto sessuale?) ma la poesia di Dante, non è solo poesia, è insegnamento, è coraggio, è denuncia.
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non è stato detto che sia inutile, è stato detto che il poeta è una persona che deve perdere la sua identità personale per poter diventare tale, per diventare raccoglitore delle sensibilità del mondo e restituirle sul foglio (reale o elettronico).
l'utilità è puramente umanistica, metafisica, dell'anima, un tipo di uso che nella sua stessa natura non è utile, ma solo nutritivo della nostra parte più sottile, espansivo della stessa, che per comodità definirei anima.
proprio come fanno quei clown negli ospedali: aprono le anime degli ospiti, permettendogli una guarigione interiore, prima che fisica.
il biglietto da visita? oddio... in tanti anni che scrivo mi son sempre vergognata di dirlo in giro, figuriamoci di farlo sapere... le rare volte che ho scritto e letto per qualcuno mi son sentita come dire... ridicola?
se a te piace sbandierare il tuo talento, affermarlo fortemente è parte del tuo carattere, ma non dà certo un'indicazione sulla tua identità di scrittrice, anzi creatrice letteraria.
mi pareva che il discorso proposto sia molto più complesso di come l'hai ridotto, ma non fa nulla, ci sono abituata.
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aggiungo che di recente sto leggendo un libro che si chiama Pianeti interiori, l'astrologia psicologica di Marsilio Ficino di Thomas Moore (non quel tommaso moro... un altro), in cui appunto si parla di anima, spirito e corpo.
viene definita la psicologia come studio ed espansione dell'anima, come quella parte sottile dell'identità, inafferrabile che solo le esperienze puramente estetiche, emozionali, belle senza scopo (tipo decorare casa propria o la città) possono rendere sempre viva, fluida, non incastonata rigida nella parte materiale di noi.
ecco, io invece del biglietto da visita, mi sentirei orgogliosa se anche solo una delle mie creazioni artistiche (anche i disegni, i lavori ad uncinetto, i piatti cucinati... ecc) fosse riuscita a dare bellezza a una sola delle anime che l'hanno incrociate e godute.
insomma, fossero psicologicamente utili, intendendo psicologia in senso etimologico: discorso sull'anima.
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In Venere veritas, il biglietto da visita è stato solo un gioco, tanto che non l'ho distribuito. o ne ho distribuito qualcuno per gioco. Evidentemente c'è chi non riesce a capire i discorsi profondi e chi non riesce a capire l'ironia ( anche perché era in risposta all'intervento ironico e scherzoso di Boccaccino)
Che l'arte nutra l'anima. mi sembra un concetto già acquisito, credo da tutti, non serve una grossa profondità per asserirlo; aggiungo che svolge questo ruolo di nutrimento così bene, da avere anche un valore economico. Ci sono migliaia di film che costano tantissimo e incassano tantissimo, proprio per soddisfare il nostro bisogno di cultura, di relax, di divertimento, di crescita spirituale o intellettuale. Vogliamo parlare della musica? la musica ci " serve", sin da quando siamo nel grembo materno, tanto che ascoltare Mozart in gravidanza pare che faccia bene al nascituro, inoltre una terapia psicologica molto accreditata è proprio la musicoterapia, quindi con me sfondi una porta aperta e non solo con me.
Concordo, con il fatto che il poeta debba perdere la sua identità personale per diventare tale, infatti secondo questa accezione, da me condivisa, di poeti ce ne sono veramente pochi, perché spogliarsi della propria identità per raccogliere la sensibilità del mondo e restituirla su un foglio è impresa difficile e ti dirò che forse non è neanche una cosa giusta, poiché scrivere quello che gli altri vogliono leggere somiglia molto ad una strumentalizzazione.
Il poeta è un mentitore? se riesce ad ottenere fama, sì.
Riporto una frase di Zafon che ci dovrebbe fare riflettere:
"Uno scrittore non dimentica mai la prima volta che accetta qualche moneta o un elogio in cambio di una storia. Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se riuscirà a nascondere a tutti la sua mancanza di talento, il sogno della letteratura potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo alla fine della giornata e soprattutto quanto più desidera: il suo nome stampato su un miserabile pezzo di carta che vivrà sicuramente più di lui. Uno scrittore è condanato a ricordare quell'istante, perchè a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo". ECCO, LO SCRITTORE, DEVE RIUSCIRE A NASCONDERE A TUTTI LA SUA MANCANZA DI TALENTO
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no vedi, tu presupponi che l'arte abbia un'utilità (il nutrire l'anima) io sostengo che proprio la sua inutilità la rende inarrivabile.
cioè, se io scrivo una poesia per dire che il mare è blu e mi fa sentire in pace, e così rendo tutti contenti che si beano della quiete di questa poesia, non ho fatto arte, ho fatto un bel panegirico sul mare proprio per nutrire l'anima mia e altrui.
ma questo è un po' come mangiare gallette di riso: riempiono ma sanno di poco.
se io scrivo una poesia per scriverla, perchè ne ho bisogno, perchè chi la legge non importa, perchè anche se fa schifo la scriverei comunque e via dicendo, senza un motivo insomma, uno "scrivere per scrivere", allora forse potrebbe esserci un contatto tra le anime e qui un vero psicologico fine.
l'ironia? l'ironia... posso non pronunciarmi?
visto che il post l'ho cominciato io, mi son sentita di rispondere, non ti pare?
se vuoi che ti dica che ho riso tanto, faccio pure.
ma non senti quanto è arido un discorso come dire che la musicoterapia è utile? che è una terapia, come se fossimo malati? fra le altre cose scritte in questo libro che ho citato, viene detto che non si può considerare la psicologia come una ricerca di sè, come un percorso puramente intellettuale, altrimenti troveremmo sempre qualcosa di indefinito e problematico...
godere dell'arte non ha niente a che fare con la terapia, secondo me.
e ripeto: l'ironia... ecco, non è questo l'ironia.
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Forse non ci capiamo
Ti esprimo in maniera semplice il mio pensiero
non c'è arte dove io scrivo " il cielo è blu" se questo verso nasce dal fatto che i lettori vogliono sentirsi dire "il cielo è blu", ma io lo vedo di un altro colore
non c'è arte dove io scrivo " il cielo è nero" se io lo percepisco nero, ma nessuno lo percepisce nero, non c'è arte in quanto non sono riuscita ( o non ho voluto) a raccogliere la sensibilità degli altri, ma ho messo su foglio solo la mia. In questo senso forse tu sostieni che l'arte è inarrivabile. Forse diciamo la stessa cosa?
Ci potrebbe essere arte se io scrivo " il cielo e arancione" e altri , oltre me, lo vedono arancione". Nessuno prima di me lo aveva scritto,sono entrata nella parte più profonda dell'individuo, nella sua sfera emozionale, gli ho fatto riconoscere un qualcosa che egli stesso sente senza riuscire ad esprimere o addirittura senza che ne abbia coscienza, ho creato un'empatia. Ho raccolto la sensibilità di qualcuno senza disfarmi della mia.
Per quanto riguarda l'ironia, essa non è sinonimo di humor, quindi non deve fare ridere, forse deve fare incazzare o provocare. L'ironia può nascere anche da un atto di ribellione.
Nel mio caso, perché dovrei sentirmi insegnante?
perché tutti i giorni entro in una classe dove ci stanno persone che potrebbe non avere voglia di ascoltarmi?
con la stessa logica potrei sentirmi poeta anche se nessuno ha voglia di leggermi. Questa era l'ironia.
Se scrivo una poesia vedo il frutto del mio lavoro, se lavo i piatti vedo il frutto del mio lavoro ( sul mio biglietto da visita avrei potuto scrivere tranquillamente lavapiatti) con l'insegnamento no, perché il frutto dipende dall'impegno di altri e non dal mio.
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Comunque Venere, non sono riuscita a capire se per te l’arte e utile o inutile perché in due interventi ti sei contraddetta
Da questo intervento ( riporto il tuo testo) parrebbe utile, anzi sostieni come me e prima di me che l'arte nutre l'anima
"non è stato detto che sia inutile, è stato detto che il poeta è una persona che deve perdere la sua identità personale per poter diventare tale, per diventare raccoglitore delle sensibilità del mondo e restituirle sul foglio (reale o
l'utilità è puramente umanistica, metafisica, dell'anima, un tipo di uso che nella sua stessa natura non è utile, ma solo nutritivo della nostra parte più sottile, espansivo della stessa, che per comodità definirei anima.
proprio come fanno quei clown negli ospedali: aprono le anime degli ospiti, permettendogli una guarigione interiore, prima che fisica".
In un intervento successivo, ti rimangi quello che avevi appena detto e sostieni ( ti riporto il testo)
"no vedi, tu presupponi che l'arte abbia un'utilità (il nutrire l'anima) io sostengo che proprio la sua inutilità la rende inarrivabile".
E ancora dal tuo testo:
ma non senti quanto è arido un discorso come dire che la musicoterapia è utile? che è una terapia, come se fossimo malati?
Non ho detto che tutti siamo malati, ma qualcuno lo sarà e può trarre beneficio da una musicoterapia. Forse l'aridità sta nel non capire i bisogni degli altri. Un discorso tipo: " siccome io non sono malata, è arido parlarne". Posso aggiungere che la funzione più importante svolta dall'arte è proprio questa, non certo quella dei buffoni di corte che dovevano sollazzare il re e la regina e non certo quella del poeta che ci racconta i suoi orgasmi.
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non ho capito cosa intendi con "il poeta che ci racconta i suoi orgasmi"
sì, mi contraddico e spesso, ma nello stralcio riportato da te non parlo di utilità ma di funzione, di quello che fa lo scrivere e lo scrittore come suo strumento. non intenzionalmente, però e non coscientemente.
se scrivo una poesia per la morte di aldo moro nel suo anniversario, moralmente è utile, è cosciente.
se scrivo una poesia perchè lo sento e esce fuori qualcosa di cui nemmeno so dire la forma, senza farci troppo caso, figuriamoci il contenuto (magari anche un orgasmo), ecco questo è funzionale: mi sono fatta strumento di un impulso che non controllo.
è più chiaro così?
i buffoni sono utili, eccome, l'ironia che sprigionano (che fa spesso ridere, almeno chi ne possiede lo spirito giusto e di sicuro posso dire che a me fa ridere) perchè parlano alla metacoscienza dei sovrani senza farsi mai tagliare la testa. mica semplice prendere in giro il potere restando vivi.
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ma faccio una domanda: esiste veramente qualcosa di "inutile"??... il concetto di utilità è un concetto metafisico... ecco, vedo la cosa più inutile del mondo, essa raccoglie in un istante la mia attenzione, proprio in quel momento ritaglio tra tantissime cose proprio quella cosa lì, scialba, inutile... ma dal momento che è caduta sotto la mia attenzione e catturato dallo sguardo già è stata utile a qualcosa... quella prima attenzione è proprio il primo movimento estetico... in seguito la "cosa" mi fa subito distogliere gli occhi verso altre e non allunga, a mio piacimento, l'attimo di quella attenzione, e allora vuol dire che la "cosa" non ha per me valore estetico, come lo potrebbe avere la rosa che, tra tante, cattura nel giardino la mia attenzione e si fa contemplare... l'arte non è inutile, perché parte da questa "attenzione-sentimento"... :o
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Questa è un'ottima osservazione. E sono d'accordo. L'utile.dipende da noi, e l'arte è nostra, mai inutile.
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...il chi è un poeta...e chi può saperlo...forse domani qualcuno scriverà di lui...io non so neppure quale pensiero muoverà la mia mano oggi e neppure so il perchè, a volte mi leggo e comprendo altre volte no...
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...il chi è un poeta...e chi può saperlo...forse domani qualcuno scriverà di lui...io non so neppure quale pensiero muoverà la mia mano oggi e neppure so il perchè, a volte mi leggo e comprendo altre volte no...
Grande Nunzio, tua o citazione?
Riguardo la discussione, sono fermamente convinta che al mondo c'è chi parla e chi fa i fatti. Per me è utile anche chi parla, poiché senza l'idea del fare, la riflessione, la comunicazione, non esisterebbe l'azione.
Riguardo la dualità dell'essere o non essere identità, a me sembra un falso problema. La dualità dell'essere e funzione sociale di ognuno, sono cose ben distinte.
Non è forse la prima etichetta che ci viene appiccicata nel momento stesso in cui veniamo al mondo, quella "identità" , il nostro primo riconoscimento sociale? Non è forse quel primo vagito la nostra prima opera d'arte? Così artistico, così sentito dall'interno, così liberatorio, così autosoddisfacente e prorompente verso gli altri, così condiviso?
Per Venere:
La musicoterapia è una terapia di cui si avvale la psicologia proprio per "curare" (come la pet-terapia,la ippo-terapia, ecc.) alla stessa stregua, la psicologia intesa come scienza comportamentale e conseguente psicoterapia usa ,anche "la parola".
Non per questo tutti quelli che parlano od ascoltano musica (o stanno con animali o vanno a cavallo) lo fanno per curarsi :)
La psicologia è una scienza, non credo proprio possa entrarci con l'arte.
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Concordo su alcune delle riflessioni d'apertura del topic.
Convintissima che quando "sono poeta" non posso in alcun modo essere altro che poeta. Quando svolgo una funzione sociale, posso non spogliarmi di un'altra (sono capace di fare la lavapiatti mentre svolgo le mie mansioni di etichetta moglie parlando della giornata con mio marito, o etichetta madre ecc, oppure etichetta segretaria mentre telefono alla etichetta amica imbustando lettere).
Ma se sto scrivendo una poesia no: sono solo io, solo un pugno di pensieri in ascolto delle vibrazioni del mondo che si riflettono in me. Sono una vibrazione nel mondo e null'altro.
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Leggendo i vostri interessantissimi interventi, m'è venuta la voglia di fare una modesta e personale riflessione (o meglio digressione) sulla questione dell'identità del poeta.
Forse tutti (a condizione di saper maneggiare discretamente qualche lingua) possiamo essere poeti, quando arriva l'ispirazione. Questa per qualcuno non arriva mai, per altri forse una sola volta nella vita, e per qualcun altro mille volte...
Ma come riconoscere la vera ispirazione? Ci sarebbero vari modi, ma ultimamente si sta ripetendo per me una cosa abbastanza interessante. Quando mi trovo in qualche luogo pubblico (soprattutto all'ufficio postale) e devo attendere il mio turno senza far niente, il cervello comincia a diventare impaziente, soprattutto se nei paraggi non c'è nessuno che conosco, con cui poter parlare, o se non si intravvedono bellezze da ammirare... Capita allora che esso talvolta elabori qualche verso (due o tre) che, se non ho una penna in mano per fissarlo, evapora facilmente, non appena mi presento allo sportello per qualche operazione di natura alquanto materiale...
Sulla strada di casa spesso quei versi non ritornano (quindi non valevano granché : meglio perderli! ) , ma se succede che, pian piano, tornato ad essere solo con me stesso ed aiutato dall'esercizio fisico della passeggiata, essi si ripresentano alla mente, allora li tengo ben stretti per quei pochi minuti che mi separano dalla mia scrivania, dove li trascrivo in fretta sul primo foglio di carta a portata di mano (erano evidentemente veri versi, che con calma, a tavolino, troveranno poi dei degni compagni assieme ai quali formeranno una nuova poesia -o almeno si spera... )
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L'atto creativo, oltre ad essere una questione personale, non condivisibile e non discutibile ( nel senso che ognuno ha la propria creatura da gestire), avviene in molteplici modi, ma escluderei che avvenga nel momento esatto della scrittura, che è soltanto un fissare quei frammenti di pensiero sulla carta.Per la poetica, che dire che non sia già stato detto? Francamente ognuno ha la propria cultura, il proprio modo di esprimere. Non credo che piacere o non piacere, sia una condizione limitante per un poeta. L'importante è estendere la mente, leggendo, riflettendo, scrivendo,studiando, cercando di utilizzare ed esercitare le proprie capacità creative con continui stimoli verso l'apprendimento, che è l'unico vero modo per approfondire ed imparare una materia o più materie.
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Buonasera, per me la poesia è un linguaggio dell'inconscio, uno sguardo personale sul mondo e del mondo, caratterizzato da un tentativo di far emergere una parte di noi autentica e che chiedo un spazio schiacciato da una razionalità imperante. E' perlomeno un esperimento benefico o nefasto, spesso amorale di una ricerca espressiva arcaica e simbolica. Grazie ad essa, è possibile utilizzare un linguaggio il quale non comunica agli altri ma "all'altro" che è in noi. Spesso certe poesie, quando sono autentiche, erompono le barriere della coscienza e si comprendono appieno quando non cerchiamo pervicacemente di interpretarle.
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Marina mi dispiace, non c'è mai fine al peggio , eri l'unica rimasta... ora ci sarà un gran vuoto , nel quale sarà difficile trovare spazio.
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La poesia e la musica vanno sottobraccio. Possono piacere o non piacere, ma sono entrambe espressioni del mondo interiore dell'uomo e della donna e di ciò che li circonda e delle difficoltà della vita. Non mi spiego tutta questa polemica, o forse sono troppo semplice io.
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non ho parole , lasciare che una penna come la tua, sia ingiustamente e miseramente cacciata, offende il senso poetico di ognuno di noi, di chi ce l'ha naturalmente (pochi)... speriamo che qualcuno si riveda...
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non ho capito l'intervento di Genesio , sul perchè si scrive, siamo tutti daccordo, ma lo eravamo anche da prima, qui si dibatte se è lecito copiare o no , e da quello che risulta pare di sì, l'illecito forse lo fa chi denuncia, ma daltronde di cosa ci si stupisce... ormai pare che la tendenza in questa nostra Italia sia proprio questa
Non credo che in questo momento non ci sia nessuno di quelli che contano, che ci stia leggendo, sarebbe utile una spiegazione , magari in tempi brevi, qui non è solo un autore ad essere cacciato, ma lasciando le cose come stanno, invece di contrastare chi plagia , si incentiva , non è possibile che siano gli autori ad accorgersi dei misfatti , ormai è un fenomeno dilagante , tra poesie tradotte con google e male aggiustate, carducci o più arduamente autori del sito che copiano altri autori , e chi più ne ha più ne metta , non viene più neanche voglia di leggerle le poesie ( insomma, le pubblicazioni volevo dire) ... non si può cacciare o mettere a tacere sempre e solo chi si ribella a questa situazione, oltretutto in favore di un sito che tutti noi amiamo , in cui ognuno di noi ha messo così tanto in termini di identità, prorio come Marina ...
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Caro Turan sei fuori strada ed io non sono tanto incline a ciarlare dando fiato alle trombe se non è proprio necessario !!!!
non sono avvezzo a scrivere se non preso per il collo! ma è ora che la signora Pacifici la smetta di continuare a dire ancheinesattezze. Non è tutto oro quello che luccica. Non è proprio così... Chi copia o prima o dopo riceve la giusta ricompensa .... chi offende o prima o dopo altrettanto!!!!
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Caro Carmelo , la stima espressa da Marina nei tuoi confronti, sai che è anche la mia, ma sai anche i miei precedenti, che per aver denunciato una copiatrice fui addirittura bannato ... la poesia denunciata da Marina, era già stata fatta da almeno altri due autori, senza risultato alcuno , e non si può comunque lapidare un autrice come Marina, in questo modo , la leggo, come te presumo, dalla prima sua pubblicazione , e non è mai uscita una sola volta dalle righe, esprimendo anzi una moralità ineccepibile e degna d'esempio... ognuno di noi, sentendosi aggredito morde... anche le persone più pacifiche (oltretutto lei ce l'ha anche per cognome)... Spero di cuore che rivediate la Vostra posizione , sarebbe un segnale positivo.
Con affetto, Giacomo
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Nessuna aveva od ha cacciato la Pacifici, solo che nella giornata di oggi ha inserito una poesia polemica con un'altra autrice e ha scritto più di 20 commenti polemici verso la stessa autrice disseminandoli in altrettante poesie di altri autori (che non meritavano di essere coinvolti nella bega).
A seguito di questo fiume di livore e questa serie di azioni di disturbo del sito (della serie "io mi faccio giustizia da sola e muoia il sito con tutti i filistei") la Pacifici è stata rimessa in convalida (per evitare altre poesie polemiche) ed è stata disabilitata ai commenti (per evitare che coinvolgesse altri autori con i suoi commenti polemici verso la redazione e questa sua autrice nemica).
E' chiaro che nessuno si può fare giustizia da solo emettendo proclami tramite poesie, né può disseminare il sito di commenti polemici verso qualcuno usando le poesie di autori inconsapevoli di essere usati come sfogo.
Adesso ha anche iniziato a inserire post chilometrici con divagazioni varie, oltre che con commenti poco piacevoli su una redattrice.
Ribadisco che il compito di fare giustizia nel sito è solo della redazione, che gli autori che vedono qualcosa che non va devono scrivere in redazione e mai e poi mai tentare di fare giustizia alla "mezzogiorno di fuoco" usando poesie e commenti. Il sito non è un far west e non è un mercato rionale.
Oltretutto non posso essere chiamato diverse volte di seguito ("leggi qui, leggi là, leggi quest'altro, guarda cosa ha scritto...") di notte quando mi aspettano tre giornate molto stancanti, dover riaccendere il computer e rimettermi al lavoro 20 a mezzanotte dopo una giornata di lavoro perché alla Pacifici girano le scatole. Autrice brava o non brava, a me non mi importa, ma non può comportarsi così e complicare la vita delle altre persone che è già complicata. Questo è assoluta mancanza di rispetto per gli altri e soprattutto per chi lavora per il sito, incapacità di comportarsi in maniera civile. Del resto essere una brava poetessa non equivale ad essere una persona civile, no? Però per restare in questa comunità è indispensabile essere una persona civile.
Ora la banno anche dal forum, così vediamo se sarò costretto a rimettermi al lavoro una quarta volta stanotte o se finalmente la smettiamo di dover subire i suoi numeri.
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La libera espressione delle idee è la base di qualunque forma d'arte: mi sono trovato su questo sito a dovere decidere se modificare dei versi per non vederli bocciati dalla redazione. A un redattore, infatti, non piaceva una determinata corrente letteraria. Il giudizio della redazione dovrebbe riguardare la qualità dell'opera, lo stile della scrittura, l'originalità del verso, non l'appartenenza a questa o a quella corrente poetica. Ho preferito non proporre più alcun verso, per non essere costretto a modificare la mia scrittura per vendere approvati i miei testi dalla redazione. Ho proposto su questo sito dei racconti satirici o umoristici sui temi sollevati da Marina Pacifici, il plagio, lo scambio di favori nei commenti, i vizi e le suscettibilità di chi scrive versi: v'invito a leggerli, magari per sdrammatizzare certi argomenti. A Marina, a Lorenzo e a Perlanera va la mia solidarietà. Spero che prima o poi su questo sito si possa tornare a respirare aria di libertà.
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il "poeta"serve solo a se stesso..(se scrive per lui)..se scrive per "gli altri"non serve nemmeno a se stesso
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Mi permetto di dire la mia a riguardo.
Che cos'è l'identità?
L'identità è diversa dall'identificazione. L'identificazione è ciò che si sceglie di essere, o che si crede di essere o che gli altri credono che sia, è possibile per una persona non identificarsi in niente ma io ritengo che sia inutile, l'importante è non identificarsi troppo ed essere coscenti, in ogni caso, che qualsiasi cosa in cui ci possiamo identificare potremo essere l'esatto opposto in un qualunque momento.
L'identità è ciò in cui comunemente siamo identificati e veniamo identificati, l'identità sono il nome, il cognome, la famiglia, lo stato, la professione la cultura di nascita e in cui si ha vissuto.
Tutti hanno un'identità e quindi ce l'ha anche il poeta.
Un poeta ha un'identità di poeta? Mi sembra ovvio.
Un poeta si identifica o si deve identificare nel poeta? Un poeta è una persona libera di identificarsi o non identificarsi come meglio crede.
Forse è la poesia stessa, e non il poeta, che non ha identità. Questo perchè trasmette emozioni universali, o più profondamente perchè quello che il poeta scrive e che è frutto della sua esperienza particolare, può incarnare le esperienze di molti esseri umani e quindi tutto il mondo si può identificare in una sola poesia. E se tutto il mondo si identifica in una cosa quella cosa o è il mondo o rifugge qualsiasi identità.
Non credo neanche che il poeta debba identificarsi in un'entità astratta. La poesia sì che è un'entità. Credo che le nostre crisi di identità siano dettate proprio dall'eccessiva identificazione con la poesia. Non credo che un poeta debba identificarsi con la poesia e perdere così la sua identità. Un poeta è uno scrittore di poesia (mi rifiuto di definirmi creatore), è un tramite tra quell'entità astratta che è la poesia e coloro che non la possono cogliere ma che ne hanno bisogno. Questo è il suo compito e questo è quello che serve, a mio parere, un poeta.
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Il poeta è un meteorologo....
se lo leggi in una bella giornata di sole... lo butti nella cloaca (?)
se lo leggi quando piove..... è facile che piangi di quello che di lui leggi
Il poeta vede le cose con gli stessi occhi tuoi... ma ne da interpretazioni diverse
a seconda..... c'è il sole? .. male l'ispirazione è andata al mare
piove?.... Benissimo... Toc... Toc... alla porta..... Aprite
L'ispirazione è venuta a trovarvi....
Scherzo..... mica tanto......provate a rifletterci sopra
e non ridete troppo.... di quello che avete appena letto
Saluti a tutti
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Più che un metereologo, è un metereopatico
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Ahi!!... ahi!!.... India
non hai saputo cogliere l'ironia..
non me l'aspettavo....... pazienza
sarà per una prossima volta..
Ciao.
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Molto interessante questo post. Mi attizza la memoria e mi ripesca nello stomaco certe considerazioni. Per esmpio la frase di Mallarmé "la distruzione è la mia Beatrice" (o qualcosa del genere, 'chè non è che abbia tutta sta memoria). Frase tranto cara ad una latro grande poeta come Leopoldo Maria Panero, il poeta dell'abominazione. Uno scrittore che impazzisce di volontà di autodistruzione che la società gli somministra (difficile dirlo meglio, visto che vive in un manicomio da anni...) e che usa la morte lentissima che gli viene imposta come mezzo creativo. Mi piace ricavare dal tuo post 'sta cosa che i poeti siano un po' tutti dei capretti sacrificali a cui emendare il proprio diritto alla susistenza (non alla sopravvivenza, perchè forse solo i poeti sopravvivono). Insomma è un concetto complesso ma piuttosto attraente. Ci sarebbe però anche da discutere molto sulla vera condivisione poetica... Nel senso che chi usa la poesia (usare mi pare appropriato in questo contesto) non può limitarsi a fare il lettore... Né intendo debba scrivere per capire cosa sia...ecc ecc ecc ecc ecc e frescacce del genere..., che Dio me ne guardi joder... Intendo nel senso di un atteggiamento attivo nel momento della ricezione (????). L'esercizio poetico credo, insomma insomma, debba essere uno sforzo molto più grosso, anche da parte del "usuario", che in qualche modo gli permetta spingersi verso il vero e proprio processo generativo della parola poetica. Quando sarò capace di mettere un post proporrò qualcosa del genere centrato sulla figura del lettore di poesie. Mica ce la possiamo sempre cavare delegando sti poveri poeti... O no? Ciao