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Discussioni in corso => Discussioni fra autori => Topic aperto da: Belong - Sabato 25 Agosto 2012, 09:21:37
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Scusate cari poeti,
ho una domanda di non facile soluzione per me ma sono tutto orecchie se mi aiutate a risolvere questa cosa...
Ho scritto una poesia tempo fa, in un periodo diciamo di "oscurantismo e dolore" nella quale esternavo tutto il mio rancore e malessere per una persona.
Ora rivedendo a freddo questa poesia abbastanza lunga, mi accorgo che come mi accingo a correggerla, ovvero, darle piu una parvenza poetica, tempi giusti, sonorità giuste eccetera, mi viene il voltastomaco e non riesco nemmeno a leggerla fino al fondo...
"embè?" direte voi (giustamente)
la mia domanda non è se qualcuno me la corregge o che la visioni, ma è se vi capita, vi è capitato, e in tal caso come fate ad aggirare l'ostacolo
grazie, e scusate le mie paranoie ;D
gabri
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capita! ...ahhh se capita!
io generalmente, la lascio lì, dove si trova!
prima o poi... trover il coraggio (o lo stomaco!) di trasformarla in positività
...oppure di cancellarla, eliminarla definitivamente!
comunque... l'oggi non è mai uguale al domani... e più delle volte, è assai dissimile dallo ieri!
però ogni emozione è figlia del momento! quindi, perché modificarla?
ogni spigolo, ogni sfaccettatura è sempre una parte di noi...
bisogna saper conviverci... alla lunga, fortifica l'anima!
guai a non aver paranoie... sarebbe piatta la vita senza...
ch.s
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In genere le poesie che scrivo, mi appartengono per pochissimo tempo, poi le trovo superate perchè elaboro le emozioni che mi hanno spinto a scriverle e quando le rileggo non mi piacciono più. Anche io, come Saverio, non le modifico, le lascio lì come si trovano, perchè sono testimoni di un dato momento, un po' come le fotografie.
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se scrivi sulla carta, te la puoi strappare... se al computer te la puoi cancellare...
ma se scrivi sul bronzo devi recarti in una fonderia :)
sì, m'è capitato, e com'ho fatto?... per ben sette mesi non ho scritto... si fa qualcos'altro, che ne so, curare il giardino, o giocare a scacchi o darsi alla pastorizia, ma per non meno di 7 mesi...
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Anche a me generalmente molte di quelle vecchie fanno schifo..ma dipende dal periodo in cui le leggo. Io generalmente faccio cosi....comincio a leggere la prima riga, se mi piace passo alla seconda, se non mi piace rifletto qualche istante, l'idea mi deve venire al momento, una parola, un sinonimo, una immagine, se mi viene la modifico, e poi passo al rigo successivo, se invece mi trovo di fronte al muro , allora salvo il salvato, e la rileggerò in tempi migliori.
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io scrivo, metto via e poi le rileggo con tenerezza: ero io.
non modifico mai, tranne in prima stesura.
sono piccole cose mie, trascurabili, però mie, totalmente, pertanto anche se ignorate anche da me, hanno e avevano il loro perchè
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E' bello e comprensibile conservare tutto, ma sarebbe giusto pubblicare con parsimonia.
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perchè? cosa cambia se uno pubblica sempre? ci si deve tenere qualcosa per sè? io quella che sono lo so, se ad altri interessa, ne sono felice, per questo pubblico.
direi fine della storia
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io non le rilego mai le mie poesie, so che se lo facessi non pubblicherei mai nessuna di loro, essendo ipercritica con me stessa, (forse proprio perchè non rileggo faccio anche mille errori grammaticali, ma corro il rischio:) . La poesia è figlia della ispirazione di uno stato d'animo preciso, riprenderla o cercare di riscriverla quando quel stato d'animo e cambiato, toglie alla poesia proprio LA POESIA, trasformandola in un puzzle fatto a tavolino che può anche essere perfetto strutturalmente ma manca di "Vita" di sensazioni, di emozioni proprio quelle che si provano quando si scrivono i versi, quindi (ma e solo un parere personalissimo )bisogna lasciarla cosi:)
tanti cari saluti.
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se scrivi sulla carta, te la puoi strappare... se al computer te la puoi cancellare...
ma se scrivi sul bronzo devi recarti in una fonderia :)
sì, m'è capitato, e com'ho fatto?... per ben sette mesi non ho scritto... si fa qualcos'altro, che ne so, curare il giardino, o giocare a scacchi o darsi alla pastorizia, ma per non meno di 7 mesi...
apprezzo tutti i vostri suggerimenti... forse l'importante è scrivere quando ci si sente senza forzare la mano, ognuno troverà la sua misura. chi caccia fuori tutto e scrive, chi aspetta, chi non rilegge.
mi ha fatto sorridere la storia dei 7 mesi... ma proprio sette??? va be, oggi mentre scrivevate decidevo la sorte di quel manoscritto. lo tengo li come cosa potenzialmente utile, un pò come quelle cose che non hai mai il coraggio di buttare, e se le butti ti servono. Cì sarà il tempo opportuno per non farsi venire il voltastomaco pensando alla genesi della poesia, e quello sarà il tempo di pubblicarla.
tiberio mi spiegherà con calma i sette mesi.. :)
Grazie
Gabri
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Le poesie passate, sono attimi di vita ... e come si dice, sono gli istanti che fanno l'ora... Tutto porta al domani e se cancellassimo il passato, cancelleremo parte essenziale di bagaglio... Se io rileggo il passato, mi emoziono e non lo tocco, sono io e forma il mio oggi...
Ogni poesia è l'istante che forma l'insieme... non si corregge, si ama ...
Scusate l'intrusione...
Buona poesia a voi.
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se "dittano" ciò che si scrive le voci del rancore e del malessere, meglio sette mesi d'astinenza e di silenzio... chi correrebbe una corsa ad ostacoli dopo un lauto pranzo?... sette mesi è tempo sufficiente per sgorgarsi del malloppo, eppoi vuoi mettere il sette?... è magico... sette erano i saggi, sette le Pleiadi, sette le note e sette i samurai, sette i giorni della settimana, sette le camice madide di sudore e settimo è il cielo cui si arriva per la gioia... inoltre sette sono i sigilli, sette le spade e sette i colori dell'arcobaleno, sette sono i cieli e sette le stelle dell'Orsa Maggiore, sette i colli di Roma, sette i mari e le virtù, sette sono le piaghe e sette i doni dello Spirito santo, inoltre sette è il numero atomico dell'azoto e sette sono le classi di simmetria dei sistemi cristallini... come vedi ce n'è abbastanza per ritenere il sette nel compito del tempo per guarire dal rancore... :)
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io scrivo, metto via e poi le rileggo con tenerezza: ero io.
non modifico mai, tranne in prima stesura.
sono piccole cose mie, trascurabili, però mie, totalmente, pertanto anche se ignorate anche da me, hanno e avevano il loro perchè
per una volta(almeno una)sono assolutamente d'accordo con venereveritas:una poe è il risultato di un momento particolare,rappresentativo di "un come ci sentivamo e come volemmo dirlo al mondo o a noi stessi."
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sono della stessa idea di Venere,
mai toccare uno scritto, poiché esso conserva una cronologia del nostro essere al momento...
sarebbe un po' come cambiare la storia e far vincere Napoleone perchè ci garba di più...
. (mio pensiero personale ovviamente)
ciao
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Ognuno ha la propria strategia. C'è chi legge ad alta voce, correggendo, sino al momento in cui trova piacevole lo scorrere dei versi; chi scrive, corregge, poi riprende, corregge e corregge all'infinito senza leggere ad alta voce, modificando anche completamente lo scritto.
C'è chi taglia tutto nella poesia, dopo la prima stesura, sino all'essenza dell'emozione, pubblicando a volte, soltanto pochi criptici versi.
Chi arricchisce di sinonimi l'opera, adornando la poesia come un albero di Natale.
Insomma non c'è un "metodo" vero e proprio, ma in generale, a parte la grammatica da controllare, nel correggere non si dovrebbe deviare troppo dall'intento della poesia stessa, che è stata creata in virtù di un certa spinta emotiva.
Altrimenti si rischia di cambiarne profondamente il significato, in funzione del nuovo stato d'animo.
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Giampiero e Alex, Paolo, credo che la discussione non riguardi i metodi adottati per la stesura definitiva della poesia, su quelli ognuno si regola come crede. Si discute di una poesia già " prodotto finito" ( scusatemi l'espressione), ossia gia pubblicata perchè presumibilmente di gradimento dell'autore. Ebbene questa poesia riletta ad esempio dopo sei mesi, può non piacere più all'autore. Se a me succede, e mi succede spesso, io la lascio come è, non la modifico più. Mi rappresentava in quel certo momento e non cambio una virgola. Concordo con Enzo, In Venere, Pino, Alma, Patrizia etc.
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Giampiero e Alex, Paolo, credo che la discussione non riguardi i metodi adottati per la stesura definitiva della poesia, su quelli ognuno si regola come crede. Si discute di una poesia già " prodotto finito" ( scusatemi l'espressione), ossia gia pubblicata perchè presumibilmente di gradimento dell'autore. Ebbene questa poesia riletta ad esempio dopo sei mesi, può non piacere più all'autore. Se a me succede, e mi succede spesso, io la lascio come è, non la modifico più. Mi rappresentava in quel certo momento e non cambio una virgola. Concordo con Enzo, In Venere, Pino, Alma, Patrizia etc.
se il paolo su di sopra sono io, credo di aver capito bene... avevo inteso proprio la poesia finita... e rimango del mio parere che si può sempre, volendolo, strappare o cancellare, e lasciamo stare la fonderia... :D
riguardo a ciò bisognerebbe tener presente due cose: che non semper apollus tendit arcuum e può capitare che una poesia, per svariate cause, non ci riesca, che faccia cilecca a rileggerla dopo un po'di tempo, e si può anche buttarla... ancora, la parola si differenzia dall'azione per questo, che se io dè un pugno a qualcuno in seguito posso sinceramente pentirmene, ok, ma il pugno resta... con una poesia invece si può fare che si disfi e ciò che stato è stato solo per il soggetto... insomma, che la parola ferisce come la spada è quasi un'iperbole
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..il mio pensiero è che i nostri momenti intimi da lasciare intatti al momento in cui vengono espressi in parole.. siano adatti al diario personale..
un testo, che si pretenda di far somigliare a una poesia, è un'opera.. quindi qualcosa che ha bisogno di essere 'costruita'.. il che non significa falsificata.. ma resa quanto più possibile bella..
qui ovviamente entra in gioco il discorso dei diversi canoni di bellezza.. ma lo tralascio, sia perché non è l'argomento, sia perché non sarei in grado di dissertarne..
quindi per me il testo nasce da un'immagine.. da un'intuizione o da un bisogno dell'attimo.. e poi va lasciato decantare.. riletto molte volte ..
capita anche (raramente) di non cambiare una parola.. ma il più delle volte è un massacro.. decapitazioni.. mutilazioni.. strizzate di senso..
insomma.. credo sia chiaro il mio pensiero.. non pagine di diario.. ma opere... riuscite o meno, ma che lo siano..
quindi perché non riprendere anche cose scritte molto tempo prima? è un'operazione difficile, ma se riesce.. non vedo perché no...
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In una mia poesia presente nel sito, "Irradiazione" , avevo provato a spiegare che, a distanza di tempo, il valore e la bellezza di una poesia scemano per forza di cose agli occhi del suo autore, in quanto egli non è più l'uomo o la donna di ieri.
Ciò non toglie che la poesia resti di buon valore per quei lettori che stanno vivendo le stesse emozioni provate a suo tempo dall'autore, a condizione, naturalmente, che essa sia stata già precedentemente epurata da eventuali errori ortografici, lessicali, grammaticali, contenutistici e di metrica, per chi ci tiene.
Chi sostiene invece che la poesia non vada mai ritoccata può essere avvicinato non tanto alla nostra tradizione occidentale greco-latina (l'etimologia della parola sottintende "lavoro, elaborazione, forma" ) , ma a quella araba (preislamica) , in cui il termine "shi'r" significa "sentire e percepire affettivamente" (prendo queste notizie dal commento al "Corano" di Federico Peirone, ed. Mondadori, 1984, pag. 526) .
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Bhe a volte capita anche a me...quando mi trovo in qusete situzioni nn faccio altro che aspettare la notte.. eh sì!!...perchè vedete, io ci credo ancora che la notte porta consigli, e quando devo correggere una poesia, e/o semplicemnte non ho idee aspetto che cali la notte, per coricarmi sul letto, spegnere la luce dei pensieri e aspettare che la voce magica notturna mi incominci ad aiutare. Forse vi sembrerà un pò strano...ma per me è sato smp un metodo efficace...Ciao a tutti ;D