Autore Topic: Rovesciamenti poetici (antonimia)  (Letto 1195 volte)

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Past_Or0

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Rovesciamenti poetici (antonimia)
« il: Giovedì 5 Gennaio 2012, 11:50:16 »
http://www.icyte.com/system/snapshots/fs1/c/3/e/f/c3ef0a8fa456051271e1d8e2870b6ae802ff0cec/index.html

Rovesciamenti poetici
  Dove Carducci scrive "T'amo, pio bove", Sebastiano Vassalli traduce: "T'odio, empia vacca". Il verso si è ribaltato attraverso tre scatti di altrettanti assi di opposizione: amore/odio; pio/empio; bue/vacca.

A questo aspetto meccanico si aggiunge una torsione arguta: il verso d'arrivo ha cambiato significato, vacca non è più l'opposto di bue ma è un insulto rivolto a una donna.

Questo gioco funziona quando il ribaltamento produce un ulteriore slittamento, che rende l'opposizione incongrua.

Eco riscrive Dante così:

(Canto V)
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci in viso;
ma un solo punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante."

Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade.



ECO:

 Analfabeti a sera, per dolore,
non sapevam dell’odio di Rolando.
C’era una folla, piena di rancore.

Per poco noi l’orecchio allontanando
dall’ascolto, con la faccia feroce
vincemmo l’alfabetico comando.

Così ignorando noi quel ghigno atroce
essere morso dal compagno odiato,
costei, che fugge verso un’altra foce,

tutta composta il naso m’ha azzannato.
Amnistiato fu il libro, ed a cui piacque:
dopo l’abbiamo a lungo consultato."

E poi che poscia l’altro corpo tacque,
l’uno ridea; sì ch’io sghignazzavo
pieno di vita come uom che nacque.

Ed agile marciando me ne andavo.
 

Chi pratica questo genere sa che si incontrano i paradossi legati al contrario. Il contrario di "ti amo" è "ti odio" o "mi odio"? Qual è il contrario di "non"? L’avversatore poetico sa che bisogna porsi questi problemi, e poi risolverli con gesti anche arbitrari. Tramutare il giorno nella notte, la sinistra nella destra, Topolino in Moby Dick non sono operazioni uguali. Se "Acqua cheta rompe i ponti" allora "Vino frizzante ristabilisce le comunicazioni". Ma nella variante poetica, il giocatore deve rispettare il ritmo e magari anche la disposizione di rime dell’originale. La rima e il metro aggiungeranno altri grattacapi e alla fine ci si chiederà: perché sobbarcarsi questa fatica? La risposta è sempre la stessa: per arrivare a riveder le stelle.

E dato che l'antonimia è un fenomeno molto variegato, è possibile che lo stesso testo dia luogo a traduzioni avversative molto diverse:

Eugenio Montale: 
in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia
 



Duccio Battistrada:
in questo rifuggire un piano in cotto

che ha ai piedi intatte bocce di chinotto
 



Roberto Morraglia:
in quell’allontanarsi da un fossato

che ha in fondo un piatto intero levigato.
 

 

 

Past_Or0

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Re: Rovesciamenti poetici (antonimia)
« Risposta #1 il: Giovedì 5 Gennaio 2012, 11:55:23 »
Eugenio Montale, Piove (da Satura)
 
 
Eugenio Montale 
21 Ottobre 2006
   La poesia compare in Satura. La raccolta comprende le poesie composte fra il 1962 e il 1970 e si suddivide in quattro sezioni: “Xenia I” e “Xenia II”, “Satura I” e “Satura II”. Con questi sottotitoli latini Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981) allude, per le prime, ai «doni che venivano dati agli ospiti» nel momento che lasciavano la casa (sono poesie dedicate alla moglie Drusilla Tanzi da poco scomparsa) e, per le seconde, alla varietà dei temi di ispirazione nonché alla presenza di toni satirici. “Piove” ha aspetti parodici e sarcastici nei confronti de “La pioggia nel pineto” di D’Annunzio. Ma non è solo questo. È anche una specie di manifesto del pessimismo di Montale ed elegia della condizione umana. (Claudio Di Scalzo)
 
Piove
 
Piove. È uno stillicidio
senza tonfi
di motorette o strilli
di bambini.

Piove
da un cielo che non ha
nuvole.
Piove
sul nulla che si fa
in queste ore di sciopero
generale.

Piove
sulla tua tomba
a San Felice
a Ema
e la terra non trema
perché non c’è terremoto
né guerra.

Piove
non sulla favola bella
di lontane stagioni,
ma sulla cartella
esattoriale,
piove sugli ossi di seppia
e sulla greppia nazionale.

Piove
sulla Gazzetta Ufficiale
qui dal balcone aperto,
piove sul Parlamento,
piove su via Solferino,
piove senza che il vento
smuova le carte.

Piove
in assenza di ermione
se Dio vuole,
piove perché l’assenza
è universale
e se la terra non trema
è perché Arcetri a lei
non l’ha ordinato.

Piove sui nuovi epistemi
del primate adue piedi,
sull’uomo indiato, sul cielo
ominizzato, sul ceffo
dei teologi in tuta
o paludati,
piove sul progresso
della contestazione,
piove sui work in regress,
piove
sui cipressi malati
del cimitero, sgocciola
sulla pubblica opinione.

Piove ma dove appari
non è acqua né atmosfera,
piove perché se non sei
è solo la mancanza
e può affogare.
 
d'annunzio:
LA PIOGGIA NEL PINETO
 

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Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

 

Past_Or0

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Re: Rovesciamenti poetici (antonimia)
« Risposta #2 il: Giovedì 5 Gennaio 2012, 12:41:09 »
e qualche secolo fa catullo fa una cover di un'ode di
saffo

catullo
Mi sembra che sia pari ad un dio

se è lecito, (mi sembra) che superi gli dèi,

colui che, sedendoti di fronte, continuamente ti

guarda e (ti) ascolta

mentre sorridi dolcemente, cosa questa che a me misero

strappa tutte le facoltà; infatti non appena,

o Lesbia, ti vedo, non mi rimane più

<un fil di voce (lett.: nulla di voce in bocca)>,

ma la lingua si intorpidisce, un fuoco sottile

si insinua sotto le membra, per un suono interno

le orecchie rimbombano, entrambi

gli occhi si annebbiano

(lett.: gli occhi si ricoprono di una duplice notte).

...

L’ozio, Catullo, ti è dannoso;

per l’ozio ti esalti e troppo smanii.

L’ozio ha mandato in rovina re e città

un tempo felici [/color]




Mi sembra che sia uguale agli dei

quell’uomo che di fronte a te

siede e (standoti) vicino ascolta (te)

che parli dolcemente

 

e amabilmente ridi, e questo davvero

mi fa balzare il cuore nel petto,

come infatti io ti vedo, subito

non mi è più possibile dire nulla,

 

ma la lingua si spezza, sottile

un fuoco subito mi scorre sotto la pelle,

non vedo nulla con gli occhi,

ronzano le orecchie,

 

un freddo sudore mi avvolge, un tremito

(mi) prende tutta, e più verde dell’erba

(io) sono, e poco lontana dall’esser morta

sembro a me stessa.

 

Ma tutto si può sopportare, poiché….

« Ultima modifica: Giovedì 5 Gennaio 2012, 12:43:21 da Alessio Falaschi »