Autore Topic: L'arte come finzione... in che senso?  (Letto 6274 volte)

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Offline Marina Como

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #30 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 17:57:05 »
  :D  sai a me viene in mente il detto popolare (che non ricordo ma lo cito -?- lo stesso) di sentire la predica e non guardare il prete... (ahhahhah!  credo di non averne stravolto il senso!). Vuoi vedere che 'sti popolari avevano già capito tutto? Strano che le domande più ricorrenti non trovino mai risposta.
Io come te non credo che un poeta possa cadere nella finzione (tranquillizzati Zima non sarai mai schizzofrenica) ma sicuramente credo che il pericolo reale sia quello di indossare la maschera stessa di poeta! Godere anche nella sofferenza poichè possiamo raccontarla? Dimenticare che si avrebbe bisogno di un nostro contributo materiale ed invece offrire solo sogno o conoscenza dell'animo? Consoleremmo il nostro sfortunato amico sviscerando il nostro dolore per una sua tragedia senza pensare che avrebbe bisogno di un nostro agire? Si potrebbe essere così maledettamente fasulli?
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Alessio J

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #31 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 19:03:59 »
Uno dei fenomeni più affascinanti di arte come finzione viene dal citato Pessoa, con la sua molteplicità di eteronomi. Personalità costruite per dare libero sfogo alle mille sfacettature dell'anima del Poeta, vere o immaginarie a seconda dello stato d'animo avuto nello scontro con la realtà instabile della sua vita.

Sicuramente chi ha postato prima di me conosce il documento nel quale Pessoa racconta e spiega la nascita dei vari "nick" ai quali dette una "vera identità". Per amore dell'argomento cito comunque il link

http://www.railibro.rai.it/antologie.asp?id=212

arostàzazzà

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #32 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 22:12:55 »
Gentili signore, egregi signori,
tutte le forme d'arte sono basate sulla finzione intesa come non realtà o come realtà immaginifica da attagliare ai nostri bi-sogni.
Dal cinema, al teatro, alla televisione (ma dubito questa sia arte), alla pittura, alla scultura, tutto è rappresentativo di una realtà modificata o modellata secondo i gusti di chi scrive o di chi legge, di chi dipinge, di chi scolpisce. La non realtà appunto, la finzione, il divenire scenico, l'esigenza di una strutturazione formalizzata delle azioni. Una concatenazione di situazioni, di intrecci, di concause che portano alla definizione di un testo(nel caso della poesia).
Ecco che allora si può spostare la domanda sul significato di finzione nella poesia; alla possibilità che la poesia stessa diventi veicolo di finzione (intesa come menzogna) o addirittura agente patogeno con cui diventare portatori sani di non verità.
La poesia, al pari delle altre arti, non può prescindere dalla finzione. Nella poesia non si rappresenta la realtà per come essa è, ma per come appare o meglio per come la si percepisce o per come vorremmo che fosse. Ma se è la percezione il veicolo principale di un testo poetico, allora proprio perché la percezione non è univoca in chiunque lo legga, rappresenta un limite evidente per la rappresentazione della realtà e dunque di per se stesso un testo poetico è già inficiato dalla diversa percezione dei sentimenti individuali.
Da questo si potrebbe dedurre che lo stesso testo rappresenta più realtà differenti tra loro, ma dando per asserto che la realtà (intesa come razionalità oggettiva) è unica, una necessariamente sarà finzione per l'altra.
Non dimentichiamo poi le trasposizioni poetiche (delle varie epoche) che nelle intenzioni dei loro autori avrebbero dovuto avere il compito di colmare unicamente l'esigenza (ritenuta una debolezza tutta femminile) di sentirsi apprezzate e corteggiate. Eccellente esempio di finzione poetica mirata a secondi fini.

Credo di poter concludere, signore e signori condensando il mio pensiero nella seguente massima del compianto Stanislao Moulinsky:

La finzione nell'arte è arte essa stessa; l'arte senza finzione è un surrogato del quotidiano; la finzione senz'arte è menzogna.




"Intelligenti pauca" ;)


Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #33 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 22:43:38 »
cara Chiara, hai portato bene l'esempio di Pirandello e D'Annunzio,  che per me restano due massimi geni dal punto di vista artistico, ma per i quali nutro molto meno stima dal punto di vista umano... parrebbe infatti possibilissimo scindere la vita concreta dal proprio percorso letterario e artistico in generale, come ciò sia possibile io non saprei dirtelo, ma forse fa parte di quel processo di "finzione" del quale si parla.

ognuno di noi ha -evidentemente- una personalità complessa, talmente tanto complessa che è possibile individuarne molteplici all'interno di una sola. la nostra anima ha tante sfaccettature e a seconda del punto di vista di chi ci guarda, delle circostanze che ci si presentano, dell'umore della giornata, ne mostriamo una oppure un insieme di esse, tanto che è difficile separarle ed individuarle con precisione.

se ci riusciamo, però, possiamo addirittura giocarci e sfruttarle, facendone prevalere una al posto di un'altra, questa volta non a livello inconscio, ma volontario. questo è quello che anche Pessoa ha fatto (vedi lettera - grazie Alessio per avercela linkata), quando si è creato, o meglio, quando ha dato un nome alle sue tre identità poetiche.

qual è l'uso che si fa di questa capacità: resta confinata all'ambito poetico? si fa uno scherzo ad un amico? si reprime la parte di noi che non ci piace? bhe, anche questo potrebbe essere positivo, infondo, se servisse per migliorarsi non solo agli occhi altrui, ma anche e soprattutto intimamente! :)

in ambito strettamente poetico, il problema è del lettore che interpreta, che idealizza l'artista, credendo che la bellezza delle sue opere, frutto di "illuminazione", possa combaciare con la bellezza della sua anima, della sua integrità morale, delle sue azioni nella vita quotidiana. ed è per questo che è importante scindere arte e vita, senza pensare che una persona che scriva d'amore sia necessariamente innamorata, o una che scrive cose tristi sia per forza sempre triste, ecc ecc.

altro punto che trovo interessante è quello riportato da Marina: rimanere incastrati nella maschera del poeta, quello che trova soddisfazione anche nelle sciagure perchè gli portano ispirazione, quello che resta impigliato nelle parole -vittima e carnefice di se stesso- e dimentica che l'uomo è fatto di spirito, ma anche di carne e che è votato al pensiero, sì, ma anche all'azione.
è un rischio che il poeta corre, nel suo egocentrismo e nel suo egoismo, dove la finzione non è più letteraria, ma diventa inganno.


"proverò a spaccare
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Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #34 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 22:47:04 »


Credo di poter concludere, signore e signori condensando il mio pensiero nella seguente massima del compianto Stanislao Moulinsky:

La finzione nell'arte è arte essa stessa; l'arte senza finzione è un surrogato del quotidiano; la finzione senz'arte è menzogna.




"Intelligenti pauca" ;)




me gusta!!  ;D

e da dove sbuchi, o tu, pericolo generico?! non dovrò preoccuparmi come per l'influenza suina?!  ::) ;D ;D ;D
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Offline Chiara Catanese

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #35 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 23:44:10 »
E' vero Zima, questa scissione/incoerenza è possibilissima a quanto è assodato, anche se ancora non riesco a trovare una spiegazione che mi soddisfi davvero, e sono consapevole che in questo stupore che consegue ci sia appunto una percentuale -più o meno considerevole, conscia o inconscia- di idealizzazione da parte del lettore, e forse anche una certa dose di ingenuità.
Allora mi chiedo, se il problema è della parte del lettore, perchè egli si crea queste aspettative? Bisogno di credere che esista un faro in un mondo buio, che vi sia una persona migliore degli altri, in primis di lui, priva di certe bassezze e mancanze che in noi e nella gente odiamo??
Semplicemente per una visione romantica dell'arte e dell'artista?
Un inconscio vederlo come un super-uomo che crea cose che noi non possiamo realizzare??

Interessantissimo il nuovo punto toccato da Marina. Rifletto però su un fatto: davvero in questo caso il soggetto indosserebbe la maschera di poeta, o piuttosto darebbe sfogo ad una certa attitudine che è presente in lui? E in quest'ultimo caso non sarebbe forse se stesso, seppure uno dei tanti se stesso che poteva essere? Mi spiego meglio: nasciamo con dati tratti nel temperamento, se poi questi si attivano o meno dipende dalle circostanze, dall'ambiente. Insomma, la scelta di cui stiamo parlando non sarebbe frutto di una deliberazione volontaria del soggetto "Ora indosso la maschera del poeta!" ma un qualcosa che lui fa perchè da qualche parte nella sua natura è portato a farlo.
Troppo contorto?   

E il pino
ha un suono, e il mirto
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Offline Chiara Catanese

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #36 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 23:48:14 »
Parlo in generale e prendo in considerazione il caso di persone comuni. Pessoa (ringrazio anche io Alessio del link) ha fatto questo volutamente, ma io credo che questo sia un gioco poetico che difficilmente potrebbe capitare fra le mani di una persona comune.
Seppur credo sia raro, non posso però escludere che il rischio che paventi abbia una qualche realtà, ma secondo me è marginale.
Escludo il caso che toccavamo prima di qualcuno che si mette a scrivere volutamente con intenti loschi...mi sembra che adesso parli di un rischio di restare imprigionati nel gioco della finzione letteraria, senza volerlo.
Rischio che certamente si corre. Ma, ricollegandomi a quando dicevo prima, secondo me una persona rischia di eliminare l'azione se ha una natura eccessivamente contemplativa, di crogiolarsi nelle sciagure se ha una tendenza al masochismo, alla tristezza...insomma indossa la maschera del poeta, come dite, in conseguenza di questo. Non fa questo perchè, al contrario, ha indossato la maschera di poeta.
Quindi, in un certo modo, mostra una parte di se stesso, non mente. Uno diventa ciò che è, potrei dire.

Ritornando alle mille personalità, mi sembra che tu hai guardato a questo dato con un certo timore (paventando quel rischio) io invece guardo a questo -con inquietudine, sì, quella data dall'assenza di certezze- come una risorsa: ritorna l'amato/odiato  ;D Pirandello che diceva definirsi è racchiudersi in forme, e dunque morire, e ci informava che siamo uno, nessuno e centomila (Pessoa ne ha dato una dimostrazione, potremmo dire)  a seconda dell'angolazione da cui guardiamo, noi stessi e gli altri. Credo che abbiamo troppa ansia di definirci, di rinchiuderci in forme, crediamo di essere in un dato modo e se ci scopriamo per certi versi diversi ci spaventiamo, ma l'identità è più fluida di quanto crediamo...

Citazione
La finzione nell'arte è arte essa stessa; l'arte senza finzione è un surrogato del quotidiano; la finzione senz'arte è menzogna.
Piace anche a me, e mi fa riflettere

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Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #37 il: Giovedì 7 Maggio 2009, 01:18:24 »
ti quoterei in toto, eliminando dalle frasi i punti di domanda!...si può? ;D
abbiamo bisogno di idealizzare l'artista perchè l'arte ci appare pura e scevra dalle brutture del mondo che viviamo e che noi stessi creiamo. l'artista deve in qualche modo apparirci come un faro nel buio, come un modello da seguire!
ma non è così. guardando le vite di molti artisti, ci accorgiamo di come queste siano state difficili, travagliate, piene di sofferenze... non può derivare allora la bellezza dalla sofferenza?... bhe, sì... e per varie ragioni che qui sarebbero o.t.

concordo con te ancora sulla maschera che indosserebbe il poeta, dove quella non è altro che una delle sue tante facce. e ciò non è visto da me come un timore, o almeno non solo... il tutto dipende sempre e soltanto dall'uso che si fa delle risorse che abbiamo a disposizione.

l'avere tante facce, l'essere complessi, è una cosa di per sè affascinante, bellissima e anche molto utile, ma può essere anche un'arma (a doppio taglio).
restare intrappolati in una delle tante identità vorrebbe dire sopprimere le altre, a vantaggio di quella dominante... in un certo senso sarebbe come tornare ad essere se stessi! ma magari un sè che avevamo cercato di annullare o nascondere. oppure invece potrebbe voler dire dare un nome ed una forma fittizia, un aspetto immaginario, una vita immaginaria (magari quella che ci soddisferebbe e che desideriamo), così, per gioco, restandoci poi impigliati dentro senza la possibilità di tornare indietro. ovviamente questo sarebbe un paradosso, è un'esagerazione, quasi improponibile, ma mi capita di farmi domande così, sono più che altro contorsioni mentali, curiosità personali nate dal fatto che mi piace guardare le cose da ogni punto di vista, anche il più nascosto ed irrealistico, ma che non definirei "timori"! ;)

e sicuramente hai ragione... abbiamo sempre bisogno di razionalizzare tutto, di dare spiegazioni e soprattutto di definire forme, classi, generi per ogni cosa, abbiamo così bisogno di catalogare, di trovare un posto e un nome per tutto, che facciamo questo anche per la nostra anima, una cosa, in realtà, così fluida e informe che non può trovare alcun compartimento stagno...
« Ultima modifica: Giovedì 7 Maggio 2009, 01:22:45 da Zima »
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cipreacalend

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #38 il: Giovedì 7 Maggio 2009, 12:50:00 »
Interessante leggere lo stralcio della lettera di F. Pessoa ad Adolfo Casais sugli eteronimi (a proposito, come non ringraziare Alessio ;D di questa opportunità), in quanto mi permette di aggiungere ancora qualcosa a questo topic, peraltro abbastanza esaustivo sull'argomento "arte come finzione".

Come ha già detto Zima, il lasciar parlare altre voci di noi è funzionale alla crescita intima di una persona e quando lo fa un artista, allora, la meravigliosa scoperta ha in sé il frutto della creazione. Mi spiego meglio.
Come umani siamo esseri complessi e straordinari, fin da piccolissimi possediamo in nuce grandi potenzialità di espressione dei nostri talenti, che vanno dalle caratteristiche ereditate da una selezione genetica importante a una che oserei dire animica, fatta di storia, di secoli di culture diverse, di caos e ordine, di leggi plasmate sulla pelle. Siamo tutto questo e altro. Poi, l'educazione, l'ambiente, la nostra storia personale ci conduce a limitare, a fare delle scelte,  una selezione che non è naturale, ma, piuttosto, come dicevo prima, è funzionale alla nostra crescita, anche se, nel peggiore dei casi,  è la sopravvivenza a guidarci.
Nella selezione operata dimentichiamo le altre voci interiori, che spingono per poter arrivare anch'esse al posto di comando e farsi largo tra le altre. Queste voci interiori hanno gusti, sapori e odori differenti, ognuna delle capacità nascoste, il pittore, il poeta, la ballerina, la cuoca, il falegname. Ognuna di queste voci potrebbe persino, se le riconoscissimo, avere nomi diversi, potremmo chiamarle, farle arrivare quando serve. Sono delle vere e proprie personalità dentro di noi. A volte i conflitti interiori partono proprio dalla diversa relazione, dalla diversa visione che ognuna di queste ha con la realtà e tra di loro... credo proprio che l'origine della schizofrenia sia questa incapacità di cominicazione, di relazione, proprio come due persone che  decidono di  non parlarsi più, addirittura di cancellarsi reciprocamente l'esistenza, così quando c'è una non c'è l'altra e alla fine non ne hanno nessuna delle due il ricordo.
(continua)

cipreacalend

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #39 il: Giovedì 7 Maggio 2009, 12:50:45 »
Ecco, che allora, gli eteronimi di Pessoa, sono non più solo una finzione artistica, anche se nata come uno scherzo, ma l'apertura di qualcosa che  probabilmente nemmeno il poeta conosceva, dare voce ad altro, a un nuovo poeta, addirittura il "Maestro" che poteva possedere e aveva uno stile diverso dal suo.

Dalla Lettera:

"Cominciai con un titolo, O Guardador de Rebanhos. E quanto seguì fu la comparsa in me di qualcuno a cui subito diedi il nome di Alberto Caeiro. Mi scusi l’assurdità della frase: era apparso in me il mio Maestro. Fu questa la mia immediata sensazione. Tanto che, non appena scritte le trenta e passa poesie, afferrai un altro foglio di carta e scrissi, di seguito, le sei poesie che costituiscono Chuva Oblíqua di Fernando Pessoa. Immediatamente e totalmente… Fu il ritorno di Fernando Pessoa-Alberto Caeiro al Fernando Pessoa-lui solo. O meglio, fu la risposta di Fernando Pessoa alla propria inesistenza come Alberto Caeiro.

Apparso Alberto Caeiro, mi misi subito a scoprirgli, istintivamente e subcoscientemente, dei discepoli. Estrassi dal suo falso paganesimo il Ricardo Reis latente, gli scoprii il nome e glielo adattai, perché allora lo vedevo già. E, all’improvviso e di derivazione opposta a quella di Ricardo Reis, mi venne a galla impetuosamente un nuovo individuo. Di getto, e alla macchina da scrivere, senza interruzioni né correzioni, sorse l’Ode Triunfal di Alvaro de Campos: l’Ode con questo nome e l’uomo con il nome che ha. (…)"

"E, all'improvviso, mi venne a galla impetuosamente un nuovo individuo..." la sottolineo, questa frase, perché credo sia qui il nocciolo della questione, l'arte che nasce come finzione può dare nuove possibilità se da corpo, aria e voce a ciò che abbiamo dentro, ai mondi interiori inesplorati...

Alessio J

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #40 il: Giovedì 7 Maggio 2009, 19:43:51 »
L'argomento Pessoa mi riporta indietro nel tempo, alle ricerche nella biblioteca nazionale di Lisbona e al confronto con artisti contemporanei e studiosi di letteratura nel cercare di dare una spiegazione plausibile alle molteplici personalità del Poeta portoghese. Sono giorni che cerco del materiale poco noto ai più scoperto quasi per caso tra i vari volumi. Se riesco a trovarlo e se l'argomento sarà sempre d'interesse pubblico lo posterò. Intanto, metto qua due link, secondo me interessanti proprio perchè forniscono ulteriori particolari sulla vita di quell'uomo, tanto misterioso quanto geniale nella sua complessità.
Per capire meglio i perchè degli eteronimi suggerisco di "indagare" sul privato, sui rapporti familiari e amorosi che hanno impresso tracce indelebili nella mente e nella personalità, spingendo verso una reazione emotiva controllata ( ma per certi versi ingestibile) sfociata nell'esplosione poetica.
 
 
http://www.clubautori.it/fernando.pessoa
http://ilmestieredileggere.wordpress.com/tag/fernando-pessoa/

cipreacalend

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #41 il: Giovedì 7 Maggio 2009, 22:36:00 »
Devo dire che indagare sulla vita di Pessoa, mi ha turbata ancor di più che leggere le sue poesie, che fanno parte di un mondo interiore estremamente ricco di sfaccettature e di interrogativi, che forse a me rimarranno insoluti, in quanto non riesco a comprendere come un uomo così apparentemente di basso profilo, nelle abitudini, nell'aspetto, nella vita privata, arrivi a mimetizzarsi, come un camaleonte, fino a nascondere a tutti ciò che ha dentro. Qui, posso solo cogliere l'incapacità di accettarsi, di riconoscersi e per farlo ecco che al buio della sua tana - dimora rinasce, attraverso la bellezza delle sue opere, la poesia, l'arte e la finzione recitano diversi copioni, come una danza solitaria dell'anima.
Un anonimo impiegato, trascurato nel vestire, ma dalla personalità straordinaria, tanto da inventare con tanto di schede anagrafiche e storie di vita i suoi personaggi.
Ma perché un uomo di così grande levatezza spirituale, così ricco interiormente "deve" creare altre vite a se stesso? Perché quella che ha non gli basta e anzi la tiene celata?La delusione, l'amore sfortunato, la solitudine? Forse è questa la finzione, è proprio questa oncapacità a vivere la propria vita che crea inquietudine e tristezza, come una sorta di condanna  a una vita irreale, tanto da pensare di poter essere lui stesso il creatore di altri se stesso, attraverso figure da lui inventate, generate, quielli che oggi potremmo definire dei moderni cloni... chissà...

Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #42 il: Venerdì 8 Maggio 2009, 11:52:14 »

Ma perché un uomo di così grande levatezza spirituale, così ricco interiormente "deve" creare altre vite a se stesso? Perché quella che ha non gli basta e anzi la tiene celata?La delusione, l'amore sfortunato, la solitudine? Forse è questa la finzione, è proprio questa incapacità a vivere la propria vita che crea inquietudine e tristezza, come una sorta di condanna  a una vita irreale, tanto da pensare di poter essere lui stesso il creatore di altri se stesso, attraverso figure da lui inventate, generate, quielli che oggi potremmo definire dei moderni cloni... chissà...


già, questa finzione è condanna a vita, è prigione ed è una cosa terribile che non auguro a nessuno.

il problema è che questo mondo, la nostra cultura, è basato sull'apparenza, sull'esteriorità che spesso crediamo essere lo specchio della nostra interiorità. una bella persona risplende di luce e di bellezza, una persona grigia non può contenerne, è questo quello di cui spesso siamo erroneamente convinti.
ed è così che una persona apparentemente anonima è quasi costretta a rimanerlo per sempre, non ha spazio.

ma le persone sono quello che hanno dentro e che spesso non si vede.

quanto dolore porterà dentro di sè chi viene visto con questi occhi dal mondo? quanta rabbia, quanta intolleranza per i suoi simili? quanta voglia di riscatto? e al contempo, quanto bisogno d'amore...

tutto questo deve sfociare da qualche parte, necessariamente... ognuno di noi ha un mondo interiore profondo e voglio pensare, anzi, ne sono sicura, che la nostra vita condizioni il modo di esternare i sentimenti che proviamo, trovi modo di alimentarli diversamente nel dolore o nella gioia, costruisca mostri o poeti o poeti-mostri.

c'è chi per evadere dall'anonimato commette un reato, uccide, si suicida per un peso che la sua fragilità non può sostenere, c'è chi si inventa un personaggio al buio della propria tana e in esso rivive, di un'altra luce, in un mondo che non esiste e che è solo suo.
eppure, non tutti sono legati solo all'apparenza, ma scorgono la luce nel fondo degli occhi... la bellezza che abbiamo dentro va mostrata al mondo attraverso la nostra faccia, combattendo l'anonimato mettendoci in gioco con l'unica arma che abbiamo: il cuore e la Verità!

...c'è sempre un cuore aperto alla verità...



mi è piaciuto questo topic che mi ha dato modo, grazie anche ai vostri interventi e posizioni, di tirare fuori pensieri che non riuscivo ad articolare, ma anche di riflettere meglio, di scoprire nuove cose. mi ha affascinato e turbato, mi è stato utile.

grazie a tutti voi. :)
« Ultima modifica: Venerdì 8 Maggio 2009, 12:19:04 da Zima »
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Offline Chiara Catanese

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #43 il: Venerdì 15 Maggio 2009, 22:43:08 »
abbiamo bisogno di idealizzare l'artista perchè l'arte ci appare pura e scevra dalle brutture del mondo che viviamo e che noi stessi creiamo. l'artista deve in qualche modo apparirci come un faro nel buio, come un modello da seguire!
ma non è così. guardando le vite di molti artisti, ci accorgiamo di come queste siano state difficili, travagliate, piene di sofferenze... non può derivare allora la bellezza dalla sofferenza?... bhe, sì... e per varie ragioni che qui sarebbero o.t.
l'avere tante facce, l'essere complessi, è una cosa di per sè affascinante, bellissima e anche molto utile, ma può essere anche un'arma (a doppio taglio).
restare intrappolati in una delle tante identità vorrebbe dire sopprimere le altre, a vantaggio di quella dominante... in un certo senso sarebbe come tornare ad essere se stessi! ma magari un sè che avevamo cercato di annullare o nascondere. oppure invece potrebbe voler dire dare un nome ed una forma fittizia, un aspetto immaginario, una vita immaginaria (magari quella che ci soddisferebbe e che desideriamo), così, per gioco, restandoci poi impigliati dentro senza la possibilità di tornare indietro. ovviamente questo sarebbe un paradosso, è un'esagerazione, quasi improponibile, ma mi capita di farmi domande così, sono più che altro contorsioni mentali, curiosità personali nate dal fatto che mi piace guardare le cose da ogni punto di vista, anche il più nascosto ed irrealistico, ma che non definirei "timori"! ;)

e sicuramente hai ragione... abbiamo sempre bisogno di razionalizzare tutto, di dare spiegazioni e soprattutto di definire forme, classi, generi per ogni cosa, abbiamo così bisogno di catalogare, di trovare un posto e un nome per tutto, che facciamo questo anche per la nostra anima, una cosa, in realtà, così fluida e informe che non può trovare alcun compartimento stagno...

Concordo con tutto!
Le biografie degli artisti -spesso così talmente dense di sofferenze- sono qualcosa che ha sempre colpito anche me.

Trovo molto interessante anche il discorso che hai fatto nel tuo ultimo post in merito alla società, e a come ognuno di noi è percepito...

Citazione da: Zima
eppure, non tutti sono legati solo all'apparenza, ma scorgono la luce nel fondo degli occhi... la bellezza che abbiamo dentro va mostrata al mondo attraverso la nostra faccia, combattendo l'anonimato mettendoci in gioco con l'unica arma che abbiamo: il cuore e la Verità!

...c'è sempre un cuore aperto alla verità...

Bellissime parole che riempiono il cuore di luce!! :)
Magari tutti pensassero e agissero in questo modo...ma sono felice di sapere che in qualche parte del mondo, in quel di Napoli, c'è qualcuno che ragiona così! ;)

Grazie a te per aver proposto il topic!

E il pino
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