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Linea di confine (ispirato dalle poesie di Sylvia Plath)

Dramma

Mancavano dieci minuti all'inizio della visita e la Dottoressa Albie era parecchio tesa. Questa volta doveva essere chiara perché non sopportava perdere tempo. Guardò il tramonto dall'ampia finestra, socchiuse gli occhi per qualche secondo e, dopo aver respirato profondamente, chiese alla segretaria di far entrare la paziente.

"Buonasera Dottoressa".

"Ben trovata Silla, come sta?"

"Tutto bene, grazie".

"Perfetto. Prima di iniziare la visita le devo parlare. Sono già tre mesi che lei è in cura da me e, in tutta onestà, percepisco un'enorme distanza tra noi. Meglio ancora... una barriera, come se lei avesse individuato un confine oltre il quale io non dovrei andare".

"Non la seguo Dottoressa. Le sto parlando di tutto, della mia vita, degli affetti, delle mie speranze e paure. Non credo di tralasciare nulla".

Ancora una volta la Dottoressa sentì che la paziente non era sincera.

"Silla non mi fraintenda. So che è difficile aprirci completamente agli altri, però lei ha chiesto il mio aiuto e se non è trasparente con me, io non la potrò seguire. Mi spiace doverlo dire, ma non voglio che si sprechino tempo e soldi. Se lei mi permetterà di entrare nel suo mondo io continuerò il mio compito, diversamente direi di fermarci qui".

La Dottoressa non avrebbe voluto dire quelle parole e tantomeno perdere una paziente, ma, a volte, la terapia d'urto rappresentava l'unica soluzione possibile. Le piaceva quella persona e avrebbe voluto un'amica come Silla, ma era ovvio che il lavoro non doveva intaccare la sfera privata e perdere l'obiettività era da sempre il suo più grande timore.

"Ho capito Dottoressa".

"Scusi la sincerità, ma è per il suo bene".

La Dottoressa Albie vide Silla fissare un punto nel vuoto e sistemarsi, con mano tremolante, una ciocca di capelli che era scesa sul viso.

"A volte ci si sveglia la mattina e si capisce che tutto è vano. Guardo mio marito, i miei figli e sento per loro una grande pena. Mi chiedo cosa abbiano fatto di male per capitare con una come me".

"Si spieghi Silla. Lei ha fatto delle scelte e direi che le sta portando avanti con tanta volontà. La vita è faticosa, ma sa riconoscere il bene e credo che possa dare molto affetto. Poi le difficoltà saranno una costante, ma deve imparare a superarle e io l'aiuterò".

"Sì Dottoressa, ma ogni giorno sento che qualcosa si sposta sempre più avanti. Ho meno volontà e voglia di fare. Basterebbe poco per farmi scivolare il mondo addosso, come se tutto fosse astratto. Vedo il giorno solo in verticale. È un continuo arrampicarsi e io so quanto siano scivolosi gli specchi".

"Però Silla se sei lei è qui da me vuole dire che è ancora legata a ciò che la circonda".

"Ha ragione Dottoressa. Sentivo che oggi io e lei saremmo giunte a questa linea di confine e allora le ho portato il mio mondo parallelo".

Silla aprì la borsa e depose sulla scrivania un plico di fogli. "Ecco questo è quello che mi fa alzare dal letto per accudire i miei cari, che mi dà una ragione per guardare il tramonto, ascoltare la notte e sentire sulla pelle il calore del sole che nasce".

La Dottoressa afferrò il plico e iniziò a sfogliarlo.

"Bene Silla, immagino che lo possa leggere con calma".

"Certo, Dottoressa. Le lascio la mia anima. Lì troverà tutta me stessa. Di più non posso fare".

 

Fortunatamente quello era l'ultimo appuntamento della giornata e appena Silla lasciò l'ambulatorio, Albie iniziò la lettura.

La poesia... ecco il mondo nascosto, la linfa che nutriva il fiore della vita di Silla. Albie non amava la poesia o forse era meglio dire che non se ne era mai interessata. Richiedeva troppo sforzo di comprensione e per lei la lettura era solo svago. In genere preferiva leggere romanzi piuttosto lunghi e prediligeva i classici, dove l'introspezione psicologica era assicurata. I racconti o le poesie la lasciavano piuttosto indifferente per l'eccessiva brevità dei testi. Però stavolta sentiva che qualcosa era diverso.

Appena lesse i primi versi, sentì un calore inusuale, quasi una attrazione che non riusciva a comandare. Le immagini, i sentimenti, gli stati d'animo erano descritti con una tale nitidezza da poterli toccare con mano. L'astratto si trasformava in concreto e improvvisamente credette di vivere i momenti descritti da Silla. Il respiro poetico era profondo, sicuro, quasi salvifico, come se la vita fosse legata a quelle poesie. Aveva ragione... Silla non era la persona fredda e distaccata che voleva apparire. Percepì una passionalità davvero trascinante e sotterranea, una sensibilità attraverso la quale riusciva a catturare tutto quello che accadeva intorno a lei. Era talmente attenta ai particolari da poter immaginare il rumore del battito d'ali di una farfalla.

La struttura delle poesie appariva piuttosto classica e la metrica molto precisa, ma quello che più incuriosiva era come riuscisse a descrivere la quotidianità in un modo assolutamente non scontato, fuori da qualsiasi schema e con una naturalezza che arrivava dritta al cuore.

Ancora una volta pensò che la poesia nascesse con la persona, mescolata al sangue e al sudore del poeta stesso. Era come un figlio da crescere e proteggere con tutta la forza e la tenacia che si aveva nel corpo e nella mente. Più leggeva e più si sentiva animata dalla bellezza di quei versi. Allora decise di fermarsi. Doveva tornare al suo lavoro, calmare le emozioni e leggere le strofe con tanto distacco per cercare di capire la mente di Silla. Doveva essere fredda, quasi glaciale, perché sentiva che in quei versi avrebbe trovato le risposte che voleva.

"Persone o stelle

mi guardano con tristezza, le deludo".

"Le mie ossa racchiudono un'immobilità, i campi

lontani mi sciolgono il cuore.."

(da Pecore nella nebbia - Sylvia Plath).

 

"Confronto a me, un albero è immortale

e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:

dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia".

(da Sono verticale - Sylvia Plath).

 

La Dottoressa iniziò a prendere appunti: "Timore di non essere all'altezza delle situazioni e incapacità al cambiamento".

Poi riprese il manoscritto e continuò la lettura.

 

"O Dio, chi sono mai

io da far spalancare in un grido queste tarde bocche

in una foresta di gelo, in un'alba di fiordalisi".

(da Papaveri in ottobre - Sylvia Plath).

 

"Sottovalutazione delle proprie capacità e la natura vissuta come una sorta di espiazione".

 

"Sono importante per lei. Anche lei viene e va.

Ogni mattina il suo viso si alterna all'oscurità".

(da Specchio - Sylvia Plath).

 

"La ricerca della propria personalità attraverso l'immagine riflessa. L'incapacità di riconoscersi fino in fondo che porta allo studio del proprio io riflesso".

 

"Se solo sapessi quanto questi veli uccidono i miei giorni.

Tu li ritieni solo trasparenze, pura aria".

(da Un regalo di compleanno - Sylvia Plath).

 

"L'incomprensione in famiglia. Il marito che non riesce a capire la sua angoscia". La Dottoressa continuò a leggere quando un crampo si impossessò dello stomaco e la mente iniziò a elaborare. "Dio mio quanta disperazione. Come ho fatto a non accorgermene? Sono tre mesi che viene da me e io non ho percepito la devastante profondità di questo suo disagio interiore. Sono stata un'incapace. Ero talmente presa dal suo aspetto ordinato e innocuo, dalle sue fini maniere che non sono riuscita a vedere oltre. Queste poesie sono il frutto della sua sofferenza. La loro bellezza è in stretta correlazione al suo malessere interiore". Un pauroso presentimento stava reclamando il suo spazio e senza alcun indugio Albie continuò la lettura.

 

"Papà, ammazzarti avrei dovuto,

Tirasti le cuoia prima che ci riuscissi.

Tu, fardello imbottito di Dio, marmo cocciuto,

Orrenda statua dall'alluce tristo

Grosso come una foca di Frisco".

(da Papà - Sylvia Plath).

 

"Non mi ha mai parlato del suo passato in questo modo. Ecco la fonte".

 

"Fu lunga la mia caduta. Nubi fioriscono

azzurre e mistiche sulla faccia delle stelle.

(da La luna e il tasso - Sylvia Plath).

 

"Santo cielo quanta solitudine deve aver sofferto. Albie sapeva che, quando si toccano certi abissi, la ripresa è praticamente impossibile. La solitudine porta all'incomunicabilità e la profondità del sentirsi soli scatena una sorta di recidività". Improvvisamente il presentimento diventò certezza e con orrore Albie rilesse una poesia che aveva già analizzato.

 

"Stasera, all'infinitesimo lume di stelle,

alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.

Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.

A volte io penso che mentre dormo

(da Sono verticale - Sylvia Plath).

 

"Oh mio Dio. No, non è possibile". Improvvisamente in Albie il presentimento si trasformò in terrore. Con timore prese l'ultimo foglio del plico e iniziò a leggere.

 

"E adesso io

spumeggio al grano, scintillio di mari.

Il pianto del bambino nel muro si liquefà.

(da Ariel - Sylvia Plath).

 

"Dio mio, Dio mio" urlò, mentre corse al cellulare appoggiato dall'altra parte della stanza.

"Pronto, buonasera. Sono la Dottoressa Albie, la psicoterapeuta. Potrei cortesemente parlare con la signora Silla?"

"Buonasera Dottoressa, sono l'ispettore Marc e purtroppo devo comunicarle che la signora Silla si è tolta la vita. Siamo stati chiamati dai vicini di casa allertati da un colpo di pistola e dal pianto dei figli. Stiamo facendo tutti i rilevamenti e interrogando il marito che è appena rientrato dal turno di lavoro serale. Domani vorrei parlare con lei per la stesura del profilo psicologico della signora. L'aspetto al distretto verso le ore 9".

Albie chiuse gli occhi e sentì una crepa rompere il cuore e l'anima. Con un filo di voce e cercando tutta la forza che aveva in corpo, rispose:

"Ci sarò Ispettore. A domani".

 

"Maledizione" pensò piangendo, "Non ho fatto in tempo. Com'è stato possibile non arrivarci prima? Perché non ho ragionato... perché, perché...". In quell'istante capì che era stato tutto programmato. Silla era arrivata in fondo al percorso e il suo mondo parallelo si era ristretto fino a diventare una tomba. Si era aperta con lei nel momento in cui aveva scartato tutto, anche la vita. Ormai era notte e il buio di fuori le sembrava ancora più cupo e pieno di angoscia. Allora Albie si preparò una tazza di caffè, accese la luce che puntava sulla scrivania e appoggiò la guancia sul plico dei fogli che aveva allineato alla perfezione, come se avesse sentito una voce lontana. Poi con un gesto lento e malinconico, stando attenta a non inumidire le pagine con le lacrime che scendevano copiose, riprese a sfogliare quel mondo così affascinate e disperato.

Paolo Gugnoni 07/01/2015 00:50 2 1222

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Racconto molto coinvolgente e veritiero, nella poesia si può arrivare all'anima del poeta, sta alla sensibilità del lettore cogliere le sfumature che si celano tra i versi, ben scritto e apprezzato complimenti»
Paola Pittalis

«Una descrizione molto profonda di sentimenti che appaiono veritieri in uno scenario della vita...
A volte non ci sia accorge quanto può aiutare un pensiero come il tuo... e all'ombra dell'apparenza nasce sempre un vivere anche se in un'altra dimensione. Bello. Bellissimo.»
Rosita Bottigliero

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