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15 anni

Dramma

Quella domenica sera finalmente avevo avuto il permesso di usare il motorino che mi era stato regalato per il 15esimo compleanno. Quanto avevo atteso quel momento! Ed ora il mio sogno si era avverato. Avevo conseguito il patentino senza alcuna difficoltà e mi ero guadagnato la stima e la fiducia dei miei genitori in brevissimo tempo. Qualche lavoretto in casa, commissioni fuori casa, ogni tanto tagliavo perfino l’erba del giardino, attività che sebbene non amassi svolgere erano una garanzia per conquistare la fiducia dei miei. Il mio comportamento da un po’ di tempo era davvero esemplare, avevo convinto i miei che ero più maturo e che potevano contare sul mio autocontrollo e sull’autonomia di giudizio. Ed ecco che quella sera mi accingevo trepidante a compiere l’impresa più ardua della mia giovane vita : guidare un motorino! Solo, senza nessun compagno d’avventure sarei andato alla festa di compleanno di un compagno di classe e mentre tutti gli altri si sarebbero fatti accompagnare dai propri familiari in automobile o sarebbero andati con i mezzi pubblici, io sarei andato con il mio motorino tanto desiderato e sospirato più di ogni altra cosa. Sarebbe stata un’avventura meravigliosa e tutti mi avrebbero invidiato. Un motorino nuovo fiammante avrebbe ruggito sotto i miei glutei! E che dire dei visi attoniti dei genitori apprensivi?Avrebbero sicuramente commentato: che razza di genitori ha questo 15enne? Cosa pensano di insegnare così ai propri figli? Ma è proprio necessaria tutta questa autonomia a 15anni? E via di seguito…Ma i miei genitori non avevano mai ascoltato i pareri e le chiacchiere altrui, anzi erano stati sempre ben contenti e fieri d’essere diversi, originali, controcorrente. Non che non fossero ansiosi per il mio primo “collaudo”, ma si sforzavano in ogni situazione di vincere i timori e di dare fiducia al proprio figlio desideroso di crescere. E si, perché di crescita si trattava. Prima o poi bisogna varcare l’età adulta no?

Ed io non avevo forse l’età giusta per iniziare ad essere autosufficiente, anzi motorino-sufficiente?

Quella sera ero proprio fiero di me e avrei soddisfatto le aspettative dei miei genitori.

Di me avrebbero detto tutti: però, chi se l’aspettava? Ha soli 15 anni ma se la cava come un 18enne, è davvero in gamba. Dunque ero pronto per l’avventura. Chiusi la porta di casa

( i miei erano usciti con gli amici) aprii la porta del garage, tirai fuori il motorino nuovo fiammante e con un po’ di trepidazione ci montai sopra, uscii dal cortile del condominio e mi immisi nella strada che m’avrebbe portato al bivio, dove avrei imboccato la strada principale. Erano circa 20 minuti di strada con l’autobus fino a destinazione, quanto avrei impiegato col motorino? Sicuramente la metà del tempo, il mezzo pubblico è certamente meno veloce, è soggetto alle fermate, anche le automobili sono soggette al traffico, ma il motorino no, è senz’altro più scattante, così pensavo lasciandomi prendere dall’ebbrezza e l’euforia di avere a disposizione un mezzo piccolo e maneggevole.

Avrei potuto essere sicuramente ancora più veloce se avessi premuto un tantino di più l’acceleratore…a quell’ora la strada era un po’ più trafficata e c’erano molti semafori. Un’idea mi balenò nella mente: cosa avrebbero pensato i miei amici se fossi arrivato per ultimo pur avendo un mezzo personale a disposizione? Avrebbero potuto deridermi per l’invidia. Questi pensieri mi affollavano la mente che piano piano si stava gasando, e se accelerassi un pochino? Pensai con un brivido di piacere…

Il desiderio di fare presto si era insinuato nella mente e poi un po’ di velocità che cosa poteva causarmi? Lo sapevo che “chi va piano va sano e lontano”, ma per una volta, cosa sarebbe potuto succedermi? Premetti l’acceleratore e via… col vento…Pensai che ero corazzato, e mi rassicurai, avevo un casco veramente speciale, la testa era ben protetta. Ma ecco, in un attimo accadde…

Un’ auto che andava veloce mi urtò, senza darmi precedenza, il mio corpo balzò dal sellino, un tonfo e poi il vuoto, caddi in un buio che sembrò la notte più lunga della mia vita, rinvenni ( dopo quanto tempo?) e vidi una folla che mi accerchiava, volti sconosciuti, la polizia stradale, curiosi, c’era troppa gente, perfino l’ambulanza e due infermieri che mi sollevarono con cautela dal suolo per adagiarmi sulla lettiga. Ma i miei genitori non c’erano, non sapevano, erano fuori con gli amici, a cena o a teatro, non ricordavo più dove. Qualcuno mi faceva domande, mi chiedevano il numero di cellulare dei miei, farfugliai qualcosa, ma ero tremante e sentivo tanto freddo, mi coprirono con delle coperte, ma continuavo a tremare e balbettare. Forse non mi ero fatto niente, forse ero solo traumatizzato, non riuscivo a capirlo. Ma perche facevano tanta attenzione a sollevarmi? E perché non sentivo alcun dolore? Mi accorsi ad un tratto di vedere il mio corpo come se fossi un altro e vedevo tutta la scena come fossi uno spettatore, i suoni mi giungevano così ovattati, le voci così lontane, sembrava il silenzio dopo una nevicata. Tutto sembrava muoversi al rallentatore, pian piano ogni cosa sfumava, gli oggetti, le persone non avevano più contorni, erano macchie, tutto diveniva sfocato.

Pensai all’improvviso, sono svenuto o sto morendo? Ma come potevo morire a 15 anni?

Senza neanche essere giunto alla festa di compleanno del mio amico?

No, non era possibile, forse avevo solo perso conoscenza, presto mi sarei risvegliato, forte ed energico come prima. Ero un guerriero no? Provai allora a parlare, ma dalle mie labbra non uscì alcun suono. Mamma, papà dove siete? Perchè non vi hanno avvisati?Un senso profondo d’angoscia s’impadronì di me.

Ormai non vedevo più nulla, mi chiedevo se ero già giunto in ospedale o era ancora in viaggio.

Non percepivo più alcun suono, ero avvolto da un silenzio indescrivibile, provai a muovere il corpo, le mani, i piedi, ma non avvertii nemmeno di avere un corpo. Anche il mio corpo era divenuto silenzioso, assente come tutto il resto e perché l’unica attività che percepivo erano i miei pensieri?

Ero vivo o ero già morto? Mi sentivo ormai sospeso in un vuoto infinito e silenzioso, un puntino di coscienza nell’oscurità, in una notte infinita. Mi sarei risvegliato? O sarei rimasto per sempre un puntino consapevole nell’immensità? Dov’era la vita? Aiuto!! Nessuno mi rispondeva, ero terribilmente solo! Ma chi ero ormai? Poi, una luce bianca luminosissima avvolse quello che di me era rimasto, quella strana sensazione di una vaga coscienza di essere ma di non appartenere più a nulla e nessuno. In essa si sciolsero i miei ultimi pensieri fino a divenire tutto, nulla.


Venere Cesareo 24/02/2011 14:55 1 990

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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«Che tristezza questo tuo racconto... mi sono commossa! una vita spezzata a quindici anni in un istante. Non ho parole.»
Silvia Contessa

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Struggente e purtroppo così reale. Molto intenso. (Giomiri)



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 I suoi 5 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
La stella cadente (15/11/2010)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
L'ultima fermata (17/12/2011)

Il racconto più letto:
 
La stella cadente (15/11/2010, 1263 letture)


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