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Con questa metafora, Pino si volle spiegare che non avere nessun proprio simile vicino a sé può essere doloroso quanto per il gattino che ci fa compagnia, al quale però “ abbiamo chiesto” di non avere mai più nessun contatto con un altro gatto. Forse il gattino non si renderà perfettamente conto della propria solitudine, avendo comunque un essere umano che gli dà affetto e si prende cura d’ esso. Ma certi strani comportamenti dell’ animaletto durante il corso del tempo, possono ad un “ occhio” sensibile e competente, permettere di capire che purtroppo, il nostro gatto vive un grande disagio e tutto questo, solo per dare a noi, compagnia. La stessa compagnia ddei propri simili che viene negata e per la quale mancanza,” si accetta” o ci si inventa il surrogato di un essere vivente non della stessa specienostra. Se solo pensiamo a come siamo selettivi, al volere vicino a noi un a compagna, facendo discriminazione e causando sofferenza, eppure ciò succede in continuazione nella famiglia umana che è crudele e cannibale,è assassina e giudice spietata di chi non si vuole accettare come “ nostro pari”.Ho visto cose nella nostra piccola comunità,che pensavo sorpassate da secoli. Purtroppo mi accorgo, che il pregiudizio farisaico è ancora radicato. Come disse una grande persona duemila anni fa: chi ha poco da farsi perdonare, poco ama. Chi ha molto da farsi perdonare molto ama ed aggiungo: molto di più degli altri, ne ha necessità:di amare e di essere amato. Era una prova grandissima quella che Pino sopportava da dodici anni, la solitudine, la mancanza d’ amore, la mancanza d’ affetto che solo la sua gattina gli dimostrava, anche se quell’ affetto era un istinto e non veniva dal connubbio del ragionamento del cuore e della mente. Anzi, proprio il freddo ragionamento, frenava, addirittura inibiva nel nascere, l’ affetto verso di lui che forse a volte era nato. Se non era questo pragmatismo, lo era il timore del giudizio degli altri, ma L’ amore non caccia via il timore? dice una lettera scritta dall’ apostolo dell’ amore un certo Giovanni amico di Gesù?Forse il desiderio di compiacere rimanendo nelle grazie dei più,ci fa peccare del più grande dei peccati: non amare anzi non voler amare il figliol prodigo. Meglio mantenere la stima dei farisei. vero? Così facendo, uccisero il Cristo prima e i suoi seguaci dopo, ma non per questo furono dalla parte di Dio, che ci ricorda: Chi non ama il suo fratello che ha visto, come può dire di amare Dio che mai ha visto? Che pensieri gravavano sul tenero cuore di Pino! Quali pesi insopportabili trascinava Pino il solitario non per sua scelta, ma per scelta della vera comunità cristiana. Qualche centinaio di persone, che rifiutano un essere che è solo in una grande comunità civile, dove volontari si prendono affettuosa cura dei miseri. Ma loro, noi lo facciamo? Dio, Tu sai che avrei potuto essere un altro se solo fossi stato riaccolto con amore e stima invece che con sospetto e pregiudizio, con maldicenza e disprezzo. Dio mio, perché hai permesso finora tutto questo desolante vuoto nella mia vita oltremodo così aggravata da ciò che sai. Oltre tutto, non credo forse sbaglio, che serva come esempio, perché Tu non puoi permettere che uno soffra per dare qualcosa a tutti gli altri anche se questo lo facesti col tuo proprio figliolo, ma fu l‘ eccezione alla regola ed oltre tutto foste solo tu e lui a soffrire e per uno scopo inderogabile).All’ ora la contentezza del padre che si rallegra al ritorno del figliol prodigo, la gioia del pastore che lascia le novantanove pecore per cercare e ritrovare l’ unica smarrita, dove) sono? Dove fu la gioia dei miei parenti quando ritornai, il soccorso che si dà perfino al cane ferito, ma che non mi hanno invece ancora dato? I miei antichi fratelli e sorelle che mi hanno trattato con disprezzo fin da subito dopo che tornai, lo sbattermi in faccia la loro (anche se giusta) superiorità spirituale, dimentichi che feci a suo tempo, cose che la maggioranza mai compì per servirti, non che di questo io mi voglia vantare: lo feci volentieri e Tu mi hai dimostrato gratitudine lo sappiamo! Ma io, Perdona se te lo ricordo, io ho bisogno d’ amore, d’ affetto. Non della solitudine che uccide e degrada l’ essere umano: o,non sono un essere umano? Dio? Sono solamente il capro espiatorio, che paga errori del passato, con la condanna più gravosa e crudele che si possa infliggere: la solitudine dell’ emarginato? Mi rifiutavo a volte, di sognare ad occhi aperti sul possibile futuro. Stando a quello che avevo compreso, altre volte invece, mi spingevo al di la della mia misera esistenza, ripiena di rabbia, e rancore. Per chi poi provare un simile sentimento.. Non viveva ogniuno di noi la propria vita? Certo difficilmente chi è preso dai suoi problemi, può accorgersi del dolore di un altro, mettendosi per così dire nei miei panni, quelli cioè di uno che è storto, vistosamente convesso su se stesso e quindi piegato ad arco verso l’ esterno; in una parola: gobbo. Piagato e piegato dalla deformità che mi “ segna” che mi addita a tutti come un grido che grida:” ecco il gobbo! Ecco il gobbo! Come posso esigere, anelare all’ affetto degli altri, all’ amicizia degli altri. All’ amore di una donna, magari bella, intelligente, sensibile, che comunque tale credi che sia. Una donna che lasciandosi andare ad erotiche fantasie, sia estasiata dal pensiero di appartenermi, di baciarmi, accarezzarmi la schiena, anzi la deformità che ho al posto della bella e virile schiena degli altri uomini, con la spina dorsale diritta come la lisca del pesce, morbida e muscolosa come il dorso delle statue greche, armonie di corpi apollinei, forti ma dolcemente sinuosi, desiderabili fino al punto che nell’ amplesso la donna lotti col desiderio di piantare le unghie in quella perfezione che sa reggere l’ intero corpo, perché forte, possente, ma pure delicata che guizza sotto pelle nei movimenti dei muscoli, dei nervi e delle scapole, quando ci si muove nell’ atto del congiungersi con la donna!
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ti capisco e condivido le tue paure,sii superiore (emiliapoesie39)
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