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Ormai da tre giorni, la pioggia cadeva ininterrottamente sui tetti anonimi delle case di un piccolo paese situato tra le valli bergamasche. Nonostante la primavera fosse molto vicina ad affacciarsi, il sole proprio non voleva uscire, restando continuamente a dormire dietro quel letto formato da grigissime nuvole, sempre cariche d’acqua. Dietro ad una finestra incorniciata da persiane di legno vecchio, restava a guardare il mondo un giovine ragazzo. Non sapeva ancora che sarebbe divenuto un famoso poeta. Riccioli di un nero corvino coprivano il suo capo mentre due occhi grandi e penetranti richiamavano l’attenzione di chiunque lo fissasse. Incantavano perché erano magnetici, brillanti come due gemme, malgrado fossero di colore scuro. Il nostro protagonista aveva diciassette anni e, a breve, divenuto maggiorenne, avrebbe affrontato il mondo degli adulti. Amava osservare, silenziosamente, tutto ciò che lo circondava ponendosi continuamente quesiti sul come ed il perché di ogni cosa. A volte, non trovava spiegazioni ma, lui, era il ragazzo del vorrei sapere! Inguaribile romantico, molto sensibile, non crediate non fosse capace di trasformarsi da tenero usignolo a lupo pur di difendere le sue fantasiose idee ed il suo inafferrabile credere nei sogni. La sua legittima curiosità era dettata da una classica indole di indagatore dell’animo umano perché lui, Matteo, non era spinto solamente da un desiderio di conoscenza scientifica delle cose, bensì da un ardente voglia di comprendere ogni singolo stato d’animo che provocava qualsivoglia emozione non appena si presentasse l’occasione di restare meravigliati, stupiti, di fronte agli eventi della natura e della vita umana. Matteo non si era allenato ad ascoltare ogni singola sfumatura delle sue emozioni perché gli veniva spontaneo saper ascoltare e descrivere ogni cosa con talentuosa poesia facendo parlare il cuore. Infatti, raccoglieva tutti i suoi pensieri felici, tristi o carichi di dubbi, per annotarli su bianchi fogli riuniti in una cartelletta di cuoio, color tabacco, che la nonna gli aveva regalato come gesto di immenso affetto in occasione del suo precedente compleanno. Quando osservava la pioggia cadere, si chiedeva se le nuvole avessero provato dolore non appena il sole le avrebbe squarciate con i suoi raggi. Vedendola cadere a terra, Matteo si chiedeva se la terra soffrisse quando il fiore, che sarebbe poi nato, avrebbe lacerato il suolo per sbucare nel giardino che circondava la sua piccola ma graziosissima casetta. Nel frattempo, la pioggia stava affievolendosi, smettendo di bagnare l’intero paese ed i dintorni. Matteo fu rapito da un indescrivibile gioia perché, guardando dietro ai vetri bagnati da goccioline d’acqua, si presentò un meraviglioso spettacolo di luce. Nei pochi istanti in cui la pioggia stava cessando di cadere, si formò, su di una piccolissima collina che faceva da guardiano all’ingresso est della piccola casetta, uno scintillante arcobaleno, definito da intensi colori. - Che magia è mai questa? - pensò il giovane Matteo! - Come è possibile?! - Da dove vieni quella luce? Altri interrogativi a cui doveva trovare subito una risposta. In quel momento, Matteo si chiedeva se anche il cielo, proprio come lui, si riempisse di dubbi quando doveva costruire l’arcobaleno e si domandava, inoltre, come facesse a scegliere quei meravigliosi colori che, poi, risplendevano in fasci di luce impalpabili. Non poté trattenere la voglia di scrivere questi importanti pensieri colmi di romanticismo e fervida immaginazione sui suoi fogli che, in breve, si erano già riempiti ad ogni sua singola emozione. Afferrò la penna ma, temendo che l’arcobaleno sparisse, corse subito fuori ad ammirarlo in tutto il suo splendore e in tutta la sua bellezza. Ai suoi occhi, la generosa natura stava regalandogli sensazioni magnifiche perché, oltre a quell’enorme fascio di luce, nato dalla sua collinetta e che non si capiva dove terminasse, uno stormo di rondini colpì la sua sensibilità volando contro un leggero e fresco venticello che gli soffiava addosso. Ed allora si chiese ancora una volta: chissà se quelle rondini soffrivano planando controvento e se avessero paura di perdersi nello sconfinato cielo da attraversare in quel loro peregrinare. In men che non si dica, Matteo rientrò nella stanza da dove era uscito ed afferrò con grande determinazione la penna, quasi come fosse una spada; la impugnò tra le mani, certo che avrebbe vinto la battaglia dell’aver saputo descrivere il perché di ogni cosa senza aver perso le emozioni, la gioia ed ogni curiosità provate. |
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Ormai da tre giorni, la pioggia cadeva ininterrottamente sui tetti anonimi delle case di un piccolo paese situato tra le valli bergamasche.» |
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