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Fulmine in corsia (Prima parte)

Amore

La bella Simona. Che pezzo di femmina. Marco, il ragazzo del bar, quando lei entra nel locale con il suo corpo profumato come un cesto di fragole, spalanca gli occhi mormorando parole che rasentano l’ oscenità tanto da meritarsi i rimproveri gestuali del principale. Simona. Non solo corpo. Anche cervello. E che cervello! Centodieci e lode, e si dice anche bacio accademico, si legge sulla laurea di Medicina.

La vita di Simona va. Scorre senza nessun tormento del cuore. Corre un giorno intero dietro a diagnosi e terapie da segnare sulle cartelle cliniche in uno dei più noti ospedali di Roma. L’ unico suo tormento, meglio chiamarla scocciatura: quel rompicoglione del giornalista. L’ altro giorno l’ ennesimo scontro tra i due. “ Gliel’ ho detto mille volte che non deve importunare medici e pazienti”. Il tono duro, frustrata autentica, è della dottoressa appena trentenne, da qualche anno assunta qui in ospedale, ma con una carriera spalancata davanti, che sfodera l’ ennesima tirata d’ orecchio a Franco. Il cronista del giornale locale la guarda, si gira e con un gesto sta per mandarla a quel paese. Poi si stoppa, trattiene il fiato cercando di tenere a bada nervi e battiti del cuore, la fissa ammirato, e con un filo di sorriso sulle labbra, s’ affida alla sua voce flebile ma audace: “Non ho mai capito come una donna bella come te riesca ad essere così cattiva. No, no, mi correggo. Non sei cattiva, ma un sacco intollerante si”.“ Adesso mi da anche del tu” gli replica Simona ma con animo pacato, del tutto sereno. E lui: “ Mi scusi, non volevo”. E lei ancora: “ Perché scusarsi, l’ importante è che vada via”. Poi, con il capo dondolante mormora: “ No, non c’è proprio niente da scusarsi”. Lui la sente e ribatte schernendola: “ No, nessun problema. Basta che mi tolgo dai piedi”.

La vita va. Per Simona e Franco la vita va. Anche all’ ospedale la vita va. Il solito rosario di giorni tutti uguali, zeppi di barelle che vanno e vengono. Mancano pochi giorni all’ arrivo del nuovo anno. Franco si gusta il suo solito caffè al tavolo del bar del nosocomio cittadino. Afferra il suo taccuino vuoto di notizie del giorno. Non sa che scrivere. E allora butta giù qualche riflessione sull’ anno che sta andando al macero:“ Sta per finire. Ma non finirà ancora questo ciclo instancabile di persone e cose. Sta per finire. Ma non finirà ancora questo mestiere antico che ognuno deve esercitare nel modo che meglio crede. Sta per finire ma non finirà ancora questa somma di giorni che ti fanno diventare quello che non vorresti essere. Sta per finire ma non finirà ancora l’ insieme di tormenti che ti consumano e di gioie che t’ illudono. Sta per finire ma non finirà ancora lo scenario del sole che caccia via la luna e quello della luna che caccia via il sole”.


Poi di scatto alza la testa e vede lei, la sua nemica dal camice bianco. Lo guarda incantata ma il suo volto non è di biasimo. Anzi, sa di tenero. Gli occhi spalancati cercano qualcosa in lui. I soliti occhi femminili che cercano nel cuore. Lui fa finta di niente. S’ alza, l’ avvicina e fingendosi infastidito le dice” Me ne vado. Ma qua posso stare. E lei lo sa che posso starci”. Lei lo afferra per il braccio e con le labbra dentro ad un sorriso lo accarezza con queste parole: “ Non hai capito niente. Vuoi uomini, come al solito, non capite mai niente”.


Giorgio Lavino 23/05/2014 20:31 739

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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