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Scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani

Spiritualità
Era sempre serena, mai una nuvola pareva adombrare il suo animo. Eppure sapevo bene che non poteva essere così. Nel suo cuore c'era una ferita aperta, mai del tutto rimarginata. Un dolore enorme che solo un amore più grande di quello che si prova per una figlia persa prematuramente poteva placare e consolare. Quante lacrime aveva versato. La incontrai per caso. Erano anni che ci eravamo persi: colpa dei miei impegni e del mio egoismo. Sempre bella, con un sorriso dolce che illuminava il viso e lo sguardo che induceva quiete. La voce, da eterna ragazza, era naturalmente sensuale. Dopo i primi convenevoli, le domandai di lei, della sua vita privata... solite cose. Le chiesi se si era mai sposata e, facendo perno sulla nostra antica confidenza, le chiesi se fosse innamorata. "Sì!", mi rispose, osservandomi sorridendo: "perdutamente innamorata". Stupidamente fraintesi: "era ora! Finalmente! A quando le nozze, sempre che non ci siano già state?", "non è possibile che noi si possa convolare a nozze, perlomeno quelle che normalmente s'intendono come tali, ma in un certo qual modo, siamo intimamente sposati da sempre". Non capivo, restai confuso. Lei se ne accorse e, accompagnando le parole con un piccolo ed incantevole gesto, specificò, ancora più sibillina: "Sono innamorata di un uomo morto.", " mi stai prendendo in giro, spero", "un uomo che ha sofferto tanto per tutti noi, fino a morire per noi... in croce.", "Capisco, credi alle favole!", "Sì! Una splendida favola, incredibile e, poiché folle, assurdamente vera". Come sempre riusciva a coinvolgermi in discussioni appassionate. La sua intelligenza, che faceva il paio con la sua bellezza, aveva sempre agito su di me come un magnete che mi attirava dentro un vortice di senso e significato che mai avevo provato in altre situazioni. Era proprio bello parlare con lei. "Sei una donna intelligente. Non riesco a capire come puoi credere che sulla croce Gesù possa aver sofferto nella carne. È stato davvero troppo facile per Lui affrontare la croce: una divinità non può soffrire le nostre pene, e neppure il dolore può intaccarne l'anima." Con un ammiccamento m'invitò a sedermi con lei sulla panchina più vicina. Il sole splendeva e la primavera faceva già sentire il suo tepore. Accettai di buon grado: sapevo che mi avrebbe preso per mano ed accompagnato a far visita alla sua anima, ciò che di lei ho sempre amato: "Io credo che Dio si sia incarnato, sia diventato a tutti gli effetti uomo. Non può non aver sofferto le nostre pene. Credo le abbia conosciute tutte: la sofferenza fisica per le trafitture dei chiodi e quella nel costato; credo pure che abbia sofferto fino allo spasmo più acuto del cuore l'abbandono da parte del Padre suo. Ha conosciuto tutto, anche l'assurdo dramma dell'abbandono del Figlio. Perché Gesù è colui che è stato abbandonato dal Padre ed è anche chi ha abbandonato il Figlio. In quegli attimi ha conosciuto il dolore di una madre che per salvare il proprio figlio lo consegna nelle mani di mercanti di uomini privi di scrupoli, e, quando lo fa, nello stringere per l'ultima volta la sua piccola mano, sa già che forse non lo rivedrà mai più. Ha anche vissuto l'atroce sofferenza di quel piccolo che, senza colpe, per trovar salvezza e dar corpo ad una speranza, è abbandonato dalla madre alle vili cure di uomini privi di scrupoli. Nella flagellazione ha patito il tormento della carne di tanti giovani che hanno creduto nella giustizia, torturati da vili aguzzini. Nell'ignominia della croce, ha sperimentato su di sé l'offesa di uomini che sbeffeggiano e ingiuriano altri uomini solo a causa di una diversa pigmentazione della pelle, perché noi siamo più attratti dalla superficie delle cose che dalle profondità del cuore. Gesù ha sofferto tutte le nostre pene, quelle dell'umanità." Restai stupito. Non volevo offenderla, cercai le parole più delicate che potessi trovare per replicare a quell'enfasi un po' stucchevole: "Sai come la penso su questa storia. Storia di uomini scritta da uomini per gli uomini. Credo anch'io che Gesù, se mai è esistito il Gesù dei Vangeli, abbia sofferto nella carne come qualsiasi altro uomo. Tale era, nient'altro. Il resto credo siano sovrastrutture erette per devozione da chi credeva in Lui." "So bene che sei ateo. Ma pur essendolo, io so che dentro di te divampa un'antica inquietudine mai appagata, che ti rende curioso e ti porta a cercare qualcosa che neppure tu ben sai distinguere. Credo che tu razionalizzi troppo. Non sono così ingenua da credere che tutto ciò che ci propina la Chiesa sia oro colato. Fra l'altro, in quegli enormi spazi ricolmi di ori e marmi preziosi, il Logos di Dio risuona come un'eco distorta. Ma il mio Gesù non abita le Chiese. Vive dentro di me.", "Certo, non potrebbe essere altrimenti, ne sei innamorata, e, come qualsiasi altro amore, non potrebbe che essere ospite del tuo cuore. Ho la sensazione, però, che tu sia innamorata di un'idea, forse dell'idea dell'amore.", "Può essere. Io credo che l'amore che un uomo può provare nei confronti di una donna, e viceversa, altro non sia che una sorta di immagine evanescente dell'amore che Dio prova per l'umanità. L'amore fra umani è un pegno, un acconto di quello che ci attende, è quanto più ci avvicina a quello che Dio prova per noi". Era davvero incantevole sentirla parlare. Proseguì: "Io, dentro di me, sento che il Logos, facendosi carne, ha patito sulla croce non solo come carne, ma anche come divinità. Gesù è un paradosso. Non puoi pensare di scindere la divinità dall'umanità di Gesù; è la sua stessa natura che non lo permette. Diversamente, la morte sulla croce e l'intera vita di Gesù, sarebbero solo una finzione, una bugia – forse pietosa – raccontata all'uomo, poiché la divinità non avrebbe partecipato al dolore e non sarebbe stata quindi partecipe delle afflizioni dell'umanità. L'incarnazione, invece, impone proprio questo. Dio si è fatto uomo, nella sua interezza: carne intrisa di gioia e dolore, certezze e dubbi. E' per questo motivo che ti ripeto che è Dio stesso che soffre. Anche il dubbio insinuatosi sulla croce, i cui segni sono rinvenibili nel Getsemani, sono la cifra di un'agonia spirituale che coinvolge la divinità in prima persona, e Gesù, in quanto uomo divino, non poté sottrarsi a questa agonia, la quale trovò il suo epilogo nell'agonia della carne divina sulla croce. Ritenere che la sofferenza abbia coinvolto solo la carne, lasciando intatta la natura divina, significa sostenere un'algida alterità di Dio rispetto alle vicende umane, ciò sarebbe in aperto contrasto e negherebbe di fatto la passione amorosa che dovette convincere Dio a dare se stesso per riscattare la creazione dal peccato, e sarebbe un'indelicatezza rispetto al mio amore, che non posso concedere". Restai muto. Sorrise. Si era fatto tardi. Il tempo era scorso come un sospiro. Ci abbracciammo. Eravamo davvero felici di esserci ritrovati. Ci saremmo incontrati ancora.
Visechi 20/09/2016 20:00 841

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Le Janas (18/08/2016)

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Il mare, i porti e le barche (23/09/2016)

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Fra vapori di sogno (23/08/2016)

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La leggenda del fantasma della casa della contessa di costa rei (04/09/2016, 1390 letture)


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