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Fiamme d’amore

Amore


A quell’ ora del pomeriggio, con 38° all’ ombra, il paesino era completamente deserto. Solo un pazzo sarebbe uscito a fare... che cosa, poi? I negozi erano chiusi, non c’ erano posti da andare a vedere, i bar semi chiusi anche loro con il cameriere che dormicchiava su una sedia... I cinema non esistevano e le TV, chi ce l’ aveva, se la godeva a casa con un ventilatore acceso.

Invece un pazzo c’ era! Era un tizio arrivato al paese da poco, silenzioso, non parlava con nessuno, un orso insomma, che viveva in una piccola casetta sopra alla collina, che era stata sempre chiusa e che nessuno sapeva di chi fosse...

Chi era passato da quelle parti diceva che qualcuno aveva aperto la casetta sulla collina, e che stava aggiustando e martellando tutto il giorno per renderla abitabile, e aveva anche delle galline dentro un piccolo pezzo di terra circondato con una rete metallica. C’ era un cane grosso, legato, forse perchè aveva paura che facesse male a qualcuno. Ed infine, (e questo sorprendeva un pò una bella macchina nuova davanti alla casa, ma che usava raramente, visto che andava sempre a piedi.

Nessuno sapeva come si chiamasse, ma sembrava che non fosse nessun problema per lui.

Quel giorno il tipo sembrava di cattivo umore, arrivò fino ad una piccola stazione di polizia ed entrò. L’ appuntato si era addormentato sopra una poltrona collocata proprio all’ entrata della stazione, come per impedire il passo a chi volesse passare innosservato... Ma quello, aveva delle gambe così lunghe che scavalcò in un attimo quelle del appuntato... e con voce abbastanza forte disse: "Non lavora nessuno quà dentro?"

L’ appuntato fece un salto dalla poltrona, con voce assonnata disse:

"Chi l’ ha detto?, scusi, desidera?"

"Stanotte mi hanno rubato due grosse galline! esigo che mi vengano restituite!

"Ma certamente signor....?!"

"Rodolfo Lares"

"Quando gliele hanno rubate signor Lares?

"Stanotte, mi hanno svegliato il chiasso che facevano le galline, sono uscito in fretta, ma non ho visto nessuno, ma le mie galline erano sparite!"

"Strano, rispose il poliziotto, qui non abbiamo mai avuto noie con ladri, specialmente di galline!" "Cosa vuole insinuare? che le stia raccontando delle frottole?"

"No, no per carità! ora mi metto in moto subito e incomincio a interrogare, forse qualcuno ha visto o sentito qualcosa, però, signor Lares, per due galline... "

"Senta! Non si tratta del valore delle due galline! se fosse qualcuno che ha fame gliele avrei regalate tutte! Ma non sopporto l’ idea che qualcuno entri in casa mia a rubarmi, OK?"

"Va bene, va bene, si calmi, farò il possibile per trovare il colpevole!"

"Me lo auguro! Buona giornata!"

Il poliziotto si grattava in testa mentre pensava che non aveva la più pallida idea da dove incominciare a chiedere, con quel caldo poi!!!"

Nel frattempo, in una casa molto vecchia e malandata, lontano qualche kilometro dal paese, due donne si davano da fare per spellacchiare due grosse galline! c’ erano piume da tutte le parti, e una caldaia con sotto del carbone acceso, borbottava con acqua bollente all’ interno.

Una delle due donne era grassa e mal vestita, poteva avere una sessantina d’ anni, forse più. L’ altra invece era giovane e snella con lunghi capelli neri che incorniciavano un viso bellissimo, dove due occhi profondi e neri guardavano il lavoro che stavano facendo, con una espressione di disgusto e noia.

"Senti Marisol", disse la donna, se non ti spicci qua si fa mezzogiorno e non avremo cucinato le galline, tu sai che tuo zio vuole mangiare presto, e non ho nessunaa voglia di litigare con lui!"

"Va bene, va bene zia, ma non mi chiedere di mangiare questi poveri animali perchè mi viene la nausea!"

"Io non ho mai conosciuto una persona più strana e schizzinosa di te! Sono due giorni che non mangiamo e dovresti essere riconoscente a tuo zio che ha avuto il coraggio di rubare queste galline niente di meno che a quel prepotente, antipatico e insopportabile "Signore con la puzza sotto il naso!"

"Forse zia, ma non mi negherai che è bello come il sole!"

"Si capisce subito che non sei di questo paese, e tanto meno nostra nipote!"

"Dai zia, ti prego! non hai mai voluto raccontarmi niente della mia famiglia, non ti sembra che sono abbastanza cresciutella per avere ormai il diritto di sapere qualcosa?"

"Mia cara. se non ti ho mai raccontato niente è perchè ho voluto evitarti un dispiacere grosso; la tua famiglia ha fatto una brutta fine, sono stati tutti sterminati da una delle tribù indiane più sanguinarie che esistessero a quei tempi! Tu eri molto piccola, io lavoravo in casa tua facendo tutti i lavori più pesanti. Quel maledetto giorno, ti presi in braccio istintivamente e ci nascondemmo dentro un grosso armadio giù in cantina, pieno di vecchi vestiti, ci metemmo completamente sotto quel mucchio di stracci, immobili, senza nemmeno respirare! Quando finalmente se ne furono andati, piano piano salimmo di sopra, lo spettaccolo era impressionante, ed io ti misi una mano sopra gli occhi...

Ma non ci fu il tempo nemmeno di piangere quei poveri morti perchè un denso fumo nero stava invadendo tutta la casa, e le fiamme si avvicinavano a grande velocità. Sempre tenendoti in braccio, quasi volai fuori, con l’ agilità che ancora mi permettevano le mie gambe e poi... e poi, non sto qui a raccontarti la disperazione, le fatiche, i problemi e la fame che passammo tutte e due. Finchè incontrai un uomo generoso che si prese cura di noi, è lo sttesso che ora tu chiami zio. Io gli sono molto riconoscente, e anche tu dovresti esserlo... anche se ora stiamo di nuovo passando la fame! Eh si! quando uno nasce povero e sfortunato non c’è niente da fare!"

Marisol era rimasta molto turbata dopo aver ascoltato, in poche parole, l’ orribile fine della sua famiglia e come si era svolta la sua infanzia e adolescenza, ma era giusto che lei sapesse come era capitata con quelle due persone che lei chiamava affettuosamente zii, e pensava che se non fosse stato per sua "zia" non si troverebbe lì in quel momento.

Sentì il bisogno di prendere un po’ d’ aria, ora il sole si era nascosto dietro a grosse nuvole nere, e già si udivano i tuoni in lontananza. La ragazza non si preoccupò per questo e incominciò a camminare senza una meta.

All’ improvviso si accorse che era davanti alla casa di Rodolfo Lares. Un brivido le passò per la schiena, forse perchè l’ aria era cambiata, il caldo sembrava essere stato inghiottito dal nulla e incominciavano a cadere le prime gocce di pioggia...

Marisol pensò fosse meglio tornarsene a casa, ma subito si scatenò un acquazzone così violento che senza pensarlo troppo si precipitò al cancello della casa del signor Lares. Ma appena se ne accorse il grosso cane da guardia che dormiva sotto il portico, le si precipitò addosso ringhiando e facendola urlare di paura... Naturalmente questo fece affacciare subito il padrone, che con voce forte e sicura commandò al cane di lasciare in pace la ragazza...

Ormai Marisol era bagnata dalla testa ai piedi, e tanto valeva che se ne andasse subito da lì. Ma Rodolfo la prese delicatamente per un braccio dicendole di entrare ad asciugarsi altrimenti si sarebbe presa un malanno.

A sentirlo parlare con quella dolcezza non sembrava proprio più lui. Marisol non aveva ancora aperto bocca, se ne stava seduta di fronte a quel camino acceso, e le fiamme alte donavano al suo viso dei riflessi meravigliosi. Dopo una decina di minuti, lei alzò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi, lui la stava guardando con adorazione. Lei sentì una emozione incredibile e lui piano piano si avvicinò a lei e la baciò teneramente sulle labbra.

Lei rispose a quel bacio con ardore... fuori pioveva ancora, e loro, davanti a quel fuoco si abbandonarono a quell’ incantesimo come se in tutta la vita non avessero aspettato altro. Rodolfo la stringeva a se sussurandole nell’ orecchio "Marisol, vita mia!" Lei, allora, guardandolo sorpresa disse: "Non ti avevo detto il mio nome, come lo sai?" "E’ una vita che lo so, e non solo, so tutto di te, della tua triste storia, della tua famiglia..., tu non puoi ricordarti di me, ma io ti ho vista varie volte quando eri ancora piccola e io un ragazzetto di nove anni. Mio padre era molto amico del tuo, e quando veniva a visitarvi, mi portava con se. Io ti guardavo giocare con la tua bambola, già da allora eri bellissima, fantasticavo pensando che quando saresti cresciuta ti avrei sposata, poi, successe quell’ orribile cosa, ed io non ti vidi più. Se ora mi trovo qua, è perchè dopo tante ricerche ho saputo finalmente dove trovarti e ora non ti lascerò mai più...

"Marisol... mi vuoi sposare?"

"Si, Rodolfo, mille volte Si!"


Franca Merighi 16/09/2021 15:20 1 867

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«La vita offre sempre delle sorprese ... È questo il messaggio che l’autrice ha voluto condividere con il lettore ... La giovane Marisol, colpita da una disgrazia quando era ancora piccola, si ritrova improvvisamente tra le braccia di Rodolfo... Solitudine, povertà e rassegnazione, si trasformano in gioia... Il destino è riuscito a regalare l’amore ... L’amore che può cambiare la vita a chiunque...»
Giacomo Scimonelli

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