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♦ rita damonte |
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Ancora un anno è passato. Ancora una volta è tornato il Natale di Gesù a portare tanti buoni proponimenti, tanto stimolo alla ricerca di un contatto umano – dopo dodici mesi trascorsi in solitaria animalità – tanto desiderio di annullare la propria individualità rifluendo tutti nello spirito del mondo. Ma l'uomo è ormai disavvezzo. Sparge il suo denaro, ridirezione freudiana della pulsione a spargere se stesso, in un aberrante connubio tra avere ed essere, nell'illusione delirante di darsi alienando gli averi che già "mise in borsa". Ricordiamo, allora, che soltanto Qualcuno ha dato se stesso e il Suo sangue perché l'umanità fosse di nuovo partecipe di quel Tutto divino perso per la sua folle hybris; e come questa nascita dovrebbe far riscintillare l'anima immortale della quale la nostra argilla è indiata, così ricordiamo un'altra nascita che parla a quel divini aliquid nel nostro cuore mortale, se solo sappiamo cercarlo.
Caro Wolferl. Anche nei momenti più cupi, quando nella nostra immensa presunzione sembra che l'universo intero congiuri contro la nostra faticosa felicità, quando tutto perde interesse e si copre di uno squallido sudario di indifferenza, uno dei crucci più cocenti è quello di aver perso per sempre (tutto è "per sempre" nei nostri pensieri dissennati) il contatto con la tua musica. Che pian piano ritorna. Dall'inconscio, forse. Ora è la mano che tamburella sul bracciolo di una poltrona l'allegro della K. 330 o che si muove sul mancorrente di un autobus nell'Adagio del K. 216; ora è nelle orecchie il sussurro del vento che mima il flauto di Papageno; è Peter Maag in TV che parla di te come d'un dio e dirige il Laudate Dominum dai Vesperae solemnes, la struggente melodia del soprano sopra il mormorio sommesso del coro, rammentandomi con dolorosa dolcezza che vorrei ascoltare proprio il Laudate Dominum prima di morire (dato che il mio demone personale non è così forsennatamente orgoglioso da richiedere l'Ave Verum). E dall'inconscio si fa consapevole. Riprendo, come in una rivisitazione di me fanciullo, ragazzo, uomo e vecchio – ormai – o dovrei dire anziano?, die Entfurung e la Haffner. Se Dio vorrà torneranno anche il Flauto, il Don Giovanni, il Requiem e tutto il resto.
Con un po' di vergogna, ma sempre da innamorato, ricorro a te ora che sto male, Wolferl. Ti chiedo soccorso. Alle tue creature, che mi riinsegnino a vivere, che mi aiutino a morire. |
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come mai non si riesce a decifrare? (Jeannine Gérard)
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