La metropolitana era affollata come ogni mattina, ma Lucia ormai non ci badava più. In piedi, attaccata al sostegno che la teneva, assorta nei suoi pensieri, guardava distrattamente la vita scorrerle su binari sempre dritti, senza mai uno scossone che la svegliasse da quel torpore.
Erano anni che faceva quel percorso per arrivare al lavoro, stesso orario, stesse persone, stesso tram-tram logorante.
Per non parlare poi della vita privata che girava sempre alla stessa maniera. Legata sentimentalmente a Marco, il suo ragazzo, non ricordava neanche più da quanto tempo lo conosceva, forse anche lui da sempre.
Era annoiata da quell’esistenza piatta che non le regalava mai nulla di diverso, di elettrizzante, di eccitante.
Anche quando si incontrava con le amiche, non riusciva a trovare soddisfazione come una volta, si parlava sempre delle stesse cose; il ragazzo, il lavoro e in via eccezionale del viaggio fatto da qualcuna di loro, ma per il resto era come lo stesso film che si ripeteva continuamente.
Da cosa dipendeva quell’apatia che sentiva intorno a lei? Erano gli altri che stavano trasformandosi in zombi o era lei che stava cambiando modo di vedere la vita?
Intanto la metro era arrivata al capolinea, Lucia scese come un automa e salì le scale che la portavano in superficie per prendere l’autobus. La gente seguiva la scia del percorso obbligato priva di volontà, come formichine in fila indiana con lo stesso scopo, arrivare al lavoro e timbrare il cartellino in orario. “Ma possibile che la vita sia solo questo? Sempre le stesse cose da diventare abitudine e la mente estraniata come non servisse più a niente?” Tutto ciò le metteva una certa tristezza, era deprimente.
Era da un po’ di tempo che nella pausa pranzo, andando a mangiare in mensa con le colleghe di lavoro, incrociava lo sguardo di un ragazzo che sicuramente lavorava da quelle parti. Anche lui era sempre in compagnia di altre persone e quindi difficile sarebbe stato trovare un pretesto per conoscerlo. Peccato, perché l’emozione che le trasmetteva era forte da farla rimanere eccitata anche quando ci ripensava. Infatti era diventato oggetto del suo fantasioso desiderio sessuale che fervidamente spaziava in mille modi.
Era un bel giorno di primavera e Lucia in compagnia delle colleghe rideva e scherzava in mensa alla solita pausa. Gli sguardi incrociati con quel ragazzo, che ormai faceva parte della sua vita, erano sempre più intriganti, colloquiavano senza parlare tra telepatia e complicità. Si alzò dal tavolo “vado a rifarmi il trucco ragazze” e si avviò verso il bagno sfilando con grazia ondeggiante come si addice ad una modella sulla passerella. Il suo corpo slanciato e sinuoso era appariscente al passaggio e la scia di profumo che emanava andava a completare il fascino di quel bel vedere.
Camicetta attillata da mostrar seni ben dritti, gonna a tubo fin sopra il ginocchio, calze a rete autoreggenti e tacchi a spillo, era uno schianto e lo sapeva bene.
Aperta la porta del bagno andò allo specchio per rifarsi il trucco, voleva essere sempre bella e mentre era intenta a spargersi un filo di rossetto, sentì aprire la porta dietro le sue spalle, ma non ci badò, il bagno era pubblico quindi normale che qualcuno entrasse.
Pensava a quel ragazzo “chissà come si chiama, da dove viene, ma poi in fondo la cosa che mi interessa di più è farci sesso, mi eccita” e mentre la mente viaggiava sulle ali della perdizione si sentì sfiorare sulle natiche.
D’incanto lo specchio riflettè la figura tanto desiderata, era apparso dietro di lei ma non era un sogno, era reale sentiva le sue mani palparle il corpo, non c’erano dubbi, era concreto.
Senza pensare si abbandono a quel tocco, chiuse gli occhi come già aveva fatto nella sua fantasia, per lasciarsi andare al piacere. Quelle mani esperte, quante volte le aveva desiderate sulla sua pelle ed ora magicamente la stavano esplorando negli anfratti più intimi della sessualità, curiose e vogliose di conoscerne ogni angolo nascosto, mentre il seno scoppiante di piacere, incontenibile in quella camicia troppo stretta, esplodeva al di fuori mostrandosi in tutto il suo splendore. I capezzoli si irrigidivano al lieve tocco di labbra e la lingua serpentina andava su e giù dal seno al collo facendola inarcare da brividi intensi di beatitudine per arrivare alla bocca, dove schiudersi in un bacio passionale. Una situazione che la elettrizzava, non sapeva neanche il suo nome, ma voleva averlo e godere con lui. “Ti desidero, sono pazzo di te, voglio averti, mi sei entrata dentro e adesso io entrerò in te” quelle stimolanti parole sussurrate al suo orecchio con ansimi di lussuria la fecero ancor più eccitare “sono alla tua mercè, fai di me quel che vuoi” rispose con voce suadente.
Lui la sollevò da terra poggiandola sul lavabo, con tenacia maschia le allargò le gambe scostandole gli slip e scese a lei con ingordigia da goloso che vuole assaporare un dolce ambito da tanto tempo.
La lingua si insinuò avidamente facendola estasiare di piacere incontrollato mentre le mani di Lucia gli tenevano il capo in segno di possesso.
“Ti voglio non resisto più, prendimi adesso”, ma lui non ancora sazio continuò il gioco lussurioso lasciandola senza forze. Tornò su, fino ai seni e cominciò a morderli eccitandoli, poi di nuovo sulla bocca in un bacio che le succhio l’anima. Lucia era arrivata al culmine del piacere, il mondo e il tempo si erano magicamente fermati in quell’attimo eterno di passione, lui, così tanto desiderato nelle sue fantasie, era diventato realtà, stava godendo di lui come mai avrebbe immaginato. L’abbracciò con tutto l’ardore, mentre lo sentì entrare dentro sconvolgendole i sensi. Si muovevano alternando i ritmi in una danza magica che solo loro potevano sentire, mentre tutto quel che era fuori rimaneva fuori estraneo. Quando il ritmo si fece più intenso allora arrivò il momento di abbandonarsi all’orgasmo che li unì nell’estasi.
Si guardarono negli occhi, brillavano di passione, lui si staccò da lei e con un cenno di intesa si allontanò uscendo.
Lucia si sentiva bene, era come rinata da quella eccitante esperienza, sapeva che ci sarebbero state altre volte così e ne era felice.
Uscì dal bagno dopo essersi ricomposta, passò tra i tavoli dei commensali ancheggiando civettuola fino al tavolo dove l’aspettavano le colleghe. “Ma quanto ci hai messo, noi stavamo quasi per andare via” dissero le amiche con fare un po’ invidioso “si vero, solo che il trucco si era un po’ sfatto e ho dovuto ristrutturarmi bene” rispose ridendo soddisfatta.