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Estate di tanti anni fa. Quella mattina mamma mi svegliò con una particolare dolcezza. Una cascata di baci e carezze quasi a togliermi il respiro. La sua amorevole essenza mi pervase narcotizzandomi - per un po’ - da non riuscir quasi subito a ricordar che stavo partendo per un mese intero. Anche il suo cappuccino d’ orzo mi parve ancor più divino della norma. Avevo undici anni ed era la prima volta che sarei partito da solo, per così tanto tempo, e ciò mi provocò un inebriante entusiasmo. Da lì a poco mi ritrovai su un pullman destinazione la meravigliosa colonia marina "Don Bosco" dei Salesiani, quasi alla fine della lunghissima Playa di Catania, dopo aver salutato papà mentre accompagnava la mia partenza con il suo sguardo valido più di mille parole. Sul pullman, al terminal, c’ erano ragazzi provenienti da diverse zone della Sicilia con cui già da subito avvertii una particolare sintonia percepita nei loro sorrisi, preludio d’ un estate gioiosa e ricca di nuovi amici. La giornata estiva di luglio, particolarmente soleggiata, assunse via via toni ancor più in festa non appena giungemmo nella colonia immersa in quella vastissima e rigogliosa pineta, a ridosso d’ una spiaggia color oro, in un quadro infinito ove il mar Jonio e il cielo erano d’ un blu cobalto da lasciarmi senza fiato. I vialetti con misteriosi sentieri, immersi in quella incontaminata pineta, conducevano in luoghi impensati quali la chiesetta, la sala mensa, un piccolo chiosco (rifornito più d’ un market) un anfiteatro, la lavanderia, un laboratorio creativo, una sala cinema, vari campetti sportivi e una zona giochi dove c’ era un’ altalena non regolamentare che, allora, la vidi alta quanto il tendone d’ un circo. Lassù, brivido da luna park! Ancor di più fu suggestivo quel grandissimo piazzale, quasi al centro della colonia, coperto da un’ altissima imponente impalcatura con un tetto grandissimo dove lì per terra v’ erano verniciate una miriade ordinata di puntini bianchi che si estendevano in un area geometricamente rettangolare, in cui noi ragazzi sostavamo (uno per ogni puntino) allineati ed ordinati per squadre, già dalle otto del mattino, per assistere all’ alza- bandiera. Loro, i Salesiani, sono sempre stati i numeri uno in questo, testimoni viventi dello spirito di Don Bosco, baluardo protettivo e formativo per migliaia di ragazzi nel mondo. Non per ultimo ci stupì un grandissimo tabellone in legno colorato, munito con delle mongolfiere mobili che lo planavano; ogni mongolfiera, con su delle piccole sagome di bambini, rappresentava una squadra, ed a seconda del punteggio guadagnato da ognuna delle squadre (punteggio accumulato e scaturito da ogni successo che una squadra, in competizione con le altre nove squadre di ragazzi, otteneva nelle eterogenee discipline sportive, etiche, goliardiche, culturali e così via), saliva verticalmente verso il traguardo finale. La meta fu un sole, posto lì in apice del tabellone; la mongolfiera che lo avesse raggiunto per prima avrebbe segnato la fine della stagione balneare nonché la squadra vincitrice delle competizioni, con prestigiosa premiazione delle prime tre classificate. Che agonismo! Si, ma disciplinato, sano ed autentico. Le giornate scorrevano in estasi da divertimento, tra i giochi in spiaggia, in pineta, momenti di studio creativo, preghiera, spettacoli teatrali, musicali e intrattenimento la sera, con spirito di fratellanza e di comunione (simili a quelli della « Città del Sole» di Tommaso Campanella) che loro, i Salesiani, quasi tutti giovani d’ età, ci trasmettevano, inclusi anche momenti di essenziale severità quantunque fosse stato necessario. Non dimenticherò mai quei centinaia di sorrisi spontanei che ci scambiavamo ogni giorno, i profumi dei gerani e del bagnoschiuma/shampoo alla banana (credetemi, con una profumazione così intensa non l’ ho mai trovato in nessun negozio di prodotti per l’ igiene o profumeria) quando i Salesiani in costume ci somministravano a dosi nei capelli, per ognuno di noi, al quotidiano rientro della spiaggia, in quelle mega galattiche docce a cielo aperto. Ma la cosa che più segnò una svolta nella mia vita fu lei, Fabiana, colorando per la prima volta i miei pensieri con magiche sfumature rosse e blu, trasmettendomi melodiche sensazioni mai provate e sino ad allora sconosciute. Indimenticabili i suoi grandi occhi d’ avventura, color verde smeraldo, i capelli lunghi ramati e luminosi - quasi ricci - e i tratti somatici d’ una pupa da favola! Ma lei per me era un universo misterioso almeno per le sensazioni che mi trasmetteva, quando mi guardava fisso e sorridente, diverse da quelle che ebbi provato sino ad allora con le altre ragazzine. Ogni volta, incrociando il suo sguardo, sentivo il mio cuore che esplodeva d’ emozione e di gioia e mi sentivo catapultato in una dimensione quasi surreale ma colma d’ una strana felicità a cui, allora, non fui capace d’ attribuirgli un nome. Innamoramento, infatuazione o quant’ altro? Ma cos’ erano? Tanti erano gli argomenti che mi interessavano, pur da fanciullo, ma chiaramente d’ amore no. Come avrei potuto capire certe cose, anche se qualcuno me ne avesse parlato, non avendole mai provate? Loro, le ragazzine, erano nella colonia marina di Maria Ausiliatrice, adiacente la nostra, a sud della pineta. Gli unici momenti che condividevano insieme furono la Santa Messa la domenica mattina, la sera in anfiteatro, in spiaggia e qualche altro particolare evento. In tali circostanze mi imbambolavo tante che c’è n’ erano, ed erano tutte belle! Ma poi niente di più. Tutto ebbe inizio un pomeriggio, durante una caccia al tesoro nel bosco, in cui io, sempre un po’ troppo con la testa fra le nuvole, curiosando fra i vari sentieri immersi nella vegetazione, mi persi. Iniziai a preoccuparmi solo quando realmente non sentii più il vociferare di nessuno e non riuscii più ad orientarmi, essendomi allontanato tantissimo dalla zona adibita ai nostri giochi. Per ritornare sarei dovuto andare verso il mare e poi orientarmi in quella sconfinata playa per poi rientrare in colonia dalla spiaggia. Si, ma per farlo avrei dovuto attraversare una zona neutra del bosco, fuori controllo dei Salesiani, ove ci proibirono tassativamente di andare poiché teatro di accadimenti non per niente rassicuranti, per via di alcuni soggetti che abitualmente la frequentavano. Stavo per avventurarmi, per niente sereno, quando all’ improvviso chi mi sbucò davanti? Fabiana, sorridente, mi chiese che ci facessi lì. Lei, orfana di entrambi i genitori, viveva da anni insieme alle suore di S. Maria Ausiliatrice e quel bosco lo conosceva come le sue tasche. Fu lì che ci fummo conosciuti per la prima volta e io ancora non riuscii a capire da dove quell’ incantevole ragazzina fosse sbucata. Lei si offrì di accompagnarmi alla colonia marina, con una naturale e affascinante disinvoltura che mi rapì il cuore. Anche se, in realtà, il mio cuoricino fu rapito dalla sua connaturata bellezza, proiettandomi orizzonti misteriosi d’ avventura e libertà. Durante il ritorno mi sparí ogni sintomo di paura e incredibilmente da lei mi sentii protetto. E io che mi reputavo un temibile guerriero, alla stregua di "Uomo Tigre" o altri protagonisti dei cartoni animati d’ allora. In quel momento desiderai che il tragitto non finisse mai. Parlammo mentre camminammo insieme, e fu come se ci conoscessimo da sempre. E la vita per noi era da poco iniziata. La musicalità del bosco osannava i suoi passi mentre uno sciame di meravigliose farfalle, improvvisamente, le volteggiavano festose intorno, forse richiamate dalla sua colorata chioma vitale. Ci salutammo non appena riconobbi in lontananza la colonia. Guardandoci negli occhi, con un sorriso Lei, inaspettatamente, mi prese per mano e mi accarezzò il viso. Fu un attimo eterno ... mentre mi sentii in paradiso! Ancora oggi, quando ci penso, mi sembra di avvertirne il contatto. Fu la carezza più emozionante della mia vita. Rientrai mentre tutti gli altri stavano assistendo alla finale dei mondiali di calcio in "Españ a 82", sul proiettore a maxischermo. Miracolosamente nessuno si accorse della mia marachella. Avrei ricevuto un severo rimprovero e penalizzato la mia squadra con un punteggio negativo. I miei compagni mi avrebbero sbranato, in considerazione che eravamo primi a pochi punti dalla seconda squadra, e ormai la stagione coloniale era agli sgoccioli. Quella sera l’ Italia vinse il mondiale di calcio in Spagna, uno dei più prestigiosi di tutti i tempi, battendo in finale la Germania per tre reti a uno (3 - 1), grazie alle prodezze dei mitici Paolo Rossi, Tardelli e Altobelli. Fu la sorpresa delle sorprese a livello mondiale. L’ Italia passò nella storia per aver vinto il "mondiale dei mondiali" in Spagna, raggiungendo il Brasile allora considerata la numero uno al mondo. Fu festa strepitosa ed indimenticabile ma la mia anima esultava di gioia, ancor di più, per quell’ attimo eterno con Fabiana, e per quella carezza che mi lasciò sul viso il profumo dell’ infinito. La notte mi affacciai in terrazza tanta era l’ emozione di cui non ne contenevo l’ entità. Stesi ore ad osservare incantato la luna argentea sul mare, sotto un cielo tempestato di stelle, con brividi sulla pelle amplificati dal suggestivo panorama notturno di Catania - luminosa sullo Jonio - e dal lido con insegna al neon rosso/blu da cui si effondeva una magica canzone. Un inedita canzone che, solo dopo anni, ho scoperto fosse di Marco Ferradini e che si intitolasse "Teorema". La canzone e il dolce pensiero di quella carezza ricevuta temprarono poi il mio essere e i miei sogni ove l’ amore sarà caposaldo per sempre. |
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