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Storia di paese (La ribellione) 11 episodio

Fantasy

Assuntina entrò in casa, si tolse il pesante scialle dalle spalle ricurve ed accostandosi al caminetto disse: “ Totuccia, mì enu mali c’ amu preso altra ligna, si no chistu nvè rnu sarremu morti ri friddu.”

Parlava come se Rosalia non ci fosse, ignorandola o almeno così sembrava, ma invece improvvisamente si rivolse alla nipote: ” A pecorella smarrita torna sempri all’ ovile, e u pasturi nun a lassa fù ora ma l’ accoglie cu contentezza… Assettati hai ‘ na laria facci, si vadda chi nun hai avutu ‘ na vituzza fà cili.”

Si guardarono negli occhi e Rosalia vide nello sguardo invecchiato della zia una grande sofferenza e provò una stretta al cuore, sicuramente un po’ di colpa era stata anche sua. Trovò il coraggio e le rispose: ” Nun vi vogghiu criari guai, si vuatri volete chi me ni vaiu, u fazzu stasira stissa, ma si decidete chi iu resti mi duviti perdonare e accettare mo figghia.”

Totuccia guardò la sorella prima di rispondere, sapeva come la pensava e cercava nei suoi occhi una risposta di consenso, Assuntina dopo un attimo di esitazione disse: “ Rosalia nun u viri chi chista picciridda avi fami, preparaci u latti e poi iti a ripusari, a to cà mira jè rimasta tale e quali.” Ed aggiunse: “ Unni mangiano dui ponnu mancià ri macari quattru.” Totuccia tirò un sospiro di sollievo e dopo l’ approvazione della sorella disse alla figlia: “ Assuntina avi raggiuni, fai comu ti avi rittu.”

Rosalia ubbidì e poi salì in camera sua con la figlia, trovò tutto come aveva lasciato e per di più senza un granello di polvere, segno che veniva pulita tutti i giorni, quasi come se aspettassero un suo ritorno. Per la prima volta dopo tanto tempo, rassicurata dalle mura domestiche, riuscì a dormire tranquillamente,.

All’ indomani fu svegliata dal sole che si infilava prepotentemente tra le fessure della vecchia finestra, Rosalia guardò la piccola che dormiva serena poi si affacciò fuori, l’ aria gelida di dicembre sferzava il suo viso facendolo arrossare, rabbrividendo rientrò in casa. Si guardò attentamente allo specchio, l’ immagine che vedeva non era più di una giovane piena di sogni e spensierata, ma di una donna dal viso già segnato dal dolore, anche i suoi occhi avevano perso quella luce speciale che la rendevano unica. Aprì l’ armadio, dentro c’ erano ancora le sue cose e fra queste una scatola dipinta a fiori, dove aveva tenuto gelosamente degli oggetti che le ricordavano gli incontri segreti con Saro. Una conchiglia, un cavalluccio marino ed una corona di rose bianche, ormai secche e che le aveva fatto un giorno Saro, dopo essersi amati follemente. Pensò che fosse giunto il momento di buttare ogni cosa, il passato doveva restare tale, anche se c’ era la piccola Rosalia a ricordarglielo tutti i momenti. Approfittò che la bambina dormiva e scese al piano di sotto, la zia e la mamma erano già uscite per accudire gli animali, nella casa regnava il silenzio assoluto, si sentiva solo il fuoco scoppiettante del camino e lì buttò ciò che conteneva la scatola. Poi aspettò che tutto fosse completamente bruciato e mormorò tra sè: “ Uora si ricomincia!”

Era la vigilia di Natale, questa volta i cugini non sarebbero venuti perché Nardina era scivolata sul ghiaccio fratturandosi il femore e quindi, era costretta a stare a letto. Ma Totuccia e Assuntina iniziarono lo stesso molto presto a preparare le pietanze per la cena, perché quello doveva essere un Natale speciale per l’ arrivo della piccola e di Rosalia.

La serata trascorse tranquilla, si respirava un’ atmosfera serena fino a quando, com’ era di consuetudine, si decise di andare alla messa di mezzanotte.

Le dissero: ” Preparati annamu a missa, copri beni a picciridda.”

Rosalia rispose: “ Iti vuatri iu nun vegnu, nun vogghiu sì entiri i cattiverie di li comari.”

Risposero entrambe: “ Chi nun fussi mai mancari a missa propriu a notti ri Natale, tu vè ni cu nuatri.”

Lei sapeva che non poteva contrariarle e rispose: “ Va beni iu vi fazzu contente ma nun diciti chi nun vi avì a avvisato.”

La chiesa illuminata a festa era gremita di gente, in paese era solito che nessuno mancasse ad una celebrazione così importante. Rosalia camminava al centro di Assuntina e Totuccia, tenendo fra le braccia la figlia, al loro ingresso nella chiesa, scese un silenzio tombale e tutti i presenti si girarono a fissarle. Loro fecero finta di nulla cercando un posto a sedere ma ogni volta che si avvicinavano ad un banco vuoto prontamente rispondevano: ” Jè occupato!”

Così accadde per tutti i banchi, poi qualcuno inaspettatamente ruppe il silenzio e rivolgendosi a tutti i presenti esclamò: “ Ma siti veramente cristiani? Nun va ‘ nsignaru nenti chistu picciriddu chi nasce astanotti? Siti meschini jè sì enza cori… Sembrate tutti santi, venite a missa, fi fate spissu u segnu ri croce, vi inginocchiate avanti o sacramento ma siti piccatura comu tutti.”

A parlare con coraggio era stata Giacomina, la figlia di fimmina Saveria, in seguito alle sue parole intervenne anche Girolama la figlia di Michilina: “ Idda avi raggiuni, sembriamo ‘ n paì si dell’ 800, u munnu sta canciannu e nuatri arristamu fermi o medioevo.”

Le madri delle ragazze inutilmente cercavano di zittirle: “ Assettati svergognata a la casa facì emu i conti, hai pirduti a facci.”

Ma loro non si zittirono, anzi altre ragazze presero la parola lasciando tutti senza parole. Nel frattempo s’ era scatenato un gran vociare: “ Aviti visto cù osa avi scatenato l’ arrivo ri chidda mala fì mmina? L’ inferno. Dobbiamo fari qualcuosa pi cacciarla do’ paì si.”

Per fortuna Don Orazio, vedendo quello che stava succedendo prese la parola e rivolgendosi ai presenti disse: ” Vi siti dimenticati unni siti? Chista jè a casa du Signuri e ci voli rispì ettu, fate assittari Rusalia cu a picciridda, accauora comincia a missa.”

Alle parole del sacerdote tutti ammutolirono e anche se a malincuore fecero sedere Rosalia.

In quel frattempo Assuntina bisbigliò a Totuccia: “ Chistu jè sulu l’ inizio, ù ora vedrai ri cù osa sunnu capaci chiste vipere, dobbiamo è ssiri forti e stari vicinu a Rusalia.”

Fra tutta i presenti, Rosalia non si era accorta che seduta nel banco in fondo alla chiesa, quasi nascosta da una colonna di marmo c’ era la famiglia di Saro. Ninetta stava accanto al marito già sul piede di guerra, l’ osservava, minacciandolo: “ Guai a tia si a talìì, ti fazzu riurdari u Natale.”

Saro l’ aveva vista bene Rosalia e la piccolina, il suo cuore era impazzito dall’ emozione. Credeva di averla dimenticata, credeva di aver sepolto quella storia che lo aveva fatto tanto soffrire. Lui era scomparso perché una volta venuta alla luce la relazione clandestina, si era trovato tutto il paese contro, lo scandalo l’ aveva travolto, e lui si era comportato come fanno la maggior parte degli uomini che non vogliono complicazioni, cioè da vigliacco. Sapeva che lei era fuggita perché aspettava un bambino e quel bambino era suo.

Ed ora che si trovava ad un passo da lei, le sembrò bellissima come sempre, nonostante il colorito pallido ed il viso sciupato, e riuscì ad intravedere anche la piccola, sua figlia.

Il ritorno di Rosalia metteva un’ altra volta in discussione la sua vita ed il suo matrimonio, ma non poteva più sbagliare doveva essere forte e convivere con il suo amore impossibile. Finita la messa Rosalia, Totuccia, Assuntina e la piccola ritornarono a casa, durante il cammino nessuno di loro parlò, avevano sul cuore un grande macigno, un dolore intenso che faceva più male di quello fisico.

Quello che era accaduto in chiesa le aveva sconvolte e nello stesso tempo preoccupate per ciò che ancora poteva accadere.

Il cielo quella notte era particolarmente stellato e la luna piena illuminava a giorno la campagna, nel silenzio si udivano i versi di uccelli notturni ed il latrare continuo di cani lontani, le tre donne camminavano una accanto all’ altra, senza aprire bocca, ognuna persa nei propri pensieri. Totuccia pensava che forse i suoi genitori avevano fatto bene a nascondere il suo stato, in un certo senso avevano voluto proteggerla dalla malvagità della gente. Assuntina d’ altro canto credeva che forse Rosalia avrebbe fatto meglio a non tornare per non subire tutte quelle umiliazioni. Rosalia invece sentiva dentro di sé la voglia di riscatto e di non darla vinta a quelle megere. Lei era una combattiva, avrebbe saputo tener testa a quella gente ottusa. Ma tutte e tre tennero per sé le loro preoccupazioni.

Si era fatto molto tardi ed erano stanche ed infreddolite ed una volta arrivate a casa si ritirarono ognuno nella propria camera.

L’ indomani la giornata iniziò come sempre, ognuno si occupò del proprio lavoro sia in casa che fuori, Rosalia diede loro una mano quando la piccolina glielo permise, sembrava una mattinata tranquilla fino a quando la zia Assuntina le chiese se andava a raccogliere delle arance rosse per fare della marmellata. Le raccomandò: “ Pirò otinni a arricù ogghiri chidde di la parti cchiù vascia dell’ agrumeto, picchì sunnu cchiù grosse e mature, capisti?” Rosalia annuì e si avviò per il sentiero che portava all’ aranceto, era pensierosa ed avvertiva una certa apprensione perché non se la sentiva di fare brutti incontri. Aveva appena iniziato a raccogliere le arance, quando udì dei passi avvicinarsi, si guardò intorno ma non vide nessuno, dopo un po’ li risentì e allora con timore chiese: ” Cu c’è? Fatevi vì riri…”

Ma non ottenendo alcuna risposta, allarmata cercò di sbrigarsi il più in fretta, riempì solo una cesta, poi se la mise sulla testa e si avviò verso casa… aveva fatto solo pochi metri che gli apparve dal nulla Saro.

Rosalia appena lo vide restò per un attimo disorientata, era passato un bel po’ di tempo dal loro ultimo incontro. Notò che era bello come sempre, con la sua aria spavalda che l’ aveva fatta innamorare, ritrovò la forza e lo incitò: “ Vattinni… vattinni, chi ci fai cca?”

Fece per scansarlo ma questi le si mise davanti bloccandola.

Rosalia le urlò contro: ” Lasciami passari, scansati, mi hai appizzato a vituzza e ancù ora nun ti basta?”

Saro le disse: “ Aspetta sulu dui minuti, lasciami spiegari…” Rosalia lo zittì:” Nun c’è nenti da diri, u passatu jè passatu, quinni vattinni e nun turnari cchiù.”

Per tutta risposta l’ afferrò da un braccio facendo cadere la cesta con le arance. Rosalia gridò: “ Nun mi tuccari, capisti? Lasciami u vrazzu mi fai mali.”

Saro continuò incurante dell’ esortazione della ragazza e le disse: “ Nun me ni vaiu si apprima nun mi stai a sì entiri…”

Rosalia lo sapeva che se voleva ritornare a casa doveva per forza ascoltarlo.

“ Allura spicciati, chi c’è mo figghia chi mi aspetta…” Lui rispose: “ To figghia? E puri mo o sbaglio?”

Rosalia presa dal livore sbraitò: “ E macari si fussi? Tu si scappatu comu ‘ n cunigghiu, sedotta e abbandonata. Nun jè accussì Saro?”

Lo sguardo di Saro si rabbuiò, come darle torto? Si era comportato da uomo egoista ed era fuggito dalle proprie responsabilità ma d’ altra parte anche Ninetta aspettava un figlio suo. Riprese a parlare dicendole: “ Hai raggiuni, ma quel jornu Ninetta stava partorendo, comu potevo far finta ri nenti e ristari cu te.”

Rosalia rispose: “ Rici beni, u’ to posto e cu Ninetta, vattinni, e nun incrociare cchiù a mo via.” A quel punto Saro, vista la caparbietà di lei, non gli restò che lasciarla passare, se pur con l’ amaro in bocca. Rosalia raccolse le arance cadute e velocemente si allontanò.

Anna Rossi 05/01/2021 10:27 2 746

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Non sarà facile per Rosalia... ma a quanto pare le ragazze del paese sono avanti come mentalità e potrebbero contrastare l’arretratezza culturale degli abitanti del paese...
Un finale che spiazza e che coinvolge... Saro non riesce proprio a stare lontano da Rosalia... Chissà come si evolverà la storia...»
Giacomo Scimonelli

«Resto imprigionato al tuo dolce e amaro raccontare Grazie e mille Anna Complimenti dal profondo del cuore, sei una perla rara, dal cuore umile e mite Tonino»
Fadda Tonino

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