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Ali candide nel cielo (8a Parte)

Fantasy

Il soprannome del tiranno piombò come una scure tra di loro e, come per incanto, il bel volto della dama si oscurò. Un gelido silenzio calò intorno, mentre l’ incantevole figura femminile si mosse, per la prima volta a disagio.

Mark vide chiaramente lo sguardo di Silvestre volgersi di proposito su un punto indefinito e rimanervi incatenato.

« Che accade, mia signora? Stai male?» domandò preoccupato.

Lei non rispose. La sua mente era altrove. Gli occhi di ossidiana di Malefico le erano apparsi all’ improvviso, perforandole l’ anima. Si trattava soltanto di un ricordo balenato all’ istante, ma bastò quello a procurarle un brivido sgradevole lungo la schiena. Quel demonio aveva un ascendente negativo su di lei, che si era trovata una volta sola ad affrontarlo e lo aveva sconfitto solo con uno sforzo di volontà che le era costato caro, perché dopo era stata male. Il sovrano le aveva chiesto di unire le loro vite e i rispettivi regni per formare insieme un unico, immenso impero, e lei non aveva potuto che sentirsi infangata da quella incredibile richiesta.

« Come osi farmi una simile proposta?» gli aveva risposto indignata, « Tu, la quintessenza del male, dell’ orrore e dell’ odio! Tu che hai creato il tuo regno gettando le basi dell’ inganno e dell’ oltraggio all’ amore e alla vita! Tu che calpesti i diritti del tuo prossimo in ogni momento del giorno e della notte e non hai rispetto nemmeno per la natura che ti circonda! Io e te siamo agli antipodi! Come hai potuto pensare che una creatura benigna come me potesse accettare di condividere la sua vita con un essere demoniaco?»

Lui l’ aveva guardata sprezzante, per niente contrariato dalla sua reazione, anzi, a Silvestre era parso alquanto divertito. Lei non aveva potuto evitare di ammirare il fisico aitante del sovrano. Il torace nudo, le spalle e i bicipiti possenti luccicavano lustrati dagli olii essenziali. La vita e le braccia erano messe in risalto da bracciali e da una cintura d’ argento. Come poteva un essere dalla bellezza così disarmante possedere una natura tanto malvagia? Era un controsenso, e strideva nell’ insieme come le corde in un violino rotto.

Lui si accorse dell’ esame a cui era stato sottoposto e sorrise: « Saremmo una coppia perfetta! Io e te siamo nati per governare e comandare. Insieme potremmo conquistare tutte le dimensioni esistenti, compresa quella terrena che ancora ci è preclusa. Potremmo diventare sovrani di un impero immenso, inimmaginabile per i più. Unendo le nostre forze e i nostri poteri magici diventeremmo invincibili. Non ti alletta l’ idea di diventare l’ imperatrice del pianeta?»

« Tu sei pazzo!» gli aveva risposto lei, allibita da tanta sfacciataggine e ambizione, ma anche un po’ imbarazzata per essersi lasciata ammaliare dal fascino mascolino che emanava quell’ oscura figura.

In quel momento Silvestre aveva avvertito lo sdegno aumentare a dismisura. Ce l’ aveva con lui e nel contempo con se stessa. Era mancato poco per cadere nella trappola. Malefico usava il fascino per incantare il suo prossimo ed era ancora più pericoloso di quanto avesse mai potuto supporre. Stravolta dall’ emozione, lo aveva attaccato per prima.

Solo per un istante lui era rimasto immobile, come basito. Non si aspettava quella reazione. Si stava crogiolando al pensiero dall’ essere a un passo dalla conquista della dama, e il violento attacco di lei lo aveva sorpreso. Ma l’ istinto guerriero, che era naturale in lui, si era subito risvegliato e lo aveva indotto a reagire.

Tra le due creature arcane era intercorso un fitto scambio di strali e violente deflagrazioni magiche. Quel giorno Silvestre si difese dietro uno scudo protettivo del tutto invisibile, ma della massima efficacia. Non un solo colpo inferto dal demone andò a segno, ma al contrario s’ infranse contro la barriera creata da lei.

L’ epico scontro durò solo una manciata di minuti, eppure lasciò entrambi gli sfidanti a corto di energie. Quel giorno il bene prevalse sul male e Malefico fu costretto a ritirarsi nel suo regno.

In seguito alla lotta mentale sostenuta, la dama era stata costretta a riposare la sua essenza inducendo il suo corpo in uno stato letargico molto lungo. In quel periodo d’ inattività aveva vissuto molti incubi e, una volta ripresasi, le era costato molta fatica relegarli in un recesso della sua coscienza.

Tuttavia, in quel momento erano riemersi insieme allo sguardo malevolo del tiranno, e Silvestre aveva subito il malore che aveva messo in agitazione Mark. Ma ora occorreva reagire. Sentiva di avere commesso sin troppo errori con quel demone. Dopo quello scontro avrebbe dovuto insistere attaccandolo di nuovo, cercando di spodestarlo dal potere e scacciarlo da quella dimensione e dalle terre magiche per sempre. Purtroppo, era stata molto male, e i suoi tempi di recupero troppo lunghi, e quando infine aveva riacquistato le forze, il sovrano si era ormai insediato stabilmente sul suo trono, circondato e difeso da forze occulte difficilmente superabili dalla sua sola energia arcana.

« Mia signora» l’ apostrofò ancora il ragazzo con tono ansioso.

« Ti aiuterò» gli sussurrò lei, ancora persa nei suoi pensieri « per quanto mi sarà possibile ti aiuterò ad affrontare il malvagio.»

Malefico

Seduto sul trono, Zephar non smetteva di studiare l’ eterea fanciulla prigioniera nella gabbia. Fino a quel momento non c’ era stato verso di convincerla a collaborare. La ragazza aveva resistito a ogni minaccia di tortura e di costrizione. Non erano serviti nemmeno la fame e la sete a ridurne la resistenza, e infine la sua tenacia e la sua ostinazione avevano suscitato un moto di ammirazione nel sovrano.

“ Quanti dei miei sgherri potrebbero dimostrare tanta forza di volontà e altrettanto coraggio?” si domandò sorpreso. Con la privazione del cibo la giovane appariva ancora più magra, più delicata, e quanto ancora avrebbe potuto resistere?

“È già un prodigio che sia ancora viva!” pensò, distogliendo lo sguardo e fissandolo sui propri consiglieri. “ Incapaci!” inveì sprezzante. Fino ad allora nessuno dei presenti era stato in grado di suggerirgli una buona strategia per indurre la silfide a collaborare, se non la tortura. Ma Zephar voleva evitare di arrivare al limite. Si diceva che se voleva ottenere il suo scopo, la ragazza doveva rimanere in vita il più a lungo possibile. L’ altro prigioniero era riuscito a fuggire. Zephar ritornò allo stratagemma messo in atto dal giovane per ingannare i carcerieri e persino lui, il Signore del male. “È stato scaltro. Ha dimostrato astuzia, ha osato ed ha avuto fortuna. Ma la dea bendata l’ abbandonerà e io lo ritroverò. Allora sarai punito a dovere, mio giovane stalliere!” promise a se stesso.

Cosa gli rimaneva in mano, oltre quella silfide caparbia, per indurre la dama dei suoi sogni a farsi viva?

Il principe degli unicorni e la sua giovane innamorata! Ma certo! In fin dei conti Zephar aveva ancora una buona carta da giocare per sperare di vincere la partita, e la parata che aveva organizzato per i festeggiamenti avrebbe potuto essere una buona occasione per attirare la sua preda. Ma il piano doveva essere perfetto. Dama Silvestre non doveva subodorare la trappola.

Malefico chiamò a rapporto Taresh e dopo appena pochi minuti il gigante s’ inchinava al suo sovrano.

« Dimmi degli unicorni.»

« Ho dovuto somministrare a entrambi gli ultimi arrivati una dose di calmante. Erano troppo agitati, mio signore.»

« Mi auguro che tu non abbia esagerato. Sai quanto ci tengo a quei due esemplari. Sono più unici che rari, vanno trattati con mano ferma ma senza eccedere.»

« State tranquillo, sire. So come si trattano quelle creature.»

« Bene! Spero anche che siano pronte per la parata.»

« Lo saranno senz’ altro!» rispose Taresh, battendosi il petto con il pugno destro.

In realtà le cose non andavano affatto bene, e il gigante era preoccupato mentre si congedava. Non aveva rivelato al suo sovrano che era costretto a somministrare dosi massicce al principe degli unicorni per tenerlo buono. Gylldor si era dimostrato indomabile sin dal primo momento, e da quando la silfide era stata fatta prigioniera, nemmeno le catene e la frusta riuscivano a calmarlo. Mancavano ancora pochi giorni al grande evento ma, a quel punto, lo sgherro nutriva forti dubbi di riuscire a equilibrare quell’ indole ostinata. “ Forse avrei fatto meglio a mettere al corrente il re. Ora come me la cavo?” pensò mentre l’ ansia si faceva largo nella sua coscienza.

Stava transitando presso le stalle dove venivano relegate le giumente gravide e quelle da tenere in osservazione, quando decise di dare un’ occhiata alla puledra destinata a trainare la biga reale. Era stata impastoiata, ma sembrava calma e assolutamente innocua rispetto all’ altro prigioniero.

“ Si vede che i tranquillanti hanno ottenuto l’ effetto voluto. Almeno su di te!” pensò, facendo scorrere il palmo della mano sul manto liscio della puledra.

Alyser s’ irrigidì sotto quel tocco, ma si sforzò di non ritrarsi, ignorando l’ impulso di addentare quelle dita.

« Credo proprio che almeno tu sia pronta!» esclamò lo sgherro con un sospiro di sollievo. « Se continui a fare la brava ti farò togliere dall’ isolamento e ti metterò insieme agli altri. Ma te lo dovrai meritare!» terminò, assestando una vigorosa pacca sui posteriori della giovane.

Alyser sbruffò, ma non si mosse. Il disgusto per quell’ essere le causava l’ amaro in bocca, ma doveva mostrarsi docile se voleva ottenere un minimo di libertà.

« Tra pochi giorni ci sarà la parata, e se tutto va come spero, tu e l’ altro unicorno formerete una coppia splendida davanti alla biga reale, e il sovrano sarà finalmente soddisfatto!» concluse, un po’ rasserenato dall’ atteggiamento mansueto di Alyser.

In realtà la giumenta celava un grande nervosismo sotto la calma apparente. Il plenilunio si stava avvicinando e lei, come Gylldor, avrebbe subito la trasformazione completa.

Alyser si era domandata molte volte perché la sua mutazione non fosse stabile come nelle altre creature catturate da tempo, ma avveniva soltanto nei giorni di luna piena.

“ Perché per me e per Gylldor non è così? Cos’è che ci rende diversi dagli altri unicorni? Il sangue di Gylldor appartiene alla stirpe reale, ma il mio? Cos’è che mi accomuna a lui?” Queste e tante altre domande assediavano la mente e il cuore del giovane unicorno, che si sforzava di non lasciarsi andare alla malinconia.

“ Devo solo dimostrare che mi sono arresa e che li assecondo per poter uscire da qui, e una volta fuori, forse potrò essere d’ aiuto ai miei amici. “

« Mi sembra un’ ottima strategia!» si sentì apostrofare la giumenta. « Il Signore del male e degli inganni si può vincere soltanto affrontandolo ad armi pari.»

Alyser nitrì per lo spavento. Chi era quella figura sconosciuta apparsa all’ improvviso nella stalla?

« Stai tranquilla, sono un’ amica. Mi chiamo Silvestre e sono la Dama del bosco» la rassicurò con un sorriso.

« Mia signora» balbettò Alyser confusa. « Sei proprio tu? Chrisell ha parlato tanto di te e del tuo reame.»

« Tu provieni da un eremo molto lontano, ma fai sempre parte del regno silvano. E, comunque, non comprendo come mai tu non conosca la mia persona. Forse dipende dal fatto che il branco dal quale provieni è sempre vissuto ai limiti ed è sempre stato restio a riconoscere la mia autorità. Ma questa è una cosa che appurerò in un altro momento. Ora sono qui per aiutarvi, e Mark è con me» disse la dama, quindi con un cenno invitò il ragazzo, nascosto tra le balle di fieno accatastate in un angolo, a farsi avanti.

« Mark! Sei tornato! Sono felice di rivederti. Temevo che non ce l’ avresti fatta!»

Il giovane stalliere l’ abbracciò: « Ne sono felice anche io, Alyser.»

« Sono molto in pensiero per il principe e per la silfide. Non so più nulla di loro e temo per la loro salute» si lamentò la giumenta.

« Ho visionato le acque divinatorie e, considerata la drammatica situazione, credo che non siano ancora in pericolo di vita. Tuttavia, dobbiamo affrettarci a elaborare un piano per liberarli. È la piccola Chrisell a rischiare di più, dobbiamo muoverci.»

« Non puoi fare uso della tua magia, mia signora?» domandò Alyser con tono affranto.

« In questo regno i miei poteri sono limitati. Anche in questo momento corro il rischio di svelare la mia presenza, così com’è avvenuto per Chrisell. Purtroppo, anche queste creature posseggono il dono arcano che, nell’ insieme, predomina sul mio. Da sola non ho alcuna speranza di prevalere.»

« Ma tu non sei sola, mia signora» disse Alyser con orgoglio. « Puoi contare anche sul mio aiuto. Sono una creatura magica anche io.»

Dama Silvestre le sorrise: « Lo so e ti ringrazio. Farò affidamento anche su di te al momento opportuno, anche se, purtroppo, dovremo agire nella tana del lupo, e i nemici da combattere sono tanti, troppi! Non so» la dama s’ interruppe in tempo. “… come faremo ad affrontarli tutti” terminò tra sé, per non farsi sentire.

Mark percepì i dubbi che l’ assillavano e intervenne deciso « Disponi di me come credi sia utile, mia signora. Sai che non lascerò nulla d’ intentato per cercare di tirare fuori i miei amici da quell’ inferno.»

« Lo so, Mark!» la dama guardò sia l’ unicorno che l’ essere umano, « Lo so che posso contare sulla vostra fedeltà e il vostro coraggio, e vi ringrazio per questo, ma ora occorre davvero elaborare una strategia. Mettiamoci al lavoro.»

La parata

I giorni di festa proclamati dal tiranno furono annunciati, sin dall’alba, dal suono profondo e prolungato dei lunghissimi corni d’appoggio.

E, purtroppo, per Gylldor e Alyser ebbe inizio anche il fatidico plenilunio.

Gylldor tentò di sottrarsi e di contrastare la trasformazione con ogni singolo muscolo e nervo del suo corpo e, di conseguenza, il terribile evento si tramutò in un dramma. Fu molto più doloroso e traumatico di quanto avrebbe dovuto essere, e quella sofferenza fu del tutto inutile. Il giovane unicorno dovette subire la trasformazione del corpo con ribrezzo e orrore: il suo manto ridivenne nero come la pece e le sue ali si spiegarono, mentre il corno si allungò sulla fronte. La creatura alata si manifestò in tutto il suo terribile splendore. Solo la sua mente, i suoi pensieri e i suoi ricordi rimasero inalterati, eppure dovette prendere atto che la sua indole, in genere mite, era diventata ombrosa e irascibile.

Gylldor poteva solo immaginare il suo nuovo aspetto. Se sbirciava attraverso gli spiragli delle paratie di legno gli era possibile vedere un intero branco di creature alate che scorrazzavano all’ esterno, in piena libertà, tra i vasti recinti che si estendevano a vista d’ occhio.

Le rincorse, le cavalcate con le criniere al vento dei Pegasi Oscuri, gli procurarono un moto di rabbia, ma intuì ben presto che si trattava soltanto di gelosia.

“ Per tutte le stelle del firmamento! Sono diventato anche io come loro, con l’ unica differenza che io sono prigioniero mentre loro possono almeno galoppare come fossero liberi” pensò, invidiando le sgroppate e le impennate improvvise dei suoi simili.

Ricordava alla perfezione il piacere di avvertire le carezze e le sferzate del vento sul muso e sul manto, e per qualche istante gli parve di avvertire l’ odore dell’ erba e di umido del terreno calpestato in profondità dai suoi zoccoli.

“ Potrò mai tornare a galoppare libero con Mark?” si domandò con una vena di profonda malinconia. Il ricordo del suo giovane amico gli procurò una stretta alla bocca dello stomaco.

“ Dove sei, Mark? Spero che almeno tu ce l’ abbia fatta a metterti in salvo!”

In quel momento uno dei pegasi staccò i propri zoccoli dal prato, e fu subito ripreso e redarguito dagli sgherri che montavano di guardia. Quelle creature, per quanto sorvegliate, godevano di un minimo di libertà, e lui le invidiò ancor di più “ Cosa posso fare per tornare libero come loro?”

« Dobbiamo soltanto agire con accortezza e astuzia, principe degli unicorni» gli sussurrò la dama, appena apparsa al suo fianco.

Gylldor trasalì. Non si aspettava quell’ apparizione, ma subito i suoi fianchi tremarono d’ emozione.

« Mia signora» esclamò, piegando i garretti e la testa in un inchino appena accennato. Vaghe reminiscenze balenarono nella sua mente, ma tra tutte spiccò il bel viso della dama mentre dava indicazioni e consigli alla silfide per portarlo in salvo.

« Ti ricordi di me, mi pare incredibile! Quando ti ho visto la prima volta eri talmente piccolo!»

« Non rammento il tuo nome, ma la tua immagine è rimasta impressa nella mia memoria.» « Non posso che esserne felice! Sono la signora del reame boscoso. Il mio nome è Silvestre, e sono qui per aiutare te e i tuoi amici.»

« Dimmi di loro, ti prego! Come stanno Mark e Chrisell e...»

« Alyser?» terminò sorridendo lei.

Gylldor scosse la testa, confuso, « Sì… Alyser. Come stanno tutti?»

« Mark sta bene ed è con la tua amica, mentre per Chrisell la situazione è più complicata. Con Mark abbiamo elaborato un piano che ora ti esporrò. Occorre anche la tua collaborazione, oltre a quella di Alyser.»

« Sono prigioniero, come credi che possa esserti utile?»

« Se ti dimostrerai arrendevole, non lo sarai ancora per molto. Il sovrano considera sia te che la tua amica gli esemplari più belli della sua collezione, e ha fretta di mettervi in mostra durante la parata. Per cui ti consiglio di mettere a tacere il tuo orgoglio, principe, e di palesare la massima docilità. Solo così il nostro piano potrà riuscire.»

« Per quanto mi sarà possibile, farò come suggerisci, mia signora.»

« Bene. Allora ascolta con attenzione.»

Dama Silvestre impiegò qualche minuto a spiegare quanto aveva elaborato con il giovane stalliere. Gylldor ascoltò con pazienza, senza mai interrompere. Il piano sembrava perfetto in ogni minimo particolare e, con un briciolo di fortuna, aveva anche buone probabilità di riuscire.

« Alyser è a conoscenza di quanto avete escogitato?»

« La tua amica sa quello che deve fare. E ora anche tu, principe. Ma adesso devo andare. Se tutto va come spero, tu e i tuoi amici sarete liberi, e potrai tornare a regnare sul tuo popolo.» « Mi auguro che sia così, mia signora» rispose Gylldor, chinando la testa in un gesto cortese. « A presto, principe degli unicorni.» si congedò la dama.

Nelle ore che precedettero la parata, Mark rimase nascosto nelle stalle sempre piuttosto vicino ad Alyser, reso pressoché invisibile da alcune cataste di balle di fieno. Tra i vari scomparti regnava la confusione totale. Ogni addetto si aggirava in modo frenetico tra le creature destinate a sfilare durante la celebrazione, costringendo il ragazzo a spostarsi spesso per non essere scoperto.

Le lunghe code e le folte criniere dovevano essere intrecciate in modo particolare, e sia gli stalloni che le giumente andavano bardate con armature in cuoio e argento finemente cesellate. I giovani aiutanti s’ aggiravano indaffarati a lucidare le barde e le testiere protettive dei Pegasi Oscuri, mentre gli stallieri ne strigliavano i manti e ne intrecciavano i crini. I lunghi pennacchi bianchi e neri, gli stessi colori delle barde e dei vessilli, svettarono ben presto sulle fiere teste dei pegasi, che si muovevano dimostrando un po’ di disagio per tutte quelle attenzioni a cui non erano abituati. Persino i puledri erano nervosi e aggiungevano confusione con i loro sommessi ma continui nitriti.

Anche Alyser fu soggetta alle cure decise di un addetto dalle maniere piuttosto rudi, che la lavò, la massaggiò e la strigliò a tal punto dal renderne il manto lucido e splendente. Ma quando l’ addetto tentò di infilarle la testiera d’ argento, Alyser scartò e nitrì minacciosa. L’ uomo fu costretto a chiedere aiuto e a usare la forza per imporre il pezzo di armatura alla riluttante giumenta.

Mark, da parte sua, fu costretto ad assistere alla scena senza poter intervenire.

“ Coraggio, Alyser! Ti ci abituerai presto “ la sostenne mentalmente.

Solo quando la femmina di unicorno fu bardata completamente venne condotta all’ esterno e lasciata in un recinto, in attesa di poterla imbrigliare alla biga reale.

La confusione nelle stalle si smorzò soltanto quando tutti i pegasi furono portati fuori, legati e impastoiati per impedire che si muovessero e rendessero vano il lavoro degli stallieri. All’ arrivo sulla scena di Gylldor, il silenzio scese improvviso, e tutti gli sguardi puntarono sul principe degli unicorni.

“ Regale! “ fu il pensiero di un astante. “ Maestoso!” realizzò un altro nell’ ammirare l’ altezza e la postura elegante del giovane principe.

Gylldor era stato bardato come Alyser e come gli altri, eppure il suo aspetto predominava su tutti. I pegasi istintivamente si allargarono nel recinto facendo spazio al nuovo arrivato e alla biga reale trainata a mano dagli sgherri di Malefico.

“ Gylldor!” il messaggio mentale arrivò in modo distinto tra i pensieri cupi dell’ unicorno e portò sollievo al malessere procuratogli dalla costrizione dell’ armatura e della testiera imposte.

“ Alyser!” rispose lui nello stesso modo prima ancora di distinguerla tra la marea di barde, gualdrappe e pennacchi al vento.

« Muoviti!» gli urlò lo sgherro spingendolo brutalmente nel recinto.

Gylldor, attirato dal dolce richiamo, per la prima volta in tante ore non si oppose e si lasciò sospingere verso la giumenta. Per i due non ci fu nemmeno il tempo di porsi domande sulle intenzioni degli addetti, che apparvero subito chiare, considerato che sospinsero la biga dietro di loro e poi trafficarono per imbrigliarli in coppia.

“ Come stai, Alyser? Ti hanno fatto del male?”

“ No, principe. Non più di tanto. E tu, come stai?”

“ Non sopporto la bardatura e questa costrizione! Non sopporto la prigionia! Sono nato per governare, non per sottomettermi!”

“ Hai ragione! Ma dobbiamo avere pazienza e aspettare il momento giusto. Se ci ribellassimo adesso metteremmo in serio dubbio la riuscita del piano di Dama Silvestre.”

“ Non vedo l’ ora di agire, Alyser! Questa attesa mi innervosisce ancora di più!”

Proprio in quel momento si udirono gli squilli di tromba che annunciavano l’ arrivo del sovrano, e gli stallieri si ritirarono.

Malefico avanzava con passo solenne, sostenendo su un braccio una delle arpie. Altre due avevano preso posto sulle barre laterali della biga reale. Quando il re fu alla guida, l’ arpia gracchiò con grande frullare di ali, quindi con un balzo si appollaiò accanto alle altre, fulminando con lo sguardo le persone ai lati.

Il corteo si compose lentamente ma con grande disciplina, guidato da Taresh. I nitriti di dolore e di rabbia vennero superati dal sibilare e dagli schiocchi sonori delle fruste in aria. Le ali dei pegasi frullavano nervosamente e gli zoccoli rompevano il terreno, mentre le creature venivano aggiogate davanti alle bighe che avrebbero scortato il sovrano.

Gylldor ed Alyser furono posizionati al centro della sfilata militare, distanziati di qualche decina di metri rispetto al seguito di carri.

I due pegasi erano di una bellezza mozzafiato, e il re, che indossava soltanto un minuscolo gonnellino e un elmo d’argento, prese posto alla guida con un balzo che mise in mostra tutta l’ elasticità del suo fisico aitante. Dopo aver messo la faretra sulle spalle e imbracciato il suo arco, Zephar afferrò le briglie, sotto lo sguardo estasiato della folla. E quando infine ritenne che tutti fossero pronti, alzò il braccio destro tenendolo sospeso in alto, e il bracciale d’ argento che gli guarniva il possente bicipite emanò un bagliore accecante.

Silvestre, nascosta tra la folla, osservò per un istante più del dovuto il torace lustro di olio del sovrano; i muscoli poderosi guizzarono sotto la pelle, attirando lo sguardo di tutto il genere femminile.

“ Non c’è che dire, è veramente affascinante!” si disse la dama. “ Ma dietro a tanta bellezza si cela soltanto altrettanta malvagità” concluse. Silvestre si riscosse e tentò un approccio mentale con i due pegasi.

“ C’è tanta confusione, ma vale comunque la pena di tentare “, proprio in quel momento lo sguardo di Gylldor percorse la folla, cercandola, e infine trovandola. Tra le due creature magiche avvenne una connessione mentale:” È giunto il momento, principe degli unicorni. Avverti la tua amica di tenersi pronta. “

“ Lo saremo, mia signora, stai tranquilla. La nostra collera è di tal portata che non vediamo l’ ora di agire!”

“ Bene, ma se posso darti un consiglio, principe, non lasciare che sia la rabbia a guidarti nella battaglia, ma fidati del tuo istinto e della tua ragione. “

Gylldor non ebbe modo di ribattere. La frusta del sovrano sibilò nell’ aria e le redini strattonarono con decisione le due cavalcature, che si mossero all’ unisono, allontanandosi dalla fata.

La folla esultò. Nel regno non si era mai vista una simile manifestazione di forza, potenza e di eguale, superba bellezza. Gli alabardieri iniziarono a marciare fieri e marziali nelle loro armature, con elmi dai cimieri bianchi e neri al vento; seguivano i balestrieri, e al seguito la scorta del re su bighe. I vessilli con i colori del sovrano garrivano al vento, e nel momento in cui il re passò, dalla folla si levò un’ ovazione.

Quando il corteo giunse a metà percorso, Malefico, con i suoi modi brutali, fece schioccare la frusta, dando nel contempo una rude tirata ai morsi delle due cavalcature. Alyser nitrì di dolore e Gylldor, colpito dalla sferzata ai fianchi, trasalì.

Il pegaso si fermò, costringendo la compagna a fare altrettanto, quindi il lungo collo volse di scatto all’ indietro, verso il sovrano. Gli occhi scuri del principe degli unicorni fiammeggiarono di collera e di sdegno sulla mitica figura alla guida della biga. Gli sguardi delle due creature magiche s’ incrociarono, rimanendo incatenati.

Le arpie percepirono le brusche emozioni e le correnti di rabbia e di sfida intercorse tra i due e si mossero sulle zampe in modo agitato, emettendo versi graffianti di gola. Le ali frullarono, pronte a prendere il volo.

Gylldor ignorò il trio di creature orripilanti e le loro minacce gracchianti, continuando imperterrito a sfidare il sovrano.

Gli spettatori più vicini si zittirono e, lentamente, un silenzio innaturale scese tra la folla. “ Gylldor!” il richiamo mentale arrivò inaspettato, dissipando lievemente le brume di furore che avevano annebbiato i pensieri del puledro.

“ Calmati, ti prego! Non mandare a monte il piano della Dama del bosco!”

Gylldor riconobbe la voce soave della sua amica ed ebbe un fremito.

“ Controlla i tuoi nervi!” intervenne la dama “ Il momento della rivalsa è ormai vicino. Abbi pazienza!”

Quelle esortazioni amichevoli lenirono il dolore procurato dalla sferza e, la rabbia provata, come per incanto si sopì. La brace che ardeva nello sguardo di Gylldor si smorzò, ma solo in apparenza, come un fuoco che cova sotto la cenere, pronto a divampare alla minima folata di vento. Il puledro accantonò l’ idea di ribellarsi e tornò a fissare la sua attenzione in avanti, senza peraltro ravvisare il nuovo brusio che si spargeva tra la folla.

« Mi fa piacere constatare che hai messo giudizio. Per il tuo bene ricorda sempre che qui non sei più un principe, ma piuttosto uno schiavo!»

Ancora una volta Gylldor si sforzò d’ ignorare la provocazione del sovrano e si concentrò sulla ricerca della dama tra la gente.

“ Per quanto tempo ancora riuscirò a contenere la sua collera?” si domandò Silvestre, preoccupata per il nervosismo dimostrato dal pegaso.

“ Sono qui, poco distante da te. Alla tua destra, principe” gli suggerì poi. Il pegaso seguì l’ indicazione mentale e, tra tutti gli astanti assiepati ai lati, la riconobbe.

Silvestre rimaneva nascosta da alcune persone, con il cappuccio del mantello calato sul viso. Lei alzò il capo un solo istante e gli sorrise. Eppure, bastò quello a rinfrancare lo spirito del puledro. Nessuno dei due si accorse che gli occhi del Malefico scorrevano con grande attenzione sulla folla. Ancora una volta le redini strattonarono brutalmente il morso di Gylldor, ferendolo e facendogli sanguinare la bocca. Il sapore metallico del suo sangue procurò al pegaso un brivido, poi sia lui che Alyser furono costretti a muoversi.

continua...


Vivì 30/09/2021 07:32 1 658

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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«Tutti i protagonisti entrano in scena in questo episodio... lo scontro tra il regno del male e il regno del bene, è oramai prossimo. La dama del bosco non poteva non correre in aiuto dei suoi amici. La fata Silvestre si è decisa ad intervenire, visto che la situazione è diventata troppo complicata... la battaglia è oramai prossima... Riusciranno gli eroi del bene a prevalere sul malvagio Zephar?
Immagini descritte così bene che sembra di vedere ogni singola scena...»
Giacomo Scimonelli

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B R A V I S S I M A A A A... un abbraccio, Vivì (Giacomo Scimonelli)



Vivì ha pubblicato in:

Libro di poesieAnime in versi
Autori Vari
Antologia degli autori del sito Scrivere

Pagine: 132 - € 10,00
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686061


Libro di poesieSan Valentino 2010
Autori Vari
Poesie d'amore per San Valentino

Pagine: 110 - Anno: 2010


Libri di poesia

Ritratto di Vivì:
Vivì
 I suoi 84 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
Chico l’ornitorinco che non sapeva nuotare (11/02/2011)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
Marilù e il regno delle nuvole (13/04/2022)

Una proposta:
 
Con il gladio e con il cuore (24/06/2020)

Il racconto più letto:
 
Il rapimento di Babbo Natale (11/12/2011, 7271 letture)


 Le poesie di Vivì

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