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Storia di paese (La decisione di Nino) 36 Episodio

Fantasy

La lunga scia di morti che la marchesa aveva causato, con la morte di Sasà si era allungata, provocando ancora una volta sgomento e paura. La notizia si era diffusa velocemente tra la gente del paese e trasformandosi, di volta in volta che veniva raccontata, in modo diverso dalla realtà. Si diceva che il povero Sasà si era ucciso perché perseguitato dalle forze dell’ ordine… che la marchesa l’ aveva ricattato per la sua pesca proibita e costretto ad eseguire i suoi ordini… che era stato tradito dal suo stesso sangue… ma nonostante tutte le chiacchere che si sentivano, una sola era la verità inconfutabile: Sasà si era suicidato.

I carabinieri, dopo aver svolto tutte le operazioni di rito per accertare le cause del decesso, diedero seguito al recupero del corpo con estrema difficoltà in quanto il luogo dove era precipitato era difficile da raggiungere.

Purtroppo la notizia della tragedia arrivò fino ai vigneti dove lavorava Franciscuzza, la ragazza sconvolta s’ inginocchiò con gli occhi al cielo e picchiandosi urlava: ” Patri meo… patri meo cuosa ti fici… ti haju ucciso iu… figghia maliditta… vogghiu moriri puri iu cu tia…”

Gli altri braccianti udite le sue urla, la guardarono sorpresi non riuscendo a capire che cosa stava dicendo. Cercarono di abbracciarla per impedire che si facesse ancora più male ma lei scappò via sconvolta.

Intanto Antonino e Finocchiaro furono chiamati a rapporto per conferire sui fatti e il maresciallo li richiamò, furioso per il modo impulsivo con cui avevano agito. Avrebbero dovuto avvisarlo per poter pianificare la cattura in un altro modo. Infatti era convinto che così si sarebbe potuta evitare un’ altra morte.

Anche Assuntina fu informata dell’ accaduto e rimase profondamente dispiaciuta per la fine terribile di Sasà. Conosceva bene la famiglia del pescatore e spesso comprava il suo pesce fresco, inoltre erano anche “ cumpari”, in quanto era stata la madrina di battesimo di Franciscuzza. Sconvolta diede la notizia a Rosalia dicendole che sarebbe andata in paese dalla moglie di Sasà, per darle le condoglianze e farle sentire la sua vicinanza. La nipote nell’ apprendere quello che era accaduto si sentì persa, e l’ angoscia la pervase. Aveva il terrore che le potesse succedere qualcosa di brutto e temeva anche per la sua bambina. Lei poteva riacquistare la serenità solo dopo che Carolina fosse stata catturata e rinchiusa in una cella fino alla fine dei suoi giorni, ma fino a quel giorno non si sarebbe sentita tranquilla ed avrebbe vissuto sempre con il terrore.

Questo era quello che provava, d’ impulso strinse forte a sé la piccola, quasi a soffocarla, tanto che la bambina disse alla mamma:” Matri… mi fai mali… ahi…”

Ma lei continuava a stringerla e a baciarla, dicendole: “ Tu si a mo vituzza e tu u sapi quantu beni ti vogghiu?”

E dopo averla messa giù allargò le braccia dicendole: ” Tantu accussì…”

La piccola approffittò che la mamma l’ aveva fatta scendere e corse a giocare con il gattino.

Intanto Nino era appena tornato dai campi e guardò commosso quella scena, Rosalia quando era con la figlia si trasformava, diventando dolce e felice, così diversa da com’ era con tutti gli altri. Sospirò avvicinandosi a lei, la ragazza lo guardò e divenne improvvisamente seria e dopo averlo avvertito dell’ accaduto lo invitò ad entrare in casa per offrirgli un bicchiere di vino. Nino accettò dicendole che doveva dirle una cosa importante, aveva preso una decisione che in un certo senso la riguardava. Si sedettero in cucina uno di fronte all’ altro, l’ uomo le prese le mani e guardandola negli occhi le disse: ” Apprima du matrimoniu a jiri o paì si mo, mi haju di li spicciari di li faccende. Si dobbiamo iri a vì viri dà, a casa avi bisù ognu ri ‘ na azzizzata (aggiustata), tu nun mi avi rittu chi ca nun vvoi stari? Nun jè vì eru?”

Rosalia fu presa alla sprovvista, si… era vero che quel giorno gli aveva detto di volersene andare, ma era stato solo uno sfogo dettato dallo sconforto ed ora non aveva nessuna intenzione di lasciare la cascina e soprattutto Assuntina e suo padre. E adesso avrebbe dovuto dirglielo: ” Si… jè vì eru chi l’ avi rittu ma ù ora nun jè cchiù accussì…”

Nino la fissò incredulo rispondendole: ” Tu nun po’ canciari idea da ‘ n momentu a ‘ n à utru… mi fai nesciri sceccu. Comunque iu vaiu u stissu, accussì tu pensi a chiddu chi vvoi fari da vituzza to…”

E visibilmente adirato si alzò guardando fuori, dandole le spalle: ” A corriera passa a li dui, mi haju priparari i ruobbi.”

Così dicendo uscì, lasciandola in cucina pensierosa e andò al capanno a prepararsi la sacca per il viaggio. Aveva deciso di tornare in paese, non solo per i motivi che aveva detto a Rosalia ma sentiva il bisogno di allontanarsi da lei per trovare un po’ di serenità. La sua vicinanza gli stava procurando dolore e amarezza, non poterla abbracciare, stringerla quando ne sentiva il desiderio, lo stava facendo impazzire. E poi forse sperava che andarsene avrebbe fatto capire a Rosalia quando bene le volesse e forse avrebbe sentito la sua mancanza. Mancava un quarto alle due quando messa sulle spalle la sacca si avviò giù per il paese. Diede appena uno sguardo alla finestra della camera di Rosalia e con la morte nel cuore s’ incamminò velocemente.

Rosalia non era per niente dispiaciuta della sua partenza, anzi si sentiva quasi sollevata, non fingere più era per lei una liberazione. Rosalia era una persona sincera, leale e odiava le bugie. Troppe gliene avevano raccontate nella sua vita ed ora voleva vivere alla luce del sole senza sotterfugi né falsità. Quindi il fatto di dover mentire a Nino la faceva stare male perchè era combattuta fra essere se stessa e quello che gli altri volevano che fosse.

Assuntina incrociò Nino sulla strada mentre stava tornando dalla sua visita alla vedova, questi le raccontò della sua decisione. La donna non riuscì a fermarlo perché sapeva in cuor suo che aveva ragione e che forse un allontanamento da Rosalia per un certo periodo, poteva essere una soluzione per fare chiarezza in entrambi.

Ciò non toglieva il fatto che era profondamente dispiaciuta della piega che stavano prendendo le cose.

Trovò Rosalia sorprendentemente serena, stava preparando della mostarda d’ uva, un dolce tipico siciliano preparato con del mosto d’ uva (che si ricava dall’ uva appena pigiata prima della fermentazione), amido di frumento e aromi, quali scorza grattuggiata di limone e cannella in polvere con l’ aggiunta di chiodi di garofano e per ultimo mandorle tritate e intere. Il profumo invadeva tutta la casa e la piccola era impaziente di mangiare il dolce preparato dalla mamma. Assuntina si rivolse alla nipote dicendole: “ Vitti a Ninu… pri la strata… si ni stava jennu… ma tu u sapi già vì eru? E nun mi pari pi nenti malammurata (triste)…”

Rosalia si girò verso la zia con lo sguardo che improvvisamente si fece scuro e rispose: “ Zia va sulu u paì si pi aggiustari di li cosi… turna viatu (presto), picchì duvia è ssiri malammurata… nun ti ntè nnu.”

Assuntina rinunciò a discutere, si sentiva troppo stanca di vedere sua nipote che cercava a tutti i costi di fingere che andasse tutto bene mentre lei conoscendola sapeva che aveva la morte nel cuore. Cambiò immediatamente argomento mettendola al corrente sulle novità del suicidio di Sasà e dicendole che si era aggiunto dramma su dramma, la figlia Franciscuzza era scomparsa e non si riusciva più a trovarla. Intanto tutti i paesani si erano mobilitati nella ricerca della povera ragazza e stavano setacciando tutti i luoghi anche i più impensabili del paese e dintorni, ma di Franciscuzza nemmeno l’ ombra.

Nel frattempo si stava facendo sera, e la campagna diventava buia e inquietante.

Le giornate ora stavano diventando più corte e faceva scuro presto, quando improvvisamente Rosalia sentì il cane che abbaiava insistentemente, lo richiamò più volte: “ Mutu… chi cù osa vì di? ‘ N cunigghiu?”

Ma il cane non la smetteva, tanto che Rosalia fu costretta ad andare a vedere che cosa avesse. Si guardò intorno ma non riusciva a vedere nulla, giacché sentì il rumore di foglie secche calpestate, provenire dalla parte esterna del capanno. Benchè timorosa si avvicinò e con grande sorpresa trovò Franciscuzza tutta tremante e palesemente sconvolta. Rosalia le chiese: ” E tu chi facisti ccà?”

La ragazza: ” Nun vogghiu turnari pi casa, a colpa jè mo si jè mortu patri mo…”

Rosalia le chiese: “ Ma chi rici? U duluri ti fici impazziri.” Nonostante le parole di conforto di Rosalia, la ragazza non si calmava. La fece entrare in casa dove lei e Assuntina cercarono di farla ragionare, dopodichè le dissero che l’ avrebbero accompagnata loro a casa, doveva dare l’ ultimo saluto al padre e rassicurare la madre che era viva e stava bene. Finalmente dopo un bel po’ si fece convinta e decise di tornare in paese con le due donne.

Cosicché si avviarono verso il paese. Dopo un po’ iniziarono ad intravedere le luci fioche dei lampioni avvolti da un’ insolita nebbia, segno che non erano lontane dalla casa di Sasà, i loro passi sui sampietrini risuonavano per le strade vuote, anche se non era tardissimo, in giro c’ era solo qualche gatto randagio alla ricerca di cibo nei bidoni della spazzatura. Avevano appena svoltato l’ angolo, quando incrociarono Antonino che stava percorrendo da solo piazza Garibaldi, quasi non lo riconobbero in quanto era vestito in borghese. Era veramente bello come il sole, un fisico da atleta, lo sguardo fiero e gli occhi scuri e profondi, un sorriso dolce da incantare. Rosalia alla sua vista divenne rossa in viso e il suo cuore iniziò a battere velocemente, cercò di non darlo a vedere ma, le sue emozioni era tangibili e inconfutabili, tanto che non passarono inosservate alla zia, la quale dentro di sé disse: ” E ù ora nzoccu devi à ncura succè diri? Chista picciotta mi carrià intra ‘ n cimiteru…”

Il giovane riconobbe Franciscuzza e si fermò dicendo: ” Mì enu mali chi siti tornata vostra matri stavi impazzendo do’ duluri, vi fazzu i condoglianze pi vostru patri, nun vulia chi abbacava (finiva) accussì…”

Non aveva nemmeno finito di parlare che la ragazza gli si scagliò contro riempendolo di schiaffi, urlando: “ Chi si cunnannatu a travagghiari pi tutta a vituzza sì enza chi truvi pace. Jè curpa vostra si patri mo jé mortu…”

Assuntina e Rosalia cercavano di tenerla ferma dicendole di calmarsi anche perché la figlia di Rosalia si era messa a piangere spaventata. Il carabiniere le afferrò le braccia dicendole: “ Nun jè curpa ri nessunu… vostru patri lu fici picchì avia la cuscenza lurda.”

Franciscuzza lo guardò con gli occhi pieni di odio e liberandosi dalla sua stretta replicò: “ Spero chi nun ti vì du cchiù pi la strata si noni ti ammazzu cu li stisse manu mo.”

Finalmente riuscirono a convincerla a riprendere la via e Antonino si allontanò non prima però di aver dato un lungo sguardo a Rosalia, la quale dispiaciuta per l’ accaduto abbassò il suo, imbarazzata.

La porta della casa del pescatore era aperta per la veglia al feretro, la gente andava e veniva portando omaggi floreali e accompagnando la vedova in pianti e preghiere. L’ arrivo di Franciscuzza fu straziante, la figlia si buttò sul corpo del padre piangendo disperatamente e urlando frasi sconnesse.

Rosalia e la zia restarono solo pochi minuti, anche perché la piccola aveva sonno, e ritornarono alla cascina.

Arrivarono che era buio pesto e la casa immersa nel silenzio metteva inquietudine, anche perché ora erano rimaste sole senza un uomo. L’ assenza di Nino si fece sentire fin da subito, la sua presenza rappresentava una certa sicurezza. Ormai erano abituate a vederlo ritornare dai campi stanco ma sempre con il sorriso e con una parola dolce per tutti. Ciò non bastava a Rosalia per desiderare di averlo accanto a sé per tutta la vita, ma di ciò che pensava non fece naturalmente parola con la zia.

I giorni a seguire trascorsero senza nessuna novità, facevano la vita di sempre fra i lavori nei campi e quelli della cascina. Era tempo di raccogliere i frutti della terra per conservarli per l’ inverno. E la sera erano talmente sfinite che andavano a letto molto presto. Rosalia pensava sempre più spesso ad Antonino e sempre meno a Nino. La sua lontananza le faceva capire che non gli mancava affatto e stava bene anche da sola. Ogni tanto veniva a trovarla suo padre Don Enzo ed ogni giorno che passava sembrava sempre più vecchio e triste. L’ unico momento di gioia, era quando giocava con la sua piccola nipotina, allora ritornava bambino e dimenticava per un istante tutti i suoi dispiaceri.

Le mancava da morire Totuccia ed il rimpianto di non aver avuto il coraggio di affrontare i suoi per poterla sposare, lo tormentava ogni giorno. Si recava tutte le mattine sulla sua tomba e le portava una rosa bianca, la sua preferita e poi si sedeva e iniziava a parlare con lei quasi come se potesse ascoltarlo. La gente che lo vedeva diceva: ” U baroni avi pirdutu a tì esta pi u duluri, mischinu iddu fu e ù ora chianci…”

D’ altra parte, Rosalia era contenta delle sue visite, tuttavia vederlo così affranto le procurava un immenso dolore, ma sapeva che non esiste alcuna medicina per la sofferenza dell’ anima. Un giorno Don Enzo le chiese: “ Rusalia si hai bisù ognu ri sordi pi u matrimoniu iu ci sugnu, abbasta chi mi lu riri.”

Lei rispose: “ T’ arringrazziu ma haju tuttu chiddu ca m’ ha sè rviri.”

E cambiò prontamente discorso, il solo pensiero la faceva sentire male ma aveva fatto questa scelta e ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Anna Rossi 29/11/2021 07:18 1 466

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Il cuore di Rosalia oramai batte solo per Antonino... il giovane carabiniere è riuscito a fare innamorare la giovane donna... Rosalia, nonostante si avvicini il giorno delle nozze, non ha reagito negativamente alla partenza di Nino... la speranza di Nino è legata alla distanza... quella distanza che dovrebbe fare capire a Rosalia che l’uomo che deve sposare è per lei importante... ma quella nostalgia che dovrebbe accendersi nel suo cuore non prende il sopravvento. Intanto proseguono le ricerche per scovare la marchesa... Un altro bel racconto che si distingue come sempre per le sue immagini chiare e coinvolgenti...»
Giacomo Scimonelli

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