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Storia di paese (L’abito da sposa) 37 Episodio

Fantasy

Ad autunno inoltrato le giornate si fecero sempre più fredde e il fatto di restare molto in casa intristiva maggiormente Rosalia. Usciva raramente e solo per andare a sbrigare qualche commissione alla zia e la domenica alla messa. Aveva incrociato solo pochissime volte Antonino ed era sempre in compagnia di altri carabinieri, quindi non aveva mai avuto modo di scambiare con lui neanche un saluto. Ogni volta che lo vedeva il cuore le batteva all’ impazzata e sentiva il desiderio di un suo sguardo. Non poteva più mentire a se stessa, quel ragazzo le aveva rubato il cuore ed ora, era sempre più angosciata, per l’ incertezza del suo futuro ed il pensiero che la festa di Santa Lucia si stava avvicinando sempre più. Nino ancora non era ritornato quando una mattina si sentì chiamare:” Rusalia… Rusalia c’è ‘ na lì ttira pi tia… avi è sseri u’ to zito.” Rosalia si fece sull’ uscio e rispose a Minicu il postino, il quale curioso com’ era, aveva il vizio di controllare il mittente di ogni lettera che arrivava, e disse: ” E vuatri nun perdete a vù ogghia ri spiari i cosi di navutri, nun jè vì eru?” Minicu alzò le spalle in segno di indifferenza sentendo ciò che aveva detto la ragazza, poi le consegnò la missiva. Rosalia l’ aprì con un certo timore, era di Nino, il quale le faceva sapere che si era dovuto trattenere più a lungo del dovuto, per concludere alcuni suoi affari rimasti in sospeso per tanto tempo ma non gli spiegò granchè di quali fossero, poi aggiunse che sarebbe ritornato solo pochi giorni prima del matrimonio. Dopo averla letta se la infilò nella tasca del grembiule e ritornò dentro come se non avesse ricevuto nulla, tant’è che la zia impaziente le chiese che voleva Minicu e lei rispose:” Avi sbagghiatu nun era pi nuatri a lì ttira.”

Non voleva parlare di Nino, non voleva farle sapere che sarebbe tornato da lì a poco e che era pronto per il matrimonio e che fra poco sarebbe diventata la ragazza più infelice del paese.

Assuntina la guardò con sospetto aveva visto dalla finestra che aveva ricevuto una lettera e poi l’ aveva infilata nel grembiule. Disse fra sé:” Biniditta figghia nzoccu mi stà ammuciandu?” Ma fece finta di non aver visto nulla e continuò a ricamare le lenzuola di Rosalia, quelle che avrebbe messo a letto, la prima notte di nozze. Poi rivolgendosi a lei le chiese:” Talia comu sunnu bedde,’ n à utru picca sunnu finite. Mi staiu spicciannu, u jornu jè vicinu…”

Rosalia a malincuore diede uno sguardo frettoloso al ricamo e poi salì nella sua camera. Assuntina si mortificò nel vedere che alla nipote non le interessava quello che stava facendo per lei e si asciugò una lacrima che prepotente voleva rigarle il viso. Ripensò a Totuccia e disse:” Soru mo si po’ aiuta tu a to figghia, iu nun sacciu cchiù chi fari.” E sospirando continuò il suo lavoro.

Rosalia una volta in camera si buttò sul letto e diede sfogo a tutto il suo dolore, pianse tutte le lacrime che aveva e strinse a sé lo scialle della madre dicendo:” Matri mo, matri bì edda nun vogghiu maritari a Ninu, vogghiu moriri accussì nun suffru cchiù.”

Ebbene nonostante il suo desiderio, non fece niente per impedire le sue nozze e come un agnello sacrificale si abbandonò al suo destino.

Si iniziò a parlare di abito nuziale, e la zia come sempre si diede da fare per compiacere la nipote. Si pensò al colore che non poteva essere bianco simbolo di purezza, visto che Rosalia aveva già una figlia e si decise per una tinta ecrù, un lungo abito in pizzo con il velo che le avrebbe coperto il viso fino all’ altare.

Doveva essere bellissima quel giorno, un giorno che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. Assuntina si diede da fare e dopo aver comprato la stoffa disse a Rosalia che dovevano andare in paese dalla sarta per le misure. Ci voleva del tempo per cucirlo e loro non ne avevano molto. La sarta Laurina, abitava alle ultime case del paese, era una donna rimasta vedova troppo presto, che aveva dovuto crescere da sola i suoi quattro figli. Questo aveva indurito il suo carattere e inasprito i suoi modi di fare ma nel contempo era una delle più brave sarte del circondario. Così zia e nipote con la piccola, scesero in paese e dopo averlo attraversato quasi tutto, salirono per una stradina di ciottoli, arrivando presso la sua abitazione. Una piccola casa in mattoni dal tetto rosso e dal giardino curato dove gli aranci fioriti emanavano una deliziosa fraganza.

La donna venne ad aprire con il metro da sarta intorno al collo e alcuni aghi infilati nella maglia, segno che stava cucendo. Aveva un viso tondo e due occhi azzurri pur se velati da una antica tristezza, a vederla non sembrava neanche siciliana visto i suoi colori chiari.

Appena le vide, esclamò:” Trà siti… trà siti scurmu mo, jè puru lu vostru…” Assuntina si meravigliò dell’ atteggiamento gentile della donna ma sicuramente ciò era dovuto al fatto che Rosalia fosse la figlia del barone.

Laurina affermò che era già tardi per confezionare un abito in pizzo, in così poco tempo ma che avrebbe fatto l’ impossibile, lavorando anche di notte se era necessario per poterlo completare, inoltre Rosalia sarebbe dovuta andare da lei più volte per misurarlo. Si apprestarono ad effettuare le prime misure e scelsero il modello, quando la sarta si meravigliò dell’ atteggiamento indifferente della futura sposa, sembrava quasi che non le interessasse nulla né dell’ abito, né del matrimonio. Cosicchè si permise di dirle:” Cara figghia, para casi chi nun vi importa nenti… supra supra (su su) ‘ n anticchia ri gioia, vi maritati nun iti a moriri… nun vi para?” Assuntina guardò la nipote aspettando la sua risposta, invece questa disse:” Si jè fattu tardu e vuatri aviti da fari… Zia annamu, nuatri ni videmu prestu.”

La salutarono in fretta e si avviarono verso casa, avevano fatto pochi metri quando sentirono delle voci che provenivano da una viuzza contigua. Dovevano essere una ragazza e un giovane, Rosalia sbiancò, quella voce maschile l’ avrebbe riconosciuta fra mille, era di Antonino. Avevano appena svoltato l’ angolo che se li ritrovò davanti, lei era Nunzia, una ragazza del posto, molto bella. Lui la cingeva con il braccio la vita, cercando di abbracciarla, lei rideva dicendo: ” Stai bonu… ci ponnu vì riri…” Ma nel contempo non cercava minimamente di scostarsi, anzi gli stava ancora più appiccicata. Alla vista di Rosalia, Antonino continuò tranquillamente a ridere con Nunzia, come se non gli importasse granchè di essere stato scoperto, invece con aria strafottente le disse: “ Salutamu a vvossia, comu mai siti nisciuta? Vi hannu liberato?” Rosalia lo guardò come se avesse voluto fulminarlo e rispose con astio:” Jè megghiu chi pensati a ri affari vostri chi viu sunnu assà i importanti.” Nunzia, la ragazza li guardava stupita, non capiva il perché di quello scambio di battute al vetriolo, tant’è che irritata disse:” Ninuzzu (Antonino) annamu chi ci aspettano.”

Alla sua richiesta, questi rispose:” Si… annamu chi ca l’ aria si jè faciuta soffocante.” E facendo un inchino di scherno si allontanò continuando a ridere e a scherzare con Nunzia.

Assuntina testimone incredula di tutta quella sceneggiata, guardava la nipote con la speranza che finalmente potesse aprire il suo cuore e confidarle quello che veramente sentiva per quel giovane. Ma come sempre Rosalia guardava avanti con lo sguardo fisso sulla strada senza proferire alcuna parola.

Ormai era palese la nipote si era innamorata del carabiniere e a lui sembrava che poco importasse dei suoi sentimenti. Pensò:” E ù ora chi si fa? Haju parrari cu urgenza cu Don Anselmo pi ‘ n aiuto.” Intanto continuava a camminare accanto a Rosalia con l’ anima a pezzi.

I loro passi risuonavano sulle pietre lastricate delle viuzze del piccolo paese, alcune donne curiose spiavano dai vetri chiusi delle case, curiose di vedere le due donne stranamente in giro. E poi la figlia del barone era sempre un personaggio che destava la morbosità della gente.

Rosalia con il terremoto nella mente, camminava decisa, incurante almeno così pareva, del loro sguardo. Sentiva che il cuore le stava scoppiando nel petto e la gelosia le infiammava il viso. Pensava fra sé:” Ninu jè divì ersu ri tutti navutri uò muni, fazzu beni chi u maritu, accussì nun tegnu mali o cori…” Tuttavia sapeva bene che era una bugia che si raccontava a se stessa per trovare un po’ di conforto, dopo la grande amarezza di aver visto Antonino fra le braccia di un’ altra.

Mentiva agli altri, mentiva a se stessa, e non si ritrovava più nella ragazza che era diventata… ricacciò indietro una lacrima che prepotente le era spuntata dagli occhi velati di rabbia.

Intanto la piccola Rosalia le tirava la gonna, piagnucolando:” Haju fami, vogghiu pani… matri…” Assuntina le disse:” Nun cianciri chi ‘ n’ autru picca semu a casa e zia to ti dà ‘ na cù osa bona, chi ti piaci assai…” La piccola si asciugò gli occhi maldestramente con il braccio e rassicurata dalla zia, smise di piangere.

Assuntina rivolgendosi alla nipote le chiese:” Uò ra mancu a to figghia talii… si pò sapiri chi ti passa pri la tì esta? Pari ‘ n avutra…” E alzando le braccia al cielo inveì:” Diu miu aiuta tu a chista niputi mo, nun sacciu cchiù chi fari…” Rosalia tacque come al solito e si chiuse ancora di più a riccio.

Si alzò un vento freddo che le fece rabbrividire, ormai l’ inverno era alle porte. Gli alberi erano quasi tutti spogli e le strade erano coperte di foglie secche che venivano sollevate a mulinello e sparse dappertutto. Dalle case, i camini, spruzzavano fumi neri nell’ aria che odorava di legna arsa al fuoco. Le panchine della piazza erano vuote e i vecchi si erano rintanati al caldo nei bar a giocare a carte e a scambiarsi gli ultimi pettegolezzi. Le due donne non si scambiarono più nessuna parola fino a casa, una volta dentro, ognuno si dedicò alle sue faccende. Assuntina si accinse a preparare il pranzo mentre Rosalia andò nell’ orto a raccogliere i broccoli e precisamente i “ Sparacelli”, una varietà simile alle cime di rapa e i “ Purranei”, una cicoria spinosa. Si coprì le spalle con un pesante scialle nero e borbottò:“ Ti fai sì entiri vì ecchiu nvè rnu?” E iniziò a canticchiare una popolare canzone: ” Mi votu e mi rivotu suspirannu, passu li ‘ nteri notti senza sonnu, e li biddizzi tò i vaiu cuntiplannu, li passu di la notti finu a ghiornu…”

Non si accorse che qualcuno la stava osservando compiaciuto e affascinato da tanta grazia che la ragazza possedeva, anche quando faceva le cose più umili. E facendola sobbalzare dallo spavento pronunciò:” Quantu si bedda, u suli si ammuccia ravanzi a te”. Rosalia lasciò cadere il cesto con la verdura e guardandolo con sfida gli urlò:” Talia chi mi facisti fare…” E si chinò per raccogliere quello che le era caduto, a quel punto Antonino si abbassò anch’ egli per aiutarla e le loro mani si sfiorarono. I loro visi erano così vicini, tanto che i respiri si mescolavano, gli sguardi persi uno dentro l’ altro e fu inevitabile, lui le prese il viso fra le mani e posò dolcemente le labbra sulle sue, schiudendole in un bacio caldo e appassionato. Rosalia incapace di reagire rispose con slancio, in un attimo il mondo intorno era scomparso, esistevano solo loro e la magia di quel momento. Ma all’ improvviso lei si staccò, l’ immagine di lui con Nunzia si fece prepotente nella mente, e gli gridò in faccia tutto il suo disprezzo:” Tu si ‘ n omu ri mmedda e si ti avvicini ‘ n autra vù ota a mia ti ficco staiu cuteddu nta cori…” E così facendo prese il coltellino che aveva con sé per tagliare la verdura e lo puntò ad Antonino. Lui per niente spaventato la guardava affascinato, quando Rosalia si arrabbiava gli occhi diventavano più profondi e luminosi e questo la rendeva ancora più bella, infatti rispose:” U sapi chi quannu ti arrabbi si ancù ora cchiù bedda…” Non lo avesse mai fatto, lei sentendosi presa in giro gli si scagliò contro con il coltello ma lui prontamente la disarmò con un abbraccio e la strinse ancora di più a sé. Lei si divincolava urlando:” Lasciami stari, nicu omu… e torna dalla to fì mmina.” Lui disse:” Nunzia nun jè nenti pi mia, tu si a fì mmina di la mo vituzza.” E fece per baciarla nuovamente ma lei si scostò e scappò via mentre lui la chiamava:” Rusalia… Rusalia capisti? Tu si a fì mmina mo… e nun ti lassu a nuddu.” Ma lei non lo sentiva più e intanto piangendo diceva:” Picchì me matri mi fici accussì disgrazziata… Nzoccu ti fici Diu mo…” Si asciugò gli occhi velocemente, era quasi arrivata a casa e senza verdura. Mentre si chiedeva:” E ù ora chi dicu…?” Intanto Assuntina aveva quasi finito di cucinare e si stava preoccupando per il ritardo della nipote, quando sentì la porta aprirsi tirò un sospiro di sollievo.

“ Rusalia si agghicata finalmente, si aspiettavu a tia pi cò ciri, stavu frisca.” Poi si zittì di colpo, lei era senza verdura e l’ aria stravolta tant’è che senza mezzi termini le chiese:” Chi cù osa ti jè successu? Pari chi avi vistu u dià vulu.” Rosalia abbassò lo sguardo, lo faceva sempre quando mentiva, non riusciva a guardare in faccia la persona che stava ingannando.

“ No, nun jè successu nenti, jè passatu u monacu du cummì entu e fici n’ anticchia ri ccarità.”

Assuntina non si bevve assolutamente la frottola raccontata dalla nipote, tuttavia fece finta di crederle e cambiò argomento.

Pranzarono in silenzio, solo la piccola interrompeva questo mutismo di entrambe richiamando spesso la loro attenzione. Quella notte Rosalia dormì poco e male, non smetteva di pensare ad Antonino, quell’ uomo le aveva rubato il cuore. Per di più scoppiò un furioso temporale e il rumore assordante dei tuoni che seguivano le lance di fuoco provenienti dal cielo, svegliarono diverse volte la figlia spaventandola. Dopo la terribile nottata, si alzò molto presto e scese in cucina a preparare la colazione, di solito se ne occupava la zia ma quella mattina voleva farle una sorpresa, anche per scusarsi del suo comportamento così lunatico in quegli ultimi giorni.


Anna Rossi 04/01/2022 06:55 1 536

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Rosalia e Antonino... un bacio che apre definitivamente le porte all’amore... La giovane donna non riesce a trattenere il desiderio per il giovane carabiniere ... Il suo cuore batte solo per lui... e questo è un problema, visto che si avvicina il giorno del matrimonio con Nino. La disperazione è palese ...Rosalia non capisce più nulla... Il suo cuore batte solo per Antonino... e la tristezza sembra essere diventata la colonna sonora della sua vita.
Ennesimo racconto coinvolgente e ben scritto ...romanticismo e tristezza camminano accanto... accanto alla giovane donna.»
Giacomo Scimonelli

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Emozioni a non finire... Un abbraccio, Anna (Giacomo Scimonelli)

Un racconto interessante e coinvolgente. (Vivì)

Letto con piacere. Complimenti Anna. (Vivì)



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Il primo racconto pubblicato:
 
Legami di sangue (05/03/2015)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
Storia di paese (Santa Lucia) Ultimo Episodio (17/01/2022)

Una proposta:
 
Storia di paese (Il confronto) 38 Episodio (13/01/2022)

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Ricatto d’amore (22/03/2018, 9174 letture)


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