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Questo racconto è inserito in:
 Parte 8 della raccolta "Storie di Famiglia " di Carlo Fracassi (35 racconti)
 Come eravamo

Mezmilion

Biografie e Diari

Durante la ricostruzione della storia familiare mi sono trovato di fronte al dubbio di chi potesse essere quel Mezmilion di cui in famiglia di tanto in tanto si parlava. Se non era Alberto chi altri poteva essere? Ed ecco le conclusioni.

Alberto Miege, nato nel 1863, era il fratello maggiore della nonna, dalla vita avventurosa e viaggiava armato. Il soprannome gli fu affibbiato per il fatto che girava per affari con una valigetta contenente tutti i suoi averi, in quanto il contante gli serviva per comprare e rivendere, non si sa se bestiame o altro. Sta di fatto che una volta aprì, in quello che oggi si chiama bar-caffè, la valigetta ricolma fino all’orlo di biglietti di banca, ben allineati come si vede nei film e gli astanti che lo videro dissero: “L’avrà avù mezmilion!”, di qui il soprannome.

Si racconta che una sera si trovasse in una sorta di taverna malfamata, di dove non si sa (credo nel bolognese), e che la discussione fosse incentrata s’una zona di malaffare e di grande rischio per la vita, a causa delle tante rapine avvenute nottetempo con omicidi perpetrati da una banda di tagliagole. Mezmilion era certamente un temerario e forse anche uno sbruffone, tant’è che al suo interlocutore che lo sfidava ad avventurarsi in piena notte in quel determinato posto, gli rispose, brandendo la pistola: “Bene, questa notte vado là e se mi si para davanti qualche malintenzionato gli sparo in fronte con questa!”. Non si sa se scommisero da bere o soldi, si sa solo che ci andò, che fu assalito e che uccise l’assalitore, riconoscendolo poi nello sconosciuto che l’aveva sfidato di prima sera.

Mio padre mi raccontò che ricevette un encomio dallo stato, poiché la persona uccisa non solo era ricercata ma capobanda dei rapinatori da lungo tempo braccati. Non so se fu per questo o per altro che partì per l’Argentina a cercar fortuna. Scrisse una lettera alla mamma Maria Teresa, prima di sparire senza lasciare traccia. La famiglia fece numerose ricerche attraverso il consolato ma Alberto sembrò essersi volatilizzato.

Potrebbe anche essere che fu fatto sparire per mano della polizia argentina. Perché dico questo? Vi racconto ciò che scrisse e poi le mie supposizioni.

Alberto scrive, dunque, la sua prima ed ultima lettera s’un foglio prestampato per l’invio di telegramma occupando con la propria scrittura gli spazi bianchi e suddividendo lo scritto in 8 punti, purtroppo il primo foglio è andato perduto. Le parti in corsivo che seguono sono le parole testualmente scritte da lui.

Cosa si può evincere dalla lettera dimezzata? Racconta probabilmente di una festa o di uno scherzo: “Eravamo combinati peggio dei mugnai, mi sono divertito a buttare tanta acqua e cenere a quelli che portano in testa la bomba e alle signore”. Perché acqua e cenere? Erano forse operai di una fabbrica di ceramica? O dei lavandai? (acqua e cenere sono le componenti usate nelle antiche lavanderie).

Poi s’attarda s’un lungo elenco di parole come si traducono nella lingua: magnana, noce, dias, pero, hombre, ecc. Poi ancora: “I poliziotti sono tutti avanzi di galera più uno ne ha fatte più avanza di grado, per esempio se uno commette un omicidio, con ragione, avanza di grado e se è soldato lo fanno sergente, se è sergente lo fanno ufficiale” - prosegue non chiaramente ma il senso è: “Soldati e poliziotti sono tutti avanzi di galera, se s’incontrano in siti appartati sono capaci di rapinarti… va a finire che sono stati proprio loro che ci hanno portato via i soldi… soldati e vigilanti fanno questo servizio piuttosto che stare in prigione” - ed infine -

“Il vino è carissimo e non è di uva, viene venduto per 80 soldi al litro e quello italiano a 30-40 lire la bottiglia. Dì a Federico (il fratello) se vuole venire qui venga subito”. Poi passa a salutare la madre e fornisce l’indirizzo: Campidoglio Paraná Repubblica Argentina America Sud>. Conclude: “Per ora non mi muovo più di qui e mi è passata la voglia di andare in Brasile”…e ribadisce per ben due volte di scrivere Miegi e non Miege perché chi lo legge lo scambia per francese. Non si capisce se la preoccupazione fosse per l’identità nazionale o perché i francesi a quel tempo erano invisi, sembra, tuttavia che la posta fosse controllata.

Alcune considerazioni

Se Alberto (Mezmilion) fosse stato ucciso in una scaramuccia o da un marito geloso, il corpo prima o poi si sarebbe probabilmente trovato, al contrario se si fosse iscritto a qualche movimento anarchico rivoluzionario, la polizia, costituita da ex galeotti l’avrebbe fatto sparire facilmente, senza lasciare traccia.

Ora considerato che:

- Alberto a quel tempo scrisse alla mamma attardandosi sia sulla traduzione in spagnolo

di alcune semplici parole, sia sui prezzi del vino, evidentemente era in Argentina da

pochissimo tempo;

- dal censimento della parrocchia risultava assente da casa sin dal 1897;

- la mamma morì il 4 Aprile 1902;

- nei saluti non fa minimo cenno allo stato di salute della mamma (se fosse stata malata

avrebbe chiuso la lettera con un augurio);

l’arrivo di Alberto in Argentina si collocherebbe pertanto fra la fine del 1897 e primi del 1900. E dato che a quel tempo c’erano diversi movimenti anarchico rivoluzionari, d’ispirazione francese (La Comune di Parigi) o anche capitanati dal poeta anarchico italiano Pietro Gori, giunto appositamente in Argentina nel 1898, potrebbe essere valida la supposizione che avesse aderito al movimento anarchico, sparendo poi per mano della polizia segreta.

Infine, pur non potendo mettere la mano sul fuoco che Alberto fosse il fantomatico Mezmilion, come io credo che sia, ho chiesto a tutte le persone ancor in vita se ne avessero mai sentito parlare e la risposta è stata sempre negativa.

Tuttavia, se vogliamo, anche in questo caso, possiamo fare delle ipotesi, posto che:

- nessuno dei conoscenti e dei parenti in età avanzata delle Famiglie Bertozzi, Paesini e

Tassoni, imparentate coi Fracassi-Miege ne ha mai sentito parlare;

- Sergio, Franco, Giuliana ed io ne abbiamo sempre sentito parlare come se Mezmilion fosse

stato uno dei Miege;

- il fatto dell’uccisione del bandito si svolse presumibilmente nel bolognese, dove è

accertato a quel tempo operassero diverse bande criminali;

- contrariamente ai fratelli, Alberto non risulta ch’esercitasse mestiere alcuno e nemmeno

c’è traccia di lui fra le puntuali registrazioni della predetta parrocchia di San Nicolò, pur

residente a Rimini come da certificazione del Comune;

tutto questo significherebbe che Alberto era un giramondo e che di fatto non vivesse in famiglia, potendo, quindi, affermare con ragionevole certezza che il fantomatico Mezmilion fosse proprio lui!



Carlo Fracassi 10/10/2010 10:24 1093

Creative Commons LicenseQuesto racconto è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Tratto da "Storie di famiglia" d'imminente pubblicazione.»

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