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Che giornata

Biografie e Diari

Neanche la nera bevanda aromatica del caffè fumante riporta a galla me in questa uggiosa giornata quasi invernale, e pensare che domani è primavera!
Respiro banalità sdraiato sul divano di casa mentre piccoli spezzoni di minuti rincorrono le ore, le sfere dell’ orologio scappano dalla stasi del tempo grigio incontrandosi l’ una sull’ altra in verticale solo due volte, ogni mezzo giorno, poi, quella dei minuti si allontana veloce dal mezzo tempo della giornata per compiere il solito e sempre uguale giro per compaciare le due sfere al suono delle campane della chiesa a mezzogiorno. Nel frattempo, sbuffo come i treni a vapore facendo cerchi di fumo dalla sigaretta che aspiro ascoltando note sterili che non vibrano sulle corde del sentire viscerale. C’è nebbia agli irti colli del salone di casa mia.

Ogni pensiero nasce appassito come il fiore che non è annaffiato, non odora, è molle,
si dilegua ancor prima di apparire nei prati emozionali dove si colora il tutto.
Piove incessantemente nell’ agorà del tempo fuori e per riflesso dentro il sole si ritira.
Siamo un’ unico universale.
Il ticchettio ritmatico della pioggia sul tetto di casa scuote qualche breve emozione, mi allunga le mani nel cesto dei ricordi sepolti. Per avere compagnia scavo nella terra del corpo, tiro fuori immagini scolorite dal tempo: Sorride mia nonna, brontola il nonno davanti a una frittata di uova, ancora si fanno dispetti a tempo oramai scaduto. Corrono le immagini, evocate, salgono da dentro come nuvole colorate per breve tempo, poi, svaniscono tra i cerchi di fumo di sigarette che precisi e ritmati escono dalla bocca che assume sembianze del culo della gallina.
Non riesco a incollare le sequenze che si susseguogono, le apparizioni delle immagini, né riesco a rammendare gli spezzoni della pellicola, ogni immagine ha una sua autonomia precisa, diversa dalle altre che salgono da me come bolle di sapone. Coriandoli di pensieri si mescolano in questa soporifera giornata, qualcuno, predomina la scena per breve tempo, poi, si smaterializza nel momento non sostenuto dal tempo.
Ho noia di me in questo bianco sporco di tempo e questi lunghi filamenti di pioggia che non cessano mai di cadere dal cielo. Morde la noia sul collo con i denti aguzzi, mi oscura i colori la fitta pioggia che cade dal cielo precipitosamente.

Svuoto me nel tempo che passa.

Sono meno ogni giorno,

l’ io stanco cede il passo,

divento così parte del tutto,

fuoco di stella cadente e terra accogliente,

poi prato verde e acqua di mare.

Cedo volentieri il passo al divenire

liberandomi dell’ ancora dell’ apparire.

Sereno, vado avanti senza nulla temere

indossando il vestito futile del tempo che passa.

Sogno e mi abbandono nel sonno,

vado avanti tra fermate e partenze

che si susseguono senza regole certe

e senza il tic tac del rumore della sfera

del grande orologio che tutto governa.

Mi assento a tratti indossando un vestito nuovo che cambio poi ad ogni occasione d’incontro, si, certamente, anche con questa pioggia che cade da questo cielo di colore bianco sporco che sembra invaso dal fumo di più ciminiere, non porto mai l’ ombrello!

Sempre però, fortunatamente porto con me un’ abito di riserva, per chi sà mi bagno...

A volte indosso farfalle colorata,

e rido... rido dentro dimenticandomi dell’ interlocutore tempo. Spesso cambio anche pelle come la salamandra, mi mimetizzo perché mi annoia l’ aritmetica delle parole, le frasi inutili, il già detto e ripetuto cento volte mille, ci sono nel dialogo, ma non ascolto, penso ad altro masticando cibo di pensieri nel silenzio.

Non ho amici perché indossano tutti vestiti diversi dal mio, alcuni indossano cravatte che odio, indossarle è come avere un cappio al collo, frenano le parole e mortificano la gola.

Chiove ancora, nun finnesce chiù,

’ o cielo è na’ lastra ‘ e metallo scuro.

strillo ‘ o viento,

stà ncà zzato co’ tiempo.

Sulo ‘ a mumento,

nù schizzo ‘ e colore giallo

dinte ‘ e nuvole culore ‘ o grigio,

chiano, se fa strada dinto

‘ o niro ca culoro ‘ o cielo.

Che braccia da luce

trase dinte ‘ e silenzi de passi.

Tra ‘ o tufo de palazzi e ‘ o sudore de basali

scumparene ‘ e prete lavica.

Rinto ‘ o vicolo nu’ poco ‘ e oro appare,

pure si chiove.

Il cielo: “ Lastra di metallo scuro. “

Strilla il vento,

arrabbiato del tempo,

solo a momenti,

uno schizzo di colore giallo

tra nuvole di colore grigio,

si fa strada;

Con le braccia della luce,

entra, trase dinte ‘ e

silenzi dei passi .

Penetra si conficca, s’ intrufola tra il tufo dei palazzi ‘ e il lastrico lucido delle pietre laviche. Dentro il vicolo un po’ di oro appare, il sole per breve allunga i piedi, tutti chiudono gli ombrelli per breve tempo, poi, il ticchettio della pioggia, piano, aumenta il rumore con i suoi fili d’ acqua, tutti scappano sotto gli androni dei palazzi, qualcuno trova riparo in qualche negozi, qualcun’ altro maledice la pioggia che ha bagnato le sue nuove scarpe, ch’ jurnate ‘ e merda.

Chiò ve ‘ e ll’ addò re da’ terra me trà se dinto ‘ o naso. Chiove ‘ a zuffunno,‘ o cielo è niro, chià gne acqua ...Ch’ giurnata stammatina, nun c’è stà speranza ‘ e vedè nà striscia ‘ e sole. Ninuccia, affacciato ‘ o balcone, chiamma ‘ a Cirù zzo:‘ O figli scapestrato,‘ a vocia soja si sente comm’è nù tuò no dinto ‘o vicolo scuro. Giovannina fò ro ‘ o vascio leva ‘ e panne ‘ cò ppa a fune tutte nfuso, chine d’ acqua jastemmanne a mala sorte. Ch’ giurnata stammatina cà è schiarata dinto ‘ o cielo ‘ e sta città, quanna strilli rinta ‘ a stù vico, quanna voce ca se sentono luntana. Nun c’è stà nù poche ‘ e luce, ci mancava pure ‘ ‘ o sciopero dei tram ... Addò vaco stammatina ... Nun mmè posso je accattà manco ‘ o giurnale pe leggere nutizie ‘ e novità. Chiove, chiove ... Chiagne ‘ o cielo, lacrime d’ acqua ... furtunate na auciella ‘ piccirela chiusa rinta a’ na gaiuola, nun se nfonne, mentre je me sento scuro ‘ o core ‘e chine d’acqua... Pure l’ anima è avvilita pe stu tiempo senza sole. Nun c’è stà nemmena Rafilina’ a figlia ‘ e Ferdinando, ‘ o purtiere do palazzo, magari ci fosse ... Mà rapessa ‘ a purticè lla ‘ e stà gaiuola facenneme vulà luntana ‘a chistu tiempo.


Pasquale Lettieri 20/03/2019 12:04 653

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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